Sequestro di prevenzione: i frutti civili sono ricompresi nella restituzione in caso di revoca

La restituzione, anche parziale, dei beni già sottoposti a sequestro e confisca di prevenzione, deve essere disposta ed eseguita considerando la consistenza attuale degli stessi, comprensiva degli eventuali incrementi di natura economica derivanti dal loro impiego, detratte esclusivamente le spese di gestione diverse da quelle relative al pagamento dei compensi e dei rimborsi in favore dell’amministratore giudiziario e del coadiutore da lui nominato.

È quanto sottolineato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14528/21, depositata il 19 aprile. Il Presidente del Tribunale di Cagliari dichiarava inammissibile l’istanza con la quale un avvocato aveva richiesto nell’interesse di due suoi clienti la restituzione delle somme percepite dall’ amministratore giudiziario quali canoni di locazione di alcuni beni immobili intestati ai predetti sottoposti a sequestro emesso in un procedimento di prevenzione precedente. Egli escludeva che i frutti civili dei beni riscossi durante il sequestro di prevenzione potessero essere ricompresi nella restituzione in caso di revoca. L’avvocato dei due imputati ricorre quindi in Cassazione lamentando la violazione degli artt. 24, comma 1, e 27, comma 3- bis d.lgs. n. 159/2011 e dell’art. 42 Cost e dell’art. 1, prot. 1 CEDU. Egli deduce che la decisione impugnata abbia asseverato la tesi secondo cui colui che è stato privato del godimento di immobili in ragione di un sequestro di prevenzione, una volta riconosciuta l’ingiustizia di tale misura e provvedutosi alla restituzione, debba subire l’espropriazione dei frutti nel frattempo effettivamente prodotti da quegli stessi beni e percepiti dall’amministratore giudiziario. Secondo l’avvocato, a sostegno di tale tesi sono stati richiamati argomenti giuridici errati, facendo riferimento alle disposizioni su migliorie apportate estranee ai frutti civili e all’efficacia ex nunc della revoca della misura. Il ricorso è fondato in quanto la restituzione, anche parziale, dei beni già sottoposti a sequestro e confisca di prevenzione , deve essere disposta ed eseguita considerando la consistenza attuale degli stessi, comprensiva degli eventuali incrementi di natura economica derivanti dal loro impiego, detratte esclusivamente le spese di gestione diverse da quelle relative al pagamento dei compensi e dei rimborsi in favore dell’amministratore giudiziario e del coadiutore da lui nominato Cass n. 46043/2014 . La Corte di Cassazione ha inoltre rilevato che la controversia in materia, tenuto conto della necessità della quantificazione dei frutti durante l’amministrazione e dell’individuazione delle spese da detrarre, si interseca con quella dell’approvazione del rendiconto previsto dal d.m. n. 293/1991, la cui disciplina è stata trasfusa con modificazioni nel d.lgs. n. 159/2011, art. 43. Tale disciplina, in caso di controversia, rimasta non risolta, attribuisce ogni competenza ai fini della decisione al Tribunale nella sua composizione collegiale. Il comma 3- bis dell’art. 51 d.lgs. n. 159/2011 prevede la sospensione, durante l’amministrazione giudiziaria, dei versamenti delle imposte, delle tasse e dei tributi dovuti quando si realizzano i presupposti impositivi in relazione a immobili oggetto di sequestro e confisca. Si stabilisce, inoltre, che i relativi atti e contratti, durante lo stesso periodo, sono esenti dall’imposta di registro e dalle imposte ipotecarie e catastali. Ma, si aggiunge, infine, che in caso di revoca della misura, l’amministratore giudiziario ne dà comunicazione all’Agenzia delle entrate e agli altri enti competenti, che provvederanno alla liquidazione delle imposte, delle tasse e dei tributi, dovuti durante il periodo di durata dell’amministrazione giudiziaria, in capo al soggetto cui i beni sono stati restituiti. Per questi motivi la Suprema Corte annulla senza rinvio il decreto impugnato e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Cagliari.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 11 marzo – 19 aprile 2021, n. 14528 Presidente Casa – Relatore Binenti Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento indicato in epigrafe, il Presidente del Tribunale di Cagliari dichiarava inammissibile l’istanza con la quale l’Avv. Guido Manca Bitti aveva richiesto nell’interesse di C.B. e C.R. la restituzione delle somme percepite dall’amministratore giudiziario quali canoni di locazione di alcuni beni immobili intestati ai predetti sottoposti a sequestro emesso nel procedimento di prevenzione nei confronti di C.R. , beni poi confiscati con un decreto emesso in primo grado dal Tribunale di Cagliari, ma in seguito riformato dalla Corte d’appello di Cagliari che aveva revocato la misura ablatoria. L’istanza di cui sopra era stata indirizzata per gli interessati alla Corte di appello di Cagliari che l’aveva trasmessa per competenza al Tribunale di Cagliari. Il Presidente del Tribunale di Cagliari, dopo avere rilevato la propria competenza a provvedere sull’istanza, trattandosi di questione rimessa ai poteri di gestione del Tribunale e del Giudice delegato, ne riteneva la manifesta infondatezza, escludendo che i frutti civili dei beni riscossi durante il sequestro di prevenzione potessero essere ricompresi nella restituzione in caso di revoca. Da ciò la dichiarazione di inammissibilità con decisione emessa de plano . 2. Avverso il provvedimento propone ricorso per cassazione l’Avv. Guido Manca Bitti nell’interesse di C.B. e C.R. , lamentando violazione del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 24, comma 1 e art. 27, comma 3-bis, dell’art. 42 Cost., e dell’art. 1, prot. 1. CEDU. Deduce che la decisione impugnata ha asseverato la tesi secondo cui colui che è stato privato del godimento di immobili in ragione di un sequestro di prevenzione, una volta riconosciuta l’ingiustizia di tale misura e provvedutosi alla restituzione, debba subire l’espropriazione dei frutti nel frattempo effettivamente prodotti da quegli stessi beni e percepiti dall’amministratore giudiziario. A sostegno di tale tesi sono stati richiamati argomenti giuridici errati che hanno fatto riferimento alle disposizioni su migliorie apportate estranee ai frutti civili e all’efficacia ex nunc della revoca della misura, a fronte di una invalidità genetica. Di contro, la giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto in casi analoghi l’obbligo della restituzione dei frutti percepiti dall’amministrare giudiziario. Considerato in diritto 2. Come affermato da questa Corte, la restituzione, anche parziale, dei beni già sottoposti a sequestro e confisca di prevenzione, deve essere disposta ed eseguita considerando la consistenza attuale degli stessi, comprensiva degli eventuali incrementi di natura economica derivanti dal loro impiego, detratte esclusivamente le spese di gestione diverse da quelle relative al pagamento dei compensi e dei rimborsi in favore dell’amministratore giudiziario e del coadiutore da lui nominato Sez. 1, n. 46043 del 23/10/2014, Richichi, Rv. 260644 . Invero, la contraria opzione interpretativa, secondo cui il provvedimento di restituzione riguarderebbe la sola consistenza patrimoniale esistente all’epoca dell’adozione del sequestro, non tiene conto che il sequestro nella materia delle misure di prevenzione non ha carattere statico , ma è per definizione dinamico e implica l’esercizio dei concreti poteri gestionali descritti dalla normativa di settore si consideri anzitutto la disposizione di principio ora contenuto, nel D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 35, comma 5, secondo cui l’amministratore ha il compito di provvedere alla custodia, alla conservazione e all’amministrazione dei beni sequestrati nel corso dell’intero procedimento, anche al fine di incrementare, se possibile, la redditività dei beni medesimi. Il sequestro di prevenzione introduce, pertanto, una fase gestionale per conto di chi spetta analoga a quella prevista dalla disciplina fallimentare , che non solo ha un finalismo imposto per legge nel senso sopra descritto, ma anche non può prescindere dalle caratteristiche dei beni oggetto di gestione e, dunque, dalla loro attitudine a produrre frutti che si è continuata a manifestare allo stesso modo durante l’amministrazione giudiziaria. Da ciò deriva l’impossibilità di una diversa considerazione di tali frutti rispetto ai beni che li hanno prodotti, quando all’esito della procedura sia disposta la restituzione stante l’infondatezza del sequestro dei beni di cui si è preservata la redditività per conto di chi spetta . Questa Corte ha, altresì, rilevato che la controversia in materia, tenuto conto della necessità della quantificazione dei frutti durante l’amministrazione e dell’individuazione delle spese come sopra da detrarre, si interseca con quella dell’approvazione del rendiconto previsto dal D.M. 1 febbraio 1991, n. 293, la cui disciplina è stata trasfusa con modificazioni nel D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 43. Tale disciplina, in caso di controversia, rimasta non risolta, attribuisce ogni competenza ai fini della decisione al Tribunale nella sua composizione collegiale. La lettura appena esposta non può che valere anche nel caso, come quello in trattazione, in cui i frutti su cui sorge la controversia siano costituiti dai canoni derivanti dai beni destinati a locazione dei quali è stata disposta la restituzione. Proprio con riferimento a tale tipo di introiti, a conferma dell’intera impostazione di cui sopra, soccorrono anche alcune disposizioni contenute nel vigente il D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 51, in materia di regime fiscale dei beni. Infatti, il comma 3-bis di tale articolo prevede la sospensione, durante l’amministrazione giudiziaria, dei versamenti delle imposte, delle tasse e dei tributi dovuti quando si realizzano i presupposti impositivi in relazione a immobili oggetto di sequestro e confisca. Si stabilisce, inoltre, che i relativi atti e contratti, durante lo stesso periodo, sono esenti dall’imposta di registro e dalle imposte ipotecarie e catastali. Ma, si aggiunge, infine, che in caso di revoca della misura, l’amministratore giudiziario ne dà comunicazione all’Agenzia delle entrate e agli altri enti competenti, che provvederanno alla liquidazione delle imposte, delle tasse e dei tributi, dovuti durante il periodo di durata dell’amministrazione giudiziaria, in capo al soggetto cui i beni sono stati restituiti. Tanto, dunque, sul presupposto di un’attività, quale evento impositivo, che anche per effetto della restituzione dei relativi frutti si è risolta, infine, a vantaggio di detto soggetto. 4. Ciò posto, deve rilevarsi che il provvedimento impugnato è stato emesso nell’ambito di una controversia la cui soluzione va oltre le attribuzioni del giudice delegato e rientra, invece, nelle competenze del tribunale. Inoltre, si è adottato un decreto presidenziale de plano , in ragione di una valutazione di manifesta infondatezza, che non ha considerato tutto quanto sopra evidenziato, svolgendo peraltro non pertinenti accostamenti riferiti alle migliorie, invece dovute agli interventi materiali apportati sul bene. Sicché, il provvedimento va annullato senza rinvio, con trasmissione degli atti al competente Tribunale di Cagliari. P.Q.M. Annulla senza rinvio il decreto impugnato e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Cagliari.