Scarcerazione per intervenuta prescrizione: il Collegio chiede la parola delle Sezioni Unite

Le Sezioni Unite dovranno rispondere a tali quesiti 1 se, ai fini dell’applicazione dell’art. 172 c.p., l’inizio dell’esecuzione della pena detentiva breve ai sensi dell’art. 656 c.p.p., comma 5, vada individuato nel momento della emissione dell’ordine di esecuzione con contestuale decreto di sospensione, o in quello di materiale apprensione del condannato con la conseguente limitazione della libertà personale 2 se, nel caso previsto dall’art. 656 c.p.p., comma 5, l’accordata sospensione temporanea dell’esecuzione per consentire al condannato di fare richiesta al Tribunale di sorveglianza di applicazione di una misura alternativa alla carcerazione per il periodo di 30 giorni rientri nelle ipotesi previste dall’art. 172 c.p.p., comma 5.

Sul tema la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 13050/21, depositata il 7 aprile. Il GIP del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, quale Giudice dell’esecuzione, rigettava l’opposizione proposta dal Procuratore della Repubblica presso lo stesso Tribunale nei confronti del provvedimento, emesso dallo stesso Giudice, che aveva dichiarato l’ estinzione per prescrizione ai sensi dell’art. 172 c.p. della pena inflitta ad un imputato, disponendone la scarcerazione . Il Giudice riteneva che la pena inflitta fosse estinta per l’impossibilità di individuare quale fatto interruttivo del corso della prescrizione la notificazione dell’ordine di esecuzione con sospensione. Riteneva a tal fine che l’inizio effettivo dell’esecuzione fosse determinato soltanto dalla carcerazione del condannato e che non fosse consentita l’interpretazione analogica in malam partem . Il Procuratore della Repubblica ricorre in Cassazione denunciando la violazione degli artt. 172 c.p. e 656, comma 5 c.p.p. in quanto il Giudice dell’esecuzione avrebbe escluso che la notifica compiuta prima dello spirare del decennio in cui si realizza la prescrizione possa incidere su quest’ultima ed interrompere il corso del termine, sebbene in seguito il soggetto si fosse reso irreperibile, dimostrando così l’intenzione di sottrarsi alla carcerazione. Il Procuratore della Repubblica lamenta il fatto che il Giudice dell’esecuzione non abbia considerato che il decorso del termine di 30 giorni per la proposizione della richiesta di accesso a misure alternative e la revoca del decreto di sospensione della carcerazione realizzino un’ipotesi in cui l’esecuzione è subordinata alla scadenza di un termine con la conseguente applicabilità del disposto dell’art. suddetto. Riepilogando tutti i precedenti orientamenti giurisprudenziali, il Collegio ritiene necessario rimettere la trattazione del ricorso alle Sezioni Unite , formulando i seguenti quesiti 1 Se, ai fini dell’applicazione dell’art. 172 c.p., l’inizio dell’esecuzione della pena detentiva breve ai sensi dell’art. 656 c.p.p., comma 5, vada individuato nel momento della emissione dell’ordine di esecuzione con contestuale decreto di sospensione, oppure in quello di materiale apprensione del condannato con la conseguente limitazione della libertà personale. 2 Se, nel caso previsto dall’art. 656 c.p.p., comma 5, l’accordata sospensione temporanea dell’esecuzione per consentire al condannato di fare richiesta al Tribunale di sorveglianza di applicazione di una misura alternativa alla carcerazione per il periodo di trenta giorni, o comunque sino a che intervenga la decisione sulla richiesta, rientri nelle ipotesi previste dall’art. 172 c.p.p., comma 5, per il quale, se l’esecuzione della pena è subordinata alla scadenza di un termine o al verificarsi di una condizione, il tempo necessario per l’estinzione della pena decorre dal giorno in cui il termine è scaduto o la condizione si è avverata .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, ordinanza 11 marzo – 7 aprile 2021, n. 13050 Presidente Casa – Relatore Boni Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 1 luglio 2020 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, pronunciando quale giudice dell’esecuzione, rigettava l’opposizione proposta dal Procuratore della Repubblica presso il medesimo Tribunale avverso il provvedimento, emesso dallo stesso Giudice in data 14 maggio 2020, che aveva dichiarato l’estinzione per prescrizione ai sensi dell’art. 172 c.p. della pena inflitta a U.S. con sentenza emessa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, irrevocabile il 21 dicembre 2007, ed aveva disposto la scarcerazione del condannato. A fondamento della decisione il Giudice riteneva che la pena di anni due di reclusione ed Euro 3.000,00 di multa si fosse estinta il omissis per la impossibilità di individuare quale fatto interruttivo del corso della prescrizione la notificazione dell’ordine di esecuzione con sospensione, che non segna l’inizio dell’esecuzione, giacché dopo l’emissione di tale ordine si era avuta la successiva irreperibilità del condannato. A tal fine riteneva che l’inizio effettivo dell’esecuzione fosse determinato soltanto dalla carcerazione del condannato e che non fosse consentita l’interpretazione analogica in malam partem. 2. Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che ha articolato i seguenti tre motivi. a Violazione di legge in relazione all’art. 172 c.p. e art. 656 c.p.p., comma 5, per avere il giudice dell’esecuzione escluso che la notifica compiuta in data 6 marzo 2017, prima dello spirare del decennio in cui si realizza la prescrizione, mediante consegna a mani proprie del condannato dell’ordine di esecuzione e del decreto di sospensione, possa incidere sulla prescrizione della pena ed interromperne il corso del termine, sebbene il soggetto si fosse reso in seguito irreperibile, dimostrando l’intenzione di sottrarsi alla carcerazione. Nel caso di specie avrebbe dovuto trovare applicazione l’art. 172 c.p., comma 4, per il quale il termine di prescrizione della pena decorre dal giorno in cui il condannato si è sottratto volontariamente alla esecuzione già iniziata della pena . Il precedente citato nell’ordinanza, ossia la sentenza della Corte di cassazione n. 4060 del 1997 è anteriore alla L. n. 165 del 1998, che ha modificato l’art. 656 c.p.p. e riguarda un contesto normativo nel quale l’esecuzione era segnata dall’emissione dell’ordine di carcerazione da parte del pubblico ministero. A seguito delle modifiche dell’art. 656 c.p.p., comma 5, disposto dalla L. n. 165 del 1998, in riferimento all’esecuzione delle pene detentive brevi il pubblico ministero deve emettere in ogni caso l’ordine di carcerazione con contestuale decreto di sospensione, che deve essere immediatamente revocato quando, scaduto il termine di trenta giorni, non sia presentata istanza di ammissione a misure alternative o questa sia respinta o dichiarata inammissibile. Con l’introduzione di tale meccanismo è la notifica al condannato dell’ordine di carcerazione e sospensione che segna l’inizio dell’esecuzione, perché manifesta la volontà punitiva statuale anche ai fini dell’individuazione del momento di decorrenza del termine di prescrizione della pena nei casi di successiva sottrazione volontaria ad essa. L’opposta soluzione finirebbe per incentivare condotte elusive del condannato, volte a conseguire la caducazione del titolo esecutivo, mentre quella non accolta dal giudice dell’esecuzione non realizza un’interpretazione in malam partem ed è coerente con la natura eccezionale delle disposizioni in tema di prescrizione della pena, che derogano al principio generale di esecuzione della pena inflitta nei confronti di tutti i condannati. b Violazione di legge in relazione all’art. 172 c.p., comma 5, e art. 656 c.p.p., comma 5, per non avere il giudice dell’esecuzione considerato che il decorso del termine di trenta giorni per la proposizione della richiesta di accesso a misure alternative e la consequenziale revoca del decreto di sospensione con emissione dell’ordine di carcerazione realizzano una delle ipotesi in cui l’esecuzione è subordinata alla scadenza di un termine con la conseguente applicabilità del disposto di cui all’art. 172 c.p., comma 5, e decorso del termine di prescrizione da tale data, come sostenuto anche da Cass. Sez. 1, n. 9854 del 2007. Tale orientamento è smentito dalla successiva pronuncia sez. 1, n. 21627 del 29/04/2014, per la quale le cause di, sospensione del termine di prescrizione di cui all’art. 172 c.p., comma 5, sono esclusivamente quelle riferite alla sentenza di condanna e non all’attività posta in essere dagli organi deputati all’esecuzione. Questo indirizzo deve essere rimeditato in relazione ai principi elaborati in merito alla questione dell’applicabilità delle modifiche introdotte dalla L. n. 3 del 2019, recanti l’ampliamento del catalogo dei reati c.d. ostativi di cui all’art. 4-bit ord. pen., ai reati contro la p.a. giudicati con sentenze per i quali siano stati emessi gli ordini di carcerazione con relativi decreti di sospensione. Sul punto la sentenza, Sez. 6, n. 12541 del 14/03/2019, Ferraresi, Rv. 275925 in motivazione e poi la sentenza n. 32 del 2020 della Corte costituzionale che ha dichiarato l’incostituzionalità della L. n. 3 del 2019, art. 1, comma 6, consentono di leggere diversamente anche l’art. 172 c.p., comma 5, nel senso che tra i casi in cui la condanna a pena detentiva non sia eseguibile per un termine o una condizione deve essere compreso anche quello di cui all’art. 656 c.p.p., comma 5, che contiene disposizioni che incidono sulla qualità e quantità della pena in concreto applicabile con incidenza sullo stato di libertà personale. Pertanto, per le pene detentive brevi può ritenersi eseguibile la condanna solo quando sia acquisita certezza sull’an dell’esecuzione e sulle modalità dell’espiazione. Nè tale interpretazione comporta effetti pregiudizievoli per il condannato ed in via di analogia perché è coerente con il tenore letterale dell’art. 172 c.p., comma 5, e l’adozione dell’interpretazione più estensiva deriva anche dalla natura eccezionale delle disposizioni in tema di prescrizione. c Violazione di legge in relazione all’art. 172 c.p In via subordinata, è erronea l’esclusione nel caso di specie della possibilità di applicazione del principio espresso dalla sentenza, Sez. 1, n. 26300 del 19/04/2011, Abduli, Rv. 250698, secondo cui il termine di prescrizione della pena resta sospeso tra la data dell’esecuzione dell’espulsione dello straniero e quella del ripristino della detenzione in caso di rientro in Italia dello straniero espulso, che esprime un principio generale, posto che l’esecuzione è stata resa giuridicamente possibile ed esigibile solo a partire dal momento in cui il condannato ha fatto illegittimamente rientro nel paese. 3. Con requisitoria scritta il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, Dott. Ferdinando Lignola, ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, condividendo la fondatezza dei primi due motivi di ricorso. Considerato in diritto 1. I presupposti di fatto della presente vicenda processuale sono pacifici e riassumibili nei seguenti termini. 1.1. Divenuta irrevocabile in data 21 dicembre 2007 la sentenza con la quale il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva condannato l’imputato U.S. alla pena di anni due di reclusione ed Euro 3.000,00 di multa, in data 16 maggio 2013 il pubblico ministero aveva emesso ordine di esecuzione per la carcerazione con contestuale decreto di sospensione, notificato in data 10 giugno 2013 al difensore del condannato, il quale non era stato reperito all’esito delle ricerche condotte. Si era appreso che sin dal 17 marzo 2006 U. era stato espulso dal territorio dello Stato in forza del decreto emesso dal Prefetto di Caserta l’8 febbraio 2006 e che in data 6 marzo 2017 aveva fatto rientro in Italia, ricevendo in quel contesto la notificazione a mani proprie dell’ordine di esecuzione della pena inflittagli dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere il 21 dicembre 2007. In seguito, poiché il condannato non aveva presentato domanda di accesso ad una delle misure alternative alla carcerazione nel termine prescritto dall’art. 656, comma 5, in data omissis il pubblico ministero aveva revocato il decreto di sospensione dell’esecuzione, che, però, non aveva potuto trovare concreta attuazione per essersi U. reso irreperibile e non essere stato più rintracciato, secondo quanto riferito nel verbale di vane ricerche del omissis . Soltanto il 12 febbraio 2020 egli era stato rintracciato e tradotto in carcere per espiare la predetta pena detentiva. 1.2. Tanto premesso in punto di fatto, il giudice dell’esecuzione ha ritenuto di dover confermare la precedente statuizione circa la maturazione alla data del omissis del termine di prescrizione della pena, oggetto della presente vicenda esecutiva. Ha escluso che la notificazione dell’ordine di esecuzione con sospensione segni l’inizio dell’esecuzione, che si realizza soltanto con la carcerazione del condannato e che tale situazione rientri nella previsione di cui all’art. 172 c.p., comma 5. Sotto diverso profilo ha escluso l’applicabilità al caso specifico della disposizione di cui al D.L. n. 416 del 1989, art. 7, comma 12-quater convertito con modificazioni dalla L. n. 39 del 1990, per la quale resta sospesa l’esecuzione della pena nel periodo compreso tra l’esecuzione dell’espulsione dello straniero dal territorio nazionale ed il momento della sua risottoposizione a detenzione a seguito del rientro in Italia. Ha argomentato al riguardo che nel caso in esame il condannato non aveva mai iniziato ad espiare la pena detentiva ed era stato espulso in attuazione di decreto prefettizio in epoca antecedente al passaggio in giudicato della sentenza che ne aveva pronunciato la condanna. 2. L’impugnazione all’odierno esame contesta la ricostruzione in punto di diritto, operata dal giudice dell’esecuzione sul tema della individuazione del momento in cui può ritenersi abbia inizio l’esecuzione di pena detentiva ai fini della verifica dell’estinzione della pena stessa per prescrizione. 2.1. L’art. 172 c.p., comma 1, stabilisce che la pena della reclusione si estingue con il decorso di un tempo pari al doppio della pena inflitta e, in ogni caso, non inferiore a dieci anni. A norma del comma 4 cit. articolo, il termine di estinzione della pena decorre dal giorno in cui la condanna sia divenuta irrevocabile, ovvero dal giorno in cui il condannato si è sottratto volontariamente alla esecuzione già iniziata della pena . 2.2. La disposizione che contempla la prescrizione quale causa estintiva della pena risponde alla finalità di porre un limite temporale alla realizzazione della potestà punitiva dello Stato nei confronti di quanti siano riconosciuti responsabili di reati e condannati sul presupposto che il decorso del tempo dal passaggio in giudicato della pronuncia di condanna fa venir meno l’interesse all’esecuzione della sanzione ed al tempo stesso rende irrealizzabile la finalità rieducativa della pena nei confronti di chi, a distanza di un lungo periodo dalla commissione del reato, può avere subito una positiva evoluzione della personalità. La disciplina della prescrizione al tempo stesso persegue finalità preventiva, tanto da esserne esclusa l’applicazione nella ricorrenza delle condizioni ostative di cui all’art. 172 c.p., comma 7. La previsione del comma 4 individua la decorrenza del termine di maturazione della prescrizione, prendendo a riferimento per regola generale il momento in cui la sentenza di condanna è divenuta irrevocabile, aggettivo questo che, nell’interpretazione datane dalle Sezioni Unite Sez. Un., n. 4460 del 19/01/1994, Cellerini ed altri, Rv. 196888- 196889 , indica la connotazione della sentenza richiesta dalla legge per la sua concreta utilizzazione come titolo esecutivo e consegue all’esaurimento del procedimento per mancato esperimento dei mezzi di impugnazione o per l’intervento della pronuncia di rigetto o di inammissibilità degli stessi. L’estinzione della pena, rispondente ad esigenze di certezza delle situazioni giuridiche, è dunque dipendente dal decorso del termine di legge, misurato dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna, salvi i casi di diversa decorrenza previste nell’art. 172 c.p., comma 4, seconda parte e nel comma 5. In particolare viene in rilievo l’ipotesi prevista sempre dall’art. 172 c.p., comma 4 in cui il condannato si sia volontariamente sottratto all’esecuzione quando questa sia iniziata tale evenienza sposta il momento di decorrenza alla sottrazione in ossequio al principio, evidenziato da autorevole, anche se risalente, dottrina, per cui non è possibile perdere un diritto mentre è in atto il suo esercizio. 2.3. Sull’individuazione del momento in cui ha inizio l’esecuzione sussiste un contrasto potenziale, seppur interno alla Prima Sezione penale. 2.3.1. Per un primo orientamento, nei casi in cui, dopo l’emissione e notificazione dell’ordine di carcerazione, questo non venga materialmente attuato per la irreperibilità del destinatario, non sussiste la situazione prevista all’art. 172 della volontaria sottrazione all’esecuzione già iniziata, perché ciò si verifica soltanto con la carcerazione del condannato, in mancanza della quale il dies a quo di decorrenza del termine di prescrizione coincide col momento di irrevocabilità della sentenza di condanna Sez. 1, n. 4060 del 10/06/1997, Gallo, Rv. 207956 . Il medesimo principio è stato ribadito anche a seguito dell’entrata in vigore della L. n. 165 del 1998, che ha introdotto la speciale procedura dell’esecuzione delle pene detentive brevi, rientranti nei limiti previsti dall’art. 656 c.p.p., comma 5 per le quali è previsto che il pubblico ministero proceda con ordine di carcerazione e contestuale decreto di sospensione per dar modo al destinatario, quando ancora in libertà, di presentare al tribunale di sorveglianza la richiesta di misura alternativa alla detenzione ed evitare così il suo ingresso in istituto penitenziario in attesa della decisione dell’autorità competente. Si è sostenuto che ai fini dell’estinzione della pena per decorso del tempo, nel caso di sospensione dell’esecuzione disposta dal pubblico ministero ai sensi dell’art. 656 c.p.p., comma 5, il termine di prescrizione decorre dalla data di irrevocabilità della condanna, ai sensi dell’art. 172 c.p., comma 4, e non da quella del provvedimento di revoca della sospensione , senza che assumano rilievo la inattività degli organi dell’esecuzione e l’eventuale irreperibilità o latitanza, situazioni derivanti dal comportamento del condannato ma irrilevanti per il non ancora intervenuto inizio dell’esecuzione Sez. 1, n. 21963 del 06/07/2020, El Misri, n. m. Sez. 1, n. 49747 del 26/06/2018, PMT c/ Kaja Saymir, Rv. 274536 Sez. 1, n. 31196 del 17/06/2004, Giorgetta, Rv. 229286 Sez. 5, n. 32021 del 14/04/2003, PM in proc. Costanzo, Rv. 226501 . Nell’affermare tale principio, la Suprema Corte ha osservato che l’istituto della sospensione dell’esecuzione della pena, applicabile solo nel caso di condanna eseguibile, è estraneo alla ratio dell’art. 172 c.p., comma 5, che disciplina i casi di condanna non eseguibile per la pendenza di un termine o di una condizione nè lo stesso configura alcuna causa di sospensione del predetto termine prescrizionale. Richiamando il principio affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 2 del 30/10/2014, dep. 2015, Maiorella, Rv. 261399 e basandosi sul difetto di integrazione o adeguamento dell’art. 172 c.p., rimasto immutato nonostante il nuovo testo dell’art. 656 c.p.p., comma 5, si è rilevato che la norma di cui all’art. 172 c.p., a differenza delle disposizioni di cui agli artt. 157 e ss., che disciplinano la prescrizione del reato prima della condanna, non prevede cause di sospensione del termine di prescrizione, e, trattandosi di norma penale sostanziale, non è consentito introdurre in via analogica una causa di sospensione del termine per due ordini di ragioni. In primo luogo, in base ad interpretazione letterale e sistematica della previsione del comma 5, letta in correlazione all’art. 172 c.p., comma 4 le cause di sospensione sono riferite alla condanna e non ai fatti riguardanti l’attività degli organi preposti all’esecuzione sotto altro profilo, l’individuazione di una causa di sospensione del termine prescrizionale si risolverebbe in un caso di analogia in malam partem, non consentita. 2.3.2. Altra linea interpretativa, sostenuta anche dal ricorrente nel caso specifico, prospetta che l’irreperibilità del condannato dopo la ricezione personale dell’ordine di carcerazione sospeso dimostra l’intenzione di sottrarsi alla espiazione con la conseguente applicabilità dell’art. 172 c.p., comma 4, ed il decorso da quel momento del termine di prescrizione. Con l’emissione dell’ordine di carcerazione, ancorché sospeso temporaneamente, si realizza la potestà punitiva dello Stato e si avvia il procedimento esecutivo, che contraddice l’inerzia fondante il decorso del termine di prescrizione della pena. In ogni caso, a seguito delle modifiche dell’art. 656 c.p.p., comma 5, introdotte dalla L. n. 165 del 1998, il decorso del termine di trenta giorni per la proposizione della richiesta di accesso a misure alternative e la consequenziale revoca del decreto di sospensione con emissione dell’ordine di carcerazione realizza una delle ipotesi in cui l’esecuzione è subordinata alla scadenza di un termine o al verificarsi di una condizione, con la conseguente applicabilità del disposto di cui all’art. 172 c.p., comma 5. Sez. 1, n. 9854 del 29/04/2007, Corio, Rv. 236289 . 2.3.3. Questo secondo orientamento non ha ricevuto più recenti conferme nella giurisprudenza della Prima Sezione penale e valorizza la modifica dell’art. 656 c.p.p., comma 5, che, però, riguarda esclusivamente l’esecuzione delle pene detentive brevi, quindi la specifica disciplina procedurale ad esse dedicata. Per contro, ad avviso del Collegio, l’interpretazione letterale dell’art. 172 c.p., comma 4, quando sposta il dies a quo del termine di prescrizione ad un momento successivo al passaggio in giudicato della sentenza, ha una portata più generale riguardante l’esecuzione di qualsiasi pena detentiva temporanea e pretende un’esecuzione iniziata, intesa come realizzata mediante la privazione della libertà personale del condannato, che solo sulla base di questo presupposto può sottrarvisi per determinazione volontaria. Si è consapevoli che siffatta impostazione mal si adatta a situazioni, nelle quali l’inizio dell’esecuzione non coincide necessariamente con la cattura del condannato, perché questi è già sottoposto a forme di privazione della libertà personale, dipendenti dalla sottoposizione a misure cautelari custodiali o ad espiazione in modalità alternativa alla carcerazione. Inoltre, la stessa presenta l’ulteriore inconveniente pratico di consentire a chi, con callido comportamento sia riuscito ad evitare la cattura, di giovarsi dei tempi, spesso richiedenti molti mesi, se non anni, necessari alla magistratura di sorveglianza per decidere sulle richieste di misure alternative. Inoltre, ulteriori spunti di riflessione sono offerti anche dalla giurisprudenza costituzionale. Con la sentenza n. 32 del 2020 la Consulta, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale della L. n. 3 del 2019, art. 1, comma 6, c.d. spazzacorrotti, per contrasto con l’art. 25 Cost., comma 2, basandosi sul rilievo dell’assenza nel testo normativo di disposizioni che ne escludano l’applicabilità ai condannati per fatti antecedenti la sua entrata in vigore, ha stabilito che di regola, le pene detentive devono essere eseguite in base alla legge in vigore al momento della loro esecuzione, salvo però che tale legge comporti, rispetto al quadro normativo vigente al momento del fatto, una trasformazione della natura della pena e della sua incidenza sulla libertà personale. In questa ipotesi, l’applicazione retroattiva di una tale legge è incompatibile con l’art. 25 Cost., comma 2 par. 4 . Ha ritenuto che la modifica in senso più limitativo o ostativo del regime di accesso alle misure alternative alla carcerazione per i rei di delitti previsti dalla L. n. 3 del 2019 incida su qualità e quantità della pena e incrementi il grado di incidenza sulla libertà personale. Identica conclusione è stata raggiunta in riferimento all’effetto riflesso, prodotto dalla L. n. 3 del 2019, art. 1, comma 6, quanto al divieto di sospensione dell’ordine di esecuzione della pena di cui all’art. 656 c.p.p., comma 9, lett. a . In tale contesto ermeneutico appare di interesse per la soluzione del tema sollevato dal presente procedimento il passaggio argomentativo, nel quale la Corte costituzionale ha osservato che Sebbene dalla collocazione di tale norma il diritto vivente abbia dedotto la sottoposizione al generale principio tempus regit actum, non v’è dubbio che essa - nel vietare la sospensione dell’ordine di esecuzione della pena in una serie di ipotesi, tra cui quella relativa alla condanna per un reato di cui all’art. 4-bis, ordin. penit. - produce l’effetto di determinare l’inizio dell’esecuzione della pena stessa in regime detentivo . Con quest’ultima specificazione il giudice costituzionale pare avere associato l’inizio dell’esecuzione all’emissione dell’ordine di carcerazione, ammettendo così per implicito, che la medesima evenienza possa realizzarsi anche in ambito non detentivo, come nel caso della sospensione dell’ordine di esecuzione ai sensi dell’art. 656 c.p.p., comma 5. Questo del resto è l’assunto dal Procuratore ricorrente. 2.4. Va, infine, aggiunto che il contrasto così evidenziato assume rilievo anche per l’applicazione di un diverso contesto normativo, quello che disciplina la procedura estradizionale. 2.4.1. Con la sentenza Sez. 6, n. 21627 del 29/04/2014, Antoszek, Rv. 259700, la Suprema Corte ha premesso che, a norma dell’art. 10 della Convenzione di Estradizione del 1957, l’estradizione non può essere accordata se la pena è prescritta secondo la legge della parte richiedente o della parte richiesta, sicché l’estinzione della pena per tale causa costituisce ragione ostativa all’accoglimento della richiesta di estradizione ed il relativo accertamento va condotto secondo la regola del trattamento di miglior favore nei confronti dell’imputato, da individuare mediante il raffronto tra le legislazioni nazionali. In quella sede si è espresso il seguente principio di diritto In tema di estinzione della pena per decorso del tempo, il dies a quo , ai sensi dell’art. 172 c.p., comma 4, si individua nel giorno in cui la sentenza è divenuta irrevocabile o in quello in cui il condannato si è volontariamente sottratto alla sua esecuzione, se già iniziata, mentre le cause di sospensione di tale termine, di cui al predetto art. 172, comma 5 sono esclusivamente quelle riferite alla sentenza di condanna e non invece quelle riferibili all’attività posta in essere dagli organi deputati all’esecuzione . 2.4.2. In termini conformi si è pronunciata Sez. 6, n. 44604 del 15/09/2015. Pg in proc. Wozniak, Rv. 265454 cui è seguita Sez. 6, n. 17999 del 29/03/2018, Reut, Rv. 272892 , che in un procedimento di estradizione per l’estero ha affrontato il tema del decorso del termine di prescrizione in riferimento al momento finale, rilevante per verificare la sussistenza della causa ostativa alla consegna dell’estinzione della pena per la quale è stata richiesta la consegna del condannato, affermando il termine finale per il calcolo della prescrizione della pena, oggetto della sentenza di condanna costituente titolo per l’attivazione della procedura di estradizione, è rappresentato dalla data di presentazione della richiesta di estradizione e non da quella di emissione della sentenza con cui la corte di appello dichiara sussistenti le condizioni per il relativo accoglimento . 2.4.3. In questa breve rassegna va menzionata poi la sentenza Sez. 1, n. 54337 del 20/11/2018, Bertulazzi, Rv. 274543, per la quale In tema di prescrizione della pena, l’arresto del condannato effettuato all’estero in esecuzione di una richiesta di estradizione dello Stato italiano determina l’inizio dell’esecuzione della pena e la decorrenza ex novo del termine di prescrizione della stessa, a nulla rilevando la successiva scarcerazione del condannato per mancata concessione dell’estradizione da parte dell’autorità giudiziaria estera nella specie argentina . La pronuncia, dopo avere affermato che la disciplina della prescrizione della pena non prevede fenomeni sospensivi e interruttivi dei termini analoghi a quelli previsti dagli artt. 159 e 160 c.p., non applicabili per analogia, attesa la natura eccezionale della normativa in esame, che deroga al principio generale dell’interesse dello Stato all’esecuzione della sanzione penale nei confronti di tutti i condannati, ha assegnato all’arresto all’estero dell’estradando valore di atto interruttivo della prescrizione, in grado di determinare il nuovo decorso del termine. Le differenti interpretazioni del parametro normativo di riferimento delineano un contrasto su questione dall’indubbio rilievo giuridico e pratico, che impone l’individuazione di soluzione che assicuri sul piano sistematico unità e coerenza per l’esecuzione di qualsiasi pena detentiva temporanea ed anche in riferimento al meccanismo di esecuzione delle pene pecuniarie. Per le considerazioni svolte, il Collegio ritiene necessario rimettere la trattazione del ricorso alle Sezioni Unite, formulando i seguenti quesiti 1 Se, ai fini dell’applicazione dell’art. 172 c.p., l’inizio dell’esecuzione della pena detentiva breve ai sensi dell’art. 656 c.p.p., comma 5, vada individuato nel momento della emissione dell’ordine di esecuzione con contestuale decreto di sospensione, oppure in quello di materiale apprensione del condannato con la conseguente limitazione della libertà personale. 2 Se, nel caso previsto dall’art. 656 c.p.p., comma 5, l’accordata sospensione temporanea dell’esecuzione per consentire al condannato di fare richiesta al Tribunale di sorveglianza di applicazione di una misura alternativa alla carcerazione per il periodo di trenta giorni, o comunque sino a che intervenga la decisione sulla richiesta, rientri nelle ipotesi previste dall’art. 172 c.p.p., comma 5, per il quale, se l’esecuzione della pena è subordinata alla scadenza di un termine o al verificarsi di una condizione, il tempo necessario per l’estinzione della pena decorre dal giorno in cui il termine è scaduto o la condizione si è avverata. P.Q.M. rimette la decisione alle Sezioni Unite.