La natura giuridica del reato di procurato parto prematuro: la buona salute del neonato non esclude la responsabilità

La norma che punisce l'anticipazione colposa del parto non richiede, per la integrazione della fattispecie di reato, che il feto subisca effettivamente un pregiudizio. Ciò che importa, invece, è che la interruzione della gravidanza abbia esposto la gestante e il frutto del concepimento e concreti e non ipotetici pericoli.

Così ha deciso la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Quarta Penale, con la sentenza n. 11703/21, depositata il 29 marzo. Bere o guidare. Una quarantina di anni fa lungo le autostrade si vedevano certi cartelli nei quali campeggiava l'immagine di un bicchiere pieno di vino accostato ad un'automobile e seguìto da un'ambulanza la somma di alcool e volante rappresentata come la causa di una corsa all'ospedale. Il monito è caduto – e tutt'ora cade – frequentemente nel vuoto nonostante l'opera di sensibilizzazione istituzionale condotta con spot televisivi di ogni tipo. Anche l'inasprimento delle pene per la guida in stato di ebbrezza e la introduzione dei reati specifici di lesioni e omicidio stradale con tutte le aggravanti connesse allo stato di alterazione da uso di sostanze alcoliche o stupefacenti non hanno comportato l'effetto, forse utopistico, di azzerare il verificarsi delle cosiddette tragedie del sabato sera”. Nella sentenza che oggi commentiamo la Cassazione ha pronunciato l'ultima parola su una storia del genere, che tutto sommato poteva finire anche peggio guida in stato d'ebbrezza, lesioni stradali e procurato parto prematuro sono le imputazioni. Per tutte e tre le fattispecie di reato, tra secondo e terzo grado di giudizio, è calata la scure della prescrizione. Rimane il nodo delle statuizioni civili sulle quali la Corte di appello ha mantenuto l'affermazione di responsabilità, dato che il tempo ha consentito di affermare fino a quel grado di giudizio la colpevolezza dell'imputato. La procurata anticipazione del parto. La legge sull'aborto del 1978 ha introdotto questa fattispecie con la quale punire la colposa interruzione del naturale e completo ciclo fisiologico della gravidanza . Nel caso che ci occupa, le censure dell'imputato e del responsabile civile si appuntavano sulla mancata integrazione del fatto tipico, punito dalla norma incriminatrice. La Suprema Corte coglie quindi l'occasione per analizzarla, e ci spiega che questa insolita fattispecie – sorretta dall'elemento soggettivo colposo – ha la struttura del reato di pericolo. L'interesse protetto è quello della tutela della normale evoluzione della gestazione, in modo tale da garantire la piena salute e l'integrità del nascituro. E' noto infatti che l'anticipazione del parto, evento in sé non fisiologico, può comportare seri rischi per la salute del neonato e della madre. Scopo della norma, quindi, è reprimere con la risposta sanzionatoria penale tutte quelle condotte colpose che siano poste in rapporto di causa-effetto con la fine prematura della gravidanza. Se la soglia di punibilità del fatto, per essere superata, non richiede il verificarsi di un danno, dobbiamo considerare a questo punto quale tipologia di situazione rischiosa debba verificarsi per ritenere consumato il reato. Escludendo i rischi puramente ipotetici, che non possono ricevere – specialmente in un moderno sistema penale – alcuna tutela, non restano che le situazioni rischiose concrete ed immediatamente relazionabili sul piano causale con la condotta antidoverosa. Nel caso di specie, evidentemente, l'incidente stradale era l'antecedente fattuale collegato eziologicamente all'evento-parto prematuro. Reato di pericolo, quindi, ma concreto. Esiste un obbligo di perizia? Un altro argomento interessante è quello della necessità – o dovremmo dire obbligatorietà – per il giudice penale di ricorrere al mezzo di prova della perizia tutte le volte in cui vi sia un'opposta o contrastata ricostruzione tecnico-scientifica di determinati fenomeni. Il tema è oggetto di diverse correnti interpretative e, nel caso che ci occupa, formava oggetto di una specifica doglianza sotto il profilo della ricostruzione del nesso causale tra il sinistro stradale e l'anticipazione del parto. Non era stata disposta una perizia richiesta in appello e l'ipotizzato vizio di legittimità riguarderebbe la mancata assunzione della c.d. prova decisiva”. Sul punto gli Ermellini ricordano che il giudice di merito può legittimamente scegliere tra le varie tesi scientifiche prospettate dai consulenti delle parti processuali, senza dover necessariamente ricorrere alla perizia, purchè motivi accuratamente sulle ragioni che lo hanno condotto a preferire una determinata ricostruzione dei fatti piuttosto che un'altra. Il giudice mantiene così il suo leggendario ruolo di peritus peritorum , con buona pace della tendenza scientistica” che talvolta consegna integralmente ai tecnici la decisione dei processi penali.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 29 gennaio – 29 marzo 2021, n. 11403 Presidente Serrao – Relatore Bellini Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Lecce, con sentenza in data 25 settembre 2019, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Lecce, ha dichiarato non doversi procedere, per il reato di guida in stato di ebbrezza a cui è seguito un incidente stradale, per intervenuta prescrizione del reato ed ha eliminato la relativa pena nei confronti di L.S.G. . La Corte territoriale ha, invece, confermato la decisione del Tribunale leccese nella parte in cui aveva ritenuto L.S.G. colpevole del reato di lesioni colpose con violazione della disciplina sulla circolazione stradale ai danni di S.A. e di N.M. , nonché del reato di cui alla L. 22 maggio 1978, n. 194, art. 17, per avere determinato l’anticipazione del parto di N.M. , condannandolo alla pena di mesi otto di reclusione e, in solido con il responsabile civile GROUPAMA s.p.a., al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili. 2. Con particolare riferimento all’ipotesi delittuosa concernente la procurata anticipazione del parto, i giudici di merito hanno riconosciuto la sussistenza ontologica del fatto rappresentando come, a seguito del sinistro, si fosse realizzata la rottura delle membrane della gestante, che si trovava alla trentaseiesima settimana di gravidanza rottura che i consulenti del pubblico ministero e della parte civile avevano posto in diretta correlazione con l’evento traumatico, dovendosi al contempo escludere che le condizioni generali della gestante e le patologie di cui era portatrice una particolare ma non grave forma di diabete fossero da sole in grado di giustificare l’anticipazione della gravidanza. Sotto diverso profilo, hanno evidenziato che, sebbene il neonato non avesse presentato particolari sofferenze o patologie alla nascita, il parto prematuro, indotto dal sinistro, non garantiva la piena maturità polmonare e fetale del nascituro, così concretandosi l’ipotesi di nascita prematura in quanto, alla stregua delle osservazioni dei consulenti del PM, si era verificata l’interruzione del normale e completo svolgimento fisiologico della gravidanza con pericolo per la salute della gestante e del nascituro. 3. Con particolare riferimento alle statuizioni civili, peraltro consistenti nella condanna generica dell’imputato e del responsabile civile al risarcimento del danno, che avevano formato oggetto di impugnazione da parte del responsabile civile GROUPAMA s.p.a., affermava che, al di là dell’accertamento del fatto che non era stato possibile effettuare il prelievo di cellule staminali dal cordone ombelicale della partoriente, l’approfondimento dei profili di danno avrebbe dovuto essere rimesso al giudice civile e che non sussistevano statuizioni provvisionali che avrebbero potuto costituire oggetto di rivalutazione. 4. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione la difesa dell’imputato L.S.G. e quella del responsabile civile GROUPAMA s.p.a., i quali hanno rivolto le rispettive censure prevalentemente nei confronti della statuizione di condanna relativa alla procurata anticipazione del parto con pericolo per la salute del nascituro e della madre. 5. Con una prima articolazione, L.S.G. deduce violazione di legge e difetto di motivazione in relazione alla sussistenza dell’elemento materiale del reato di procurato parto prematuro colposo. Assume che, anche sulla base delle valutazioni dei consulenti tecnici, non si sia affatto realizzato un pericolo per il feto o per la madre atteso che il feto era giunto, al giorno della nascita, a piena e completa maturazione e che la valutazione su possibili deficit di maturità alla trentaseiesima settimana era stato espresso in termini probabilistici che, pertanto, la definizione di prematurità formulata dai tecnici non atteneva ad un deficit organico o funzionale del feto, ma solo ad un profilo convenzionale di carattere cronologico, peraltro poco significativo in quanto l’evento è occorso in data prossima al termine finale della gestazione. 5.1. Con una seconda articolazione, lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in punto di rapporto di causalità tra il sinistro stradale e il parto precoce della passeggera dell’autoveicolo tamponato. Assume che, su tale punto, non è stata raggiunta una prova convincente del collegamento tra sinistro stradale ed anticipazione del parto alla luce a delle modalità del sinistro, che non avevano determinato un urto diretto per la gestante b dell’assenza di contrazioni all’atto degli accertamenti sanitari successivi al sinistro c dell’improvvisa rottura delle membrane dopo due giorni dal sinistro, rilevando che lo stesso consulente tecnico della parte civile si era espresso in termini di mera probabilità. Rileva inoltre come ricorressero alternativi scenari causali in quanto la N. presentava una patologia pregressa diabete gestazionale in grado di anticipare la gravidanza. 5.2. Con una terza articolazione, lamenta la mancata assunzione di prova decisiva per non avere il giudice di appello disposto la perizia richiesta dall’imputato, che avrebbe potuto comporre le numerose divergenze emerse in sede istruttoria onde accertare se il parto potesse considerarsi prematuro o soltanto pretermine. Altre censure erano mosse al trattamento sanzionatorio. 6. Il responsabile civile GROUPAMA s.p.a. ha formulato numerosi motivi di ricorso in relazione al reato di cui alla L. n. 194 del 1978, art. 17. In relazione al riconosciuto rapporto di causalità tra l’urto tra veicoli e l’occorso parto prematuro, deduce violazione degli artt. 40 e 41 c.p. in relazione agli artt. 192 e 533 c.p.p Assume che gli argomenti posti a fondamento del giudizio di causalità non sono sorretti da una adeguata spiegazione dell’iter logico sotto il profilo causale, tenuto conto della multifattorialità delle cause in grado di determinare il parto pretermine e dell’assoluta mancanza di prova di un diretto collegamento tra il sinistro e la rottura di membrane, in ragione dell’assenza di un urto diretto e del fatto che l’evento traumatico si è realizzato due giorni dopo il tamponamento. Lamenta, pertanto, che le valutazioni operate dai tecnici sono di carattere possibilistico e comunque fondate su ipotesi astratte e non concrete, in assenza di una legge statistica di copertura idonea a rappresentare l’incidenza dell’evento traumatico sull’accelerazione al parto. Sul punto richiama i dati evocati dai consulenti per riconoscere la rilevante incidenza statistica delle nascite prima del termine e il fatto che tra le cause di accelerazione alla nascita assume rilievo la spontaneità del parto prematuro. 6.1. Con una seconda articolazione lamenta violazione di legge per difetto di tipicità della contestazione sussunta nel reato di procurato parto prematuro per colpa. Assume che, se il bene giuridico tutelato dalla norma è rappresentato dalla salute della gestante e del feto, nella specie è del tutto mancata l’offensività in concreto della condotta contestata all’imputato laddove non tutti i parti prematuri possono rivestire rilevanza penale ma solo quelli che in concreto ledono o mettono in pericolo la vita del concepito o la maternità e che, nel caso in specie, è mancato l’accertamento in concreto dell’effettiva lesività della condotta colposa in nesso eziologico con l’evento rappresentato dal parto prematuro, laddove al contrario è emerso che tale pericolo concreto non si sia realizzato atteso che, sia in sede di verifica sanitaria post trauma, sia all’atto del parto, il feto era risultato sano e giunto a completa maturazione. 6.2. Con una terza articolazione lamenta violazione dell’art. 43 c.p. e dell’art. 192 c.p.p. in relazione all’accertamento della concretizzazione del rischio che la regola cautelare intendeva salvaguardare in ragione della frattura tra la disciplina che regola la circolazione stradale, volta a garantire la sicurezza della circolazione e la incolumità pubblica, e il bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice in questione, che attiene alla tutela della maternità e della vita del concepito. 6.3. Con un’ultima articolazione censura la motivazione della sentenza impugnata laddove, nel rimettere al giudice civile l’accertamento del danno risarcibile, comunque si è ritenuto accertato che, in ragione del parto prematuro, non fosse stato possibile isolare e raccogliere le cellule staminali del cordone ombelicale, laddove al contrario il kit per la raccolta delle stesse era nella disponibilità della persona offesa e pertanto del personale del nosocomio in epoca anteriore al parto. 7. L’Ufficio del Procuratore Generale ha formulato le proprie conclusioni scritte la difesa del ricorrente L.S. e la difesa delle parti civili hanno depositato memorie difensive contenenti conclusioni ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8. Considerato in diritto 1. Preliminarmente, ai fini penali, deve disporsi l’annullamento della sentenza impugnata per essere i residui reati ascritti venuti ad estinzione per intervenuta prescrizione, maturata in data 11 ottobre 2019 sia per le lesioni colpose che per il procurato parto prematuro, come indicato nella sentenza di appello a pag.6, tenuto altresì conto del periodo di sospensione per adesione all’astensione proclamata dall’Unione delle Camere penali e concretizzatasi in un differimento di udienza dal giorno 8 maggio al 25 settembre 2019. D’altro canto le doglianze dei ricorrenti non presentano profili di inammissibilità, per cui il rapporto processuale risulta essersi regolarmente costituito sotto diverso profilo, dall’esame dei provvedimenti impugnati e degli atti difensivi non emergono elementi che, in maniera incontestabile e in termini di evidenza ictu oculi giustifichino la conclusione, in termini di mera constatazione, della insussistenza del fatto, della mancata commissione di esso da parte dell’imputato e, più in generale, della irrilevanza penale dello stesso. La pronuncia di estinzione del reato assorbe i motivi di ricorso che attengono ai profili sanzionatori della sentenza di condanna nei confronti dell’imputato. 2. In ordine alle questioni civili, sulle quali la Corte è comunque tenuta a pronunciarsi ai sensi dell’art. 578 c.p.p., ancorché in costanza di una causa estintiva della responsabilità penale in presenza di condanna anche generica alle restituzioni o al risarcimento del danno in favore della parte civile, i ricorsi sono infondati e devono essere rigettati. 3. Il motivo di ricorso, comune alle difese di entrambi i ricorrenti, che assume la insussistenza del reato di procurato parto prematuro, per mancata integrazione del fatto tipico, non coglie nel segno. Invero, il reato in esame è integrato dalla condotta, improntata a colpa che, determinando la interruzione del naturale e completo ciclo fisiologico della gravidanza, pone a rischio la normale evoluzione della stessa, con pericolo per la salute della gestante ovvero per la salvezza e la integrità del frutto del concepimento. Il bene giuridico tutelato pertanto deve ravvisarsi nell’interesse al naturale decorso della gravidanza quale presupposto di salvaguardia dell’integrità del feto, della salute del nascituro e della madre. 3.1. Sotto questo profilo, pertanto, del tutto correttamente il giudice di appello non ha riconosciuto rilievo alla distinzione tra parto prematuro e parto pretermine in quanto, ai fini della applicazione della norma incriminatrice, la distinzione non ha ragion d’essere in quanto la questione logico-giuridica alla quale il giudice deve dare risposta attiene alla ricorrenza o meno della interruzione del ciclo fisiologico della gravidanza ovvero della sua accelerazione e la riconducibilità causale al fatto dell’imputato di cui in seguito , nonché al profilo della messa in pericolo del bene protetto. 3.2. In relazione al primo punto non sussiste alcuna contestazione sul fatto che il parto fu pretermine, in quanto verificatosi al compimento della trentaseiesima settimana di gestazione, così come non risulta neppure oggetto di contrasto il fatto che il parto sia avvenuto in uno stadio di sviluppo fetale in cui, sulla base della migliore scienza medica neonatale, non vi è certezza che nel bambino ci fosse una maturità polmonare e fetale , come riportato nella sentenza sulla scorta delle valutazioni tecniche acquisite nel corso del dibattimento. Sotto questo aspetto pertanto, corretta è l’inferenza del giudice di appello che, pur avendo negato la rilevanza della distinzione tra parto pretermine e parto prematuro, ha affermato che si sia trattato anche di parto prematuro e che, al momento del parto, non vi era certezza sulla completezza fetale e polmonare, in presenza di rottura del sacco amniotico almeno un mese prima del termine fisiologico. 4. In relazione agli effetti del parto prematuro sulla sicurezza e sulla salute della gestante e del feto la Corte di Appello di Lecce, con argomenti logici, coerenti con i dati processuali e privi di contraddizioni evidenti, ha rappresentato come l’accelerazione al parto non solo abbia rappresentato il fatto tipico che la norma intendeva prevenire interruzione dello svolgimento fisiologico della gravidanza , ma ha, altresì, rimarcato richiamando le considerazioni tecniche degli esperti come, nelle fasi antecedenti e successive al parto, si sia realizzato un concreto aggravamento del rischio per la salvezza fetale e per la salute della gestante. Riferisce la Corte di Appello, richiamando gli esiti del confronto dibattimentale, che a causa della impreparazione del collo dell’utero nel momento in cui si ebbero i primi segnali del parto prematuro a seguito della rottura del sacco amniotico, era stato necessario somministrare alla puerpera una terapia antibiotica e che, a causa della precocità fetale, la madre, pochi giorni dopo il parto, aveva manifestato una ipogalattia che le aveva impedito di nutrire il bambino al seno, obbligandola alla nutrizione artificiale. 4.1. Le censure svolte dalla difesa dell’imputato e del responsabile civile, secondo le quali la insussistenza del reato sarebbe certificata dal fatto che il neonato sia nato sano, vitale e formato e che comunque in nessun momento della gestazione si fosse concretizzato un pericolo per la vita del nascituro, non si confrontano con la motivazione della sentenza impugnata e con il dettato della norma incriminatrice. 4.2. La disposizione in esame non richiede per la integrazione del reato l’evidenza, alla nascita, di un qualche tipo di pregiudizio al feto ovvero nel corso della gravidanza il pericolo di vita per il nascituro, come correttamente evidenziato dal giudice di appello. La norma infatti anticipa la soglia della tutela penale al fatto della interruzione del ciclo fisiologico della gravidanza allorquando, a tale interruzione, per modalità e termine, si prospettino concreti e non ipotetici pericoli per il feto e per la gestante, profili dei quali il giudice di appello ha fornito adeguato argomento in motivazione e rispetto al quale i ricorrenti hanno omesso di confrontarsi. 5. Infondate risultano, altresì, le censure sviluppate dai ricorrenti con riferimento alla violazione di legge in merito ai criteri di valutazione del rapporto di causalità tra l’incidente stradale e il verificarsi del parto prematuro. 5.1. Il giudice di appello, con costrutto motivazionale integro, privo di contraddizioni e del tutto coerente sotto il profilo logico-giuridico con le risultanze processuali, ha riconosciuto la relazione causale tra il trauma occorso alla gestante in occasione del sinistro stradale, benché non diretto, e l’accelerazione del parto. Il giudice di appello ha fornito invero adeguata motivazione del proprio ragionamento in punto di causalità e gli argomenti impiegati non sono viziati da un deficit motivazionale del giudizio prognostico condizionalistico. Sulla base degli indicatori scientifici offerti dai consulenti tecnici, la Corte ha adeguatamente considerato i fattori alternativi che potessero avere indotto, o contribuito a indurre, l’anticipazione della rottura delle membrane ed ha escluso, con il supporto di argomenti medico-legali, la rilevanza del diabete gestazionale intervenuto alla trentesima settimana. Poiché la rottura del sacco amniotico si era realizzata circa 48 ore dopo il sinistro il giudice di appello, considerata la potenziale rilevanza causale del trauma, si è posto il problema di verificare se siffatto iato temporale fosse compatibile con la serie causale innescata dal sinistro, ovvero se potessero avere avuto incidenza ulteriori fattori, in ragione della multifattorialità delle ipotesi di accelerazione della gravidanza, tra cui assume prevalenza la gravidanza prematura spontanea. 5.2. Il responso tecnico ricevuto in sede di esame dei consulenti tecnici, recepito in sentenza con argomenti privi di salti logici, non risulta fondato su considerazioni possibilistiche, come lamentato dalle difese dei ricorrenti, ma su leggi scientifiche fondate su basi statistiche che hanno ricevuto il pieno avallo della comunità scientifica sul tema della legge scientifica di copertura Sez. 4, n. 43786 del 17/09/2010, Cozzini, Rv. 24894301 . Occorre, peraltro, sottolineare che costituisce giudizio di fatto, incensurabile in sede di legittimità, la scelta operata dal giudice, tra le diverse tesi prospettate dai consulenti delle parti, di quella che ritiene maggiormente condivisibile, purché la sentenza dia conto, con motivazione accurata ed approfondita, delle ragioni di tale scelta, del contenuto dell’opinione disattesa e delle deduzioni contrarie delle parti Sez. 4, n. 8527 del 13/02/2015, Sartori, Rv. 26343501 Sez.4, n. 45126 del 6/11/2008, Ghisellini, Rv. 24190701 . 5.3. Il giudice di appello ha, in particolare, evidenziato come i consulenti tecnici non si fossero espressi in termini di mera possibilità ma avessero rappresentato come un trauma, quale quello occorso nella specie, benché indiretto, fosse in grado di provocare, alla stregua di studi clinici di carattere frequentista, il travaglio della gestante a distanza di 12, 24, 48 e 72 ore, tenuto conto della violenza dell’impatto. È stata evidenziata, quindi, la particolare reazione a cascata di detti traumi, che non producono immediati fenomeni contrattili ma circoli ormonali ovvero un’attività cinetica tale da determinare la rottura delle membrane e il parto prematuro, in adesione a quanto riferito dagli esperti escussi nel corso del dibattimento. A fronte di tale antecedente di assoluto rilievo eziologico espresso dai consulenti in termini di certezza , il giudice di appello ha correttamente impostato la propria verifica ispirandosi ai principi di certezza processuale e di elevata credibilità logica, da un lato escludendo fattori eziologici alternativi quali il diabete gestazionale , e dall’altro isolando l’ipotesi in esame, fondata su di un antecedente causale forte, efficiente e cronologicamente connesso al fattore scatenante il travaglio 48 ore , dall’indistinta congerie della multifattorialità. Va invero tenuto conto che a fronte di una spiegazione causale del tutto logica, la prospettazione di una spiegazione causale alternativa capace di inficiare o di caducare la prima non può essere affidata ad una indicazione meramente possibilista, ma deve connotarsi, alla stregua delle risultanze processuali, di elementi che la rendano hic et nunc concretamente probabile Sez. 4, n. 15558 del 13/02/2008, Maggini, Rv. 23980901 . 6. Il terzo ordine di censure proposto dal ricorrente L.S. va parimenti disatteso, atteso che la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale al fine della esecuzione di una perizia medico-legale presuppone una preliminare valutazione di incompletezza e parziarietà del contenuto degli atti e dei documenti assunti o acquisiti dal primo giudice, valutazione che risulta essere stata del tutto esclusa dal giudice di appello allorquando ha respinto le contestazioni, già svolte nei motivi di appello, in ordine ad una asserita incompletezza e ad un complessivo malgoverno delle risultanze istruttorie, mentre al contempo ha replicato ai singoli temi introdotti dagli appellanti sulla scorta dei rilievi dei consulenti tecnici di parte, richiamando il contenuto delle consulenze acquisite e dei chiarimenti resi dai consulenti tecnici alle cui conclusioni ha prestato adesione in sede di istruttoria dibattimentale, assumendo al contempo la chiarezza, la univocità e la sufficienza degli elementi acquisiti, ai fini della formulazione del costrutto argomentativo su cui si fonda la decisione di appello oggi impugnata. Invero il giudice di appello, sulla base del principio di presunzione di completezza della istruttoria compiuta in primo grado, deve limitarsi a dare conto dell’esercizio del suo potere discrezionale, allorquando ritenga di non poter decidere allo stato degli atti. Non così, viceversa, nella ipotesi di rigetto della richiesta di rinnovazione istruttoria in quanto, in tal caso, la motivazione potrà anche essere implicita e desumibile dalla stessa struttura argomentativa della sentenza di appello, con la quale si evidenzia la sussistenza di elementi sufficienti alla affermazione, o negazione, di responsabilità Sez. 5, n. 8891 del 16/05/2000, Callegari, Rv. 21720901 Sez. 4, n. 1184 del 03/10/2018, Motta Pelli s.r.l., Rv. 27511401 Sez. 6, n. 48093 del 10/10/2018, G., Rv. 27423001 . 7. Infondate risultano le ulteriori due censure sviluppate dalla difesa del responsabile civile GROUPAMA s.p.a Assume con la prima doglianza la terza nell’ordine del ricorso che vi sarebbe una carenza di motivazione in ordine all’accertamento della concretizzazione del rischio del procurato parto pretermine, e cioè il giudice di merito non avrebbe spiegato quale sia stato il collegamento tra la inosservanza della regola cautelare violata e l’evento rappresentato dal parto prematuro provocato alla persona offesa, in quanto la disciplina sulla circolazione stradale è sottesa a salvaguardare la sicurezza della circolazione e la pubblica incolumità e non a proteggere il fisiologico compimento della gravidanza. La censura si appalesa manifestamente infondata atteso che la circolazione stradale è solo uno dei possibili ambiti da cui può derivare la lesione del bene giuridico protetto, così come potrebbe venire in considerazione un diverso ambito, quale quello sportivo, ricreativo, lavorativo o sanitario. Il fondamento della responsabilità per il reato ora disciplinato dall’art. 593 bis c.p., non risiede nella inosservanza di una regola cautelare specifica posta a presidio del naturale svolgersi della gravidanza, nè tale inosservanza serve a qualificare il reato in una forma aggravata il fondamento soggettivo della inosservanza risiede nella colpa, nella sua multiforme rappresentazione di cui all’art. 43 c.p., comma 3, nè l’imputazione contesta al ricorrente L.S.G. profili di colpa specifica nel determinismo dell’evento, ma solo la colpa generica nella causazione del trauma da cui è derivata l’accelerazione al parto. 8. Il motivo relativo alle statuizioni civili è anch’esso privo di fondamento atteso che, essendo stata demandata per intero al giudice civile la liquidazione del danno, ogni valutazione operata dal giudice penale su taluni profili controversi della misura del pregiudizio subito dalla persona offesa, che peraltro non si è neppure tradotta in una statuizione provvisionale, è suscettibile di essere travolta in sede civile dalla pronuncia di liquidazione definitiva del danno. Il giudice penale infatti, nel pronunziare condanna generica al risarcimento dei danni, non è tenuto a distinguere i danni materiali da quelli morali, nè deve espletare alcuna indagine in ordine alla concreta esistenza di un danno risarcibile, potendo limitare il suo accertamento alla potenziale capacità lesiva del fatto dannoso ed alla esistenza di un nesso di causalità tra questo ed il pregiudizio lamentato Sez.5, n. 45118 del 23/04/2013, Di Fatta, Rv. 25755101 Sez. 5, n. 191 del 19/10/2000, dep.2001, Mattioli, Rv. 21807701 restando perciò impregiudicato l’accertamento riservato al giudice civile sulla liquidazione e l’entità del danno, ivi compresa la possibilità di escludere l’esistenza stessa di un danno eziologicamente collegato all’evento illecito Sez.3, n. 36350 del 23/03/2015,Bertini, Rv.26563701 . 9. Al rigetto dei ricorsi agli effetti civili segue la condanna dei ricorrenti alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla parte civile, che si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali perché i reati sono estinti per intervenuta prescrizione. Rigetta i ricorsi agli effetti civili e condanna i ricorrenti in solido, alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità in favore di S.A.E. e N.M. che liquida in complessivi Euro 3.600 oltre accessori.