Una lettura di ragionevolezza pratica – mediante l’uso di tabelle di verità - sulle sanzioni che regolano la circolazione durante l’emergenza sanitaria, a seguito della sentenza del Tribunale penale di Milano numero 839/2021. La via normo-centrica potrebbe non essere stata la più idonea al contenimento epidemiologico.
Come noto, il Tribunale penale di Milano – ma anche Tribunale di Reggio Emilia numero 54/2021 - ha disposto «non esista alcun obbligo a dire il vero» in capo a chi, sottoposto ad una accertamento da parte di militi sulla sua presenza nei luoghi diversi da quelli di residenza, dichiari falsamente una circostanza esimente – «ragioni di lavoro, sanità o di urgenza» – poi risultata non veritiera a seguito delle indagini dell’Autorità giudiziaria. Si consolidasse l’orientamento del Tribunale di Milano, segue una tabella – ispirata ai modelli di verità diffusi in logica proposizionale - dei comportamenti adottabili da chi venisse colto nei luoghi inibiti alla circolazione. Va premesso che 1. le norme applicabili sono aggiornate all’oggi non sussiste più sanzione penale, ma solo una sanzione amministrativa/pecuniaria, in caso di presenza ingiustificata del cittadino al di fuori dei luoghi di residenza, a seguito del DPCM del 24.3.2020 che ha depenalizzato la condotta prima tipizzata ex articolo 650 c.p. “Inosservanza dei provvedimenti della pubblica autorità” . 2. Le ipotesi descritte sono raffigurate al netto dei costi processuali occorrenti alla negazione di responsabilità nei luoghi processuali. Ne segue Ipotesi Dichiarato in autocertificazione Integrazione fattispecie ex articolo 483 c.p. Comminatoria sanzione amministrativa ex DPCM - DL 300,00 – 4.000,00 euro per transito nei luoghi vietati Opponibilità della sanzione amministrativa l. 689/1981 A il cittadino dichiara di non aver diritto a transitare nei luoghi vietati V F V F B il cittadino è reticente F v. Tribunale di Milano V se a seguito di accertamento V C il cittadino dichiara il falso F F v. Tribunale di Milano V se a seguito di accertamento V Nell’ipotesi A - il cittadino dichiara di non essere giustificato a transitare nei luoghi vietati -, certamente non gli verrà contestato alcun reato – non dichiara il falso -, però altrettanto certamente subirà sanzione amministrativa per dichiarazione auto incolpante. Nell’ipotesi B – il cittadino tace e non compila l’autocertificazione – non potrà essergli contestato alcun reato di falso ideologico - «Non esiste alcun obbligo giuridico a dire il vero», Tribunale di Milano cit., tanto meno “contra se” – e l’Autorità giudiziaria dovrà svolgere investigazioni “alla cieca” per verificare se il cittadino potesse transitare nei luoghi altri da quelli di residenza. L’Autorità giudiziaria, al fine di elevare sanzione amministrativa, non potrà trarre alcuna presunzione/indicazione dal dichiarato nell’autocertificazione, nel caso proprio assente. Nel caso fosse elevata sanzione amministrativa, il cittadino conserva in ogni caso la possibilità di opporre la sanzione amministrativa eventualmente comminatagli al Prefetto o al Giudice ordinario ai sensi della l. 689/1981. Nell’ipotesi C – il cittadino dichiara falsamente circostanze che gli consentono di transitare nei luoghi vietati – non potrebbe venirgli contestata alcuna falsa autocertificazione – come supra, nell’ipotesi B - e dunque non viene integrata la condotta di reato ex articolo 483 c.p. Tuttavia, nell’ipotesi C, conserva ancora la possibilità di opporre la sanzione amministrativa ai sensi della l. 689/1981 con allegazione di testimoni, documenti et alia in grado di ribaltare le risultanze investigative dell’Autorità giudiziaria, spesso precarie per incombenze d’ufficio. Cosa conviene al cittadino trasgressore? Il caso A – dichiarare con verità la propria presenza illecita nei luoghi vietati – è, nel suo interesse, la worst/bad choice non gli conviene in tal caso, certamente pagherebbe la sanzione amministrativa . Allo stato attuale, conviene al trasgressore dichiarare il falso – ipotesi C - al fine di ottenere il jackpot dell’insussistenza di reato e dell’accoglimento dell’opposizione a sanzione amministrativa se elevata – di cui permane il rischio di soccombenza – ovvero non dire nulla – ipotesi B - lasciando l’Autorità Giudiziaria nell’incertezza investigativa – le incombe a suo capo la probatio diabolica che il cittadino stesse nei luoghi vietati privo di alcuna giustificazione –. Ovviamente, si tratta dei comportamenti probabilmente più pericolosi dal punto di vista epidemiologico. La presente analisi non possiede ovviamente alcuna mira istigatoria dei cattivi comportamenti. Tuttavia, conduce ad esiti significativi. In primis, la cattiva normazione produce comportamenti indesiderati nell’interesse medesimo che la normazione intende tutelare. In secundis, dalla ragionevolezza pratica delle norme non si prescinde maggiore è il tasso di analiticità della normazione più ci si espone ad aporie e contraddizioni – la norma si vendica sempre del maneggio improprio -. In tertiis, in un ordinamento ad ispirazione liberale, l’utilizzo della leva normativa a sanzionare false autocertificazioni auto responsabilizzanti soffre la prova di resistenza del vaglio giudiziale – v. Tribunale di Milano non esiste norma generale che obblighi a dire il vero -. Probabilmente – se questo è l’insegnamento – la via normo-centrica – che ha ridotto la gestione dell’epidemia a vicenda di ordine pubblico - forse si è rivelata la meno idonea al contenimento epidemiologico ma, al contempo, era la più semplice da elaborare – mediante l’utilizzo di DPCM, all’inizio, e poi di Decreti legge -. Chi governa avrebbe dovuto/potuto preferire, sin dall’inizio dell’emergenza, quella tecnica, medica e sanitaria – tracciamento delle fonti di contagio, gestione delle degenze ospedaliere e piano vaccini – probabilmente la più oscuramente trattata ed il cui giudizio riposa ahinoi nelle statistiche di confronto internazionale sul contenimento dell’epidemia, cui si rinvia.