COVID-19 e incompatibilità carceraria: dinanzi al Tribunale di sorveglianza non sono rilevabili i vizi procedurali del magistrato

Il giudizio del tribunale di sorveglianza previsto dall’art. 2 del decreto legge n. 29 del 2020, convertito in legge n. 70 del 2020, sull’istanza di differimento della pena, anche nelle forme della detenzione domiciliare ‘in surroga’, lungi dall’avere ad oggetto il controllo o la convalida del provvedimento adottato in via d’urgenza dal magistrato di sorveglianza, è rivolto a verificare l’attuale sussistenza delle condizioni e dei presupposti della misura richiesta dal detenuto con le scansioni previste dagli articoli 678 e 666 c.p.p. e 70 ord. penit. per cui non sono più deducibili o comunque rilevabili i vizi procedurali in cui sia incorso il magistrato di sorveglianza.

Questo il principio di diritto evincibile dalla decisione n. 6761/2021, nella quale la Prima sezione di legittimità è stata chiamata a pronunciarsi sulla questione, sempre calda, delle scarcerazioni eccellenti” disposte nella prima ondata dell’emergenza sanitaria e legate al rischio che la eventuale positività al COVID-19 avrebbe potuto determinare una prognosi infausta quoad vitam del condannato . Cui ha fatto seguito la legislazione del legislatore d’urgenza che, con i d.l. nn. 28 e 29 del 2020, ha previsto un aggravamento della procedura sia, a monte, prima dell’eventuale concessione della detenzione domiciliare c.d. umanitaria con l’introduzione di pareri da acquisire prima della decisione del giudice di sorveglianza che, a valle, con la previsione di una costante rivalutazione dei motivi i quali, a seguito dell’emergenza Coronavirus, hanno determinato l’ apertura delle porte del carcere, chiaramente orientata verso il ripristino della detenzione. La fattispecie concreta . È proprio quello che è avvenuto nel caso di specie, dove l’ufficio di sorveglianza di Siena il 6 aprile 2020 aveva provvisoriamente concesso la detenzione domiciliare per gravi motivi di salute connessi alla diffusione della pandemia da COVID-19 ad un detenuto sottoposto al 41- bis . Successivamente, il 12 maggio 2020, appena due giorni dopo del d.l. n. 29/2020, lo stesso magistrato di sorveglianza ne ha disposto la revoca della misura, dove aver associato il condannato ad una diversa casa circondariale dotata di maggiore offerta specialistica. Essendo il provvedimento di revoca immediatamente esecutivo nonostante la mancata assistenza delle garanzie difensive – ritenuta legittima, non senza riserve critiche, dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 245/2020, dal recupero contraddittorio posticipato dinanzi al tribunale d sorveglianza e dal termine perentorio in cui deve intervenire la decisione definitiva di 30 giorni dalla ricezione degli atti, immediatamente trasmessi dal magistrato , il condannato è rapidamente rientrato in una nuova struttura carceraria. Lo ius superveniens . Quest’ultima pronuncia del Giudice di sorveglianza prontamente commentata, Rientro in carcere per il detenuto malato in 41- bis prime applicazioni del d.l. sul costante monitoraggio delle condizioni di incompatibilità carceraria, 13 maggio 2020 , è stata una delle prime applicazioni del d. l. n. 29/2020, che – com’è noto – ha previsto che qualora alcune categorie di condannati tra i quali rientrano, come nel caso di specie, quelli sottoposti al carcere duro ex art. 41- bis ord. penit. , abbiano avuto concessa la detenzione domiciliare o usufruiscono del differimento della pena per motivi connessi all’emergenza sanitaria da COVID-19, il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza che ha adottato il provvedimento, acquisito il parere del Procuratore distrettuale antimafia del luogo in cui è stato commesso il reato e del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo per i condannati ed internati già sottoposti al regime di cui al predetto articolo 41- bis , valuta la permanenza dei motivi legati all’emergenza sanitaria entro il termine di quindici giorni dall’adozione del provvedimento e, successivamente, con cadenza mensile. La valutazione è effettuata immediatamente, anche prima della decorrenza dei termini sopra indicati, nel caso in cui il DAP comunica la disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta adeguati alle condizioni di salute del detenuto o dell’internato ammesso alla detenzione domiciliare o ad usufruire del differimento della pena comma 1 . È necessario inoltre acquisire informazioni dall’autorità sanitaria regionale, in persona del presidente della Giunta della Regione, sulla situazione sanitaria locale comma 2 . Iter procedurale seguito Proprio in virtù della novella legislativa, il DAP l’11 maggio 2020 ha comunicato la disponibilità ad associare il detenuto alla Casa circondariale di Livorno, sede dotata di ampia offerta specialistica, anche avvalendosi se del caso di strutture sanitarie del territorio. Preso atto di tale di tale rinvenuta disponibilità, il magistrato di sorveglianza di Siena, disponeva la revoca , sia per il reperimento della struttura in cui apportate i dovuti trattamenti, ed anche tenuto conto della fase di relativa rimessione della diffusione dell’epidemia, con riduzione del numero di nuovi contagi e di nuove infezioni . La decisione dell’ufficio di Sorveglianza senese prendeva atto del mutato quadro normativo sul costante monitoraggio entro quindi giorni dal provvedimento di scarcerazione e, successivamente, con cadenza mensile e dell’abbassamento del rischio da contagio da Coronavirus. in violazione della procedura introdotta dalla novella . Nel frattempo pronunciatosi in via definitiva il tribunale di sorveglianza di Firenze, in data 9 giugno 2020, con rigetto dell’istanza di differimento della pena ai sensi dell’art. 47-ter, comma 1-ter ord. penit. per assenza di incompatibilità delle attuali condizioni di salute con la detenzione in carcere , il detenuto si rivolgeva alla Suprema Corte lamentando che il tribunale di sorveglianza aveva considerato legittimo il provvedimento con cui il magistrato di sorveglianza aveva disposto la revoca della detenzione domiciliare nonostante fosse stato adottato in palese violazione delle norme introdotte dal d.l. n. 29/2020. In particolare, emesso senza attendere il parere obbligatorio del Procuratore distrettuale antimafia in merito al permanere dell’emergenza sanitaria e senza sentire l’autorità regionale competente. Per la Suprema Corte non sono rilevabili i vizi procedurali del magistrato di sorveglianza . I giudici di legittimità, dopo avere ripercorso l’excursus normativo, anche dopo le modifiche apportate in sede di conversione dalla l. n. 70/2020, ritengono che il tribunale di sorveglianza ha correttamente considerato non più deducibili, né comunque rilevabili i prospettati vizi procedurali in cui sarebbe incorso il magistrato di sorveglianza. Ciò in quanto l’intervento in via d’urgenza di quest’ultimo ha natura meramente interinale, in quanto adottato all’interno di un procedimento condotto ex officio senza alcuna necessità di interlocuzione preventiva con la difesa del condannato. Il provvedimento interinale, pertanto, è destinato ad essere caducato dalla successiva decisione definitiva dell’organo destinatario naturale dell’istanza di differimento della pena del detenuto, ossia il tribunale di sorveglianza, in esito ad un procedimento regolato nelle forme dell’incidente di esecuzione nel pieno contraddittorio tra difesa e parte pubblica. Il perimetro del giudizio del tribunale di sorveglianza . Gli ermellini perimetrano i confini del giudizio del tribunale di sorveglianza che, lungi dall’avere ad oggetto il controllo o la convalida del provvedimento adottato in via d’urgenza dal magistrato di sorveglianza, è rivolto a verificare l’attuale sussistenza delle condizioni e dei presupposti della misura richiesta dal detenuto con le scansioni procedimentali descritte dagli artt. 666 e 678 c.p.p. e 70 ord. penit. All’uopo, si ritiene comunque che alla luce dell’esegesi dell’art. 2 d.l. n. 29, il magistrato di sorveglianza poteva revocare immediatamente” l’ammissione disposta in via provvisoria ricorrendo la specifica ipotesi di positiva valutazione della idoneità della struttura penitenziaria indicata dal DAP. Considerazioni critiche . Il ragionamento della Suprema Corte e l’opzione ermeneutica seguita non convincono. Proprio la Prima Sezione di legittimità, con sentenza n. 35772/2020, ha annullato un’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Sassari perché non si era confrontata nel rispetto della sequenza procedimentale disciplinata dal d.l. n. 29/2020. Infatti, la verifica clinica della situazione di compatibilità o meno delle condizioni di salute con lo status detentionis , comporta per tale pronuncia un giudizio non soltanto di astratta idoneità dei presidi sanitari posti a disposizione del detenuto all’interno del circuito penitenziario, ma anche di adeguatezza del trattamento terapeutico che, nella situazione concreta, è possibile assicurare al carcerato, tenuto conto delle patologie che lo affliggono, nel valutare le quali non si può non tener conto della possibile influenza su di esse dell’emergenza di Covid-19. In questa cornice – continua la sentenza n. 35772/2020 – si inseriscono le disposizioni del d.l. n. 29/2020, artt. 2 e 3, della cui applicazione si controverte, che prevedono una sequenza procedimentale predeterminata, ritenuta indispensabile per poter concedere le misure alternative della detenzione domiciliare e del differimento della pena per motivi di salute, per ragioni connesse all’emergenza sanitaria da Coronavirus. Occorre il rispetto di tutti gli anelli procedimentali Alla luce di tali esegesi – diametralmente opposta a quella dettata dall’odierna sentenza – si è cassata la decisone del tribunale di sorveglianza in cui ci si è limitati ad affermare la compatibilità con il regime carcerario, senza verificare se l’eventuale detenzione del condannato fosse concretamente compatibile con le infermità da cui risultava affetto, tenuto conto dei rischi di un possibile contagio pandemico negli stessi termini, in parte qua, Sezione Prima, n. 1919/2021 . Pertanto, nella specie, non si è ritenuto soddisfacente il riferimento alla possibile allocazione del detenuto presso la casa circondariale di Catanzaro, atteso che il Tribunale di sorveglianza di Sassari ometteva – così come ha fatto l’ufficio di sorveglianza di Siena – quale fosse la situazione epidemiologica del locus detentionis , consultando preventivamente il presidente della Giunta regionale, come prescritto dall’art. 2, comma 2, d.l. n. 29, allo scopo di esprimere un giudizio di compatibilità concreta rispetto al quadro nosografico del condannato. il cui mancato rispetto è rilevabile in sede collegiale . Non condivisibili anche i riferimenti sul perimetro del giudizio di sorveglianza dinanzi al tribunale che non potrebbe tener conto dei vizi procedurali dell’organo monocratico, in quanto il procedimento e il relativo fascicolo è unico, suddividendosi nella parte provvisoria” e in quella definitiva”. È chiaro, pertanto, che i vizi procedurali, potranno dell’organo monocratico essere rilevati in sede collegiale.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 9 dicembre 2020 – 22 febbraio 2021, n. 6761 Presidente Tardio – Relatore Aliffi Ritenuto in fatto 1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Firenze, premesso che il detenuto S.A. era stato dapprima ammesso in via provvisoria ed urgente, con provvedimento del magistrato di sorveglianza di Siena in data 6 aprile 2020, alla detenzione domiciliare per gravi motivi di salute connessi alla diffusione della pandemia Covid 19 e successivamente, con provvedimento dello stesso Magistrato di sorveglianza, in data 12 maggio 2020, associato ad una diversa Casa circondariale dotata di maggiore offerta specialistica, ha rigettato, in via definitiva, l’istanza di differimento pena ai sensi dell’art. 47 ter, e art. 47 ter, comma 1 ter Ord. pen. rilevando l’assenza del presupposto della incompatibilità delle attuali condizioni di salute con la detenzione in carcere. 2. Avverso l’ordinanza S.A. ha proposto, per il tramite del difensore, ricorso affidato ad un unico motivo con cui denuncia violazione di legge con riferimento all’art. 47 ter Ord. pen., e art. 147 c.p., e D.L. n. 29 del 2020, art. 2. 2.1. Secondo il ricorrente, il Tribunale di sorveglianza ha erroneamente considerato legittimo il provvedimento con cui il magistrato di sorveglianza aveva disposto la revoca della detenzione domiciliare nonostante fosse stato adottato in palese violazione delle norme introdotte dal D.L. 10 maggio 2020, n. 29, ed in particolare senza attendere il parere obbligatorio del Procuratore distrettuale antimafia in merito al permanere dell’emergenza sanitaria e senza sentire l’autorità regionale competente. Nè è sostenibile che siffatti preventivi adempimenti istruttori possano essere derogati dalla comunicazione dell’amministrazione penitenziaria sulla possibilità di trasferire il detenuto in una struttura in grado di fronteggiare adeguatamente il rischio pandemico. È parimenti illegittima, prosegue il S. , la decisione definitiva. il Tribunale di sorveglianza, infatti, non ha acquisito nè un parere del Procuratore distrettuale antimafia avente un contenuto rispondente alle previsioni della decretazione di urgenza nè le valutazioni dell’autorità regionale. A prescindere dai problemi di coordinamento tra le attribuzioni dei due organi, magistrato di sorveglianza e Tribunale di sorveglianza, posti dalla normativa introdotta per fronteggiare il rischio pandemico nelle carceri e dei poteri che la stessa conferisce all’amministrazione penitenziaria, di dubbia costituzionalità, la nullità del provvedimento di revoca adottato dal magistrato di sorveglianza non può, comunque, non ripercuotersi in quello dell’organo collegiale. 2.2. Nel merito, l’ordinanza impugnata è illogica perché ha valorizzato la regressione del fenomeno pandemico senza considerare l’attualità della patologia di cui soffre il detenuto, rimasta immodificata rispetto al provvedimento provvisorio di ammissione alla detenzione domiciliare ha, inoltre, enfatizzato l’offerta sanitaria del nuovo istituto che, invero, è identica a quella offerta al detenuto in precedenza. Considerato in diritto Il ricorso è infondato per le ragioni che seguono. 1. Va, innanzitutto, ricostruito il quadro normativo su cui si innestano le questioni sollevate dal ricorrente con riferimento sia al procedimento svoltosi davanti al magistrato di sorveglianza che a quello in esito al quale il Tribunale di sorveglianza ha emesso il provvedimento impugnato. Con il D.L. 30 aprile 2020, n. 28, art. 2, comma 1, lett. b , è stato introdotto, tra l’altro, L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 47 ter, nuovo comma 1 quinquies, allo scopo di imporre alla magistratura di sorveglianza, nei procedimenti di concessione della detenzione domiciliare cosiddetta in surroga di cui all’art. 47 ter, comma 1 ter, Ord. pen., di acquisire il parere obbligatorio del Procuratore antimafia del distretto ove ha sede il tribunale che ha emesso la sentenza, nonché - nel caso di detenuti sottoposti al regime penitenziario di cui al 41 bis Ord. pen - del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Con l’art. 2, di un secondo decreto-legge, il D.L. 10 maggio 2020, n. 29, contenente disposizioni applicabili anche alle misure di detenzione domiciliare già disposte in data successiva al 23 febbraio 2020 per ragioni sanitarie legate all’emergenza da COVID-19 e ancora in corso di esecuzione, è stato previsto che il magistrato o il tribunale di sorveglianza, che avesse ammesso alla detenzione domiciliare o al differimento della pena, per motivi connessi all’emergenza sanitaria da COVID-19 , i condannati e gli internati per una serie di gravi reati di criminalità organizzata o comunque sottoposti al regime penitenziario di cui all’art. 41 bis ordin. penit., valutasse la permanenza dei motivi legati all’emergenza sanitaria entro il termine di quindici giorni dall’adozione del provvedimento e, successivamente, con cadenza mensile . Si tratta di una valutazione sottoposta a precise regole, anche di natura temporale sono, infatti, previste - la preventiva acquisizione del parere del Procuratore distrettuale antimafia del luogo di commissione del reato e del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo per i condannati e internati già sottoposti al regime di cui all’art. 41 bis Ord. pen. prima parte del comma 1 - la effettuazione immediata anche prima della decorrenza dei termini sopra indicati , nel caso in cui il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria comunichi la disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta adeguati alle condizioni di salute del detenuto o dell’internato ammesso alla detenzione domiciliare o ad usufruire del differimento della pena nell’inciso finale del comma 1 . - l’acquisizione di informazioni dall’autorità sanitaria regionale, in persona del Presidente della Giunta della Regione, sulla situazione sanitaria locale, e dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria in ordine all’eventuale disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta in cui il condannato o l’internato ammesso alla detenzione domiciliare o ad usufruire del differimento della pena può riprendere la detenzione o l’internamento senza pregiudizio per le sue condizioni di salute comma 2 . Infine, l’autorità giudiziaria provvede valutando se permangono i motivi che hanno giustificato l’adozione del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o al differimento di pena, nonché la disponibilità di altre strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta idonei ad evitare il pregiudizio per la salute del detenuto o dell’internato. Il provvedimento con cui l’autorità giudiziaria revoca la detenzione domiciliare o il differimento della pena è immediatamente esecutivo comma 3 . Il successivo art. 5, del D.L. n. 29 del 2020, stabilisce, tra l’altro, che le disposizioni di cui al precedente art. 2, si applicano ai provvedimenti di ammissione alla detenzione domiciliare o di differimento della pena e ai provvedimenti di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari adottati successivamente al 23 febbraio 2020. Per i provvedimenti di cui al periodo precedente già emessi alla data di entrata in vigore del presente decreto il termine di quindici giorni previsto dall’art. 2, comma 1, e art. 3, comma 1, decorre dalla data di entrata in vigore del presente decreto . In sede di conversione in legge del D.L. n. 28 del 2020, la L. 25 giugno 2020, n. 70, ha, all’art. 1, comma 3, abrogato interamente il D.L. n. 29 del 2020 Il D.L. 10 maggio 2020, n. 29, è abrogato , facendo, però, espressamente salvi la validità degli atti e dei provvedimenti adottati, nonché gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del D.L. n. 29 del 2020 Restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo D.L. 10 maggio 2020, n. 29. . Con la L. n. 70 del 2020, le disposizioni del D.L. n. 29 del 2020, formalmente abrogate, sono state trasfuse, con alcune modifiche, nel corpo normativo del D.L. n. 28. Il D.L. n. 28 del 2020, art. 2 bis, come convertito, pertanto - nei primi tre commi, riproduce il contenuto del D.L. n. 29 del 2020, previgente art. 2, con la sola marginale variazione dell’individuazione del Procuratore della Repubblica, anziché del Procuratore distrettuale antimafia, quale organo competente a fornire il parere indicato dalla norma - nel comma 4, innovando rispetto alla disciplina precedente, prevede l’obbligo di immediata trasmissione degli atti da parte del magistrato di sorveglianza al tribunale di sorveglianza, il quale - nelle ipotesi in cui il primo abbia disposto la revoca della misura extra muraria precedentemente concessa - è ora tenuto ad adottare la decisione definitiva sull’ammissione alla misura entro i trenta giorni successivi, pena la perdita di efficacia dello stesso provvedimento di revoca - nel comma 5, riproduce il contenuto del D.L. n. 29 del 2020, previgente art. 5. Infine, va ricordato che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 245 del 2020 nell’esaminare più questioni di legittimità costituzionale del D.L. 10 maggio 2020, n. 29, artt. 2 e 5, ha ritenuto compatibile con l’art. 24 Cost., comma 2, e art. 111 Cost., comma 2, la scansione procedimentale che prevede un contraddittorio soltanto differito ai fini della eventuale revoca della misura extramuraria, da parte dello stesso magistrato di sorveglianza che l’aveva in precedenza concessa, in considerazione del successivo recupero della pienezza delle garanzie difensive e del contraddittorio nel procedimento avanti al tribunale di sorveglianza. La sentenza della Consulta ha anche precisato, per quanto di interesse in questa sede, che in nessun luogo della disposizione censurata emerge la prospettiva di un affievolimento della tutela della salute del condannato sottolineandosi anzi, nell’art. 2 bis, comma 2, la necessità di verificare - quale presupposto della revoca - l’effettiva disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta in cui il condannato . può riprendere la detenzione o l’internamento senza pregiudizio per le sue condizioni di salute la cui tutela resta, dunque, essenziale anche nell’ottica della legge . 2. Tenuto conto della disciplina vigente, quella inizialmente introdotta dal D.L. n. 29 del 2020, poi trasfusa con modificazioni nel decreto n. 28 del 2020 dalla legge di conversione n. 70 del 2020, nonché della clausola di salvezza dei provvedimenti già adottati contenuta all’art. 1, comma 3, di quest’ultima legge, il Tribunale ha correttamente considerato non più deducibili nè comunque rilevabili i prospettati vizi procedurali in cui sarebbe incorso il magistrato di sorveglianza provvedendo, a mente del D.L. n. 29 del 2020, art. 2, comma 1, alla rivalutazione della permanenza dei motivi legati all’emergenza sanitaria e, per l’effetto, disponendo la revoca dell’ammissione provvisoria alla detenzione domiciliare in luogo del differimento della pena senza il parere del Procuratore antimafia e senza interpellare l’autorità sanitaria regionale. A prescindere della nuova e più stringente sequenza procedimentale introdotta dal D.L. n. 28 del 2020, art. 2 bis, comma 4, ai fini dell’applicazione della detenzione domiciliare in surroga di cui all’art. 47 ter, comma 1 ter Ord. Pen., l’intervento in via di urgenza del magistrato di sorveglianza che, a mente del comma 1 quater dell’art. 47 ter Ord. pen., disponga l’ applicazione provvisoria della misura ha natura meramente interinale, in quanto adottato nell’ambito di un procedimento condotto ex officio senza alcuna necessità di interlocuzione preventiva con la difesa del condannato. Il provvedimento interinale, pertanto, è destinato a essere caducato dalla successiva decisione definitiva dell’organo destinatario naturale dell’istanza del detenuto di differimento della pena,ossia dal tribunale di sorveglianza, in esito ad, un procedimento regolato nelle forme dell’incidente di esecuzione nel pieno contraddittorio tra difesa e parte pubblica. Ne segue che il giudizio del tribunale di sorveglianza, lungi dall’avere ad oggetto il controllo o la convalida del provvedimento adottato in via di urgenza dal magistrato di sorveglianza, è rivolto a verificare l’attuale sussistenza delle condizioni e dei presupposti della misura richiesta dal detenuto con le scansioni previste dagli artt. 678 e 666 c.p.p., e art. 70 Ord. Pen 2.1. Nel caso in esame il magistrato di sorveglianza, peraltro, poteva revocare immediatamente l’ammissione disposta in via provvisoria ricorrendo la specifica ipotesi prevista dai commi 2 e 3 del D.L. n. 29 del 2020, art. 2, ricordata anche dalla Corte costituzionale nella sentenza citata in precedenza, ovvero la positiva valutazione della idoneità della struttura penitenziaria, indicata con tempestiva comunicazione dal dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ad evitare il pregiudizio per la salute del detenuto in precedenza ammesso alla detenzione domiciliare o ad usufruire del differimento della pena. Il Magistrato di sorveglianza di Siena, infatti, ha disposto la revoca della detenzione domiciliare concessa in via di urgenza solo dopo avere ricevuto e condiviso la nota del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria sulla disponibilità di una diversa struttura penitenziaria dotata di maggiore offerta specialistica nonché della possibilità di avvalersi delle strutture sanitare del territorio più facilmente raggiungibili. 2. Infondate sono pure le doglianze che riguardano direttamente la decisione collegiale essa è stata adottata dal Tribunale di sorveglianza non solo dopo l’acquisizione del parere del Procuratore distrettuale antimafia, che ha escluso, senza occuparsi dei risvolti prettamente medici e scientifici correlati al rischio di contagio pandemico del tutto estraneo alle sue attribuzioni, la sussistenza delle condizioni per confermare la misura domiciliare alla luce dell’attuale pericolosità del detenuto, ma anche sulla scorta di una istruttoria sulla situazione epidemiologica, risultante dalle informazioni del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e dalla relazione sanitaria aggiornata, che - a prescindere dall’espresso interpello dell’autorità regionale, la cui omissione non risulta essere sanzionata processualmente se non ove dia luogo ad un vizio della motivazione a sostegno della decisione - consentiva di formulare un giudizio completo sulle condizioni di salute del detenuto, sulla loro compatibilità con il regime carcerario e sul carattere non disumano della detenzione, anche con specifico riferimento al rischio di contagio da Covid 19. Sotto quest’ultimo profilo, il Tribunale ha, infatti, evidenziato come alla stregua della documentazione in atti risultasse accertato che la struttura penitenziaria ove il S. era stato collocato, dopo la revoca della provvisoria ammissione alla detenzione domiciliare, per l’offerta terapeutica e la notevole vicinanza ad un presidio ospedaliero attrezzato distante solo tre chilometri , garantisse un’assistenza sanitaria adeguata rispetto alla gravità delle condizioni di salute del detenuto in relazione a tutte le patologie da cui era affetto, considerata l’assenza di maggiori rischi di contagio nelle strutture carcerarie rispetto ad altri siti a seguito della comprovata riduzione dell’emergenza pandemica nel mese di giugno. 3. Al rigetto consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.