Il provvedimento del Questore non deve necessariamente essere notificato “personalmente” al destinatario

Il ricorrente lamenta che il provvedimento con cui il Questore gli applicava la misura di prevenzione dell’obbligo di rimpatrio presso il proprio comune di residenza con inibizione di fare ritorno presso il Comune di Sciacca era stato notificato a mani della moglie convivente e non a lui personalmente, non potendosi in tal caso parlare di conoscenza legale” dell’atto. La Corte di Cassazione sarà dello stesso avviso?

Questo l’oggetto della sentenza della Suprema Corte n. 2159/21, depositata il 19 gennaio. La Corte d’Appello di Palermo confermava la decisione con cui il Tribunale di Sciacca aveva dichiarato la responsabilità penale dei due odierni ricorrenti per la contravvenzione di cui all’art. 76, comma 3, d.lgs. n. 159/2011. Essi erano accusati di non avere ottemperato agli ordini emessi dalla Questura di Agrigento di rimpatrio nel Comune di residenza con inibizione di fare ritorno presso il Comune di Sciacca , essendo stati trovati insieme nel territorio di tale Comune senza autorizzazione. Gli stessi propongono ricorso per cassazione. Il difensore di uno dei due lamenta che al proprio assistito non sia stato notificato personalmente il provvedimento emesso dal Questore, rilevando altresì che non si possa parlare di conoscenza legale per i provvedimenti applicativi di misure di prevenzione come per gli atti giudiziari. A tal proposito, il Giudice di seconde cure osservava che il provvedimento in questione era stato notificato all’imputato presso il suo domicilio nelle mani della moglie convivente e, esaminando la relativa disciplina contenuta nell’art. 9 del Reg. T.U.L.P.S. inerente alla comunicazione dell’autorità di pubblica sicurezza, rileva che non sussiste alcun elemento da cui sia possibile desumere che la notifica del provvedimento debba effettuarsi personalmente” al suo destinatario, facendo la norma riferimento al consegnatario”, tenendo altresì in considerazione che l’ordine di rimpatrio con divieto di rientro nel territorio di un comune per un certo periodo limita solo la libertà di circolazione , non anche quella personale. La Corte di Cassazione condivide le suddette conclusioni del Giudice di secondo grado e, di conseguenza, rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 27 novembre 2020 – 19 gennaio 2021, n. 2159 Presidente Di Tomassi – Relatore Di Giuro Rilevato in fatto 1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale di Sciacca in composizione monocratica del 22/11/2019, con la quale era dichiarata la penale responsabilità di C.S. e Q.P. in ordine alla contravvenzione di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 76, comma 3, a ciascuno rispettivamente ascritta per non aver ottemperato agli ordini emessi nei loro confronti dal Questore di Agrigento di rimpatrio nel Comune di residenza con inibizione, per motivi di sicurezza pubblica, di fare ritorno, senza preventiva autorizzazione, nel territorio del Comune di , venendo sorpresi, insieme, nel territorio del Comune di , privi di autorizzazione, il omissis , ed erano condannati alla pena, già ridotta della metà per la scelta del rito, di mesi uno di arresto ciascuno. La Corte territoriale ritiene infondata l’eccezione sollevata dalla difesa di C. relativa all’omessa notifica personale al suo assistito del provvedimento del Questore. Nel merito ritiene poi sussistenti sia l’elemento oggettivo che quello soggettivo della contravvenzione ascritta agli imputati, che considera non meritevoli di un’attenuazione del trattamento sanzionatorio. 2. Avverso tale sentenza C.S. , tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo, con un unico motivo, vizio di motivazione e violazione di legge, in relazione agli artt. 192, 438 e 526 c.p.p. in ordine all’utilizzabilità dell’istanza di ammissione al gratuito patrocinio, nonché all’art. 16 Cost., art. 192 c.p.p., D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 76, comma 3, art. 9 Reg. TULPS e art. 8, comma 8 D.Lgs. sopra citato. Lamenta la difesa che i Giudici dell’appello - confondono la conoscenza effettiva dell’atto con la conoscenza legale dello stesso - danno vita ad una non consentita interpretazionè estensiva del summenzionato art. 9, che invece prevede che la notifica va effettuata a mani dell’interessato ovvero al legale rappresentante del medesimo se incapace - trascurano che l’art. 8, comma 8 suddetto D.Lgs. prevede per le misure di prevenzione la notifica personale al sottoposto e che le misure cautelari non custodiali, simili quanto a limiti della libertà di circolazione alla misura preventiva in esame, devono essere notificate personalmente ai sottoposti - utilizzano, infine, a riprova della convivenza del consegnatario dell’atto col sottoposto, un allegato all’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato non acquisito formalmente al fascicolo processuale, ma soltanto presente materialmente nell’incarto processuale. 3. Avverso la medesima sentenza propone, altresì, ricorso per cassazione Q.P. , tramite il proprio difensore, deducendo vizio di motivazione. Rileva il difensore che la Corte territoriale è incorsa in detto vizio, laddove ha affermato che la norma incriminatrice in esame non richiede per l’integrazione della contravvenzione la positiva verifica dell’esistenza di un concreto pericolo per la sicurezza pubblica riferibile alla violazione del divieto, in quanto apprezzato a priori all’atto dell’adozione del foglio di via. Trascurando che il provvedimento di rimpatrio deve comunque indicare le ragioni che inducono a ritenere il destinatario dello stesso socialmente pericoloso e quindi ad una prognosi di pericolosità, suscettibile di sindacato da parte del giudice amministrativo, con riferimento a concreti comportamenti attuali dell’interessato e che non è sufficiente la riconducibilità di quest’ultimo ad una delle categorie indicate nella L. n. 1423 del 1956, art. 1. 4. Disposta la trattazione scritta del procedimento ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23 il Sostituto Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, Dott. Gianluigi Pratola, con requisitoria scritta, ha concluso per la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi. Considerato in diritto 1. I ricorsi sono infondati e vanno, pertanto, rigettati. 1.1. Infondato è il ricorso proposto nell’interesse di C.S. . Il difensore lamenta che al proprio assistito non è mai stato notificato personalmente il provvedimento del Questore, notificato a tale C.G. , e rileva che per i provvedimenti applicativi di misure di prevenzione non può parlarsi come per gli atti giudiziari di conoscenza legale. La Corte di appello di Palermo sul punto osserva che - il provvedimento del Questore è stato notificato nel domicilio di C. a mani di C.G. indicata nella relata di notifica come moglie convivente , dato che risulta corroborato dall’attestazione a firma dell’imputato allegata all’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ove la suddetta viene indicata come familiare convivente - tanto puntualizzato va, ancora ricordato che le misure di prevenzione applicate dal Questore sono provvedimenti di carattere amministrativo cioè non penale di competenza dell’autorità amministrativa che costituiscono strumenti di difesa sociale adottati nei confronti di persone ritenute pericolose . A tale ultimo riguardo la Corte territoriale richiama la disciplina dell’art. 9 Reg. T.U.L.P.S., relativo alla comunicazione dei provvedimenti dell’autorità di pubblica sicurezza, che prevede al comma 1 che i provvedimenti dell’autorità di pubblica sicurezza, quando riflettono singoli interessati, sono comunicati mediante consegna di copia dei provvedimenti, per mezzo degli agenti della forza pubblica o del messo comunale , al comma 2 che la relazione della notifica, redatta in doppio originale, è datata e sottoscritta dall’agente o dal messo e dal consegnatario e se questi non può o non vuole sottoscrivere, ne è fatta menzione e, infine, al comma 3 che la notifica si ha per avvenuta dal giorno in cui la persona interessata, o chi la rappresenti legalmente, rilasci ricevuta dell’atto e del provvedimento che lo riguarda, o quando, in qualsiasi modo, risulti che abbia avuto notizia dell’atto o del provvedimento . Rileva, quindi, che nessun elemento conduce a concludere che la notifica del provvedimento debba essere effettuata personalmente al suo destinatario, facendo il disposto normativo riferimento al consegnatario e che d’altronde, l’ordine di rimpatrio con divieto di rientro nel territorio di un comune per un determinato periodo non limita la libertà personale, ma solo la libertà di circolazione, in quanto la persona destinataria di tale provvedimento resta libera nella persona , libertà di circolazione suscettibile di limitazioni con legge e per motivi di sanità e sicurezza. Conclude, pertanto, la Corte per la regolarità della comunicazione del provvedimento al C. , in quanto effettuata a mezzo degli agenti di Polizia Giudiziaria espressamente delegati dal Questore, avvenuta nel luogo di residenza del destinatario ed a mani del familiare convivente che, in quanto consegnatario, ha ricevuto copia e l’ha debitamente sottoscritta . A fronte di tali argomentazioni, scevre da vizi logici e giuridici, il ricorrente lamenta che i Giudici dell’appello, sulla scia del Tribunale, traggono la prova della conoscenza del provvedimento questorile dalla mera conoscenza legale dello stesso attraverso una non consentita interpretazione estensiva dell’art. 9 Reg. T.U.L.P.S Ma nella sua censura incorre nella genericità, in quanto a fronte del chiaro disposto di detto articolo e in particolare del comma 3, riportato per esteso nella sentenza impugnata, e di elementi di fatto da cui desumere che abbia avuto notizia del provvedimento, non deduce di non esserne venuto a conoscenza, limitandosi a contestare le modalità di notifica dello stesso, a opporre a una relata di notifica che attesta la consegna a familiare convivente e fa fede fino a querela di falso un utilizzo non consentito dell’attestazione allegata alla richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, e a invocare un’equiparabilità alle misure preventive di applicazione giudiziaria e alle misure cautelari personali, esclusa dalla diversa natura del provvedimento di cui si discute, come evidenziato dal provvedimento impugnato. Dando, così, vita a censure infondate, ai limiti dell’ammissibilità. 1.2. Infondato è anche il ricorso proposto nell’interesse di Q. . Invero, con l’appello la difesa chiedeva - primo motivo - l’assoluzione del proprio assistito per difetto dell’elemento soggettivo per non essere stato provato che lo stesso si fosse reso conto, transitando sulla strada statale, di entrare nel territorio del Comune di , e comunque contestava - secondo motivo - il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. In questa sede, alla motivazione della Corte territoriale, che, nell’affermare la sussistenza dell’elemento soggettivo della contravvenzione in esame, rileva che la norma incriminatrice della stessa non richiede per la contravvenzione la positiva verifica dell’esistenza di un concreto pericolo per la sicurezza pubblica riferibile alla violazione del divieto, giacché tale pericolo è apprezzato a priori all’atto dell’adozione del foglio di via e trova esplicitazione nella motivazione del provvedimento, essendo, invece, la sussistenza della contravvenzione integrata dalla mera, formale violazione delle statuizioni del provvedimento stesso , e che pertanto, la contravvenzione al foglio di via obbligatorio è configurabile anche nel semplice transito del prevenuto nel territorio del Comune nel quale gli è stato inibito di rientrare , il ricorrente oppone che la prognosi di pericolosità, di cui al provvedimento di foglio di via obbligatorio, deve comunque basarsi su concreti comportamenti del destinatario e non sull’inquadramento dello stesso nelle astratte categorie di cui alla L. n. 1423 del 1956, art. 1. Formula, quindi, doglianze che non solo risultano dedotte per la prima volta col ricorso per cassazione, ma che, comunque, manifestano la loro infondatezza, ai limiti dell’ammissibilità, anche per la genericità nonché aspecificità laddove non si confrontano con la sentenza impugnata che, lungi dall’escludere una valutazione in concreto della pericolosità, si limita ad affermare che la stessa è apprezzata a priori all’atto dell’adozione del foglio di via obbligatorio. 2. Al rigetto consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.