Sequenza alfanumerica del telaio sostituita: condannato per il riciclaggio di un ciclomotore rubato

Respinte tutte le obiezioni difensive. Confermata la responsabilità penale dell’imputato beccato in possesso del mezzo. Secondo i Giudici sono state modifiche tali da rendere difficoltosa la verifica della illecita provenienza del mezzo.

Sostituita l’originaria sequenza alfanumerica del telaio del ciclomotore oggetto di furto. Legittimo parlare di riciclaggio con conseguente condanna dell’uomo trovato in possesso del mezzo Cassazione, sentenza n. 1750/21, depositata oggi il 15 gennaio . Concordi i Giudici di primo e di secondo grado sulla lettura della vicenda. Così l’imputato sotto accusa si ritrova condannato a due anni e otto mesi di reclusione e a mille euro di multa perché ritenuto responsabile del reato di riciclaggio di un ciclomotore provento di furto . Nello specifico, la condotta incriminata è consistita nella alterazione dell’originaria sequenza alfanumerica del telaio con apposizione di altra appartenente al ciclomotore di proprietà lecitamente dell’imputato sotto processo. Col ricorso in Cassazione, però, il difensore contesta l’accusa, ritenendo illogico parlare di riciclaggio. In questa ottica, egli pone in evidenza il diverso modello del ciclomotore in possesso lecitamente del suo cliente rispetto a quello di provenienza furtiva e l’assenza di qualsiasi manipolazione, poiché il blocco motore del mezzo sequestrato corrispondeva a quello originariamente abbinato al telaio del mezzo di proprietà del suo cliente, così da escludere il reato contestato , sostiene il legale. Dalla Cassazione ribattono però alle obiezioni difensive richiamando i dati accertati tra primo e secondo grado. In particolare, viene evidenziato che il ciclomotore sequestrato si presentava con il numero di telaio palesemente contraffatto ed abbinato ad un blocco motore” il cui numero identificativo, per quanto genuino, avrebbe dovuto essere abbinato al diverso numero di telaio appartenente al ciclomotore oggetto di furto . Irrilevante, secondo i Giudici, la diversità formale dei due modelli sottolineata dalla difesa ma in verità smentita dalla comparazione dei documenti . Significativi, invece, il riconoscimento da parte della persona offesa e le condizioni del ciclomotore all’atto del sequestro, privo del relativo blocco di accensione . Correttamente, quindi, si è concluso che il ciclomotore nella disponibilità dell’imputato era quello rubato e che su di esso erano state apportate modifiche apposizione di altra targa e altro numero di telaio tali da rendere difficoltosa la verifica della sua illecita provenienza , con conseguente sussistenza del reato di riciclaggio e dell’attribuibilità all’imputato del contestato reato, dovendo ritenersi che fosse l’unico soggetto interessato ad occultare il bene di provenienza furtiva per farne uso . Sufficiente il richiamo al principio secondo cui il delitto di riciclaggio, sotto il profilo materiale, risulta integrato dal compimento di condotte volte non solo ad impedire in modo definitivo, ma anche a rendere difficile l’accertamento della provenienza del denaro, dei beni o delle altre utilità, e ciò anche attraverso operazioni che risultino tracciabili, in quanto l’accertamento o l’astratta individuabilità dell’origine delittuosa del bene non costituiscono l’evento del reato . Per quanto concerne, infine, l’elemento soggettivo del reato, vengono richiamate le condizioni del ciclomotore e viene sottolineata la circostanza che solo l’imputato avesse interesse a contraffare il telaio, apponendovi proprio quello del mezzo originariamente acquistato in modo lecito . Applicabile, a questo proposito, il principio secondo cui la prova dell’ elemento soggettivo può essere raggiunta anche sulla base dell’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede. In tal modo, non si richiede all’imputato di provare la provenienza del possesso delle cose, ma soltanto di fornire una attendibile spiegazione dell’origine del possesso delle cose medesime .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 9 dicembre 2020 – 15 gennaio 2021, n. 1750 Presidente Diotallevi – Relatore Pellegrino Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 24/01/2019, la Corte d'appello di Catania confermava la pronuncia di primo grado resa dal Tribunale di Siracusa in data 13/06/2013 che aveva condannato Al. Ga. alla pena di anni due, mesi otto di reclusione ed Euro 1.000 di multa per il reato di riciclaggio del ciclomotore Honda Chiocciola 125, provento di furto in danno di Salvatore Artale, realizzato mediante l'alterazione dell'originaria sequenza alfanumerica del telaio con apposizione di altra appartenente al ciclomotore di sua proprietà e di aveva la relativa carta di circolazione. 2. Avverso detta sentenza, nell'interesse di Al. Ga., viene proposto ricorso per cassazione. Il ricorrente, con i primi due motivi di ricorso, deduce violazione dell'art. 648 bis cod. pen. La Corte territoriale avrebbe travisato le risultanze processuali che, in realtà, avrebbero documentato il diverso modello del ciclomotore in possesso dell'imputato rispetto a quello di provenienza furtiva e l'assenza di qualsiasi manipolazione poiché il blocco motore del mezzo sequestrato corrispondeva a quello originariamente abbinato al telaio del mezzo di proprietà dell'imputato, si da escludere il reato contestato. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce violazione di legge e vizio motivazionale in ordine al profilo soggettivo del reato di riciclaggio. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile per aspecificità e manifesta infondatezza. 2. Con riferimento ai primi due motivi di ricorso, trattabili congiuntamente per la reciprocità delle questioni trattate, evidenzia il Collegio come, al di là della sostanziale deduzione di un vizio di motivazione pur essendosi evocata la violazione di legge, dal conforme apparato argomentativo dei giudici di merito è rimasto incontestato che il ciclomotore Honda sequestrato al Ga. in data 25/09/2006, recante la targa omissis , si presentava con il numero di telaio omissis palesemente contraffatto ed abbinato ad un blocco motore il cui numero identificativo omissis per quanto genuino avrebbe dovuto essere abbinato al diverso numero di telaio omissis , appartenente al ciclomotore Honda tg. omissis oggetto del furto denunciato da Artale Salvatore in data 08/06/2006 E', inoltre, emerso che il numero di telaio omissis era stato originariamente abbinato dalla casa costruttrice al blocco motore recante il numero identificativo omissis , e che tali dati identificativi corrispondevano al ciclomotore tg. omissis che il Ga. aveva acquistato da Cassia Loreno in data 14/02/2006. Infine, dalla disamina del verbale di sequestro del 25/09/2006 si ha contezza che il ciclomotore trovato nel possesso dell'imputato era mancante del cilindretto d'avviamento e cilindretto bauletto sella danneggiata . Poco rileva, pertanto, la diversità formale dei due modelli sottolineata dalla difesa ma, in verità, come assume la Corte territoriale, smentita dalla comparazione degli stessi documenti. Nella sentenza impugnata, inoltre, si valorizza anche il riconoscimento da parte della persona offesa e le condizioni del ciclomotore all'atto del sequestro, privo del relativo blocco di accensione. Nessuno stravolgimento del dato probatorio può, dunque, addebitarsi ai giudici di merito che hanno inequivocamente concluso che Il ciclomotore nella disponibilità dell'imputato era quello sottratto all'Artale nel giugno 2006 e che su di esso erano state apportate modifiche apposizione di altra targa e altro numero di telaio tali da rendere difficoltosa la verifica della sua illecita provenienza con conseguente sussistenza del reato di riciclaggio e dell'attribuibilità all'imputato del contestato reato, dovendo ritenersi che fosse l'unico soggetto interessato ad occultare il bene di provenienza furtiva per farne uso . A tal fine va ricordato come il delitto di riciclaggio, sotto il profilo materiale, risulta integrato dal compimento di condotte volte non solo ad impedire in modo definitivo, ma anche a rendere difficile l'accertamento della provenienza del denaro, dei beni o delle altre utilità, e ciò anche attraverso operazioni che risultino tracciabili, in quanto l'accertamento o l'astratta individuabilità dell'origine delittuosa del bene non costituiscono l'evento del reato cfr., Sez. 5, n. 21925 del 17/04/2018, Ratto e altri, Rv. 273183 . 3. Aspecifico e manifestamente infondato è anche il terzo motivo. I giudici di merito hanno infatti evidenziato l'epoca del furto, successiva rispetto al momento di acquisto del ciclomotore da parte dell'imputato, le condizioni dello stesso e la circostanza che solo l'imputato avesse interesse a contraffare il telaio apponendovi proprio quello del mezzo originariamente acquistato in modo lecito. La giurisprudenza di legittimità, con un principio già dettato in materia di ricettazione ma perfettamente estensibile nel caso in esame a quello di riciclaggio, questa Corte di legittimità per tutte, Sez. 2 n. 29198 del 25/5/2010, Fontanella, Rv. 248265 più recentemente, Sez. 2, n. 27867 del 17/06/2019, Poliziani, Rv. 276666, in fattispecie in tema di riciclaggio di un trattore con semirimorchio di provenienza furtiva attuato mediante sostituzione delle targhe , ha già avuto modo di chiarire che ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell'elemento soggettivo può essere raggiunta anche sulla base dell'omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede in tal modo, non si richiede all'imputato di provare la provenienza del possesso delle cose, ma soltanto di fornire una attendibile spiegazione dell'origine del possesso delle cose medesime, assolvendo non ad onere probatorio, bensì ad un onere di allegazione di elementi, che potrebbero costituire l'indicazione di un tema di prova per le parti e per i poteri officiosi del giudice, e che comunque possano essere valutati da parte del giudice di merito secondo i comuni principi del libero convincimento in tal senso, Sez. U, n. 35535 del 12/7/2007, Ruggiero, Rv. 236914 . Con la suindicata motivazione - del tutto congrua e priva di vizi logico-giuridici - il ricorrente omette di confrontarsi preferendo la strada conducente all'inammissibilità della sostanziale reiterazione del motivo di gravame. 4. Alla pronuncia consegue, per il disposto dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro duemila P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.