Gli effetti della sentenza d’appello che dichiara nulla la condanna dell’imputato in riferimento ad una delle più imputazioni

La sentenza di appello che dichiari la nullità della sentenza di condanna di primo grado con riferimento ad una delle più imputazioni contestate all’imputato e poste a base di quella condanna, dispiega efficacia diretta sulla quantificazione del risarcimento del danno, anche in assenza di specifico gravame sul punto.

Con sentenza n. 1611/21, depositata il 14 gennaio, la Cassazione ha affermato un nuovo principio di diritto sull’effetto che produce la dichiarazione di nullità da parte della Corte d’Appello della sentenza di condanna di primo grado con riferimento ad una tra le imputazioni contestate all’imputato. In particolare, la Suprema Corte ha affermato che la sentenza di appello che dichiari la nullità della sentenza di condanna di primo grado con riferimento ad una delle più imputazioni contestate all’imputato e poste a base di quella condanna, dispiega efficacia diretta sulla quantificazione del risarcimento del danno, pur in assenza di specifico gravame sul punto, comportando per il giudice, in forza dell’effetto devolutivo dell’appello di cui all’art. 574, comma 4, c.p.p., l’obbligo di procedere alla rideterminazione della somma che era stata liquidata a titolo risarcitorio in primo grado con riferimento a tutte le imputazioni per le quali vi era stata condanna .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 26 novembre 2020 – 14 gennaio 2021, n. 1611 Presidente Bricchetti – Relatore Aprile Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di assise di appello di Torino dichiarava la nullità della pronuncia di primo grado in relazione al delitto di cui all’art. 609 bis c.p. - per il quale l’imputato S.A. aveva riportato condanna - disponendo per tale illecito la restituzione degli atti al P.M. in accoglimento di una richiesta formulata dalle parti ai sensi dell’art. 599 bis c.p.p., riformava parzialmente la medesima pronuncia del 27 luglio 2018 della Corte di assise di Alessandria, rideterminando la pena inflitta al S. per il residuo reato di maltrattamenti in famiglia e confermava nel resto la sentenza appellata, compresa la statuizione di condanna dell’imputato al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile. 2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso l’imputato, con atto sottoscritto dal suo difensore, il quale ha dedotto la violazione di legge, in relazione agli artt. 521, 522 e 604 c.p.p., e il vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale omesso di ridurre l’entità della somma liquidata dal giudice di primo grado a titolo di condanna per il risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, benché l’imputato avesse beneficiato della indicata declaratoria di nullità della prima sentenza in relazione ad uno dei due reati peraltro il più grave dei due per i quali era stato giudicato colpevole dalla Corte di assise. 3. Il procedimento è stato trattato nell’odierna udienza in camera di consiglio con le forme e con le modalità di cui al D.L. n. 137 del 2020, art. 23, commi 8 e 9. Considerato in diritto 1. Ritiene la Corte che il ricorso sia fondato. 2. Nel sistema normativo del processo penale è di tutta evidenza l’esistenza di una stretta e diretta connessione tra l’azione penale e quella incidentale civile, sicché le statuizioni adottate in materia penale non possono non avere effetti sulle correlate statuizioni civili. Così, in generale la decisione del giudice di secondo grado di proscioglimento dell’imputato, in riforma di una sentenza di condanna di primo grado, comporta anche in assenza di una impugnazione sulle questioni civili - la revoca della statuizione, contenuta nella pronuncia appellata, di condanna dello stesso imputato al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile tanto si desume chiaramente dal dettato dell’art. 574 c.p.p., comma 4, secondo cui l’impugnazione dell’imputato contro la pronuncia di condanna penale estende i suoi effetti alla pronuncia di condanna alle restituzioni, al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese processuali, se questa pronuncia dipende dal capo o dal punto impugnato . Analogo effetto è ragionevole ritenere che si produca laddove la condanna civile sia stata basata sul riconoscimento della responsabilità penale dell’imputato per due o più imputazioni, per alcune delle quali la condanna venga in appello riformata con l’adozione di una sentenza di proscioglimento. In tal senso, non è pertinente il richiamo operato dal Procuratore generale, con la sua requisitoria scritta, all’orientamento giurisprudenziale secondo il quale il diritto alla restituzione e al risarcimento del fanno in favore della parte civile non viene meno laddove in appello sia data una diversa qualificazione giuridica al fatto di reato per il quale vi è stata condanna in primo grado v. Sez. 6, n. 27087 del 19/04/2017, Fiorenza, Rv. 270400 e ciò per l’ovvia ragione che questo tale regula iuris è stata enunciata con riferimento ad una fattispecie, del tutto diversa da quella oggi in esame, nella quale il fatto per il quale sono intervenute le sentenze di condanna in primo e in secondo grado rimane illecito in entrambe le decisioni, e muta solo la sua qualificazione giuridica. In tale ottica sembra più appropriato il riferimento al differente e anch’esso consolidato indirizzo interpretativo secondo cui l’ammontare della somma da risarcire alla parte civile viene condizionato dalla decisione del giudice dell’appello di riconoscere all’imputato una o più circostanze attenuanti, che concorrono a qualificare in termini di minore gravità il fatto di reato per il quale vi sia stata condanna sia in primo che in secondo grado così, tra le tante, Sez. 3, n. 36020 del 15/02/2017, R., Rv. 271180 . Affermazione, questa, che è destinata a valere a maggior ragione laddove l’imputato sia stato condannato, anche civilmente, in primo grado in relazione a due o più imputazioni, e con riferimento ad una di esse in secondo grado intervenga una pronuncia assolutoria ovvero una declaratoria di nullità della decisione gravata. Va, dunque, affermato il principio di diritto per cui la sentenza di appello che dichiari la nullità della sentenza di condanna di primo grado con riferimento ad una delle più imputazioni contestate all’imputato e poste a base di quella condanna, dispiega efficacia diretta sulla quantificazione del risarcimento del danno, pur in assenza di specifico gravame sul punto, comportando per il giudice, in forza dell’effetto devolutivo dell’appello di cui all’art. 574 c.p.p., comma 4, l’obbligo di procedere alla rideterminazione della somma che era stata liquidata a titolo risarcitorio in primo grado con riferimento a tutte le imputazioni per le quali vi era stata condanna. L’effetto caducatorio, invece, non si produce per la condanna dell’imputato alla rifusione delle spese si assistenza e rappresentanza sostenute dalla parte civile in grado di appello, in quanto è pacifico che la violazione del principio della soccombenza, in ordine al regolamento delle spese da parte del giudice di merito, deve ravvisarsi soltanto nell’ipotesi in cui l’imputato sia totalmente vittorioso, nel senso che egli sia assolto con formula preclusiva dell’azione civile, mentre è legittima la condanna dell’imputato al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile quando la responsabilità sia stata confermata, pur in presenza di un accoglimento dell’impugnazione sotto altri profili Sez. 4, n. 25846 del 15/03/2018, Santoro, Rv. 273079 . P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle statuizioni civili per il reato di cui all’art. 609-bis c.p., statuizioni che elimina.