Telegrammi d’auguri a raffica dal detenuto: legittimo il blocco

Il mittente è sottoposto al 41-bis” e lo sono anche i destinatari. Logico presumere, secondo i giudici, la cripticità del messaggio e un potenziale pericolo.

Telegrammi d’auguri a raffica a sette diversi detenuti sottoposti al ‘41bis’. Legittima la decisione della struttura carceraria di bloccare a monte l’invio da parte del mittente, anch’egli sottoposto al 41- bis . Cassazione, sentenza n. 469/21, sez. I Penale, depositata l’8 gennaio . Concordi Magistrato di sorveglianza e Tribunale di sorveglianza legittimo il trattenimento di un telegramma, indirizzato ad altro detenuto sottoposto al regime differenziato e ristretto in altro istituto penitenziario, sul presupposto che esso avrebbe potuto celare messaggi occulti, con conseguente fondato pericolo per l’ordine e la sicurezza . Inutile l’opposizione del detenuto in qualità di mittente del telegramma. Per i giudici la generale limitazione della corrispondenza tra il reclamante e i detenuti appartenenti al medesimo regime differenziato costituisce attuazione del principio secondo cui va richiesta l’autorizzazione in caso di corrispondenza tra detenuti sottoposti al regime del 41- bis . Peraltro, il divieto per tali detenuti di intrattenere rapporti epistolari con altri ristretti sottoposti al medesimo regime è coerente col paletto normativo che impone di assicurare la assoluta impossibilità di comunicare tra detenuti appartenenti a due diversi gruppi di sodalità . In questo caso specifico, poi, è ritenuta significativa la circostanza che il detenuto, nella medesima occasione, ha inviato ben sette telegrammi identici ad altrettanti soggetti, diversi dai familiari e tutti sottoposti al regime del 41- bis , senza nemmeno premurarsi di allegare l’esistenza di un qualche particolare motivo o rapporto personale a fondare la natura lecita della comunicazione, con ciò avvalorando il sospetto circa il carattere ambiguo e allusivo della comunicazione stessa . Sulla stessa falsariga del Tribunale di sorveglianza è anche la Cassazione. Inutile il ricorso presentato dal legale del detenuto e mirato a contestare la legittimità del provvedimento di trattenimento della corrispondenza. In particolare, il legale sottolinea che il telegramma – inoltrato a sette detenuti sottoposti al regime del 41- bis – conteneva la frase Auguri di buona Pasqua” e ritiene non provato che esso potesse celare messaggi occulti e potesse, quindi, determinare un pericolo per l’ordine e la sicurezza, trattandosi di una frase neutra e di uso comune, inviata in periodo pasquale . E, aggiunge ancora il legale, non può ammettersi un generale divieto di comunicare tra detenuti sottoposti al regime del 41-bis in ragione della mera appartenenza a una determinata tipologia di reclusi . Queste obiezioni non convincono, però, i giudici della Cassazione. In premessa viene ricordato che l’art. 41- bis , comma 2, dell’ordinamento penitenziario stabilisce che quando ricorrano gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica , il Ministro della Giustizia possa disporre, nei confronti di detenuti o internati per gravi reati in materia di terrorismo o di criminalità organizzata, la sospensione, in tutto o in parte, delle regole del trattamento che possano porsi in contrasto con le esigenze di ordine e sicurezza , al fine di impedire i collegamenti con un’associazione criminale, terroristica o eversiva” . E sul versante delle comunicazioni con l’esterno e, segnatamente, della corrispondenza epistolare, la lett. e del comma 2-quater prevede la sottoposizione a visto di censura della corrispondenza” . E benché la disposizione, in apparenza, non individui espressamente i casi in cui può essere disposto il trattenimento, è evidente, stante il suo stretto collegamento funzionale con il visto di censura, che esso possa essere disposto qualora, dall’esame dei contenuti della corrispondenza, l’autorità giudiziaria ritenga sussistente una situazione di pericolo concreto per quelle esigenze di ordine e di sicurezza pubblica che costituiscono i presupposti per l’adozione della prima forma di controllo . Poi, in caso di corrispondenza trasmessa da un detenuto sottoposto al regime differenziato del 41- bis all’indirizzo di un altro ristretto assoggettato al medesimo regime, le considerazioni devono essere armonizzate con il generale divieto di comunicare – sia oralmente che attraverso l’inoltro di un documento scritto – tra soggetti che non appartengono allo stesso gruppo di socialità, stabilito dall’art. 41- bis , comma 2- quater , lett. f , dell’ordinamento penitenziario . Tuttavia, perché un siffatto divieto operi è necessario la missiva abbia realmente natura di comunicazione , in grado di veicolare un contenuto informativo eventualmente idoneo a vulnerare le menzionate esigenze di controllo . Tale valutazione, volta a verificare se si versi in presenza di una forma di comunicazione occulta, deve ovviamente essere compiuta caso per caso, avuto riguardo al contenuto della corrispondenza, alla qualità soggettiva delle persone coinvolte e alle peculiari esigenze di controllo che possano eventualmente porsi . In questo caso specifico si è valorizzato il dato relativo all’elevato numero di telegrammi contestualmente inviati e, soprattutto, la circostanza che il soggetto interessato non ha fornito alcun chiarimento sulle ragioni dell’invio, non avendo egli precisato nemmeno quale rapporto intrattenesse con i relativi destinatari , sottolineano in conclusione dalla Cassazione.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 8 ottobre 2020 – 8 gennaio 2021, n. 469 Presidente Iasillo – Relatore Renoldi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 14/11/2019, il Tribunale di sorveglianza di Milano rigettò il reclamo proposto, ai sensi dell'articolo 18-ter Ord. pen., nell'interesse di Gi. Gu., sottoposto al regime speciale di cui all'articolo 41-bis Ord. pen., avverso il decreto n. 7921/2019 con cui il Magistrato di sorveglianza di Milano aveva disposto il trattenimento di un telegramma, indirizzato ad altro detenuto sottoposto al regime differenziato e ristretto in altro istituto penitenziario, sul presupposto che esso avrebbe potuto celare messaggi occulti, con conseguente fondato pericolo per l'ordine e la sicurezza. Secondo il Collegio, infatti, la generale limitazione della corrispondenza tra il reclamante e i detenuti appartenenti al medesimo regime differenziato, costituiva attuazione dell'articolo 18.1 della circolare del DAP 2/10/2017, secondo cui deve in ogni caso essere richiesta l'autorizzazione ai sensi dell'articolo 18-ter, comma 1, lett a , Ord. pen., in caso di corrispondenza tra detenuti/internati sottoposti al regime 41-bis Ord. pen. fatti salvi i rapporti epistolari tra congiunti e il divieto per tali detenuti di intrattenere rapporti epistolari con altri ristretti sottoposti al medesimo regime era coerente applicazione della lett. f , comma 2-quater, articolo 41-bis Ord. pen., che impone di assicurare la assoluta impossibilità di comunicare tra detenuti appartenenti a diversi gruppi di socialità . In ogni caso, doveva ritenersi assorbente la circostanza che Gu., nella medesima occasione, aveva inviato ben sette telegrammi identici ad altrettanti soggetti, diversi dai familiari e tutti sottoposti al regime dell'articolo 41-bis Ord. pen., senza nemmeno premurarsi di allegare l'esistenza di un qualche particolare motivo o rapporto personale che potesse, almeno teoricamente, valere a fondare la natura lecita della comunicazione, con ciò avvalorando il sospetto circa il carattere ambiguo e allusivo della stessa. 2. Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione lo stesso Gu., per mezzo del difensore di fiducia, avv. Domenico Falanga, deducendo, con un unico motivo di impugnazione, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. cod. proc. pen., la mancanza e/o carenza della motivazione in relazione agli artt. 18-ter Ord. pen. e 15 Cost., nonché lesione del diritto di difesa ex artt. 24 e 111 Cost. In particolare, il ricorso denuncia, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lett. e , cod. proc. pen., che il provvedimento di trattenimento fosse del tutto immotivato, non avendo spiegato perché un telegramma contenente la frase Auguri di Buona Pasqua , inoltrato a 7 detenuti sottoposti a regime di cui all'articolo 41-bis Ord. pen., potesse celare messaggi occulti e potesse, quindi, determinare un pericolo per l'ordine e la sicurezza, trattandosi di una frase neutra e di uso comune, inviata in periodo pasquale. Un'assenza di motivazione che avrebbe comportato una violazione dell'articolo 111 Cost., atteso che il soggetto contro il quale il provvedimento è stato emesso non sarebbe stato posto nelle condizioni di difendersi compiutamente dovendo impugnare di fatto una decisione generica. Ancora il ricorso ricorda che anche la libertà di corrispondenza dei detenuti in regime speciale può essere limitata, in virtù di quanto stabilito dall'articolo 15 Cost., soltanto con un provvedimento dell'autorità giudiziaria, motivato in relazione ai presupposti indicati dai commi da 1 a 4 dell'articolo 18-ter Ord. pen. e con la necessaria evidenziazione di elementi concreti che permettano di dubitare in modo credibile che il contenuto effettivo della missiva non sia quello che appare dalla semplice lettura del testo e sottolinea come non possa ammettersi un generale divieto di comunicare tra detenuti sottoposti al regime dell'articolo 41-bis Ord. pen. in ragione della mera appartenenza a una determinata tipologia di reclusi. Infine, il ricorso lamenta che l'ordinanza impugnata non conterrebbe alcun riferimento individualizzante a Gu., fondandosi sulla cripticità in sé delle epistole, con una motivazione che sarebbe meramente apparente. 3. In data 25/3/2020, è pervenuta in Cancelleria la requisitoria scritta del Procuratore generale presso questa Corte, con la quale è stato chiesto il rigetto del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile in quanto aspecifico. 2. L'articolo 41-bis, comma 2, Ord. pen. stabilisce che quando ricorrano gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica , il Ministro della giustizia possa disporre, nei confronti di detenuti o internati per gravi reati in materia di terrorismo o di criminalità organizzata, la sospensione, in tutto o in parte, delle regole del trattamento che possano porsi in contrasto con le esigenze di ordine e sicurezza, al fine di impedire i collegamenti con un'associazione criminale, terroristica o eversiva . Sul versante, qui pertinente, delle comunicazioni con l'esterno e, segnatamente, della corrispondenza epistolare, la lett. e del comma 2-quater prevede la sottoposizione a visto di censura della corrispondenza, salvo quella con i membri del Parlamento o con autorità Europee o nazionali aventi competenza in materia di giustizia . Tale disposizione, peraltro, nulla stabilisce, per i detenuti assoggettati al regime differenziato di cui all'articolo 41-bis Ord. pen., in relazione sia alla disciplina del trattenimento , consistente nel mancato inoltro della corrispondenza al destinatario una volta riscontrata la presenza di contenuti non consentiti trattenimento al quale, conseguentemente, si applica la disciplina generale dettata dagli artt. 18-ter Ord. pen. e 38 Reg. esec. ord. pen. cfr. Sez. 1, n. 48365 del 21/11/2012, Di Trapani, Rv. 253978, secondo cui la libertà di corrispondenza dei detenuti in regime speciale può essere limitata, in virtù di quanto stabilito dall'articolo 15 della Costituzione, solo con un provvedimento dell'autorità giudiziaria, specificamente motivato in relazione alla sussistenza dei presupposti indicati dai commi da 1 a 4 dell'articolo 18-ter della legge n. 354 del 1975, come modificato dalla legge n. 95 del 2004 . L'articolo 18-ter, rubricato limitazioni e controlli della corrispondenza , stabilisce, al comma 5, che il magistrato di sorveglianza competente nei confronti dei condannati, degli internati e degli imputati dopo la pronuncia della sentenza di primo grado , qualora ritenga che la corrispondenza o la stampa non debba essere consegnata o inoltrata al destinatario, dispone che la stessa sia trattenuta e che, in tale evenienza, il detenuto e l'internato debbano essere immediatamente informati. Benché la disposizione, in apparenza, non individui espressamente i casi in cui può essere disposto il trattenimento, è evidente, stante il suo stretto collegamento funzionale con il visto di censura, che esso possa essere disposto qualora, dall'esame dei contenuti della corrispondenza, l'autorità giudiziaria ritenga sussistente una situazione di pericolo concreto per quelle esigenze di ordine e di sicurezza pubblica che costituiscono i presupposti per l'adozione della prima forma di controllo. 3. Nel caso di corrispondenza trasmessa da un detenuto sottoposto al regime differenziato dell'articolo 41-bis Ord. pen. all'indirizzo di un altro ristretto assoggettato al medesimo regime, le considerazioni che precedono devono essere armonizzate con il generale divieto di comunicare tra soggetti che non appartengono allo stesso gruppo di socialità, stabilito dall'articolo 41-bis, comma 2-quater, lett. f , Ord. pen., a mente del quale devono essere adottate adottate tutte le necessarie misure di sicurezza, anche attraverso accorgimenti di natura logistica sui locali di detenzione, volte a garantire che sia assicurata la assoluta impossibilità di comunicare tra detenuti appartenenti a diversi gruppi di socialità . Ciò all'evidente fine di evitare che il divieto di comunicazione orale possa essere agevolmente aggirato attraverso l'inoltro di un documento scritto. Tuttavia, perché un siffatto divieto operi è necessario la missiva abbia realmente natura di comunicazione , in grado di veicolare un contenuto informativo eventualmente idoneo a vulnerare le menzionate esigenze di controllo. Ciò, conformemente, alla consolidata giurisprudenza costituzionale che impone di limitare i diritti dei detenuti sottoposti al regime dell'articolo 41-bis Ord. pen. nei limiti della stretta necessità. Tale valutazione, volta a verificare se si versi in presenza di una forma di comunicazione occulta, deve ovviamente essere compiuta caso per caso, avuto riguardo al contenuto della corrispondenza, alla qualità soggettiva delle persone coinvolte e alle peculiari esigenze di controllo che possano eventualmente porsi. Ciò che, ancora una volta, impone al giudice, di offrire una puntuale motivazione che sia in grado di esplicitare le ragioni per le quali una determinata corrispondenza debba essere trattenuta e non possa essere inoltrata al destinatario. 4. Nel caso di specie, l'ordinanza ha valorizzato il dato relativo all'elevato numero di telegrammi contestualmente inviati e, soprattutto, la circostanza che l'interessato non avesse fornito alcun chiarimento sulle ragioni dell'invio, non avendo egli precisato nemmeno quale rapporto intrattenesse con i relativi destinatari. Rispetto a tale passaggio motivazionale, che ha valorizzato, non illogicamente, la possibilità che un contenuto apparentemente neutro potesse assumere, in concreto, un significato criptico, in specie in ragione della assenza di una qualche ragione personale che giustificasse l'invio del telegramma, il ricorso ha omesso di offrire una specifica deduzione diretta a dimostrare l'assenza o la manifesta illogicità della motivazione adottata, limitandosi a pur non infondate, ma del tutto generiche, considerazioni sui limiti, in via di principio, al controllo sulla corrispondenza dei detenuti. In questo modo, tuttavia, omettendo di confrontarsi puntualmente con le non illogiche argomentazioni sviluppate nel provvedimento oggetto di ricorso, l'impugnazione si è, infine, palesata come del tutto aspecifica. 5. Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'articolo 616 cod. proc. pen., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della cassa delle ammende, equitativamente fissata in 3.000,00 Euro. 6. La natura non particolarmente complessa della questione e l'applicazione di principi giurisprudenziali consolidati consente di redigere la motivazione della decisione in forma semplificata. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende.