Incompleta rimozione dell’antitaccheggio: il furto è solo tentato

Ridimensionata l’accusa nei confronti dell’uomo beccato mentre portava via un capo di abbigliamento da un negozio. Decisivo il fatto che un frammento della placca antitaccheggio sia rimasto nascosto all’interno dell’indumento. Ciò ha fatto scattare il sensore sonoro mentre il ladro stava per uscire dall’esercizio commerciale.

L’operazione maldestra, ossia la rimozione incompleta della placca antitaccheggio , ‘aiuta’ il ladro, rendendo meno grave l’accusa a suo carico. Cade, difatti, l’ipotesi del furto compiuto”, e si deve parlare solo di furto tentato”, poiché il frammento della placca ha fatto scattare il sensore sonoro dell’antitaccheggio e così il ladro è stato fermato mentre si accingeva ad uscire dal negozio Cassazione, sentenza n. 36761/20, sez. IV Penale, depositata il 21 dicembre . Riflettori puntati sull’azione compiuta da un uomo. Ricostruito l’episodio verificatosi in un negozio, egli viene condannato, sia in primo che in secondo grado, per il furto di un capo di vestiario all’interno di un esercizio commerciale , furto aggravato dalla violenza sulle cose ossia dalla rottura delle placchette dell’antitaccheggio . Il difensore dell’uomo sostiene col ricorso in Cassazione che in realtà si debba parlare di furto tentato . Egli spiega questa posizione ponendo in evidenza il fatto che il suo cliente è stato fermato, mentre si accingeva ad uscire dal negozio, perché si è azionato il sensore sonoro dell’antitaccheggio . Secondo il legale, poi, è irrilevante, contrariamente a quanto osservato dai giudici di merito, la circostanza che non vi è stata la vigilanza costante da parte del personale addetto alla vigilanza, avendo invece rilievo a tal fine anche il monitoraggio esercitato mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce . Per prendere in esame la vicenda i Giudici del ‘Palazzaccio’ richiamano il principio di diritto secondo cui il monitoraggio della azione furtiva in essere, esercitato mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce ovvero attraverso la diretta osservazione da parte della persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza ovvero delle forze dell’ordine presenti nel locale ,ed il conseguente intervento difensivo impediscono la consumazione del delitto di furto, che resta allo stadio del tentativo, non avendo il ladro conseguito, neppure momentaneamente, l’autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo del soggetto passivo . Ciò comporta che la concomitante osservazione da parte della persona offesa, ovvero del dipendente personale di sorveglianza, dell’avviata azione delittuosa al pari dei controlli strumentali mediante apparati elettronici di rilevazione automatica del movimento della merce, come sensori, placche antitaccheggio e la correlata e immanente possibilità di intervento nella immediatezza, a tutela della detenzione, impediscono la consumazione del reato, per non essersi perfezionata la fattispecie tipizzata – dell’ impossessamento, mediante sottrazione, della cosa altrui – in quanto il ladro non ha conseguito l’autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo diretto del soggetto passivo, la cui signoria sulla cosa non é stata eliminata . In sostanza, l’attivazione dei sistemi di rilevazione acustica del movimento della merce come l’allarme antitaccheggio svolge le medesime funzioni della diretta vigilanza del personale preposto e consente di intervenire nell’immediatezza, senza cioè che si perfezioni l’impossessamento della res furtiva , osservano dalla Cassazione. E in questo caso specifico l’attivazione dell’allarme antitaccheggio, mentre il ladro stava uscendo dal locale, é avvenuta perché un frammento del dispositivo – precedentemente rotto dal ladro in un camerino del ‘punto vendita’ – era rimasto all’interno dell’indumento oggetto del furto, e ciò ha consentito l’immediato intervento del personale dipendente . Logico, di conseguenza, parlare di furto tentato , concludono dalla Cassazione, fornendo una chiara indicazione ai giudici d’Appello, chiamati a riesaminare la vicenda.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 17 novembre – 21 dicembre 2020, n. 36761 Presidente Izzo – Relatore Pavich Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. An. Ca. ricorre avverso la sentenza con la quale la Corte d'appello di L'Aquila, in data 28 marzo 2019, ha confermato la condanna emessa a suo carico dal Tribunale aquilano in relazione al delitto di furto di un capo di vestiario all'interno di un esercizio commerciale, commesso in L'Aquila il 4 novembre 2012 ed aggravato dalla violenza sulle cose, consistita nella rottura delle placchette dell'antitaccheggio. Due i motivi di lagnanza. 1.1. Con il primo il ricorrente reitera, sotto la specie della violazione di legge, la doglianza formulata in appello a proposito della mancata riqualificazione del fatto come furto tentato anziché consumato il Ca. era stato fermato mentre si accingeva ad uscire dal punto vendita perché si era azionato il sensore sonoro dell'antitaccheggio per cui, anche alla luce della sentenza a Sezioni Unite Prévete n. 52117/2014 , non é sufficiente affermare, come ha fatto la Corte di merito, che nella specie non vi era stata la vigilanza costante da parte del personale addetto alla vigilanza, avendo invece rilievo a tal fine anche i\ monitoraggio esercitato mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce ciò che era, per l'appunto, accaduto nella specie. 1.2. Con il secondo motivo, conseguente all'accoglimento del primo, il ricorrente chiede l'applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, che non é stata riconosciuta dalla Corte di merito ostandovi la pena edittale massima per il delitto di furto consumato aggravato, e che invece - una volta ricondotta la fattispecie nell'alveo del tentativo - ben può essere riconosciuta in relazione alla vicenda di che trattasi. 2. Il primo motivo di ricorso é fondato e assorbente. Ed invero, il richiamo alla sentenza a Sezioni Unite n. 52117 del 17/07/2014 risulta del tutto pertinente anche con riferimento al caso di specie, atteso che, in base al principio di diritto ivi affermato relativo al caso di furto in supermercato , il monitoraggio della azione furtiva in essere, esercitato mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce ovvero attraverso la diretta osservazione da parte della persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza ovvero delle forze dell'ordine presenti nel locale ed il conseguente intervento difensivo in continenti , impediscono la consumazione del delitto di furto che resta allo stadio del tentativo, non avendo l'agente conseguito, neppure momentaneamente, l'autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo del soggetto passivo. In un passaggio della motivazione della predetta decisione apicale si legge appare difficilmente confutabile - e il dato deve ritenersi acquisito per generale consenso e in carenza di veruna apprezzabile obiezione - che l'impossessamento del soggetto attivo del delitto di furto postuli il conseguimento della signoria del bene sottratto, intesa come piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva da parte dell'agente. Sicché, laddove esso é escluso dalla concomitante vigilanza, attuale e immanente, della persona offesa e dall'intervento esercitato in continenti a difesa della detenzione del bene materialmente appreso, ma ancora non uscito dalla sfera del controllo del soggetto passivo, la incompiutezza dell'impossessamento osta alla consumazione del reato e circoscrive la condotta delittuosa nell'ambito del tentativo. . Sulla base di tale principio viene quindi condiviso l'orientamento, espresso da una parte della giurisprudenza di legittimità a Sezioni semplici, secondo il quale la concomitante osservazione da parte della persona offesa, ovvero del dipendente personale di sorveglianza, dell'avviata azione delittuosa al pari dei controlli strumentali mediante apparati elettronici di rilevazione automatica del movimento della merce, scilicet sensori, placche antitaccheggio e la correlata e immanente possibilità di intervento nella immediatezza, a tutela della detenzione, impediscono la consumazione del reato, per non essersi perfezionata la fattispecie tipizzata - dell' impossessamento, mediante sottrazione, della cosa altrui - in quanto l'agente non ha conseguito l'autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo diretto del soggetto passivo, la cui signoria sulla cosa non é stata eliminata . Ne deriva che, come da corretta prospettazione del ricorrente, l'attivazione dei sistemi di rilevazione acustica del movimento della merce come l'allarme antitaccheggio svolge, per il Consesso apicale, le medesime funzioni della diretta vigilanza del personale preposto e consente allo stesso di intervenire nell'immediatezza, senza cioè che si perfezioni l'impossessamento della res furtiva. Nella specie l'attivazione dell'allarme antitaccheggio mentre il Ca. stava uscendo dal locale é avvenuta perché un frammento del dispositivo - precedentemente rotto dall'odierno imputato in un camerino del punto vendita - era rimasto all'interno dell'indumento oggetto del furto e ciò ha consentito l'immediato intervento del personale dipendente. Ne risulta evidente la riqualificazione del fatto come furto tentato monoaggravato artt. 56, 624, 625 n. 2, cod.pen. . Il secondo motivo risulta pertanto assorbito e, sebbene sia in astratto possibile il riconoscimento della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto anche nel giudizio di cassazione, a condizione che i presupposti per la sua applicazione siano immediatamente rilevabili dagli atti e non siano necessari ulteriori accertamenti fattuali Sez. 2, Sentenza n. 49446 del 03/10/2018, Zingari, Rv. 274476 , nondimeno nella specie il giudizio va demandato ai giudici di merito, atteso che nella sentenza si fa menzione a numerosi e gravi precedenti penali da cui l'imputato é gravato. E' appena il caso di evidenziare che, alla stregua della disciplina della sospensione della prescrizione introdotta dell'art. 83, co. 3-bis D.L. n. 18/2020, introdotto in sede di conversione in legge dalla I. 24 aprile 2020, n. 27, il termine di prescrizione non risulta ad oggi spirato. 3. La sentenza impugnata va perciò annullata con rinvio alla Corte di appello di Perugia per nuovo esame, nel quale saranno verificati in primo luogo i presupposti per la riconoscibilità della causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis cod.pen. e, in caso negativo, sarà rideterminato il trattamento sanzionatorio per la ravvisata ipotesi di furto tentato monoaggravato. P.Q.M. Qualificato il delitto contestato come furto tentato, annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia.