Stato di detenzione sopravvenuto all’elezione di domicilio: valida la notificazione eseguita presso il difensore

La notificazione effettuata presso il domicilio dichiarato o eletto dall’imputato detenuto è nulla solo se il sopravvenuto stato di detenzione sia stato comunicato o risulti che fosse comunque noto al giudice procedente . Di conseguenza, è valida la notificazione eseguita presso il difensore d’ufficio come domiciliatario, stante la rilevata assenza dell’imputata presso il luogo dichiarato o eletto quale domicilio.

Questo il principio ribadito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 36502/20, depositata il 18 dicembre. La Corte d’Appello di Milano confermava la sentenza con cui il Tribunale aveva condannato l’attuale ricorrente per il reato di cui all’art. 385 c.p., essendosi ella allontanata dalla propria abitazione pur essendovi ristretta agli arresti domiciliari . L’imputata impugna la suddetta pronuncia mediante ricorso per cassazione, deducendo la nullità assoluta della notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415- bis c.p.p. e del decreto di citazione a giudizio. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, rilevando che la questione oggetto di ricorso riguarda l’eccepita nullità della notificazione dell’avviso di cui all’art. 415- bis c.p.p. poiché eseguita presso il difensore d’ufficio a causa dell’assenza dell’imputata nel luogo indicato quale sede di elezione di domicilio. A tal proposito, la Corte precisa che l’elezione di domicilio impone all’imputato l’ onere di comunicare ogni mutamento del domicilio eletto , essendo tale onere espressamente previsto dall’art. 161, comma 2, c.p.p. e disponendo, lo stesso articolo al comma 4, che ove la notificazione diventi impossibile presso il domicilio suddetto, le notificazioni siano eseguite mediante consegna al difensore . In tale contesto, gli Ermellini evidenziano che lo stato di detenzione sopravvenuto alla dichiarazione o all’elezione di domicilio non impone di eseguire le notificazioni successive presso il luogo di detenzione piuttosto che presso il domicilio dichiarato o eletto in precedenza, qualora l’autorità giudiziaria non ne abbia avuto conoscenza. Inoltre, si ribadisce il principio per cui la notificazione effettuata presso il domicilio dichiarato o eletto dall’imputato detenuto è nulla solo se il sopravvenuto stato di detenzione sia stato comunicato o risulti che fosse comunque noto al giudice procedente con l’ulteriore precisazione che l’elezione di domicilio, avendo natura di dichiarazione di volontà a carattere negoziale-processuale che necessita ai fini della sua validità del rispetto di determinate formalità, può essere superata solo in forza di un atto formale di revoca e non in ragione di elementi fattuali . La Corte di Cassazione, infine, sottolinea che, nonostante l’impossibilità della notificazione presso il domicilio dichiarato o eletto sia integrata anche dalla temporanea assenza dell’imputato al momento dell’accesso dell’ufficiale che vi provvede o dalla non agevole individuazione del luogo specifico, ciò non significa che tali ipotesi siano assimilate nei loro effetti pratici nel sistema delle notificazioni ex art. 161 c.p.p., essendo evidente che solo nel caso in cui non si possa evincere dalla pregressa relata di notificazione negativa la definitività dell’assenza si imponga per le notificazioni successive di rinnovare il prioritario accesso sul luogo del domicilio eletto, che diventa invece evidentemente superfluo allorché dal precedente tentativo di notifica siano desumibili elementi certi e sufficienti a ritenere in via definitiva l’impossibilità di eseguirvi la notificazione all’imputato, con la conseguente inidoneità dell’elezione di domicilio . Non essendo stati forniti nel caso concreto elementi volti a verificare il profilo inerente alla possibilità di reperire nella sede di elezione di domicilio persone in grado di ricevere la notificazione dell’atto, la circostanza che la ricorrente sia risultata poi detenuta nello stesso momento non inficia la validità delle notificazioni eseguite al difensore. Segue la declaratoria di inammissibilità del ricorso .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 16 ottobre – 18 dicembre 2020, n. 36502 Presidente Mogini – Relatore Amoroso Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte d’Appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Milano emessa in data 22/06/2017, con cui la ricorrente H.R. , all’esito di giudizio ordinario, è stata condannata alla pena di giustizia per il reato ascrittole di cui all’art. 385 c.p. per essersi allontanata dalla propria abitazione sita in omissis , ove era ristretta agli arresti domiciliari, in data 1 gennaio 2015. 2. Tramite il proprio difensore di fiducia, H.R. ha proposto ricorso, articolando il seguente unico motivo per violazione di legge, con cui deduce la nullità derivata della sentenza, per nullità assoluta della notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415-bis c.p.p. e del decreto di citazione a giudizio. In particolare la suddetta nullità assoluta, rilevabile anche di ufficio ed in ogni stato e grado di giudizio, è stata eccepita alla prima udienza di discussione nel giudizio di appello dal difensore di fiducia subentrato a quello di ufficio che aveva proposto l’atto di appello, sul rilievo che sebbene l’imputata avesse eletto domicilio con verbale del 16/01/2015 presso la propria abitazione omissis , le notifiche dell’avviso ex art. 415-bis c.p.p. e del decreto di citazione a giudizio sono state eseguite erroneamente presso il difensore di ufficio, e precisamente la prima ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4, e la seconda per il decreto di citazione a giudizio, erroneamente, sempre al difensore ma quale domiciliatario. Si rappresenta che l’imputata è stata arrestata in esecuzione pena in data 1 marzo 2016 e che, pertanto, alla data di notifica dell’avviso ex art. 415-bis c.p.p. non è stata rinvenuta presso la propria abitazione per questo motivo si rappresenta, inoltre, l’erroneità della notifica del decreto di citazione eseguita presso il difensore di ufficio indicato come domiciliatario, benché l’elezione di domicilio fosse rimasta immutata. Inoltre, si precisa che nessuna indagine è stata svolta dall’A.G. procedente per verificare il sopravvenuto stato di detenzione dell’imputata, sebbene l’esecuzione della pena sia proveniente dalla medesima Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, che in altro separato procedimento ha disposto le notifiche presso il luogo di detenzione. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. Si deve premettere che le questioni dedotte dalla ricorrente attengono esclusivamente ai pretesi vizi formali delle disposte notificazioni dell’avviso ex art. 415-bis c.p.p. e del decreto di citazione a giudizio, e non investono la diversa problematica della conoscenza effettiva della celebrazione del processo ai fini della dichiarazione dell’assenza, che non è stata neppure dedotta e che presuppone che sia l’imputato dichiarato assente ad eccepire e provare che l’assenza sia stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo secondo quanto espressamente previsto dall’art. 604 c.p.p., comma 5-bis, per il giudizio di appello, e dall’art. 629-bis c.p.p. in tema di rescissione del giudicato. Così delimitato il tema della decisione, si deve preliminarmente rilevare la genericità del motivo di impugnazione, oltre che la sua manifesta infondatezza per la parte che si riferisce all’eccepita nullità della notificazione dell’avviso ex art. 415-bis c.p.p. perché eseguita presso il difensore di ufficio a fronte della rilevata assenza dell’imputata presso il luogo indicato in sede di formale e rituale elezione di domicilio. Si deve ribadire sullo specifico punto che l’elezione di domicilio, quando ritualmente e validamente manifestata, impone all’imputato l’onere di comunicare ogni mutamento del domicilio eletto, essendo tale onere espressamente previsto dall’art. 161 c.p.p., comma 2, e disponendo, lo stesso articolo al comma 4, che ove la notificazione diventi impossibile presso il domicilio suddetto, le notificazioni siano eseguite mediante consegna al difensore. L’onere di comunicare il mutamento del luogo dichiarato o eletto non viene meno per effetto del sopravvenuto stato di detenzione, essendo sempre possibile per l’imputato in stato di detenzione fare pervenire per il tramite dell’amministrazione penitenziaria le proprie determinazioni all’A.G. procedente. Costituisce, infatti, principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che lo stato di detenzione per altra causa, sopravvenuto alla dichiarazione o all’elezione di domicilio, non impone, se l’autorità giudiziaria non ne è stata portata a conoscenza da parte dell’interessato, di eseguire le successive notificazioni presso il luogo di detenzione piuttosto che presso il domicilio precedentemente dichiarato od eletto Sez. 2, 03/06/2010, Dominghi, Rv. 247980 . È stato, altresì, affermato che la notificazione effettuata presso il domicilio dichiarato o eletto dall’imputato detenuto è nulla solo se il sopravvenuto stato di detenzione sia stato comunicato o risulti che fosse comunque noto al giudice procedente Sez. 6, 31/03/2015, El Cherquoi, Rv. 263483 , con l’ulteriore precisazione che l’elezione di domicilio, avendo natura di dichiarazione di volontà a carattere negoziale-processuale che necessita ai fini della sua validità del rispetto di determinate formalità, può essere superata solo in forza di un atto formale di revoca e non in ragione di elementi fattuali Sez. 2, 28/02/2017, Gulizzi, Rv. 269863 . Con riferimento al diverso profilo censurato, attinente alla notificazione del decreto di citazione a giudizio presso il difensore di ufficio come domiciliatario, si deve rilevare la genericità della doglianza, non essendo stato specificato se dalla relata di notificazione negativa eseguita presso il domicilio eletto, in occasione della precedente notificazione dell’avviso ex art. 415-bis c.p.p. fosse evincibile il definitivo trasferimento da detto luogo dell’imputata o la mera temporaneità della sua assenza. Si deve, osservare che dalla visione degli atti non è stato possibile rinvenire la relata di notificazione, e che era comunque onere del ricorrente allegarla al mezzo di impugnazione o quanto meno richiamarne il contenuto ai fini della verifica della fondatezza o meno della relativa eccezione. La deduzione di una causa di nullità per violazione di norme di carattere processuale, indipendentemente dalla accessibilità agli atti da parte del giudice dell’impugnazione, non dispensa l’impugnante dall’onere di fornire una indicazione specifica del motivo di impugnazione, a pena di inammissibilità. Ciò vale soprattutto quando l’omissione riguardi l’indicazione di una circostanza essenziale per la valutazione della fondatezza della eccepita causa di nullità. Con la decisione delle Sezioni Unite Tuppi n. 58120 del 22/06/2017, Rv. 271772 è stato oramai chiarito, in linea con la precedente decisione delle Sez. U, n. 28451 del 28/04/2011, Pedicone, che aveva evidenziato il differente campo di azione della disciplina delle notificazioni di cui all’art. 157 c.p.p. rispetto a quella di cui all’art. 161 c.p.p., che il sistema di cui all’art. 161 c.p.p., rappresenta un sistema alternativo che non può essere contaminato con l’applicazione di disposizioni riguardanti le ipotesi della prima notificazione, che risultino incompatibili con esso, tra cui, specificamente, il deposito degli atti nella casa comunale e i correlativi avvisi di cui all’art. 157, comma 8 . Superandosi il precedente contrasto sul punto, si è definitivamente consolidato il principio secondo cui l’impossibilità della notificazione al domicilio dichiarato o eletto, che ne legittima l’esecuzione presso il difensore secondo la procedura prevista dall’art. 161 c.p.p., comma 4, è integrata anche dalla temporanea assenza dell’imputato al momento dell’accesso dell’ufficiale notificatore o dalla non agevole individuazione dello specifico luogo, non occorrendo alcuna indagine che attesti l’irreperibilità dell’imputato, doverosa invece qualora non sia stato possibile eseguire la notificazione nei modi previsti dall’art. 157 c.p.p Ciò non significa, tuttavia, che le due ipotesi, quella della temporaneità o della definitiva dell’assenzafsiano assimilate nei loro effetti pratici nel sistema delle notificazioni disciplinato dall’art. 161 c.p.p., essendo evidente che solo nel caso in cui non si possa evincere dalla pregressa relata di notificazione negativa la definitività dell’assenza P2 si imponga per le notificazioni successive di rinnovare il prioritario accesso sul luogo del domicilio eletto, che diventa invece evidentemente superfluo allorché dal precedente tentativo di notifica siano desumibili elementi certi e sufficienti a ritenere in via definitiva l’impossibilità di eseguirvi la notificazione all’imputato, con la conseguente inidoneità dell’elezione di domicilio. Quindi, con riferimento al caso in esame, non essendo stati forniti elementi utili per verificare tale aspetto concernente la possibilità di reperire nel luogo dell’elezione di domicilio persone in grado di ricevere la notificazione dell’atto, la circostanza che l’imputata sia poi risultata detenuta nel periodo in cui sono state disposte le notificazioni ex art. 161 c.p.p., comma 4 non inficia la validità delle notificazioni eseguite al difensore, atteso che anche la sua indicazione come domiciliatario, con riferimento alla notificazione del decreto di citazione a giudizio, sebbene formalmente erronea, non ha determinato in concreto una diversa procedura di notificazione, atteso che in ogni caso, stante la perdurante assenza dell’imputata dal luogo del domicilio eletto, la notificazione non poteva che essere eseguita presso il difensore di ufficio, poiché il suo arresto, non comunicato al giudice procedente e che lo ha incolpevolmente ignorato, non imponeva al medesimo giudice di effettuare ricerche dell’imputata a causa della violazione degli oneri di comunicazione gravanti sulla stessa per effetto della elezione di domicilio. 2. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare una somma, in favore della Cassa delle Ammende, che si ritiene congruo determinare in tremila Euro. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.