I problemi di salute del marito non rendono meno gravi i maltrattamenti ai danni di moglie e figli

Respinta la tesi difensiva, mirata a mettere in discussione il dolo nelle azioni del marito. Irrilevante il richiamo ai suoi problemi di salute, noti, ovviamente, ai familiari. A salvarlo è la prescrizione.

La precaria condizione di salute – conseguente ad un intervento chirurgico per la rimozione di un meningioma benigno – e la sottoposizione a una invasiva terapia farmacologica – con antiepilettici e antidepressivi – non possono mettere in discussione la gravità del comportamento tenuto dal marito nei confronti dei suoi familiari – moglie e figli –, fatti oggetto di continui maltrattamenti. Cassazione, sentenza n. 29542/20, depositata il 23 ottobre . A finire sotto processo è un padre di famiglia. Sotto i riflettori i comportamenti violenti da lui tenuti tra le mura domestiche nei confronti della moglie e dei figli. Il quadro probatorio è sufficiente, secondo i Giudici di merito, per condannarlo per il reato di maltrattamenti in famiglia , nonostante i problemi di salute da lui lamentati e ben conosciuti dalla moglie e dai figli. Proprio su questo elemento è centrato il ricorso in Cassazione proposto dal suo difensore. Nello specifico, il legale sostiene che le condotte tenute dal suo cliente erano percepite dai suoi familiari come dovute alla sua malattia conseguente a un intervento chirurgico causato da un meningioma benigno – da cui era derivata anche la perdita del lavoro –, tanto che la moglie si era per questo rivolta al medico di famiglia , e a questo proposito aggiunge che il comportamento dell’uomo era stato tollerato in considerazione della sua malattia . In sostanza, secondo il difensore, non vi sono i presupposti per ritenere provato l’elemento psicologico del reato ed è invece evidente l’assenza del dolo , soprattutto alla luce delle condizioni di salute del suo cliente che aveva iniziato ad assumere una terapia farmacologia invasiva fondata sul bilanciamento fra farmaci antiepilettici e antidepressivi . Nonostante le obiezioni proposte dal legale, però, la lettura data alla vicenda dai Giudici di merito è condivisa dalla Cassazione. Per l’imputato però non arriva la condanna definitiva a salvarlo è la prescrizione . Ciò nonostante, però, i magistrati tengono a ribadire che le afflizioni lamentate dall’uomo non ne hanno fatto venir meno la capacità di intendere e di volere , e, di conseguenza, non emergono ragioni per escludere il dolo , che nel reato di maltrattamenti è generico, sebbene unitario, cioè consistente nella coscienza e nella volontà di sottoporre il soggetto passivo nella fattispecie, i familiari a un’abituale condizione di soggezione psicologica e di sofferenza . In sostanza, le peculiari condizioni di salute del ricorrente sono state adeguatamente considerate, e si è dato anche atto della loro percezione da parte dei familiari , ma quest’ultimo dettaglio, ossia la consapevolezza delle persone offese in merito ai problemi del medesimo, non può cancellare l’effetto delle condotte obiettivamente maltrattanti , non essendo venuta meno la capacità di intendere e di volere dell’uomo e comunque essendo le persone offese consapevoli del permanere di tale capacità .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 18 settembre – 23 ottobre 2020, n. 29542 Presidente e Relatore Costanzo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza n. 7313/2019, la Corte di appello di Milano ha confermato, ma riducendo la pena, la condanna inflitta dal Tribunale di Milano a Pa. Ga. per il reato ex artt. 81, comma 2, 572 e 61 comma 11 quinquies cod. pen. con concessione delle circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante. 2. Nel ricorso presentato dal difensore di Ga. si chiede l'annullamento della sentenza deducendo a vizio della motivazione perché la Corte di appello ha valutato condotte successive al periodo oggetto di contestazione e entrambi i Giudici di merito hanno considerato condotte degli anni 2002 e 2003 b vizio della motivazione con riferimento alla mancanza di disamina dell'elemento materiale del reato relativamente a ogni singola persona offesa, come pur dedotto nell'atto di appello c vizio della motivazione nel trascurare che le condotte di Ga. erano percepite dalla persona offesa come dovute alla sua malattia conseguente a un intervento chirurgico causato da un meningioma benigno, da cui era derivata anche la perdita del lavoro, tanto che la moglie si era per questo rivolta al medico di famiglia, seppure dando contraddittoriamente atto che salvo che nel periodo più recente, il comportamento di Ga. era stato tollerato, probabilmente in considerazione della sua malattia d vizio della motivazione sulla sussistenza dell'elemento psicologico del reato, trascurando le condizioni dell'imputato che dal 2010 aveva iniziato a assumere una terapia farmacologia invasiva fondata sul bilanciamento fra farmaci antiepilettici e antidepressivi e fraintendendo le prospettazioni dell'appellante che non ha inteso evidenziare una incapacità di intendere e di volere dell'imputato ma solo l'assenza del suo dolo e vizio della motivazione per non aver valutato le prospettazioni dell'appellante circa la riqualificazione delle condotte nei confronti dei figli ex art. 571 cod. pen. e, quanto alla moglie, per avere trascurato che la stessa ha dichiarato di non avere percepito una qualità vessatoria nelle condotte di suo marito nei suoi confronti all'epoca dei fatti, ma solo successivamente f vizio della motivazione per avere negato la sospensione condizionale della pena per l'assenza di specifiche ragioni e tanto più considerando, in termini di prognosi negativa, che neppure l'applicazione della misura cautelare sortiva adeguato effetto deterrente , ma così facendo leva su condotte successive a quelle del periodo in relazione al quale Ga. è stato ritenuto responsabile. Considerato in diritto 1. La ricostruzione materiale delle condotte effetto delle imputazioni non è oggetto di specifiche contestazioni, per cui il terzo e il quarto dei motivi di ricorso possono essere trattati unitariamente e risultano infondati perché concernono le convergenti valutazioni discrezionali sviluppate dai Giudici di merito sulla base di plausibili e pertinenti massime di esperienza senza incorrere in fallacie logiche. In particolare, come riconosciuto nello stesso ricorso, le afflizioni del ricorrente non ne hanno fatto venir meno la capacità di intendere e di volere, né emergono ragioni per escludere il dolo che nel reato di maltrattamenti è generico sebbene unitario, cioè consistente nella coscienza e nella volontà di sottoporre il soggetto passivo nella fattispecie, i familiari a un'abituale condizione di soggezione psicologica e di sofferenza. Le peculiari condizioni di salute, rimarcate nel ricorso del ricorrente nel periodo delle condotte a lui attribuite sono state considerate nella sentenza impugnata nella quale si dà anche atto della loro percezione da parte dei familiari. Tuttavia da questa consapevolezza delle persone offese non consegue l'elidersi dell'effetto delle condotte obiettivamente maltrattanti, non essendo venuta meno la capacità di intendere e di volere del ricorrente e rimanendo le persone offese comunque consapevoli del permanere di tale capacità. 2. Fondato risulta, invece, il secondo motivo di ricorso. Va ribadito che, se i soggetti passivi del reato di maltrattamenti sono più d'uno, non solo l'accertamento della natura maltrattante delle specifiche condotte ma anche quello del dolo unitario va partitamente riferito alla relazione intercorrente fra l'agente e ciascuno dei soggetti passivi, pur non dovendosi trascurare gli eventuali riverberi di una relazione sulle altre perchè l'interesse protetto dal reato ex art. 572 cod. pen. è la personalità del singolo in relazione al rapporto che lo unisce al soggetto attivo. Su queste basi, è configurabile una pluralità di reati, eventualmente unificati dalla continuazione, nel caso di maltrattamenti attuati nei confronti di più familiari Sez. 6, n. 35683 del 12/06/2019, C, non mass. Sez. 6, n. 2625 del 12/01/2016, C, Rv. 266243 Sez. 6, n. 7781 del 31/01/2003, Simonella, Rv. 224048 . Occorre, però, che relativamente a ciascuna delle persone offese siano individuate le condotte maltrattanti così da intendere l'abitualità della condotta e il dolo unitario che costituisce elemento caratterizzante il reato di maltrattamenti. Invece, deve rilevarsi che la Corte di appello ha trattato le diverse posizioni dei soggetti passivi, soltanto in termini complessivi e generici p.3 semplicemente richiamando, senza una neanche approssimativa collocazione temporale, alcuni episodi che li hanno riguardati. 2. Posto questo, va osservato - anche con riferimento alle deduzioni sviluppate nel primo motivo di ricorso - quanto segue. Il reato è contestato come commesso dall'ottobre del 2012 sino al 06/06/2017 . Tuttavia, deve registrarsi che né nel capo di imputazione né nella ricostruzione dei fatti contenuta nella sentenza della Corte di appello si dà conto di specifiche condotte successive al tempo nel quale si colloca l'inizio dei comportamenti maltrattanti a lui attribuiti. Si precisa, soltanto, che dalle dichiarazioni delle persone offese emerge che il comportamento dell'imputato mutò a partire dal 2010 anno nel quale subì un intervento chirurgico che comportò per lui la perdita del lavoro e che nel 2012 Ga. Gr. fu percossa dal Ga., Anche la sentenza del Tribunale si limita a collocare genericamente intorno all'anno 2012-2013 p.3, non numerata una aggressione contro Is Gr. e a individuare p. 5 non numerata nel giugno del 2016 una seconda aggressione fisica ma contro altra persona, To. Ga., senza una argomentazione che, per quanto riguarda questa seconda persona offesa, colleghi l'episodio del 2016 a altri eventi lesivi così da consentire il configurarsi di reato di maltrattamenti a suo danno. Nel reato di maltrattamenti una adeguata collocazione della punteggiatura cronologica degli atti del soggetto imputato è necessaria, quando le condotte a lui attribuite coprono un non breve arco temporale nella fattispecie 4 anni , per valutare l'unitarietà delle stesse e la natura che deve essere unitaria del tipo di dolo che le regge così da escludere che si sia trattato non di atti sporadici e di manifestazioni di un atteggiamento di contingente aggressività ma di persistenti azioni vessatorie, come tali idonee a ledere la personalità della vittima ex multis Sez. 6, n. 6126 del 09/10/2018, dep. 2019, C, Rv. 275033 Sez. 6, n. 8953 del 21/06/1984, Matichecchia, Rv. 166250 . Su queste basi, deve registrarsi che i dati desumibili dalla sentenza impugnata non consentono di individuare un preciso momento temporale per collocare condotte dell'imputato riconducibili allo schema del reato di maltrattamenti in epoca successiva al 2012. La sopravvenuta prescrizione del reato comporta, anche in presenza di un vizio di motivazione della sentenza di condanna impugnata relativamente alla responsabilità dell'imputato, l'annullamento senza rinvio della sentenza Sez. 1, n. 14822 del 20/02/2020, Milanesi, Rv. 278943 Sez. 4, n. 29627 del 21/04/2016, Silva, Rv. 267844 Sez. 5, n. 21251 del 26/03/2013, Vergati, Rv. 255654 . Da quanto precede, deriva la irrilevanza del quinto motivo di ricorso. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.