Il giudice è obbligato a disporre la perizia solo in caso di apprezzabile fumus sull’incompatibilità col regime carcerario

La permanenza nel sistema penitenziario può essere deliberata se il giudice accerta che esistono istituti in relazione ai quali può formularsi un giudizio di compatibilità rispetto alle patologie sofferte dal detenuto, indipendentemente dalle valutazioni dell’autorità amministrativa. Invero, l’effettuazione della perizia diventa obbligatoria ex articolo 299, comma 4-ter c.p.p. solo in presenza di un apprezzabile fumus di sussistenza di ragioni di incompatibilità col regime carcerario .

La Corte di Cassazione, con la pronuncia numero 29378/20, depositata il 22 ottobre u.s., si pronuncia in tema di misure cautelari, con particolare riguardo all’ipotesi di istanza di scarcerazione fondata sull’assunto dell’incompatibilità dello stato di salute del detenuto rispetto alla carcerazione infra-muraria. Il Tribunale della Libertà di Reggio Calabria emetteva ordinanza reiettiva del riesame proposto da un soggetto sottoposto in vinculis per i reati di cui agli artt. 74 e 73 d.P.R. numero 309/90. Avverso tale provvedimento propone ricorso per cassazione il ricorrente, lamentando, in particolare, l’omessa considerazione nelle conclusioni rassegnate dalla direzione della Casa Circondariale di Siracusa circa l’ incompatibilità dello stato di salute del prevenuto rispetto al regime infra-murario, anche in ragione del rischio derivante dall’epidemia del COVID-19 . I Giudici di Legittimità della Sesta Sezione ritengono la censura difensiva non meritevole di accoglimento e, prima ancora, inammissibile per la genericità e la manifesta infondatezza delle argomentazioni. In primo luogo, gli Ermellini danno conto della completa disamina effettuata dal Tribunale del riesame siculo circa le criticità patologiche sofferte dal detenuto e della loro non assoluta incompatibilità con lo stato di detenzione carcerario. In secondo luogo, nella sentenza in commento, viene evidenziato che anche la pandemia da COVID-19 non può intervenire sul quadro patologico del soggetto, avuto riguardo alle condizioni dell’istituto penitenziario e alla capacità di gestione del rischio. Nell’occasione, la Corte di legittimità ribadisce il principio secondo cui la permanenza nel sistema penitenziario può essere deliberata se il giudice accerta che esistono istituti in relazione ai quali può formularsi un giudizio di compatibilità rispetto alle patologie sofferte dal detenuto, indipendentemente dalle valutazioni dell’autorità amministrativa. Invero, l’effettuazione della perizia diventa obbligatoria ex articolo 299, comma 4- ter c.p.p. solo in presenza di un apprezzabile fumus di sussistenza di ragioni di incompatibilità col regime carcerario. Pertanto, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende oltre alle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 24 settembre – 22 ottobre 2020, n. 29378 Presidente Villoni – Relatore Giordano Ritenuto in fatto 1. Il difensore di G.D. ha proposto il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Reggio Calabria del 7 aprile 2020 deducendo i vizi di violazione di legge e cumulativi vizi della motivazione, ex art. 606 c.p.p., lett. b ed e , con riferimento all’art. 275 c.p.p., comma 4 bis, art. 275 bis c.p.p., art. 299 c.p.p., comma 4 ter e D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 56, 110, 74 e 73. Con unico e complesso motivo di ricorso, il ricorrente denuncia che il Tribunale del riesame non ha esaminato le informazioni, e, soprattutto, le conclusioni alle quali è pervenuta la direzione della Casa Circondariale di Siracusa, ove il ricorrente è ristretto, e che, in ragione delle gravi e preesistenti patologie ne evocavano la necessità di giovarsi di misura alternativa, considerata l’emergenza pandemica in atto ha sottovalutato la portata della nota della Procura generale della Corte di Cassazione del 1 aprile 2020 diretta ai Procuratori generali della Corte di appello, avente ad oggetto la riduzione della presenza carceraria durante l’emergenza coronavirus ha trascurato che l’indagato versa in stato di custodia da oltre due anni e che presso le strutture detentive non si è fatto corso ai protocolli terapeutici che lo stesso Tribunale del riesame, in occasione di precedente provvedimento del 4 luglio 2019, aveva raccomandato. Infine denuncia vizio di omessa motivazione sulla richiesta difensiva di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari, tout court avanzata, e negligentemente sottaciuta dall’ordinanza impugnata nonostante sul punto vi fosse specifica censura difensiva. Le esigenze cautelari non possono essere desunte esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per il quale si procede e lo stato di incensuratezza dell’indagato, in una all’accertata gravità delle sue condizioni di salute ostative alla ripresa dei rapporti con i sodali, rendono gli arresti domiciliari, accompagnati anche da ulteriori prescrizioni, misura adeguata a realizzare le finalità di prevenzione, connesse al pericolo di reiterazione di condotte dello stesso genere. Considerato in diritto 1. Il ricorso è proposto per motivi generici e manifestamente infondati e, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. 2. Nell’ordinanza impugnata si dà atto che G.D. è ristretto, in forza di ordinanza del 30 luglio 2018, perché gravemente indiziato del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, quale promotore e organizzatore di un sodalizio transnazionale che finanziava la cosca mafiosa C. -Gr. di Rosarno, la quale traeva dal business della droga, lauti guadagni, fatto accertato nel settembre 2017, con condotta perdurante. È, inoltre ritenuto gravemente indiziato di importazione di un ingente quantitativo di cocaina dal Sud America e di cessione di analoga sostanza a trafficanti siciliani, condotte, queste, collocate nei mesi di settembre 2017 e febbraio 2018. Il Tribunale ha dato atto, altresì, che analoga istanza cautelare, imperniata sulle condizioni di incompatibilità con la detenzione inframuraria, era stata proposta dal ricorrente e respinta con ordinanza, non impugnata, del 4 luglio 2019. E sulle risultanze delle conclusioni rassegnate dal perito nel corso di siffatto procedimento incidentale, si tratta della relazione del dottor A. , il Tribunale ha ricostruito il quadro nosologico del ricorrente. Il Tribunale ha esaminato altresì le informazioni, acquisite presso la Direzione Sanitaria della Casa Circondariale di Siracusa, trasmesse con nota del 1 aprile 2020 le deduzioni sviluppate nella consulenza di parte redatta dal prof. Strati parimenti effettuata nella precedente procedura incidentale e risalente al 29 ottobre 2018 il contenuto della nota del Procuratore generale della Corte di Cassazione del 1 aprile 2020 ed ha escluso che le condizioni patologiche dell’indagato siano incompatibili con il regime detentivo carcerario e che la misura degli arresti domiciliari, anche con braccialetto elettronico, sia in grado di assicurare la tutela delle esigenze special preventive, misura che finirebbe con il collocarlo nel territorio in cui ha delinquito ed intessuto solidi legami con gli esponenti della locale criminalità organizzata così agevolando recidivanza specifica. 3. Ritiene il Collegio che non sussistono i denunciati vizi di motivazione ed il conseguente vizio di violazione di legge nell’apprezzamento della ricorrenza di condizioni di salute dell’indagato incompatibili con la detenzione inframuraria, previste dall’art. 275 c.p.p., comma 4 bis. In via preliminare occorre rilevare come la peculiarità dell’odierna vicenda processuale, in ragione delle preesistenti e risalenti patologie di cui l’indagato è pacificamente affetto la patologia vertebrale, corretta con un intervento chirurgico subito da adolescente con severa compromissione funzionale arto superiore e deficit deambulatorio la subita resezione gastrica, anche questa risalente negli anni e la tipologia delle altre patologie internistiche emorroidi colite cronica ipertensione arteriosa e la esecuzione di perizia volta ad accertare la compatibilità della detenzione con il quadro nosologico, eseguita nell’estate 2019, danno conto della mancata effettuazione di perizia che, secondo la giurisprudenza di questa Corte è imposta dall’art. 299 c.p.p., comma 4-ter, in presenza di un apprezzabile fumus e cioè se risulti formulata una chiara diagnosi di incompatibilità con il regime carcerario, o comunque si prospetti una situazione patologica tale da non consentire adeguate cure in carcere Sez. 2, n. 25248 del 14/05/2019, Ramondo Rosario, Rv. 276969 . Del resto neppure la difesa ha eccepito alcunché al riguardo concentrando l’attenzione critica sull’omessa valutazione delle risultanze evincibili dalla relazione sanitaria del 1 aprile 2020 e sulla mancata esecuzione, in regime detentivo, degli interventi di riabilitazione già suggeriti nell’ordinanza del 4 luglio 2019. Tuttavia i rilievi svolti nell’ordinanza impugnata rispetto ai punti controversi non sono censurabili in questa sede non solo i giudici della cautela hanno esaminato la relazione sanitaria della Casa Circondariale di Siracusa ma, soprattutto, ne hanno illustrato le conclusioni - alla stregua delle quali l’indagato avrebbe potuto certamente giovarsi di misura alternativa - senza, tuttavia enunciare elementi di criticità sia della sua situazione personale che di quella complessiva dell’Istituto che ne avallassero la incompatibilità con lo stato di detenzione, certamente più gravoso per l’indagato che, in ragione delle sue disabilità, deve essere assistito da un piantone nel disbrigo delle mansioni quotidiane, per evidenti problemi di locomozione. Nè tale disabilità nè le ulteriori comorbilità e in particolare l’ipertensione arteriosa, che viene curata con presidi farmacologici, valgono a fondare la denunciata situazione di incompatibilità. Il Tribunale ha esaminato anche la interferenza tra quadro patologico e pandemia da Covid 19 e la rilevanza, con riguardo alla condizione specifica del ricorrente, della raccomandazione indirizzata alle Procure generali in materia, ma ha escluso che tale emergenza sanitaria immutasse le valutazioni che il giudice è tenuto a compiere in materia di esigenze cautelari ed ha escluso, con argomentazioni fondate sulle risultanze nosologiche ed apprezzamenti logici e congruenti, che le comorbilità del ricorrente fungessero da fattori di predisposizione all’infezione da coronavirus e delle connesse complicanze. Esaminando le deduzioni difensive al riguardo, il Tribunale ha evidenziato che non ha trovato riscontro la denuncia di calo ponderale dell’indagato, che non si evince dalla documentazione sanitaria acquisita, neppure con riferimento al momento di ingresso nell’Istituto a seguito di esecuzione della misura nè si evince dal contenuto dell’accertamento del perito A. , eseguita nel giugno 2019. Infine il Tribunale ha dato atto di difficoltà riscontrate dall’Istituto nella esecuzione di controlli diagnostici e riabilitativi, ma connessi non alle difficoltà strutturali per la effettuazione dei predetti in ambito penitenziario quanto alle difficoltà che, nel periodo di massima allerta pandemica, si sono registrate per tutti i cittadini e, in particolare, per la popolazione carceraria al fine di impedire la diffusione del contagio in un ambiente necessariamente collettivo, ma tali omissioni non sono state prospettate, neppure nella relazione sanitaria, come suscettibili di aggravare il quadro patologico dell’indagato determinando una situazione di incompatibilità con il regime detentivo in carcere. 4. Ritiene il Collegio che in assenza di precise indicazioni, rivenienti dalla perizia ovvero dalla documentazione sanitaria e dalla relazione del 1 aprile 2020, sulla possibilità di far fronte alla corretta gestione delle patologie di cui l’indagato è cronicamente affetto e che sono molto risalenti nel tempo, il metodo di analisi seguito dal Tribunale non rivela alcuna parzialità ed incompletezza nè è inficiata da illogicità la valutazione di compatibilità dell’accertato quadro clinico con il regime carcerario. Il Tribunale, invero, ha fatto corretta applicazione del principio di diritto di questa Corte alla stregua del quale la valutazione della gravità delle condizioni di salute del detenuto e della conseguente incompatibilità col regime carcerario deve essere effettuata sia in astratto, con riferimento ai parametri stabiliti dalla legge, sia in concreto, con riferimento alla possibilità di effettiva somministrazione nel circuito penitenziario delle terapie di cui egli necessita. Ne consegue che, da un lato, la permanenza nel sistema penitenziario può essere deliberata se il giudice accerta che esistano istituti in relazione ai quali possa formularsi un giudizio di compatibilità, dall’altro, che tale accertamento deve rappresentare un prius rispetto alla decisione e non una mera modalità esecutiva della stessa rimessa all’autorità amministrativa Sez. 6, n. 4117 del 10/01/2018, Calì, Rv. 272184 . Le argomentazioni del Tribunale sono, infatti, incentrate sulla precisa ricostruzione delle patologie, del loro andamento e cura durante lo status di detenzione e del tutto ragionevolmente hanno escluso che tali condizioni fossero incompatibili con il regime detentivo in carcere. 5. Manifestamente infondato è il motivo di ricorso che investe l’omesso esame della richiesta difensiva di sostituzione della misura applicata al ricorrente con quella degli arresti domiciliari dal momento che tale richiesta non aveva costituito oggetto del devolutum al Tribunale del Riesame poiché non compare nei motivi di impugnazione che, nella materia, circoscrivono i poteri del Tribunale stesso. 6. Consegue all’inammissibilità del ricorso la condanna al pagamento delle spese processuali e, in presenza di colpa nella presentazione di ricorso manifestamente infondato, la condanna al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.