Quanto conta il passato criminale nel giudizio prognostico finalizzato alla concessione dell’affidamento in prova?

Gli Ermellini chiariscono quali elementi è necessario tenere in considerazione nella formulazione del giudizio prognostico sulla pericolosità sociale e sulla rieducabilità del condannato in vista della concessione della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale.

Questo il contenuto della sentenza della Suprema Corte n. 26228/20, depositata il 18 settembre. Il Tribunale di Sorveglianza di Messina concedeva al condannato la misura alternativa dell’ affidamento in prova al servizio sociale , tenuto conto del suo reinserimento nel tessuto sociale avvenuto grazie al fatto che il suo vissuto criminale fosse ormai risalente nel tempo e al fatto che lo stesso, recentemente e fino a quel momento, avesse espletato all’estero attività lavorativa. Tale decisione è oggetto di impugnazione da parte del Procuratore generale presso la Corte d’Appello, il quale denuncia l’ insufficienza della motivazione , non avendo il Tribunale valutato in modo adeguato la capacità criminale del soggetto, avendo solamente tenuto conto della risalenza nel tempo dell’epoca di consumazione dei reati oggetto della condanna. La Suprema Corte dichiara il ricorso manifestamente infondato , sottolineando che la misura alternativa concessa al condannato attua una forma di esecuzione della pena esterna al carcere destinata ai condannati per i quali sia possibile formulare una ragionevole prognosi di reinserimento completo nella società all’esito della misura alternativa. Ora, gli strumenti utilizzabili sono il reato commesso quale punto di partenza , i precedenti penali, le pendenze processuali, le informazioni di polizia, la condotta carceraria ed i risultati dell’indagine socio-familiare operata dalle apposite strutture. Alla luce di quanto descritto, i Giudici di legittimità affermano che quanto alla misura alternativa in oggetto, devono tenersi in considerazione molti altri elementi per giungere al giudizio prognostico di cui sopra, a causa degli obiettivi propri della medesima. Tali elementi sono l’assenza di nuove denunzie, il rifiuto delle condotte devianti poste in essere nel passato, l’adesione alle ragioni più profonde di valori condivisi socialmente, nonché l’attaccamento familiare, la condotta di vita attuale , la congruità della condanna e, infine, l’eventuale prospettiva positiva di risocializzazione . Nel caso concreto, il giudizio prognostico relativo alla pericolosità sociale e alla rieducabilità del condannato è stato fondato sul passato criminale del soggetto e sull’ evoluzione della sua personalità in epoca successiva, giungendo alla conclusione per cui la misura alternativa dell’affidamento in prova potesse avere effetti concreti in vista dell’obiettivo della risocializzazione . Per questi motivi, la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 7 luglio – 18 settembre 2020, n. 26228 Presidente Santalucia – Relatore Aliffi Ritenuto in fatto 1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Sorveglianza di Messina ha concesso a M.A. la misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale rilevando come il suo vissuto criminale fosse risalente nel tempo e come, negli ultimi anni e fino all’attualità, avesse espletato, sia pure all’estero, attività lavorativa così adoperandosi per reinserirsi nel tessuto sociale infine, ha osservato che non era ostativa l’attuale indisponibilità di attività lavorativa nel territorio italiano tenuto conto che il M. si era comunque dichiarato pronto a rientrare per espiare la pena domiciliando presso l’abitazione ove il fratello attualmente sta scontando gli arresti domiciliari. 2. Avverso il predetto provvedimento, il Procuratore generale presso la Corte di appello di Messina ha proposto ricorso denunciando quale unico motivo la mancanza o comunque l’insufficienza della motivazione. Secondo il ricorrente, il Tribunale non ha adeguatamente valutato la capacità criminale del M. ha, infatti, attribuito decisiva rilevanza alla risalenza nel tempo dell’epoca di consumazione dei reati oggetto della condanna in esecuzione, sottovalutando, però, la circostanza pacifica che negli ultimi sei anni il condannato aveva vissuto all’estero, precisamente a Tenerife, ed ha fideisticamente accettato le dichiarazioni rese dallo stesso al servizio sociale senza ritenere necessario un approfondimento istruttorio, neanche sulla concreta possibilità dell’inserimento lavorativo in Italia. Considerato in diritto 1. L’unico motivo dedotto è manifestamente infondato e, comunque, sollecita un sindacato di merito non consentito al giudice della legittimità. 2. Preliminarmente va chiarito che il condannato, come si ricava dal provvedimento impugnato, pur dichiaratamente domiciliato in Spagna e pur privo di attuale residenza in Italia, si è dichiarato disponibile ad eseguire la pena nel territorio nazionale, indicando anche un preciso domicilio. Non si pone pertanto, nè, invero, è stata dedotta dal pubblico ministero ricorrente, alcuna questione sull’assenza di un preciso riferimento del condannato nel territorio italiano, tanto sotto il profilo strettamente processuale al fine di instaurare il contraddittorio ed effettuare le notifiche quanto ai fini dell’eseguibilità della misura invocata. Come è noto, infatti, la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che è inammissibile per manifesta infondatezza la richiesta di affidamento in prova al servizio sociale priva della indicazione della residenza e dell’ambiente di inserimento, lavorativo o meno e ciò perché tale carenza impedisce la valutazione delle prospettive di rieducazione e di prevenzione, cui è subordinata l’ammissione al beneficio, e non consente neppure di acquisire le necessarie notizie attraverso informativa dei competenti servizi sociali, a norma dell’art. 666 c.p.p., comma 5, cfr. Cass. Pen. Sez. 1, n. 6584 in data 22.12.1998, Rv. 213368, Nikolic V Cass. Pen. Sez. 1, n. 29344 in data 13.06.2001, Rv. 219592, Njume . 3. Non sussiste il denunziato vizio motivazionale. Appare utile rilevare che attraverso la misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale l’ordinamento ha inteso attuare una forma dell’esecuzione della pena esterna al carcere nei confronti di condannati per i quali, alla luce dell’osservazione della personalità e di altre acquisizioni ed elementi di conoscenza, sia possibile formulare una ragionevole prognosi di completo reinserimento sociale all’esito della misura alternativa. I criteri ed i mezzi di conoscenza utilizzabili da parte del Tribunale di Sorveglianza per pervenire a tale positiva previsione sono indicati dalla dottrina e dalla giurisprudenza nel reato commesso, ineludibile punto di partenza, nei precedenti penali Sez. 1, 4.3.1999, 2 Danieli, Rv 213062 nelle pendenze processuali Sez. 1, cit. nelle informazioni di polizia Sez. 1^, 11.3.1997, Capiti, Rv.207998 ma anche, ed in pari grado di rilievo prognostico, nella condotta carceraria e nei risultati dell’indagine socio familiare operata dalle strutture di osservazione atteso che in queste ultime risultanze istruttorie si compendia una delle fondamentali finalità della espiazione della sanzione penale, il cui rilievo costituzionale non può in questa sede rimanere nell’ombra. Certamente nel giudizio prognostico concernente la concessione della misura dell’affidamento in prova al servizio sociale devono essere valutati anche i procedimenti penali passati ed eventualmente pendenti a carico dell’interessato, al fine di pervenire ad una valutazione di fronteggiabilità della pericolosità sociale residua con gli strumenti dell’istituto indicato. Del resto, poiché non esiste una sorta di presunzione generale di affidabilità di ciascuno al servizio sociale, ma al contrario devono sussistere elementi positivi sulla base dei quali il giudice possa ragionevolmente ritenere che l’affidamento si riveli proficuo, appare evidente che - in relazione agli obbiettivi di rieducazione e di prevenzione propri dell’istituto - la reiezione dell’istanza di affidamento può considerarsi validamente motivata anche sulla sola base delle informazioni fornite dagli organi di polizia e dai servizi sociali, quando esse, lungi dal dimostrare elementi certi del genere anzidetto, pongano in luce, al contrario, la negativa personalità dell’istante Sez. 1, 27.07.1992 n. 2762 . In questo ambito, tuttavia, numerosi sono gli altri fattori da valutare per giungere al giudizio prognostico cui prima si è fatto cenno l’assenza di nuove denunzie, il ripudio delle condotte devianti del passato, l’adesione alle ragioni più profonde di valori socialmente condivisi, l’attaccamento al contesto familiare, la condotta di vita attuale, la congruità della condanna e l’eventuale buona prospettiva risocializzante. Nella fattispecie, l’ordinanza impugnata, in piena sintonia con gli esposti principi, ha fondato il giudizio prognostico, sulla pericolosità sociale e sulla rieducabilità del condannato, in primo luogo prendendo in esame il suo passato criminale per rilevare come tanto i reati cui si riferisce la pena in esecuzione quanto i precedenti penali risalgono tutti ad epoca remota e sono cessati a partire dal 2007. Ha, poi preso in considerazione l’evoluzione della personalità del ricorrente in epoca successiva alla consumazione della condotta sanzionata, pervenendo alla conclusione, supportata dalle valutazioni contenute nella relazione del servizio sociale, che la misura dell’affidamento in prova poteva avere concreti effetti risocializzanti in quanto il M. negli ultimi anni non solo aveva lasciato il territorio dove aveva commesso i reati per trasferirsi prima a Roma e poi all’estero dove aveva intrapreso attività lavorative, ma si era anche dimostrato disponibile a lavorare anche in Italia oltre che a svolgere attività riparativa. A queste argomentazioni, il ricorrente, senza contestare la veridicità degli elementi fattuali su cui sono fondate, ne oppone, in via meramente confutativa, altre di segno contrario che non sono tuttavia idonee ad incidere sul percorso motivazionale seguito dal giudice del merito rendendolo illogico o irrazionale ed in definitiva finiscono con il sollecitare un diverso apprezzamento sull’affidabilità del condannato estraneo al giudizio di legittimità. Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso.