Reato commesso durante il lockdown: impossibile riconoscere una maggiore rilevanza penale

Il controllo compiuto dalle forze dell’ordine pone sotto accusa un uomo, beccato in possesso di circa 27 grammi di droga. Ipotizzata la detenzione a fini di cessione. Respinta la linea difensiva del piccolo spaccio. I Giudici della Cassazione, però, ritengono che il fatto che la condotta illegale sia stata compiuta durante l’isolamento per evitare la diffusione del COVID-19 non la rende più grave.

Avere commesso un reato – detenzione di droga a fini di spaccio, per la precisione – durante il lungo periodo di isolamento forzato dovuto alla diffusione del COVID-19 non lo rende più grave. Cassazione, sentenza n. 25012/20, sezione VI Penale, depositata oggi . A dare il la” alla vicenda giudiziaria è un controllo delle forze dell’ordine, controllo che, avvenuto in pieno lockdown , consente di accertare che un uomo, di origini straniere, è in possesso di circa 27 grammi di droga – eroina e cocaina – suddivisi in quasi centoventi involucri termosaldati. A suo carico scatta l’imputazione provvisoria per detenzione di sostanze stupefacenti a fini di cessione , e prima il Gip del Tribunale e poi il Tribunale del riesame ritengono doverosa l’applicazione della custodia cautelare in carcere , avendo esclusa l’ipotesi del reato di lieve entità . Su questo dettaglio batte il ricorso proposto in Cassazione dal difensore dell’uomo costretto in carcere. In particolare, il legale sostiene che il dato ponderale esaminato non è di per sé incompatibile con l’ipotesi del piccolo spaccio e cita a sostegno della propria tesi le pronunce con cui si è parlato di reato di lieve entità anche in caso di dosi conteggiate a decine . In aggiunta, poi, il legale ritiene non incompatibile con l’ipotesi del piccolo spaccio la circostanza della eterogeneità delle sostanze psicotrope detenute dal suo cliente. Infine, il legale tiene a precisare che non si può valutare la condotta in discussione come più grave solo perché compiuta in pieno periodo di restrizione della circolazione dovuta all’emergenza sanitaria causata dal COVID-19 , come fatto invece dal Tribunale del riesame. Anche per i Giudici della Cassazione, però, va esclusa l’ipotesi difensiva del fatto di lieve entità . A questo proposito, viene richiamato il relativo alla quantità delle sostanze stupefacenti , poiché il dato ponderale eccede largamente il limite delle dosi conteggiate a decine”, dovendosene nella specie conteggiare, infatti, almeno undici . Dal Palazzaccio, però, arriva comunque una ‘censura’ per la valutazione compiuta dal Tribunale del riesame, valutazione secondo cui la configurabilità del meno grave reato di cui all’art. 73 comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990 sarebbe preclusa dall’attuazione della condotta in pieno periodo di restrizione della circolazione dovuta all’emergenza sanitaria provocata dal COVID-19 . I Magistrati di terzo grado ricordano, in premessa, che in concreto l’ipotesi di un piccolo spaccio si manifesta per una complessiva minore portata dell’attività dello spacciatore e dei suoi eventuali complici, con una ridotta circolazione di merce e di denaro nonché di guadagni limitati, e che ricomprende anche la detenzione di una provvista per la vendita che, comunque, non sia superiore, tenendo conto del valore e della tipologia della sostanza stupefacente, a dosi conteggiate a decine . Ci si trova di fronte a indici che si palesano in maniera oggettiva e che vanno valutati esclusivamente alla luce dei parametri stabiliti dall’art. 73 comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990 e che, chiariscono dalla Cassazione , non sono suscettibili di diversa valutazione solo perché l’attività illecita si svolga in periodo di emergenza sanitaria . Allargando l’orizzonte, i magistrati sottolineano che i provvedimenti normativi emanati dal Governo e convertiti in legge dal Parlamento a causa dell’attuale emergenza sanitaria da COVID-19 hanno stabilito sanzioni amministrative ed anche penali in caso di violazione delle misure di contenimento sociale e di comportamento individuale dettate per limitare la diffusione del contagio , e ciò significa che deve ritenersi che tali previsioni esauriscano il quadro della risposta sanzionatoria dell’ordinamento, in sinergia con le previsioni generali codicistiche in tema di epidemia dolosa e colposa . In sostanza, quei provvedimenti non hanno previsto alcuna forma di aggravamento in caso di commissione di altri reati al tempo del confinamento e delle restrizioni comportamentali , e quindi non è possibile attribuire a tale specifica evenienza rilevanza penale diversa da quella stabilita , concludono dalla Cassazione.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 21 luglio – 2 settembre 2020, n. 25012 Presidente Bricchetti – Relatore Villoni Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Torino ha confermato quella del 23/03/2020 con cui il GIP dello stesso Tribunale ha disposto l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di Ju. Ma. con l'imputazione provvisoria di detenzione, a fini di cessione, di sostanze stupefacenti e in particolare di cocaina ed eroina suddivise in numerosi 118 involucri termosaldati per un peso complessivo pari a gr. 27,731, previa qualificazione della condotta ai sensi dell'art. 73 comma 1 D.P.R. n. 309 del 1990 ed esclusa la ricorrenza della meno grave ipotesi di reato di cui al comma 5 dello art. 73 stesso Secreto. 2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l'indagato - nelle more rimesso in libertà con imposizione di obblighi ex art. 282 cod. proc. pen. -il quale con un unico motivo deduce erronea applicazione della legge penale in relazione alla mancata applicazione dell'art. 73 comma 5 D.P.R. n. 309 del 1990 e vizi di motivazione sul punto, sostenendo che il dato ponderale esaminato non è di per sé incompatibile con l'ipotesi del piccolo spaccio e citando a sostegno le pronunce che hanno affermato la compatibilità anche in caso di 'dosi conteggiate a decine' del pari non incompatibile con l'ipotesi del piccolo spaccio è la circostanza della eterogeneità delle sostanze psicotrope detenute irrilevante, infine, è da ritenere l'attuazione della condotta in pieno periodo di restrizione della circolazione dovuta all'emergenza sanitaria Covid-19. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. 2. Reputa il Collegio che la decisione del Tribunale sia insuscettibile di fondata critica per avere negato nella fattispecie la sussistenza dell'ipotesi del fatto di lieve entità. Tra gli elementi ostativi alla configurabilità dell'autonomo titolo di reato di cui all'art. 73 comma 5 D.P.R. n. 309 del 1990 da ultimo sul punto v. Sez. 6, sent. n. 20326 del 10/06/2020, Ben Nayser, Rv. 279267 v'è, infatti, anche quello della quantità delle sostanze stupefacenti che vengono in rilievo e nel caso di specie non risulta per nulla illogico che il Tribunale abbia valorizzato, oltre ad altri indici parimenti preclusivi, il dato ponderale che, anche stando alla giurisprudenza addotta dal ricorrente a sostegno della sua tesi, eccede largamente il limite delle dosi conteggiate a decine , dovendosene nella specie conteggiare, infatti, almeno undici. 3. Giuridicamente infondata ma non decisiva e in concreto ininfluente sulla legittimità del provvedimento è, invece, la statuizione del Tribunale secondo cui la configurabilità del meno grave reato di cui all'art. 73 comma 5 D.P.R. n. 309 del 1990 sarebbe preclusa dall'attuazione della condotta in pieno periodo di restrizione della circolazione dovuta all'emergenza sanitaria Covid-19. Ferme, infatti, le ragioni già esposte dell'insussistenza nel concreto di un ipotesi di piccolo spaccio, questo si manifesta per una complessiva minore portata dell'attività dello spacciatore e dei suoi eventuali complici, con una ridotta circolazione di merce e di denaro nonché di guadagni limitati e che ricomprende anche la detenzione di una provvista per la vendita che, comunque, non sia superiore, tenendo conto del valore e della tipologia della sostanza stupefacente, a dosi conteggiate a decine Sez. 6, sent. n. 15642 del 27/01/2015, Driouech, Rv. 263068 Sez. 6, sent. n. 41090 del 18/07/2013, Airano, Rv. 256609 Trattasi di indici che si palesano in maniera oggettiva e che vanno valutati esclusivamente alla luce dei parametri stabiliti dall' art. 73 comma 5 D.P.R. cit. e non sono, pertanto, suscettibili di diversa valutazione solo perché l'attività illecita si svolga in periodo di emergenza sanitaria. I provvedimenti normativi emanati dal Governo e convertiti in legge dal Parlamento a causa dell'attuale emergenza sanitaria da Covid-19 hanno, infatti, stabilito sanzioni amministrative ed anche penali in caso di violazione delle misure di contenimento sociale e di comportamento individuale dettate per limitare la diffusione del contagio art. 650 cod. pen. espressamente richiamato dall'art. 3 comma 4 del D.L. n. 6 del 23 febbraio 2020 conv. in legge n. 13 del 5 marzo 2020 art. 260 del r.d. 27 luglio 1934 n. 1265 T.U. leggi sanitarie, richiamato dall'art. 4 del D.L. n. 19del 25 marzo 2020 conv. in legge n. 35 del 22 maggio 2020 e deve ritenersi che tali previsioni esauriscano il quadro della risposta sanzionatoria dell'ordinamento in sinergia con le previsioni generali codicistiche in tema di epidemia dolosa art. 438 cod. pen. e colposa art. 452 cod. pen. . Quei provvedimenti non hanno, invece, previsto alcuna forma di aggravamento in caso di commissione di altri reati al tempo del confinamento e/o delle restrizioni comportamentali e di conseguenza non è possibile attribuire a tale specifica evenienza rilevanza penale diversa da quella ivi stabilita. 4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.