Le regole in materia di incompatibilità del giudice si applicano anche al procedimento di prevenzione?

La Corte di Cassazione risolve alcuni dubbi interpretativi riguardanti l’applicabilità delle regole previste dal codice di procedura penale in tema di incompatibilità e il riconoscimento di quest’ultima qualora lo stesso giudice assuma provvedimenti in materia di confisca misura di prevenzione e sequestro misura di prevenzione nello stesso procedimento.

Questo il contenuto della sentenza della Corte di Cassazione n. 23605/20, depositata il 6 agosto. La Corte d’Appello di Roma dichiarava inammissibile l’istanza di ricusazione avanzata dagli attuali ricorrenti ai sensi dell’art. 37 c.p.p. contro i membri del collegio del Tribunale di Reggio Calabria, che si era espresso in merito alla confisca – misura di prevenzione anticipando un giudizio nel merito circa la richiesta di dissequestro dei beni sequestrati proposta dal terzo interessato. Ritenendo tale valutazione di merito pregiudicante l’ imparzialità necessaria per la decisione sulla confisca, i ricorrenti propongono ricorso per cassazione. La Suprema Corte dichiara i ricorsi inammissibili , osservando come nonostante sul tema dell’applicabilità delle cause di incompatibilità previste dal codice di procedura penale nel procedimento di prevenzione sussista un contrasto giurisprudenziale, prevale comunque l’orientamento positivo, vista la natura giurisdizionale del procedimento di prevenzione e la sua incidenza su diritti costituzionalmente rilevanti. Tuttavia, gli Ermellini affermano che da tale estensione non deriva il riconoscimento di una causa di incompatibilità qualora lo stesso giudice adotti il provvedimento relativo alla confisca – misura di prevenzione e nello stesso procedimento quello relativo al sequestro – misura di prevenzione, stante la mancata presenza nel procedimento di prevenzione di una soluzione di continuità tra la fase cautelare e quella definitiva. Del resto, la stessa Corte evidenzia che non sussiste nel modello legale del procedimento in oggetto alcuna separazione funzionale tra giudice della fase cautelare e giudice della decisione di primo grado, fermo restando che una giurisdizione che tollera tale identità soggettiva adotta semplicemente un modello diverso, e non minore, di tutela dell’imparzialità. A seguito di tale ragionamento, la Corte afferma che non si configura, dunque, alcuna incompatibilità, dal momento che il provvedimento avente natura preventiva ha natura interinale e provvisoria, e dichiara inammissibili i ricorsi.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 24 giugno – 6 agosto 2020, n. 23605 Presidente Petruzzellis – Relatore Bassi Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte d’appello di Roma ha dichiarato inammissibile l’istanza di ricusazione ex art. 37 c.p.p. presentata dai ricorrenti avverso i componenti del collegio della Sezione autonoma delle misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria ai fini della pronuncia della decisione sulla confisca - misura di prevenzione, per avere il medesimo collegio espresso un giudizio anticipato nel merito, nel provvedimento di rigetto della richiesta di dissequestro dei beni sequestrati avanzata dalla terza interessata R. . 1.1. A fondamento della decisione, la Corte territoriale ha rilevato che la progressiva giurisdizionalizzazione del procedimento di prevenzione - rimarcata anche in alcune pronunce di questa Corte di legittimità, collegata all’esigenza di imparzialità del giudice affermata dalla Costituzione e dalla normativa sovranazionale - non può non tenere conto delle finalità specifiche del procedimento di prevenzione, che non consentono di effettuare la mera trasposizione della disciplina posta presidio dell’imparzialità del giudice della cognizione, trattandosi di procedimenti aventi un oggetto diverso. Sotto diverso aspetto, la Corte calabrese ha posto in luce che, nel modello legale del procedimento di prevenzione, diversamente da quanto accade nel giudizio penale regolato dal principio di separazione tra fasi, non v’è una separazione funzionale tra il giudice della fase cautelare che adotti il provvedimento di sequestro dei beni ed il giudice della decisione di primo grado demandato all’adozione del provvedimento di confisca degli stessi beni sequestrati . 2. Nel ricorso a firma del comune difensore di fiducia avv. Giancarlo Murolo, Ri.Ro. e R.M.S. chiedono l’annullamento del provvedimento per l’unico motivo - di seguito sintetizzato ai sensi dell’art. 173 disp. att. c.p.p. - con cui eccepiscono la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione agli artt. 34, 36 e 37 c.p.p. e vizio di motivazione. A supporto della deduzione, il comune difensore evidenzia che a il Tribunale ha rigettato l’istanza di dissequestro l’ordinanza del 6 maggio 2019 con un provvedimento assunto de plano, senza procedere, come invece avrebbe dovuto, con la forma dell’incidente di esecuzione, consentendo il confronto fra le parti nel contraddittorio b in tale provvedimento di rigetto della richiesta di dissequestro, il collegio ha espresso una valutazione di merito da ritenere pregiudicante l’imparzialità ai fini della decisione sulla confisca o comunque dante luogo ad un dovere dei componenti del collegio di astenersi ai sensi dell’art. 36 c.p.p., comma 1, lett. h , cioè per gravi ragioni di convenienza . Considerato in diritto 1. I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili in quanto manifestamente infondati. 2. Mette conto di rilevare preliminarmente che - come anche evidenziato dai ricorrenti sussiste effettivamente un contrasto interno alla giurisprudenza di questa Corte quanto alla applicabilità nel procedimento di prevenzione delle cause di incompatibilità previste nel codice di procedura penale, con particolare riguardo a quella di cui all’art. 37 c.p.p., comma 1, lett. b . Negli arresti più recenti, prevale l’orientamento secondo cui la disciplina delle cause di incompatibilità del giudice contenuta nel codice di procedura penale è applicabile anche al procedimento di prevenzione, attesa la natura giurisdizionale dello stesso e l’incidenza su diritti di rilievo costituzionale che impongono l’osservanza delle garanzie del giusto processo, tra le quali rilievo primario va riconosciuto all’imparzialità del giudice, orientamento certamente condivisibile. Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto applicabile il motivo di ricusazione, previsto dall’art. 37 c.p.p., comma 1, lett. b , al presidente del collegio incaricato dell’impugnazione avverso il decreto applicativo della misura di prevenzione patrimoniale della confisca che in precedenza, quale giudice per le indagini preliminari, aveva applicato la misura cautelare della custodia cautelare in carcere per i medesimi fatti posti a fondamento della misura di prevenzione . Sez. 6, n. 41975 del 02/04/2019, Inzitari, Rv. 277373 Sez. 6, n. 51793 del 13/09/2018, Moccia, Rv. 274576 . 2.1. Deve, nondimeno, essere rilevato come, dall’estensione al procedimento di prevenzione delle regole previste dal codice di rito in materia d’incompatibilità, non discenda la ravvisabilità di una causa di incompatibilità quanto all’assunzione dei provvedimenti in relazione alla confisca-misura di prevenzione per avere il medesimo giudice componente del collegio o tutti i componenti di esso adottato - nello stesso procedimento - provvedimenti in relazione al sequestro-misura di prevenzione. Ed invero, nell’architettura del procedimento di prevenzione, non è prevista una soluzione di continuità tra la fase c.d. cautelare - nella quale il tribunale provvede all’adozione del sequestro - e quella definitiva, nella quale il medesimo giudice decide sulla richiesta di confisca. Ciò risulta evidente alla luce delle norme del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, da cui si evince chiaramente come l’adozione del sequestro in via cautelare discenda dalla medesima causa del provvedimento definitivo di confisca - id est da un’unica richiesta dell’inquirente - e come, d’altra parte, il decreto n. 159 del 2011 non preveda la competenza di un giudice diverso provvedervi. In tale senso si è già pronunciata questa Corte regolatrice, allorché ha avuto modo di rilevare che il procedimento penale è luogo di più elevato tasso di garanzia in rapporto alle sue caratteristiche ontologiche ricostruzione compiuta del fatto dedotto nella imputazione e finalistiche l’eventuale inflizione di una pena lì dove il procedimento applicativo di misura di prevenzione è diversamente modellato specie in rapporto alla fase del primo grado sia sul piano funzionale non si ricostruisce in quanto tale uno specifico fatto di reato, ma si realizza un aspetto cognitivo sulle condotte della persona in funzione della formulazione, positiva o negativa, di una prognosi di pericolosità attuale e/o di illecita accumulazione patrimoniale che strutturale, essendo caratterizzato da una maggiore elasticità di forme. Negare tale diversità strutturale e funzionale, in chiave di netta equiparazione tra i due ambiti delle regole in tema di incompatibilità del giudice per valutazioni espresse nel medesimo procedimento e correlata astensione e ricusazione sarebbe operazione del tutto illogica, oltre che antigiuridica, posto che l’apprezzamento delle diversità e la loro tollerabilità in chiave di tutela dei diritti fondamentali è l’in sé della interpretazione giuridica. Non può non evidenziarsi, in particolare, che in sede di prevenzione, nel modello legale del procedimento, non vi è separazione funzionale tra giudice della fase cautelare in caso di sequestro dei beni, di emissione provvisoria del provvedimento di ritiro del passaporto ai sensi dell’art. 9 o di anticipazione dei divieti di cui all’art. 67 comma 3 D.Lgs. 2011 e giudice della decisione di primo grado, aspetto improponibile nel giudizio penale caratterizzato da marcata differenziazione, derivante anche dal principio di separazione tra le fasi del procedimento e che offre la misura di come il legislatore anche quello della riforma adottata con il riordino dei testi in tema di prevenzione, datata 2011 abbia diversamente apprezzato - in modo non irragionevole - la necessità di tutela dell’apparenza di imparzialità, accordando al contraddittorio ed allo sviluppo successivo del procedimento - in caso di prevenzione - la capacità persuasiva idonea a smentire, potenzialmente, una prima valutazione operata dal collegio in sede cautelare. Così come, in sede di prevenzione patrimoniale, il giudice procedente è investito di un ampio potere officioso anche in tema di individuazione - tramite le attività gestionali svolte dall’amministratore giudiziario - di ulteriori beni potenzialmente confiscabili, il che rappresenta una caratteristica tipica ed esclusiva di tale forma di giudizio, espressamente prevista dalla legge. In dette ipotesi, dunque, non può certo affermarsi che il procedimento di prevenzione perda i connotati della giurisdizionalità il che implicherebbe la necessità di promuovere una interpretazione adeguatrice o sollevare il dubbio di costituzionalità essendo - per converso - la disciplina positiva interpretabile come la proiezione della diversità di oggetto del procedimento in tal senso, tra le altre, Sez. H n. 2821 del 2.12.2008, Rv. 242720 . Una giurisdizione che tollera l’identità soggettiva tra giudice della misura cautelare e giudice della decisione di primo grado come quella della prevenzione non può dirsi per ciò solo minore ma, più semplicemente adotta un diverso modello di tutela della imparzialità rapportato alla diversa tipologia di giudizio. Nel processo penale la natura degli interessi protetti possibile inflizione di pena si salda all’adozione di un modello procedimentale basato sulla tendenziale sterilizzazione del giudizio da conoscenze maturate nella fase investigativa. Da qui l’adozione di una tutela rigida in punto di disciplina delle incompatibilità per valutazioni compiute nella fase anteriore del medesimo procedimento art. 34, 36 e 37 c.p.p. . In sede di prevenzione non vi è separazione delle fasi il che esclude l’influenza negativa della conoscenza dei materiali investigativi e la componente cognitiva sulle condotte del proposto è solo una frazione del giudizio, essenzialmente consistente in una prognosi sulle condotte future con valutazione di pericolosità che può supportare, anche in via incidentale, l’ablazione patrimoniale . Da ciò deriva che il connotato di giurisdizionalità della prevenzione - sul piano della disciplina del procedimento - resta integro, pur nella attuale disciplina con limitazione della incompatibilità di cui all’art. 34 c.p.p. al solo caso previsto da detta norma al comma 1, norma posta a tutela del sistema delle impugnazioni posto che la cd. forza pregiudicante endoprocedimentale della prima valutazione quella cautelare pur esistente, può essere neutralizzata dal successivo dispiegarsi del contraddittorio nel corso della trattazione del procedimento, con fiducia normativa nelle capacità di selezione dei dati e di adeguamento valutativo da parte del giudice così si legge nella motivazione della sentenza Sez. 1, n. 43081 del 27/05/2016, Arena, Rv. 268665 . 2.1. Assodato che il sequestro-misura di prevenzione e la confisca-misura di prevenzione insistono sulla medesima fase processuale, nel procedimento di prevenzione non può non trovare applicazione la regola processuale di carattere generale, ormai stabilizzata nel diritto vivente, secondo cui non v’è causa d’incompatibilità in relazione alle funzioni legittimamente esercitate dal giudice nella stessa fase del procedimento, atteso che, altrimenti, ne deriverebbe la frammentazione di quest’ultimo e si consentirebbe alle parti, per mezzo della reiterazione di istanze incidentali, di determinare la rimozione del giudice già investito del processo fattispecie relativa alla materia de liberiate . Sez. 6, n. 16453 del 10/02/2015, Celotto, Rv. 263576 . 2.2. Conclusivamente, può essere ribadito il principio di diritto secondo cui non si configura alcuna incompatibilità, ai sensi dell’art. 34 c.p.p., a partecipare al giudizio per l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale della confisca a carico del giudice che abbia precedentemente adottato il provvedimento di sequestro, ai sensi del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, art. 20, dal momento che tale provvedimento ha carattere interinale e provvisorio, o destinato ad essere sostituito da una pronuncia decisoria finale e non può dirsi riferibile ad una fase antecedente ed autonoma del procedimento. Sez. 6, n. 49254 del 14/10/2016, Bianco e altro, Rv. 268169 . 3. Dalla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento di una somma che si ritiene congruo determinare in tremila Euro. P.Q.M. dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.