Diritto all’informazione in carcere: no ai canali televisivi sportivi a pagamento

Respinta definitivamente la richiesta avanzata da un detenuto, cioè ottenere l’attivazione a proprie spese di due canali televisivi sportivi a pagamento. Legittima, per i Giudici, la limitazione decisa dall’amministrazione penitenziaria, che consente solo la visione dei principali canali della rete nazionale.

Nessun diritto all’informazione sportiva a pagamento per l’uomo costretto in carcere. Legittimo il ‘no’ della struttura alla richiesta di attivazione, a spese del detenuto, dei canali televisivi ‘Sky Sport’ e ‘Premium Sport’. Sufficiente, secondo i giudici, la visione dei programmi limitata ai principali canali della rete nazionale, vale a dire ‘pacchetto Rai’, Canale 5, Rete 4, Italia 1, La7, Cielo, Iris e Tv2000, come stabilito dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Cassazione, sentenza n. 23533/20, sez. I Penale, depositata oggi . Assolutamente singolare la richiesta avanzata da un detenuto, cioè l’attivazione, a sue spese, dei canali televisivi ‘Sky Sport’ e ‘Premium Sport’ . A suo parere non sono sufficienti i circa venti canali visibili in carcere. Di diversa opinione è però il magistrato di sorveglianza, che dichiara inammissibile il reclamo , evidenziando l’assenza di violazioni della legge penitenziaria e del relativo regolamento da parte dell’amministrazione penitenziaria e la evidente mancanza di un attuale e grave pregiudizio all’esercizio dei diritti, e in particolare del diritto all’informazione del detenuto, diritto adeguatamente garantito, invece, dalla possibilità di fruire di oltre 20 canali televisivi, secondo la previsione dell’articolo 14, circolare D.A.P. del 2 ottobre 2017 con cui si stabilisce che la visione dei programmi sarà limitata ai principali canali della rete nazionale vale a dire ‘pacchetto Rai’ 1-2-3-4-5, News, Movie, Scuola, Storia, Rai Sport 1 e 2, Premium, Yoyo, Gulp , Canale 5, Rete 4, Italia 1, La7, Cielo, Iris e Tv2000, preventivamente sintonizzati e abilitati dal tecnico di fiducia della direzione . Per l’uomo in carcere però la battaglia va portata sino in fondo, cioè sino in Cassazione. Col ricorso il legale del detenuto sostiene che erroneamente si è ritenuto che l’interesse tutelato dal detenuto con il reclamo, connesso all’attivazione di un canale televisivo avente l’esclusiva di taluni eventi sportivi, non fosse riferibile a una posizione giuridica di diritto soggettivo , mentre, invece, tale interesse è, secondo la tesi difensiva, riconducibile al diritto all’informazione tutelato dall’articolo 21 della Costituzione . Dalla Cassazione arriva però la conferma della decisione adotta dal magistrato di sorveglianza. Per il detenuto, quindi, nessun diritto violato se gli viene negata la possibilità di usufruire, a proprie spese, di alcuni canali televisivi sportivi a pagamento. I giudici tengono a ribadire che la prospettazione difensiva del detenuto non ha alcun fumus di fondatezza , poiché, in questo caso, la richiesta di accesso a canali televisivi tematici, che il ricorso ha radicato nel pacifico riconoscimento del diritto all’informazione anche in capo ai soggetti detenuti, sottintende una censura alla soluzione organizzativa adottata dall’amministrazione penitenziaria all’atto della emanazione della circolare D.A.P. del 2017 che ha inteso circoscrivere l’accesso ai principali canali della rete nazionale, nell’ambito di un ragionevole contemperamento tra il diritto all’informazione e le esigenze di organizzazione del D.A.P., chiamato ad esercitare il necessario controllo sulle informazioni provenienti dall’esterno . Legittimo, quindi, il ‘no’ alla richiesta avanzata dal detenuto, poiché non si incide così sui suoi diritti soggettivi ma solo sulle modalità di esercizio di esso, che restano affidate alla discrezionalità dell’amministrazione penitenziaria in funzione delle esigenze di ordine e disciplina interne , discrezionalità che, concludono i giudici, è stata esercitata in maniera del tutto corretta nell’ambito di un provvedimento organizzativo di portata generale, rispetto alla quale non è configurabile alcun diritto soggettivo del detenuto .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 7 luglio – 4 agosto 2020, n. 23533 Presidente Santalucia – Relatore Renoldi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 2/10/2019, il Magistrato di sorveglianza di Cuneo dichiarò inammissibile il reclamo proposto nell'interesse di Ni. Ma., che aveva chiesto l'attivazione, a sue spese, dei canali TV Sky Sport e Premium Sport , rilevandone la manifesta infondatezza ai sensi dell'art. 666, comma 2, cod. proc. pen., per l'assenza di violazioni della legge penitenziaria e del relativo regolamento da parte dell'Amministrazione penitenziaria, dalle quali derivasse al detenuto un attuale e grave pregiudizio all'esercizio dei diritti e in particolare del diritto all'informazione, adeguatamente garantito, nella specie, dalla possibilità di fruire di oltre 20 canali televisivi, secondo la previsione dell'art. 14, Circolare D.A.P. del 2/10/2017, a mente del quale la visione dei programmi sarà limitata ai principali canali della rete nazionale vale a dire pacchetto Rai 1-2-3-4-5, News, Movie, Scuola, Storia, Rai Sport I e 2, Premium, Yoyo, Gulp , Canale 5, Rete 4, Italia Uno, La Sette, Cielo, Iris e Tv 2000, preventivamente sintonizzati e abilitati dal tecnico di fiducia della Direzione . 2. Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione lo stesso Ma., per mezzo del Difensore di fiducia, avv. Barbarella Amicarella, deducendo, con un unico motivo di impugnazione, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 35-bis Ord. pen., 69, comma 6, Ord. pen. e 666, comma 2, cod. proc. pen., nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla declaratoria di inammissibilità del reclamo. In particolare, il ricorso denuncia, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b ed e , cod. proc. pen., che il provvedimento impugnato abbia erroneamente ritenuto che l'interesse tutelato dal detenuto con il reclamo, connesso all'attivazione di un canale Tv avente l'esclusiva di taluni eventi sportivi, non fosse riferibile a una posizione giuridica di diritto soggettivo. Infatti, secondo la tesi difensiva tale interesse sarebbe, invece, riconducibile al diritto all'informazione tutelato dall'art. 21 Cost. cita Corte cost, n. 135 del 7/6/2013 , sicché esso avrebbe dovuto ricevere tutela giurisdizionale piena. Per tale ragione, il Magistrato di sorveglianza avrebbe violato l'art. 666, comma 2, cod. proc. pen., decidendo de plano sull'inammissibilità del reclamo, omettendo di consentire la trattazione del medesimo nel rispetto del principio del contraddittorio. 3. In data 10/2/2020, è pervenuta in Cancelleria la requisitoria scritta del Procuratore generale presso questa Corte, con la quale è stata chiesta la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2. Il procedimento per reclamo ex art. 35-bis Ord. pen. riproduce quello previsto per il procedimento di sorveglianza, a sua volta corrispondente a quello di esecuzione delineato dall'art. 666 cod. proc. pen. Ne consegue che, anche con riferimento al reclamo giurisdizionale posto a tutela dei diritti dei detenuti, accanto al modello ordinario caratterizzato dalla celebrazione dell'udienza in camera di consiglio con la partecipazione delle parti, l'art. 666, comma 2, cod. proc. pen., contempla, altresì, la possibilità di una declaratoria d'inammissibilità mediante la pronuncia di un decreto emesso de plano, in assenza di contraddittorio, quando l'istanza sia manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge. Secondo la giurisprudenza di legittimità l'esercizio da parte del magistrato di sorveglianza del potere di cui all'art. 666, comma 2, cod. proc. pen. deve essere limitato alle ipotesi in cui la presa d'atto dell'assenza delle condizioni di legge non richieda accertamenti di tipo cognitivo, né valutazioni discrezionali , ovvero quando facciano difetto nell'istanza i requisiti posti direttamente dalla legge che non implicano alcuna valutazione discrezionale ciò perché la legge processuale vuole evitare il pericolo che la ricognizione dei presupposti di ammissibilità della domanda involga una implicita valutazione del merito con la adozione di provvedimenti di sostanziale rigetto in assenza della esplicazione del regolare contraddittorio , per cui la carenza delle condizioni di legge deve essere rilevabile ictu oculi, non deve comportare valutazioni discrezionali, né valutazioni negative fondate su argomentazioni complesse o rese opinabili da possibili differenti ricostruzioni della situazione di fatto posta a base della richiesta ex plurimis Sez. 1, n. 32279 del 29/3/2018, Focoso, Rv. 273714 Sez. 1, n. 876 del 16/7/2015, dep. 2016, Ruffolo, Rv. 265857 Sez. 1, n. 35045 del 18/4/2013, Giuffrida, Rv. 257017 . 3. Presupposto per la necessaria instaurazione del contraddittorio è, dunque, che la prospettazione difensiva del detenuto abbia un qualche fumus di fondatezza condizione che, nel caso in esame, deve essere esclusa. Invero, la richiesta di accesso a canali tv tematici, che il ricorso ha radicato nel pacifico riconoscimento del diritto all'informazione anche in capo ai soggetti detenuti cfr. ex plurimis Corte costituzionale, sentenza del 26 maggio 2017, n. 122 , sottintende una censura alla soluzione organizzativa adottata dall'Amministrazione penitenziaria all'atto della emanazione della circolare D.A.P. del 2017, correttamente richiamata dal provvedimento impugnato, la quale ha, però, inteso circoscrivere l'accesso ai principali canali della rete nazionale , nell'ambito di un ragionevole contemperamento tra il diritto all'informazione e le esigenze di organizzazione del D.A.P. chiamato ad esercitare il necessario controllo sulle informazioni provenienti dall'esterno. Ciò che, conseguentemente, non consente, nel caso in esame, di azionare fondatamente il reclamo giurisdizionale previsto dall'art. 35-bis Ord. pen. Infatti, secondo il consolidato indirizzo interpretativo accolto dalla giurisprudenza di legittimità, non è suscettibile di reclamo giurisdizionale il provvedimento che non incida sui diritti soggettivi del detenuto, ma solo sulle modalità di esercizio di esso, che restano affidate alla discrezionalità dell'Amministrazione penitenziaria in funzione delle esigenze di ordine e disciplina interne Sez. 7, n. 373 del 29/5/2014, dep. 2015, Attanasio, Rv. 261549, relativa a un caso di rigetto della richiesta di acquistare un telecomando personale per il televisore . Discrezionalità che, per le ragioni esposte, è stata esercitata in maniera del tutto corretta nell'ambito di un provvedimento organizzativo di portata generale, rispetto alla quale non è configurabile alcun diritto soggettivo del detenuto. 4. Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della cassa delle ammende, equitativamente fissata in 3.000,00 Euro. PER QUESTI MOTIVI Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende.