Il ricorso via PEC è inammissibile anche nella vigenza della legislazione emergenziale

La presentazione via PEC del ricorso di legittimità non è ammessa nemmeno a tenore della legislazione emanata per fronteggiare l’emergenza sanitaria in corso, in quanto il D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 11, conv. dalla L. n. 27 del 2020, prevede tale possibilità solo per i ricorsi nella materia civile.

Così ha chiarito la Corte di Cassazione con sentenza n. 23408/20, depositata il 30 luglio. In un procedimento penale l’indagato ha presentato ricorso in Cassazione trasmettendolo a mezzo posta elettronica certificata. In proposito la Cassazione ribadisce Cass. n. 20296/20 che la presentazione via PEC del ricorso di legittimità non è ammessa, nemmeno a tenore della legislazione emanata per fronteggiare l’emergenza sanitaria in corso, in quanto il D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 11, conv. dalla L. n. 27 del 2020, prevede tale possibilità solo per i ricorsi nella materia civile. Alla luce di ciò, dunque, non è stata istituita nessuna deroga rispetto al principio per cui nel processo penale non è consentito alla parte privata l’uso della posta elettronica certificata per la trasmissione dei propri atti alle altre parti e neppure per il deposito presso gli uffici, essendo l’utilizzo di tale mezzo informatico, ai sensi del D.L. n. 179 del 2012, art. 16, comma 4, convertito dalla L. n. 221 del 2012, riservato alla sola cancelleria . Specificato questo, il ricorso viene dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 14 – 30 luglio 2020, n. 23408 Presidente Mazzei – Relatore Centofanti Ritenuto in fatto 1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Catania, decidendo ai sensi dell’art. 309 c.p.p., confermava l’anteriore ordinanza del locale G.i.p., con la quale B.F. era stato sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere, quale concorrente negli omicidi di T.S.N. risalente al omissis , capo C della rubrica , V.S. omissis , capo D , Z.A. omissis , capo O , C.S. e P.C.G. 3 dicembre 1992, capo P . Costoro erano rimasti vittime, in Catania, di agguati mortali, maturati in contesti di accesa contrapposizione tra gruppi criminali di stampo mafioso. In relazione a tutti gli omicidi il compendio indiziario, a carico dell’indagato, risaliva alle dichiarazioni di plurimi collaboratori di giustizia e il giudice del riesame partitamente confutate le obiezioni difensive, inerenti le pretese lacune e contraddizioni delle relative propalazioni, nonché la complessiva inverosimiglianza del quadro ricostruttivo d’insieme - ne confermava la gravità e concludenza. 2. L’indagato ricorre per cassazione, per il tramite del suo difensore di fiducia, sulla base di unico motivo, con cui - in relazione ai distinti capi di provvisoria imputazione, e alle valutazioni giudiziali al riguardo operate - deduce la violazione dei criteri di valutazione della prova cautelare e la mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione. 3. Il ricorso è stato trattato a norma del D.L. n. 18 del 2010, art. 83, comma 12-ter, conv. dalla L. n. 27 del 2010. Il Procuratore generale ha concluso come in epigrafe. Considerato in diritto 1. Il ricorso in esame è stato trasmesso a mezzo di posta elettronica certificata. Come anche di recente ribadito Sez. 1, n. 20296 del 25/06/2020, Puglisi , tale modalità di presentazione del ricorso di legittimità non è ammessa, nemmeno a tenore della legislazione emanata per fronteggiare l’emergenza sanitaria in corso, in quanto il D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 11, conv. dalla L. n. 27 del 2020, prevede la relativa possibilità solo per i ricorsi nella materia civile. Nessuna deroga, dunque, è stata istituita rispetto al generale principio, per cui nel processo penale non è consentito alla parte privata l’uso della posta elettronica certificata per la trasmissione dei propri atti alle altre parti. nè per il deposito presso gli uffici, essendo l’utilizzo di tale mezzo informatico, ai sensi del D.L. n. 179 del 2012, art. 16, comma 4, convertito dalla L. n. 221 del 2012, riservato alla sola cancelleria Sez. 4, n. 21056 del 23/01/2018, D’Angelo, Rv. 272741 Sez. 6, n. 41283 del 11/09/2019, Di Nolfo, Rv. 277369 . 2. Il proposto ricorso deve essere dichiarato pertanto inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della congrua somma indicata in dispositivo alla Cassa delle Ammende, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., non risultando l’assenza di profili di colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità, a tenore della sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 2000. La cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa per le ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.