Intemperanze nella comunità di recupero: legittima la revoca dell’affidamento terapeutico

Confermata la decisione del Tribunale di sorveglianza. Decisive le relazioni della direzione della struttura, relazioni che attestano i discutibili comportamenti tenuti dal condannato. Ciò è sufficiente, secondo i giudici, per ritenere che sia venuta meno la necessaria adesione del condannato ai contenuti essenziali della misura alternativa alla detenzione.

Legittima la revoca dell’affidamento terapeutico – provvisorio – a fronte delle intemperanze del condannato all’interno della comunità di recupero. Cassazione, sentenza n. 20703, sezione I Penale, depositata il 10 luglio . A mettere in discussione l’affidamento terapeutico provvisorio concesso al condannato è il magistrato di sorveglianza che ne delibera la sospensione cautelativa . A sancire l’ufficialità della revoca è poi il Tribunale di sorveglianza, che allo stesso tempo rigetta anche l’istanza di affidamento terapeutico definitivo . Decisive le relazioni della comunità di recupero che ha accolto il condannato tossicodipendente. In esse la direzione della struttura ha evidenziato notevoli difficoltà di adattamento da parte dell’uomo con episodi oppositivi nei confronti degli operatori, uno scontro verbale – che ha richiesto l’intervento delle forze dell’ordine – con un altro ospite e un episodio di introduzione di bevande alcoliche nella struttura . Di conseguenza, viene negata dalla struttura la disponibilità all’accoglienza del condannato che, viene aggiunto, ha anche incrementato le condotte oppositive verso gli operatori e vessatorie verso gli altri ospiti . Per il Tribunale i fatti denotano la mancanza di reale motivazione a sostenere il percorso terapeutico, con riemersione di aspetti di pericolosità sociale tali da impedire la prosecuzione della misura alternativa , e questa valutazione non è modificabile neanche alla luce della esistenza di una disponibilità a colloqui preliminari presso una diversa struttura . Per il difensore del condannato , però, vi è stata una erronea applicazione della disciplina regolatrice in tema di revoca della misura alternativa . Più precisamente, secondo il legale, non si può parlare di violazione delle prescrizioni da parte del suo cliente, bensì di comportamenti disadattativi che riflettono la condizione di disagio – disturbo borderline di personalità – di cui è portatore . Ciò significa che non può dirsi venuta meno la motivazione a proseguire l’esperienza terapeutica, dovendosi accertare se i comportamenti disadattativi erano frutto delle ordinarie difficoltà di inserimento e se la variazione di struttura di ricovero poteva fornire miglior trattamento delle psicopatologie , sostiene il legale. Peraltro, la revoca può intervenire solo in presenza di specifiche condotte di violazione delle prescrizioni o di condotte di reato, non avvenute in questo caso , aggiunge il legale. Obiettivo della difesa è convincere i giudici della Cassazione che il Tribunale di sorveglianza ha esercitato in modo arbitrario il potere di revoca, sottovalutando la componente del disagio psichico di cui è portatore il soggetto . Dal ‘Palazzaccio’, però, ribattono confermando la revoca dell’affidamento terapeutico provvisorio . In premessa viene ribadito che il Tribunale di sorveglianza può accogliere l’istanza di affidamento in prova terapeutico soltanto se, all’esito dell’esame della personalità del tossicodipendente, sia in grado di formulare un giudizio prognostico favorevole in ordine all’idoneità del programma di recupero ad escludere o rendere improbabile la ricaduta in condotte devianti . E in questa ottica la necessità di una adesione del condannato ai contenuti del trattamento è un ingrediente essenziale, al fine tanto dell’accoglimento della domanda che del mantenimento in essere della misura alternativa . In questa vicenda, le molteplici condotte oppositive e moleste tenute dal condannato sono sufficienti, spiegano i giudici, per ritenere non più concreta la necessaria adesione del condannato ai contenuti essenziali dell’affidamento terapeutico . Respinte, quindi, le osservazioni difensive mirate a contestare il Tribunale di sorveglianza. Per i giudici, difatti, il legislatore nel regolamentare l’istituto della revoca ha utilizzato una espressione di sintesi – comportamento contrario alla legge o alle prescrizioni dettate” – la cui genericità consente di esercitare, in concreto, un controllo di idoneità della misura alternativa a porsi come fattore di riequilibrio comportamentale in chiave di contenimento della pericolosità sociale . Ciò significa che lì dove le condotte del sottoposto alla misura, pur non traducendosi in fatti di reato, evidenzino un marcato distacco, pur se in parte frutto della patologia, dai contenuti del programma terapeutico, ciò facoltizza l’esercizio del potere di revoca della misura alternativa, con congrua motivazione , osservano i giudici della Cassazione. E in questa vicenda la congrua motivazione è evidente, essendo rappresentata dall’ ampio riferimento ai fatti segnalati dalla comunità di recupero .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 16 giugno – 10 luglio 2020, numero 20703 Presidente Mazzei – Relatore Magi In fatto e in diritto 1. Con ordinanza emessa in data 26 settembre 2019 il Tribunale di Sorveglianza di Milano ha accolto, nei confronti di Ca. Ma. Ag., la proposta di revoca dell'affidamento terapeutico provvisorio ex art. 94 D.P.R. numero 309/1990 in atto dal 29 maggio 2019 , rigettando al contempo l'istanza di affidamento terapeutico definitivo. 1.1. La sospensione cautelativa dell'affidamento provvisorio risulta deliberata in data 4 settembre 2019 dal Magistrato di Sorveglianza. Alla base vi sono due relazioni della Comunità terapeutica Villa Gorizia del 19 agosto 2019 e del 3 settembre 2019, i cui contenuti vengono rievocati dal Tribunale in parte narrativa. 1.2.In sintesi, la Direzione della struttura riabilitativa nella prima nota ha evidenziato notevoli difficoltà di adattamento da parte del Ca. con episodi oppositivi nei confronti degli operatori, uno scontro verbale con altro ospite che richiedeva intervento delle forze dell'ordine e un episodio di introduzione di bevande alcoliche nella struttura. Nella seconda nota si revoca la disponibilità all'accoglienza del Ca. e si evidenzia un incremento delle condotte oppositive verso gli operatori e vessatorie verso gli ospiti. 1.3. A fronte di tali evidenze, il Tribunale osserva - pur dando atto della esistenza di una disponibilità a colloqui preliminari del Ca. presso una diversa struttura - che i fatti denotano la mancanza di reale motivazione del Ca. a sostenere il percorso terapeutico, con riemersione di aspetti di pericolosità sociale tali da impedire la prosecuzione della misura alternativa. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione - a mezzo del difensore - Ca. Ma. Ag., deducendo erronea applicazione della disciplina regolatrice in tema di revoca della misura alternativa. 2.1. Il ricorso introduce spunti di critica relativi al fatto che non possono dirsi censite 'violazioni delle prescrizioni' da parte del Ca., ma comportamenti disadattativi che riflettono la condizione di disagio di cui è portatore, ampiamente documentata disturbo borderline di personalità . In simile contesto non può dirsi venuta meno la motivazione del Ca. a proseguire l'esperienza terapeutica, dovendosi accertare se i comportamenti disadattativi erano frutto delle ordinarie difficoltà di inserimento e se la variazione di struttura di ricovero poteva fornire miglior trattamento delle psicopatologie. Si ribadisce che la revoca, ai sensi dell'art. 47 co.11 ord.penumero , poteva intervenire solo in presenza di specifiche condotte di violazione delle prescrizioni o di condotte di reato, nel caso in esame non avvenute. Il Tribunale, pertanto, avrebbe esercitato in modo arbitrario il potere di revoca, sottovalutando la componente del disagio psichico di cui è portatore il Ca 3. Il ricorso è infondato, per le ragioni che seguono. 3.1. Va in premessa evidenziato che, per costante interpretazione delle disposizioni regolatrici maturata nella presente sede di legittimità il Tribunale di sorveglianza può accogliere l'istanza di affidamento in prova terapeutico soltanto se, all'esito dell'esame della personalità del tossicodipendente ancorata ad elementi oggettivamente sintomatici, sia in grado di formulare un giudizio prognostico favorevole in ordine all'idoneità del programma di recupero ad escludere o rendere improbabile la ricaduta in condotte devianti ex multis, Sez. I, numero 9320 del 1.2.2011, rv 249884 . La necessità di una adesione del condannato ai contenuti del trattamento è pertanto un ingrediente essenziale al fine tanto dell'accoglimento della domanda che del mantenimento in essere della misura alternativa. 3.2. Ciò posto, nel caso in esame sono state valorizzate dal Tribunale - in modo non illogico - più condotte oppositive e moleste tenute dal Cadetti, con complessivo giudizio di sopravvenuta carenza di tale presupposto, rappresentato dalla necessaria adesione del sottoposto ai contenuti essenziali del trattamento. La critica difensiva, pertanto, non può trovare accoglimento, essendo evidente che il legislatore nel regolamentare l'istituto della revoca ha utilizzato una espressione di sintesi comportamento contrario alla legge o alle prescrizioni dettate la cui genericità consente di esercitare - in concreto - un controllo di 'idoneità' della misura alternativa a porsi come fattore di riequilibrio comportamentale in chiave di contenimento della pericolosità sociale. Li dove le condotte del sottoposto alla misura, pur non traducendosi in fatti di reato ed ammesso che ciò riguardi la condotta del Cadetti , evidenzino un marcato distacco, pur se in parte frutto della patologia, dai contenuti del programma terapeutico, ciò facoltizza l'esercizio del potere di revoca della misura alternativa, con congrua motivazione. Nel caso in esame l'ampio riferimento ai fatti segnalati dalla Comunità di recupero rende, per quanto detto sinora, la decisione impugnata immune da vizi. 3.3. Al rigetto del ricorso segue, ex lege, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.