Cumulo delle pene e revoca della sospensione dell’ordine di esecuzione

La sospensione dell’ordine di carcerazione è funzionale all’ottenimento di una misura alternativa alla detenzione. Se, però, vi è un provvedimento di cumulo di pene concorrenti, le pene detentive temporanee inflitte con sentenze diverse si considerano come pena unica per ogni effetto giuridico , con la conseguenza che nei confronti del condannato si eseguono tutte le condanne confluite nel titolo esecutivo, atteso che non possono essere scisse per la concessione di una eventuale sospensione e misura alternativa.

Nel caso di specie il Tribunale di Modena, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava la richiesta di declaratoria di illegittimità di un provvedimento di cumulo delle pene , con contestuale ordine di carcerazione emesso nei confronti di un condannato, avverso il quale veniva proposto ricorso per cassazione eccependo la sua illegittimità. Nel caso specifico, il Pubblico Ministero revocava l’ordine di esecuzione sospeso, per il quale era stato richiesto nei termini di legge misura alternativa, in considerazione dell’emissione di un successivo provvedimento di cumulo con contestuale superamento del limite per la sospensione. Secondo il ricorrente, il cumulo delle pene, deve essere sciolto o non può essere effettuato qualora dallo stesso possono derivare effetti pregiudizievoli per il condannato , come quando si vede ingiustificatamente compresso il diritto ad ottenere una misura alternativa. Sospensione dell’ordine di esecuzione e cumulo delle pene. Nondimeno, la Corte ha rigettato il ricorso. Secondo i Giudici, infatti, il pubblico ministero è tenuto ad emettere immediatamente ordine di carcerazione nei riguardi di una sentenza che debba essere eseguita. E se esistano o se sopravvengano più condanne è, altresì, tenuto ad emettere un provvedimento di cumulo , anche quando da ciascuna delle pene concorrenti si potrebbe ottenere una misura alternativa alla detenzione. Pertanto, se dal cumulo deriva una pena superiore al limite previsto dalla legge per la concessione di una misura alternativa, la sospensione dell’esecuzione non può essere più concessa. Analisi dell’espressione stessa condanna” nell’art. 656 comma 7 c.p.p Ma vi è di più. Afferma la Corte che la sospensione dell’ordine di esecuzione, ai sensi dell’art. 656, comma 7, c.p.p., preordinata all’ottenimento di una misura alternativa alla detenzione, non può essere nuovamente concessa nei confronti di un successivo provvedimento di cumulo di pene che ricomprenda anche la condanna per la quale vi sia stato un rigetto della istanza di misura alternativa e ciò anche se la pena complessiva sia inferiore al limite imposto per legge. La norma, infatti, dispone che la sospensione non possa essere disposta più di una volta per la stessa condanna ”. Tale espressione dovrebbe riferirsi anche ad una soltanto delle condanne comprese nel cumulo, atteso che comportando la contemporanea esecuzione di tutti i titoli esecutivi come se fossero riferibili ad un’unica pronuncia, preclude di porre separatamente in esecuzione le singole condanne al fine di consentire che, autonomamente considerate, se ne possa sospendere l’esecuzione” così Cass. Sez. I, n. 29087/2006 . Ratio dell’istituto della sospensione dell’ordine di esecuzione. D’altra parte, una volta disposto il provvedimento obbligatorio di cumulo, il condannato è soggetto all’esecuzione contemporanea di tutte le condanne in esso confluite, e, pertanto, non potrà esservi più una separazione delle pronunce per ottenere la sospensione dell’esecuzione per una singola condanna per la quale, per i limiti di pena, sia consentito l’accesso ai benefici penitenziari. E poiché la sospensione dell’ordine di esecuzione è finalizzata proprio al conseguimento di una misura alternativa alla detenzione per coloro nei cui confronti debba essere eseguita una condanna per un tempo inferiore ai limiti previsti dalla legge, tali benefici non possono operare solo in relazione ad una delle pene concorrenti, dovendo, invece, riferirsi alla pena unica, così come risultante dal provvedimento di cumulo. Tale principio, secondo i giudici, lo si deduce dall’esame dell’art. 51- bis l. n. 354/1975 che prevede, al contrario, che in caso di avvenuta ammissione al beneficio, lo stesso possa essere esteso o cessare proprio in relazione al cumulo.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 15 giugno – 9 luglio 2020, n. 20498 Presidente Tardio – Relatore Di Giuro Ritenuto in fatto 1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Modena, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’incidente di esecuzione, proposto nell’interesse di J.M. , volto a ottenere la declaratoria di illegittimità del provvedimento di cumulo pene e contestuale ordine di carcerazione emesso dal Pubblico ministero presso lo stesso Tribunale in data 9 settembre 2019 sentenze n. 1163/2014 dell’8/05/2014 e n. 553/2016 del 22/03/2016 . 2. Avverso detto provvedimento propone ricorso per cassazione J.M. , tramite il proprio difensore di fiducia, lamentando violazione dell’art. 670 c.p.p. e la illegittimità dell’indicato provvedimento di cumulo e del contestuale ordine di carcerazione. Rileva il difensore che - in data 29 aprile 2015 in relazione alla sentenza di condanna n. 1163/2014 veniva emesso ordine di esecuzione del Pubblico ministero presso il Tribunale di Modena per la carcerazione con contestuale sospensione del medesimo per un residuo pena di anni uno, mesi due e giorni venticinque di reclusione - J.M. presentava nei termini di legge istanza di concessione di misura alternativa alla detenzione e gli atti venivano trasmessi il 9 novembre 2015 al competente Tribunale di sorveglianza, che non fissava tempestivamente udienza per la valutazione dei presupposti per la concessione di misura alternativa - successivamente e precisamente in data 22 marzo 2016 J. veniva condannato alla pena di anni quattro, mesi otto e giorni dieci di reclusione sentenza n. 553/2016 - il P.m. preposto all’esecuzione riteneva di effettuare un cumulo delle pene revocando il proprio precedente provvedimento di sospensione di esecuzione - il G.i.p. del Tribunale di Modena ha ritenuto correttamente emesso il provvedimento di cumulo, richiamando una pronuncia di legittimità inconferente, che fa riferimento al superamento del limite di anni quattro di cui all’art. 656 c.p.p., che riguarda non la pena complessivamente inflitta, ma quella da eseguire, che nel caso di specie è inferiore agli anni quattro - va, comunque, ribadito il principio secondo cui il cumulo delle pene deve essere sciolto o non può essere effettuato qualora dallo stesso possono derivare effetti pregiudizievoli per il condannato - nel caso di specie è assolutamente pregiudizievole il cumulo delle pene che effettuato con le modalità seguite dal P.m. comporterebbe una maggiore durata di tempo della carcerazione - la circostanza che in quasi quattro anni non sia stato fissato il procedimento di sorveglianza non può avere ripercussioni negative sul condannato, che vedrebbe ingiustificatamente compresso il diritto di ottenere una misura alternativa. Il ricorrente insiste per l’annullamento dell’ordinanza impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato. Il provvedimento di rigetto dell’incidente di esecuzione proposto da J. non integra alcuna violazione di norme processuali penali, risultando, al contrario, fare corretta applicazione, dandone adeguato conto, delle norme che si assumono violate. Invero, è principio consolidato quello secondo cui ai fini dell’esecutività di una condanna a pena detentiva, il pubblico ministero è tenuto ad emettere immediatamente ordine di carcerazione e, quando esistano o sopravvengano più condanne per reati diversi, è tenuto altresì a determinare la pena complessiva. Ne consegue che, anche nel caso di concorso di pene detentive brevi, ciascuna delle quali, singolarmente considerata, darebbe luogo a sospensione del provvedimento di carcerazione in vista della possibile applicazione di benefici penitenziari, non viene meno l’obbligo di provvedere al cumulo, con l’ulteriore conseguenza che, unificata la pena, ove questa risulti superiore ai limiti di legge cui è subordinata la concessione delle misure alternative richiedibili, la sospensione dell’esecuzione prevista dall’art. 656 c.p.p., come modificato dalla L. n. 165 del 1998, non può essere più disposta in tal senso, Sez. 1, n. 6322 del 17/11/1999, Veneranda, Rv. 215028 Sez. 1, n. 15748 del 12/04/2002, Burgio, Rv. 221302 Sez. 1, n. 16569 del 21/03/2003, Marino, Rv. 224000 da ultimo, Sez. 1, n. 25483 del 11/04/2017, Fontana, Rv. 270618. La fattispecie giudicata con la pronuncia in ultimo menzionata risulta simile a quella in esame, eccependo in entrambi i casi i difensori che i loro assistiti avrebbero dovuto comunque beneficiare della sospensione dell’esecuzione. Invero, come emerge dalla stessa illustrazione delle vicende esecutive contenuta nel ricorso ed ancor prima nell’incidente di esecuzione, J. aveva già fruito una prima volta della sospensione dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 656 c.p.p., comma 5, per effetto del decreto del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Modena, a seguito del quale egli aveva adito il locale Tribunale di sorveglianza al fine di ottenere la possibilità di eseguire la pena detentiva, inflittagli con la sentenza del Tribunale di Modena dell’8 maggio 2014, mediante ammissione a una misura alternativa alla detenzione. A ciò consegue che il condannato sia impossibilitato a fruire per la seconda volta dello stesso beneficio in relazione all’espiazione della stessa pena detentiva, oggi confluita nel provvedimento di unificazione del 9 settembre 2019. Come evidenziato dalla pronuncia di legittimità di cui si è detto, su tale questione e sul confronto con l’unico precedente di legittimità in senso contrario è intervenuta la sentenza di questa sezione, n. 17045 del 19/03/2015, Rv. 263380, con le analitiche e condivise argomentazioni di seguito riportate. Questa Corte in conformità al disposto dell’art. 656 c.p.p., comma 7, ha affermato che, secondo la testuale formulazione della norma, il provvedimento di sospensione dell’esecuzione da parte del P.M. procedente per la stessa condanna non può essere adottato più di una volta e qualora l’istanza di ammissione ai benefici penitenziari non sia tempestivamente presentata, o venga dichiarata inammissibile o respinta dal Tribunale di Sorveglianza, il P.M. deve revocare immediatamente il decreto di sospensione dell’esecuzione e procedere all’esecuzione della pena. In particolare, si è sostenuto con orientamento pienamente condivisibile che La sospensione dell’ordine di esecuzione ai sensi dell’art. 656 c.p.p., comma 7, funzionalmente preordinata al possibile conseguimento di una misura alternativa alla detenzione, qualora già disposta in relazione ad alcuna delle condanne oggetto del provvedimento di unificazione di pene concorrenti, non può essere reiterata in relazione al successivo provvedimento che inglobi il precedente nell’ipotesi in cui la domanda di misura alternativa sia stata rigettata, a nulla rilevando che la pena complessiva risultante dal cumulo rientri nei limiti in cui la sospensione stessa è imposta . A giustificazione di tale assunto si è precisato che con l’espressione stessa condanna , contenuta nell’art. 656 c.p.p., comma 7, il legislatore ha inteso riferirsi anche ad una soltanto delle condanne comprese nel cumulo, che, comportando la contemporanea esecuzione di tutti i titoli esecutivi come se fossero riferibili ad un’unica pronuncia, preclude di porre separatamente in esecuzione le singole condanne al fine di consentire che, autonomamente considerate, se ne possa sospendere l’esecuzione Cass. sez. 1, n. 29087 del 11/07/2006, Proietti Bartolucci, rv. 235417 sez. 1, n. 25329 del 01/04/2003, Gallano, rv. 225201 sez. 6, n. 24245 del 03/04/2003, Garofalo, rv. 225577 sez. 1, n. 17885 del 19/03/2002, Vitobello, rv. 222027 sez. 1, n. 27755 del 30/05/2003, Di Giorgio, rv. 225015 sez. 1, n. 6356 del 15/12/1998, Galluccio M., rv. 212713 . È reperibile soltanto un precedente di questa Corte dissonante rispetto alla linea interpretativa citata Cass. sez. 1, n. 271 del 2/7/2003, P.G. in proc. Schiavone, rv. 227640 , nel quale si è sostenuto che la locuzione stessa condanna va riferita letteralmente a quella la cui esecuzione si chiede di sospendere e che il cumulo può essere sciolto quando il suo mantenimento comporti pregiudizi per il condannato. È però agevole replicare che, una volta operato il cumulo materiale, operazione resa obbligatoria dall’art. 663 c.p.p., per il P.M., nonché per il giudice dell’esecuzione, e da compiersi nel rispetto delle norme sul concorso di pene contenute negli artt. 71 c.p. e segg., per effetto del rinvio ad esse operato dal successivo art. 80, le pene detentive temporanee, inflitte con le distinte sentenze, si considerano come pena unica per ogni effetto giuridico art. 76 c.p. . Pertanto, il condannato è soggetto ad esecuzione contemporaneamente per tutte le condanne confluite nell’unico titolo esecutivo, costituito dal provvedimento di unificazione di pene concorrenti e quindi non può ottenere la scissione del rapporto esecutivo per le singole pronunce al fine di conseguire, previa loro considerazione isolata, la sospensione dell’esecuzione ed il mantenimento in libertà per una condanna, per la quale i limiti di pena consentano l’accesso ai benefici penitenziari o non sia intervenuto precedente provvedimento di sospensione, ed essere al contempo detenuto per altre, comprese nello stesso cumulo. Infatti, la sospensione dell’ordine di carcerazione ex art. 656 c.p.p., è funzionale al conseguimento di una misura alternativa alla detenzione e quindi ad impedire l’immediato ingresso in carcere a quanti possano accedere a tale misura nelle more dell’assunzione della relativa decisione, sicché tali benefici non possono operare soltanto in relazione ad una delle pene concorrenti, ma sulla pena unica per tutti i titoli contemporaneamente esecutivi nei confronti della stessa persona, secondo quanto deducibile a contrariis dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 51-bis, che in caso di avvenuta ammissione prevede, se sopravvengano nuovi titoli esecutivi, l’estensione o la cessazione del beneficio tenuto conto del cumulo delle pene allo scopo di imporre la verifica della persistenza dei requisiti di ammissibilità . In altri termini, una volta operato il cumulo materiale le pene detentive temporanee, inflitte con le distinte sentenze, si considerano come pena unica per ogni effetto giuridico art. 76 c.p. . Pertanto, il condannato è soggetto ad esecuzione di tutte le condanne confluite nell’unico titolo esecutivo, costituito dal provvedimento di unificazione di pene concorrenti che non possono essere scisse nella prospettiva della sospensione e della misura alternativa. Rispetto a questo paradigma normativo, appare evidente l’infondatezza del ricorso, risultando assolutamente generico e non autosufficiente il riferimento in esso contenuto - a fronte della seconda condanna alla pena di anni quattro, mesi otto e giorni dieci di reclusione - al mancato superamento attraverso l’unificazione delle pene del limite edittale dei quattro anni di reclusione e ininfluente il particolare, evidenziato dal ricorrente, del ritardo della fissazione dell’udienza da parte del Tribunale di sorveglianza di Bologna in ordine alla richiesta di misura alternativa alla detenzione, pervenuta dopo il primo decreto di sospensione. 2. Al rigetto consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.