Il figlio spaccia droga: il padre lo accompagna in auto e dice addio all’affidamento in prova

Confermata la legittimità del provvedimento adottato dal Tribunale di sorveglianza. Per i Giudici la condotta dell’uomo, posta in essere immediatamente dopo l’inizio della misura alternativa, ne segna il totale fallimento rispetto al suo processo rieducativo.

Per la giustizia le colpe e gli errori dei figli possono ricadere sui padri. Ecco spiegato il provvedimento con cui è stato revocato l’affidamento in prova al Servizio sociale originariamente riconosciuto a un uomo, beccato a fare compagnia al figlio mentre quest’ultimo stava spacciando cocaina. Cassazione, sentenza n. 20270/20, sezione prima penale, depositata l’8 luglio . A dare il la” alla vicenda giudiziaria è un controllo dei carabinieri all’interno di un esercizio commerciale. In quel contesto un giovane viene trovato in possesso di cocaina . Ad accompagnarlo in macchina il padre, a cui è stato concesso da poco l’affidamento in prova al Servizio sociale. E un informatore spiega di avere assistito, poco prima, al passaggio di un involucro tra i due occupanti del veicolo e terze persone, affiancatesi a bordo di un’altra vettura . Consequenziale il provvedimento con cui il Tribunale di sorveglianza revoca – con effetto retroattivo – la misura alternativa dell’affidamento in prova al Servizio sociale , ritenendo che l’uomo avesse moralmente concorso nelle attività di spaccio di sostanza stupefacente, materialmente poste in essere dal figlio, o fosse stato quanto meno connivente . L’uomo contesta ovviamente la decisione presa dal Tribunale di sorveglianza e col ricorso in Cassazione spiega, tramite il proprio legale, che è priva di concretezza l’ipotesi di una sua partecipazione, anche solo ideale alle attività illecite del figlio , e aggiunge che l’ipotesi alternativa, ossia la mera connivenza, non può giustificare la revoca dell’affidamento in prova. Tali osservazioni non convincono però i Giudici del Palazzaccio, i quali ribattono ricordando che la revoca dell’affidamento in prova al Servizio sociale non è dalla legge rapportata alla pura e semplice violazione della legge penale o delle prescrizioni dettate dalla disciplina della misura stessa, ma all’ipotesi che il giudice, nel suo insindacabile apprezzamento di merito, ritenga che le predette violazioni costituiscano in concreto un fatto incompatibile con la prosecuzione della prova . E in questo caso l’ordinanza del Tribunale del riesame è corretta , osservano dalla Cassazione, poiché, in base ai fatti riportati dai carabinieri, è emerso che l’uomo ha, nella più benevola delle ipotesi, prestato un consenso tacito all’azione colpevole del figlio, che risulta avvenuta sotto i suoi occhi e quindi quanto meno tollerata, se non addirittura agevolata . Correttamente, quindi, si è ritenuto interrotto il percorso di risocializzazione e violato il rapporto fiduciario che deve esistere tra il condannato e gli organi del trattamento . E logicamente si è valutata l’ulteriore prosecuzione dell’affidamento in prova in contraddizione con le finalità di recupero sociale della pena . Sul fronte della decorrenza della revoca, infine, il Tribunale di sorveglianza può disporre la revoca, con effetto retroattivo, quando il comportamento del condannato riveli, da data antecedente la decisione, l’inesistente adesione al processo rieducativo . E in questo caso, osservano i Giudici del Palazzaccio, correttamente il Tribunale di sorveglianza ha sostenuto che la condotta dell’uomo, posta in essere immediatamente dopo l’inizio della misura alternativa, ne segna il totale fallimento, non potendosi ragionevolmente ritenere che la misura stessa abbia in alcun modo contribuito al raggiungimento di un grado, almeno parziale, di reinserimento sociale .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 16 giugno – 8 luglio 2020, n. 20270 Presidente Mazzei – Relatore Centofanti Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Brescia revocava, con effetto ex tunc, la misura alternativa dell'affidamento in prova al servizio sociale, in corso dal 12 settembre 2019 nei confronti di Ab. Da., ritenendo che egli avesse moralmente concorso nelle attività di spaccio di sostanza stupefacente, materialmente poste in essere dal figlio Ib., o fosse stato quanto meno connivente rispetto ad esse. Ib. Da., controllato dai Carabinieri all'interno di un esercizio commerciale, era stato trovato in possesso di detta sostanza cocaina nell'esercizio era giunto in automobile, in compagnia del genitore. Un informatore aveva assistito, poco prima, al passaggio di un involucro tra gli occupanti del mezzo e terze persone, affiancatesi a bordo di altra vettura. Altro stupefacente, e materiale da confezionamento, erano stati recuperati, all'esito della successiva perquisizione, nell'abitazione familiare rispettivamente, nella camera da letto di Ib. e in un cassetto della cucina . 2. Il condannato ricorre per cassazione, con il ministero del suo difensore di fiducia, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, in ordine ai presupposti della revoca e in ordine alla sua decorrenza. Il ricorrente assume che l'ipotesi di una partecipazione diretta dell'affidato, anche solo ideale, alle attività illecite del figlio sarebbe priva di base fattuale, alla luce delle risultanze documentali di causa, mentre l'ipotesi alternativa astrattamente formulata, ossia la mera connivenza, non giustificherebbe, alla luce della condotta complessiva dell'affidato, la misura di rigore. A maggior ragione, indebita e immotivata risulterebbe la revoca disposta con carattere retroattivo. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. Come da questa Corte ripetutamente affermato Sez. 1, n. 13376 del 18/02/2019, Castelluzzo, Rv. 275239 Sez. 1, n. 27713 del 06/06/2013, Guerrieri, Rv. 256367 Sez. 1, n. 2566 del 07/05/1998, Lupoli, Rv. 210789 , la revoca dell'affidamento in prova al servizio sociale non è dalla legge rapportata alla pura e semplice violazione della legge penale o delle prescrizioni dettate dalla disciplina della misura stessa, ma all'ipotesi che il giudice, nel suo insindacabile apprezzamento di merito, ritenga che le predette violazioni costituiscano in concreto un fatto incompatibile con la prosecuzione della prova il relativo giudizio è rimesso alla discrezionalità del tribunale di sorveglianza, che ha solo l'obbligo di giustificare l'uso del potere conferitogli, con motivazione logica ed esauriente. L'ordinanza impugnata, pure alla luce dei rilievi formulati dalla difesa, è incensurabile, li ove essa, in base al descritto svolgimento dei fatti, in sé incontroverso, ha ritenuto che l'affidato, nella più benevola delle ipotesi, avesse prestato un consenso tacito all'azione colpevole del figlio, che risulta avvenuta sotto i suoi occhi e quindi, se non addirittura agevolata, quanto meno tollerata. Non irragionevolmente, pertanto, il Tribunale di sorveglianza ha ritenuto interrotto il percorso di risocializzazione ed anche violato il rapporto fiduciario che deve esistere tra il condannato e gli organi del trattamento, e ha ritenuto l'ulteriore prosecuzione di quest'ultimo, in regime alternativo, in contraddizione con le finalità di recupero sociale della pena. 3. In ordine, poi, alla decorrenza della revoca, costante è l'orientamento della giurisprudenza di legittimità Sez. 1, n. 19398 del 14/12/2016, dep. 2017, Masella Sez. 1, n. 490 del 03/11/2015, dep. 2016, Perra, Rv. 265859-01 Sez. 1, n. 9314 del 19/02/2014, Attianese, Rv. 259474-01 , secondo cui, ai fini della determinazione del residuo periodo di pena da espiare, il giudice debba espressamente motivare, prendendo in esame non solo la gravità oggettiva e soggettiva del comportamento che ha dato ad essa luogo, ma anche la condotta complessivamente tenuta dal condannato durante il periodo di prova trascorso e la concreta incidenza delle prescrizioni imposte a suo carico. Il Tribunale di sorveglianza, pertanto, nell'esercizio del suo ampio potere discrezionale, potrà disporre la revoca, con effetto retroattivo o parzialmente tale , quando il comportamento del condannato riveli, da data antecedente la decisione, l'inesistente adesione al processo rieducativo, purché motivi adeguatamente al riguardo v. Sez. 1, n. 34565 del 12/04/2007, Frau . Il provvedimento impugnato fa corretta applicazione dei principi enunciati, in quanto, in relazione all'affidamento in prova di causa, argomenta in modo convincente come la condotta posta in essere, che segue immediatamente l'inizio della misura alternativa, ne segni il totale fallimento, non potendosi ragionevolmente ritenere che la misura stessa abbia in alcun modo contribuito al raggiungimento di un grado, almeno parziale, di reinserimento sociale. 4. Alla reiezione del ricorso consegue, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.