Moglie incinta e con una bimba piccola: niente domiciliari per il marito

Confermata la custodia cautelare in carcere per l’uomo. Le difficoltà per la donna nella gestione della figlia, difficoltà connesse alla gravidanza e alla futura nascita, non bastano per rendere necessario il rientro in casa del coniuge.

Sotto accusa per spaccio di droga e per connessioni con una famiglia mafiosa. Inevitabile, secondo i Giudici, l’applicazione della custodia cautelare in carcere . Respinta la richiesta avanzata dal legale dell’uomo, cioè la concessione della detenzione domiciliare , alla luce della situazione familiare , cioè una moglie incinta e per questo in difficoltà nella gestione della prima figlia Cassazione, sentenza n. 19053/20, sez. III Penale, depositata oggi . Linea di pensiero comune per il GIP e per il Tribunale sacrosanta l’applicazione della misura cautelare della custodia cautelare in carcere nei confronti di un uomo finito sotto accusa per traffico di sostanze stupefacenti realizzato attraverso una vera e propria associazione criminosa. Nessun dubbio, in sostanza, sulla solidità degli indizi di colpevolezza e sulla pericolosità dell’uomo. Inutile si rivela il ricorso proposto in Cassazione dal difensore dell’uomo. Inutile, in particolare, la sottolineatura che egli è padre di una minore di anni 2 e che la moglie è in stato di gravidanza e, quindi, nella impossibilità di prendersi cura della figlia piccola, e, al momento della nascita della futura figlia, di entrambi i minori . Su questo fronte i Giudici del ‘Palazzaccio’ ritengono non sufficiente il generico riferimento alle condizioni familiari dell’uomo che è padre di una minore e sostiene che trovandosi la moglie in stato di gravidanza, la futura cura di due figli minori determinerebbe per lei l’assoluta impossibilità di prendersi cura di entrambi i figli . Quello tracciato dall’uomo è, secondo i magistrati, un quadro che richiama l’ordinarietà della vita familiare e che non lascia trasparire in alcun modo un grave difetto assistenziale, non colmabile tale da compromettere il processo evolutivo-educativo del figlio a fronte di una alternanza fra presenza ed assenza del genitore capace di compromettere la sussistenza di uno stabile e continuativo rapporto di cura del minore , tale, quindi, da giustificare la concessione della detenzione domiciliare per l’uomo.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 4 – 23 giugno 2020, numero 19053 Presidente Lapalorcia – Relatore Di Stasi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 07/11/2019, il Tribunale di Catania rigettava il riesame proposto nell'interesse di Pa. Mi. avverso l'ordinanza emessa in data 01/10/2019 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania, con la quale veniva applicata al predetto la misura cautelare della custodia in carcere in relazione ai reati di cui agli artt. 73 e 74 D.P.R. numero 309/1990. Come precisato dal Collegio cautelare, l'ordinanza cautelare costituiva il risultato di complessa attività investigativa condotta, a partire dal novembre 2017, dal personale del Commissariato di P.S. di Librino e dalla Squadra Mobile di Catania ed avente ad oggetto una piazza di spaccio, ubicata nel quartiere popolare catanese di omissis , nota come due torri , ritenuta di pertinenza della famiglia mafiosa Ar L'attività di osservazione aveva consentito di appurare come sotto i portici di viale omissis venisse realizzata, in forma associata, un'attività di spaccio di sostanze stupefacenti del tipo cocaina e marijuana le cessioni venivano svolte in due turni orari, con la presenza, per ciascun turno, di due vedette poste alla sorveglianza dei due accessi al Viale omissis , un pusher ed un responsabile, deputato agli approvvigionamenti ed alla custodia degli incassi per celare l'attività di spaccio erano state edificate vere e proprie opere murarie e a protezione della vedetta posta a controllo dell'accesso stradale era stata collocata una pensilina venivano individuati uno scantinato, ubicato nel sotterraneo del civico omissis nel cui pavimento, celati in una botola in ferro, veniva rinvenuti e sequestrati grammi 917 di marijuana, in gran parte confezionata in dosi singole ed un sottotetto, chiuso da una porta in ferro con lucchetto nel quale veniva rinvenuta una valigia contenente circa otto chilogrammi e mezzo di marjuana, una bilancia e due manoscritti con indicazione di numeri e cifre , ove venivano custodite le provviste di droga da consegnare ai pusher. 2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione Pa. Mi., a mezzo del difensore di fiducia, articolando cinque motivi di seguito enunciati. Con il primo motivo deduce vizio di motivazione in relazione alla gravità indiziaria per il reato di cui all'art. 74 D.P.R. numero 309/1990, lamentando che il quadro indiziario a suo carico dava atto solo di una sporadica partecipazione ad alcuni episodi di cessione di sostanze stupefacenti difettava, quindi, la prova di un accordo stabile e duraturo, quale elemento costitutivo del contestato reato associativo. Con il secondo motivo deduce violazione dell'art. 74 D.P.R. numero 309/1990, lamentando che la presenza solo occasionale nella piazza di spaccio, unitamente alla considerazione che il ricorrente abitava da sempre in quei luoghi, non poteva comprovare la volontà di partecipare al reato associativo contestato. Con il terzo motivo deduce omessa motivazione in relazione alla mancata riqualificazione del fatto ex art. 74, comma 6, D.P.R. numero 309/1990, lamentando che, pur volendo ritenere la gravità indiziaria del reato associativo, il fatto andava sussunto nell'ipotesi meno grave, in considerazione della modica quantità di sostanza stupefacente oggetto di cessione a terzi. Con il quarto motivo deduce vizio di motivazione in relazione alla valutazione di concretezza ed attualità delle esigenze cautelari ed alla scelta della misura applicata, lamentando che il Tribunale aveva espresso argomentazioni generiche e non aveva considerato il ruolo non primario del ricorrente all'interno dell'associazione criminosa né la possibilità di applicare una misura meno afflittiva presso la casa della nonna. Con il quinto motivo deduce violazione dell'art. 275 comma 5, D.P.R. numero 309/1990 da intendersi, con tutta evidenza, art 275, comma 4, D.P.R. numero 309/1990 ed omessa motivazione lamenta che il Tribunale non aveva tenuto nel debito conto che il ricorrente era padre di una minore di anni due e che la moglie era in stato di gravidanza e, quindi, nella assoluta impossibilità di prendersi cura della figlia minore di due anni e di entrambi i minori al momento della nascita della futura figlia, omettendo sul punto di motivare. Chiede, pertanto, l'annullamento della ordinanza impugnata. Considerato in diritto 1. Il primo ed il secondo motivo di ricorso, con i quali si censura la valutazione di sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione al reato associativo sotto i diversi profili della violazione di legge e del vizio di motivazione, sono manifestamente infondati. 1.1. Va premesso che la giurisprudenza di questa Corte si è da tempo consolidata nell'affermare che in tema di misure cautelari personali, per gravi indizi di colpevolezza ai sensi dell'art. 273 cod.proc.penumero , devono intendersi tutti quegli elementi a carico, di natura logica o rappresentativa che contenendo in nuce tutti o soltanto alcuni degli elementi strutturali della corrispondente prova non valgono, di per sé, a provare oltre ogni dubbio la responsabilità dell'indagato e tuttavia consentono, per la loro consistenza, di prevedere che, attraverso la futura acquisizione di ulteriori elementi, saranno idonei a dimostrare tale responsabilità, fondando nel frattempo una qualificata probabilità di colpevolezza. Sez. U, numero 11 del 21/04/1995, Costantino ed altro, Rv. 202002 . La valutazione allo stato degli atti in ordine alla colpevolezza dell'indagato, per essere idonea ad integrare il presupposto per l'adozione di un provvedimento de libertate, deve, quindi, condurre non all'unica ricostruzione dei fatti che induca, al di là di ogni ragionevole dubbio, ad uno scrutinio di responsabilità dell'incolpato, ma è necessario e sufficiente che permetta un apprezzamento in termini prognostici che, come tale, è ontologicamente compatibile con possibili ricostruzioni alternative, anche se fondate sugli stessi elementi. Ed è stato precisato che, ai fini dell'applicazione delle misure cautelari, anche dopo le modifiche introdotte dalla legge numero 63 del 2001, è ancora sufficiente il requisito della sola gravità degli indizi, posto che l'art. 273, comma primo bis, cod.proc.penumero introdotto dalla legge citata richiama espressamente il terzo e il quarto comma dell'art. 192, ma non il secondo comma che prescrive la valutazione della precisione e della concordanza, accanto alla gravità, degli indizi ne consegue che gli indizi, in sede di giudizio de libertate, non vanno valutati secondo gli stessi criteri richiesti per il giudizio di merito dall'art. 192, comma secondo, cod. proc. penumero , che, oltre alla gravità, richiede anche la precisione e la concordanza degli indizi Sez.4, numero 37878 del 06/07/2007, Rv.237475 Sez.5, numero 36079 del 05/06/2012,Rv.253511 Sez.6, numero 7793 del 05/02/2013, Rv.255053 Sez.4, numero 18589 del 14/02/2013, Rv.255928 Sez.2, numero 26764 del 15/03/2013, Rv.256731 Sez.4, numero 22345 del 15/05/2014, Rv.261963 Sez.4, numero 53369 del 09/11/2016, Rv.268683 Sez.4, numero 6660 del 24/01/2017, Rv.269179 Sez.2, numero 22968 del 08/03/2017, Rv.270172 . 1.2. Va, poi, evidenziato che il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti relativi all'applicazione di misure cautelari personali è ammissibile soltanto se denunci la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando proponga censure che riguardano la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito Sez. 5, numero 46124 del 8/10/2008, Pagliaro, Rv. 241997 Sez.6, numero 11194 del 8/03/2012, Lupo, Rv. 252178 Sez.6, numero 49153 del 12/11/2015, Rv.265244 . 1.3. Nella specie, il Tribunale ha ampiamente motivato in ordine ai gravi indizi di colpevolezza, valutando le emergenze probatorie intercettazioni telefoniche, videoriprese, sequestri di sostanza stupefacente, sommarie informazioni testimoniali, dichiarazioni di collaboratori di giustizia ed esaminando la posizione del ricorrente con specifiche risposte ai rilievi difensivi pag da 3 a 10 dell'ordinanza impugnata . In particolare, con riferimento al reato associativo contestato al capo A dell'imputazione art 74 D.P.R. numero 309/1990 , il Tribunale ha osservato che le risultanze probatorie davano atto della intraneità del Pa. all'associazione criminosa, organizzata da Lo Fa. Anumero Iv. e dedita stabilmente allo spaccio di sostanze stupefacenti, individuandone specificamente il ruolo svolto nel sodalizio criminoso coordinatore e supervisore dell'attività di spaccio, in particolare soggetto deputato all'approvvigionamento dello stupefacente in favore dei pusher ed alla raccolta del denaro provento delle cessioni . I servizi di videoripresa ha rimarcato il Tribunale attestavano la presenza continuativa del Pa., nella piazza di spaccio, mentre effettuava reiterati trasporti di sostanza stupefacente dallo scantinato dello stabile ai singoli pusher operanti sul posto inoltre, il predetto veniva ripreso anche effettuare personalmente cessioni di stupefacente, sui luoghi teatro degli eventi. Le censure difensive, poi, sono state motivatamente disattese dai Giudici di merito, i quali hanno evidenziato come l'abituale stazionamento sui luoghi non potesse essere giustificato dal fatto il ricorrente risiedesse proprio al civico omissis , in quanto la continuità della condotta osservata era inconciliabile con una presenza occasionale sul posto dovuta a ragioni abitative. Risultano, quindi, puntualmente evidenziati in motivazione, con argomentazioni adeguate, una serie di elementi circostanziati che, valutati globalmente, danno adeguato conto, sul piano della gravità indiziaria, del coinvolgimento del ricorrente nel reato associativo contestatogli, emergendo dalla valutazione di tali elementi una condotta di consapevole ed efficace partecipazione associativa, in coerenza alla contestazione cautelare mossa. La motivazione è congrua e non manifestamente illogica e, pertanto, si sottrae al sindacato di legittimità. La decisione, inoltre, è in linea con i principi di diritto affermati da questa Suprema Corte in subiecta materia. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, alla base della figura dell'associazione finalizzata a traffici di sostanze stupefacenti art 74 D.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309 è identificabile un accordo destinato a costituire una struttura permanente in cui i singoli associati divengono ciascuno nell'ambito dei compiti assunti o affidati parti di un tutto finalizzato a commettere una serie indeterminata di delitti ex art 73 D.P.R. numero 309 del 1990, preordinati alla cessione o al traffico di droga. La prova del vincolo permanente, nascente dall'accordo associativo, può essere data anche per mezzo dell'accertamento di facta concludentia, quali i contatti continui tra gli spacciatori, i frequenti viaggi per il rifornimento della droga, le basi logistiche, le forme di copertura e i beni necessari per le operazioni delittuose, le forme organizzative, sia di tipo gerarchico che mediante divisione dei compiti tra gli associati, la commissione di reati rientranti nel programma criminoso e le loro specifiche modalità esecutive Sez. 6, numero 10781 del 13/12/2000, dep. 16/03/2001, Rv. 218731 . Ai fini della configurabilità dell'associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, non è, dunque, richiesto un patto espresso fra gli associati, ben potendo desumersi la prova del vincolo dalle modalità esecutive dei reati-fine e dalla loro ripetizione, dai rapporti tra gli autori, dalla ripartizione dei ruoli fra i vari soggetti in vista del raggiungimento di un comune obiettivo e dall'esistenza di una struttura organizzativa, sia pure non particolarmente complessa e sofisticata, indicativa della continuità temporale del vincolo criminale Sez. 6, numero 40505 del 17/06/2009, Rv. 245282 . Le censure che il ricorrente svolge sono meramente ripropositive di questioni già adeguatamente esaminate dal Tribunale ed attengono alla ricostruzione dei fatti ovvero si risolvono in una diversa valutazione delle risultanze istruttorie esaminate dai giudici di merito e, quindi, sono meramente in fatto e, come tali, non deducibili in sede di legittimità. 2. Il terzo motivo di ricorso è infondato. Ai fini dell'applicabilità della fattispecie di cui all'art. 74, comma sesto, D.P.R. 9 ottobre 1990 numero 309, non è sufficiente tener conto delle quantità effettivamente scambiate, ma occorre far riferimento anche a quelle trattate e offerte in vendita dai partecipanti all'associazione Sez. 6, numero 37983 del 16/03/2004, Benevento ed altri, Rv. 230372 Sez. 4, numero 38133 del 02/07/2013, Cuomo e altri, Rv. 256289 . Orbene, dal complesso dei fatti esposti e dalle risultanze istruttorie menzionate nell'ordinanza impugnata, emerge che i quantitativi di sostanza stupefacente trattata dai coindagati erano in generale tutt'altro che trascurabili e che l'assetto organizzativo era inspiegabile con approvvigionamenti di modesti quantitativi vedi pag 7-8 dell'ordinanza impugnata . Tali elementi di fatto risultano incompatibili con la configurabilità della diminuente di cui all' art 74, comma sesto, D.P.R. 9 ottobre 1990 numero 309 . La deduzione difensiva, pertanto, deve ritenersi implicitamente disattesa dalla motivazione della ordinanza complessivamente considerata, secondo il consolidato principio secondo il quale in sede di legittimità, non è censurabile, quale vizio di motivazione, il silenzio su una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando risulti che la stessa sia stata disattesa dalla motivazione complessivamente considerata Sez.l,numero 27825 del 22/05/2013,Rv.256340 01 Sez.5,numero 6746 de 13/12/2018, dep.12/02/2019, Rv.275500 01 . 3. Il quarto motivo di ricorso è infondato. Va ricordato che la disciplina di cui all'art. 275 comma 3 cod.proc.penumero stabilisce, rispetto ai soggetti raggiunti da gravi indizi di colpevolezza per uno dei delitti ivi considerati tra i quali è ricompreso il contestato delitto di cui all'art. 74 D.P.R. numero 309/1990 -, una duplice presunzione relativa, quanto alla sussistenza delle esigenze cautelari che comporta che deve considerarsi esistente almeno una delle esigenze cautelari contemplate dall'art. 274 cod.proc.pen an della cautela e alla scelta della misura-che comporta che deve ritenersi adeguata la misura della custodia cautelare in carcere. In presenza di tali reati, come rammentato dal Giudice delle Leggi cfr. sentenza 231 del 2011 , il Giudice deve considerare sussistenti le esigenze cautelari ove non consti la prova della loro mancanza, secondo uno schema di prova di tipo negativo e secondo un modello che, sul piano pratico, si traduce in una marcata attenuazione dell'obbligo di motivazione che si traduce nell'onere di dar semplicemente atto dell'inesistenza di elementi idonei a vincere la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari solo nel caso in cui l'indagato abbia allegato elementi di segno contrario, l'obbligo motivazionale diviene più pregnante in quanto il Giudice sarà tenuto a giustificare la ritenuta inidoneità degli stessi a superare la presunzione. Va, quindi, ribadito il consolidato principio di diritto, in base al quale, qualora sia stata applicata la misura della custodia in carcere per uno dei delitti indicati nell'art. 275, comma terzo, cod. proc. penumero e il giudice di merito non ritenga di poter superare la presunzione relativa, su di lui incombe solo l'obbligo di dare atto dell'inesistenza di elementi idonei a vincere tale presunzione, mentre l'obbligo di motivazione è imposto e diventa più oneroso nell'ipotesi in cui l'indagato o la sua difesa abbiano evidenziato elementi idonei a dimostrare l'insussistenza di esigenze cautelari e/o abbiano allegato, o anche solo dedotto l'esistenza ex actis di elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure Sez. U, numero 16 del 05/10/1994, Demitry, Rv. 199387, Sez. 3, numero 1488 del 10/12/2013, dep.15/01/2014, Rv. 258017 Sez.3, numero 48706 del 25/11/2015, Rv.266029 Sez.3, numero 33037 del 15/07/2015, Rv.264190 Sez.3, numero 33051 del 08/03/2016, Rv.268664 . Nella specie, il Tribunale ha fatto buon governo del suesposto principio di diritto, evidenziando come la presunzione relativa in ordine alla esistenza di esigenze cautelari, prevista dall'art. 275, comma 3, cod.proc.penumero , in assenza di elementi contrari, non potesse ritenersi vinta, rimarcando anche come il traffico su piazza sia una forma di spaccio di massima pericolosità per i volumi dei traffici e relativi incassi e per contiguità con il crimine organizzato di matrice mafiosa e come tale circostanza evidenziasse la contiguità dell'indagato a tali ambienti criminali aggiungevano, poi, i Giudici di merito, che i precedenti penali ed carichi pendenti specifici nonché lo specifico ruolo svolto dal ricorrente nel sodalizio criminoso intermedio tra la base ed i vertici dell'associazione criminosa e gli esiti dei controlli su strada che davano atto della prosecuzione dei rapporti tra i coindagati rafforzavano la valutazione di pericolosità dell'indagato e rendevano evidenti la concretezza ed attualità delle esigenze cautelari. Il Collegio cautelare, alla luce dei suesposti elementi di fatto, ha ribadito anche la adeguatezza della misura della custodia in carcere, rimarcando che la prosecuzione delle condotte criminose poteva agevolmente essere attuata anche in ambito domestico ed inutile sarebbe stato anche il presidio elettronico di controllo ed anche in luogo diverso da quello della abituale dimora, tanto da doversi valutare inidonea la misura degli arresti domiciliari ed unica misura adeguata a salvaguardare le esigenze cautelari quella, in atto, della custodia cautelare in carcere. Il Tribunale, pertanto, ha assolto adeguatamente all'obbligo motivazionale, mentre, rispetto all'indicato percorso argomentativo, peraltro, le doglianze del ricorrente si collocano ai confini della inammissibilità, prospettando censure del tutto generiche, che non si confrontano con le argomentazioni esposte dal Tribunale e afferiscono al merito della decisione, insindacabile in questa sede. A tal proposito, va rammentato che anche il giudizio di sussistenza delle esigenze cautelari è censurabile in sede di legittimità soltanto se si traduca nella violazione di specifiche norme o nella mancanza o manifesta illogicità della motivazione, rilevabili dal testo del provvedimento impugnato ma non anche quando il ricorrente proponga censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito Sez.F,numero 47748 del 11/08/2014, Rv.261400 Sez. 1, numero 795 del 06/02/1996, Rv.204014 Sez.l,numero l769 del 23/03/1995, Rv.201177 . 4. Il quinto motivo di ricorso è manifestamente infondato. Va preliminarmente osservato, in via generale, che il disposto dell'art. 275 comma 4 cod. proc. penumero , introducendo una norma di favore per il caso della necessità di accudimento dei figli con età inferiore a sei anni, nelle ristrette ipotesi di morte del genitore non sottoposto a misura custodiale o di assoluta impossibilità di prestare assistenza alla prole, ha inteso assicurare una tutela ai minori, entro il suddetto limite di età, che prevale sulle esigenze cautelari, ancorché la misura sia applicata per uno dei reati di cui all'art. 275, comma 3 cod. proc. penumero , fatto salvo il caso della sussistenza di 'esigenze cautelari di eccezionale rilevanza'. Questa Corte, infatti, ha affermato che la presunzione di cui all'art. 275, comma quarto, cod. proc. penumero , che esclude l'applicabilità della custodia in carcere nei confronti di determinate persone che versino in particolari condizioni salvo che ricorrano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, prevale rispetto alla presunzione di adeguatezza della custodia cautelare in carcere di cui al comma terzo del medesimo articolo prevista ove si proceda per determinati reati Sez. 2, numero 11714 del 16/03/2012 dep. 28/03/2012, Ruoppolo, Rv. 25253401 Sez. 1, numero 15911 del 19/03/2015 dep. 16/04/2015, Caporrimo, Rv. 26308801 . Ed è stato precisato che nel caso in cui ricorra una delle ipotesi previste dall'art. 275, comma 4, cod. proc. penumero e sia pertanto inibita la misura della custodia in carcere, la presunzione di idoneità di cui all'art. 275, comma 3, secondo periodo, cod. proc. penumero deve intendersi riferita non più alla misura della custodia cautelare in carcere, ma a quella degli arresti domiciliari in tal modo realizzandosi un ragionevole contemperamento tra le esigenze di sicurezza sottese all'adozione della misura privativa della libertà personale e quelle di tutela degli interessi contemplati nel comma 4 del citato articolo Sez.3,numero 1592 del 06/12/2019, dep.16/01/2020, Rv.278016 01 . Tanto premesso, affinché possa dirsi integrata l'assoluta impossibilità di cui al quarto comma dell'art. 275 cod. proc. penumero , deve prospettarsi una situazione nella quale si palesi un difetto assistenziale non altrimenti colmabile, tale da compromettere il processo evolutivo-educativo del figlio cfr. anche Sez. 6, numero 35806 del 23/06/2015 dep. 01/09/2015, Pepe, Rv. 26472501 , quale, per esempio, la malattia, la detenzione o l'impegno lavorativo che comporti una tale alternanza fra presenza ed assenza del genitore da compromettere la sussistenza di uno stabile e continuativo rapporto di cura del minore. Una simile evenienza non è stata prospettata al Tribunale del riesame avendo la difesa allegato un generico riferimento alle condizioni familiari l'indagato è padre di una minore e, trovandosi la moglie in stato di gravidanza, la futura cura di due figli minori determinerebbe l'assoluta impossibilità della stessa di prendersi cura di entrambi. E' evidente che tale allegazione sia del tutto generica e si riferisca, comunque, alla ordinarietà della vita familiare che, come tale, in difetto di specifiche situazioni determinati un grave difetto assistenziale non altrimenti colmabile, non può integrare l'assoluta impossibilità di cui al quarto corna dell'art. 275 cod. proc. penumero La genericità dell'istanza, quindi, esimeva il Collegio cautelare dal motivare in merito. Va richiamato, infatti, il principio consolidato in tema di obbligo motivazionale, in base al quale il giudice non è obbligato a motivare in ordine al mancato accoglimento di istanze, nel caso in cui esse appaiano improponibili sia per genericità, sia per manifesta infondatezza Sez.2, numero 49007 del 16/09/2014, Rv.261423 ovvero non risultino concedibili per il difetto di ogni presupposto che ne giustifichi la concessione od il riconoscimento Sez.5, numero 30410 del 26/05/2011, Rv.250583 Sez.6,numero 20383 del 21/04/2009, Rv.243841 Sez. 5, 7212/1989 Rv.184373 . 5. Consegue, pertanto, il rigetto del ricorso e, in base al disposto dell'art. 616 cod.proc.penumero , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94, comma 1 ter, disp.att, cod.proc.penumero