Calcolo del termine di prescrizione in caso di recidiva reiterata

Ai fini del computo dei termini di prescrizione del reato, assume rilevanza la recidiva reiterata art. 99, comma 4, c.p. in quanto circostanza aggravante ad effetto speciale, anche se la stessa è stata considerata subvalente nel giudizio di comparazione, ai sensi dell’art. 69 c.p., comma 2.

Lo ha affermato la Suprema Corte con la sentenza n. 17169/20 depositata il 5 giugno. La Corte d’Appello di Firenze confermava la condanna dell’imputato a 2 anni di reclusione per i reati di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74/2000 utilizzazione di fatture inesistenti . La difesa aveva infruttuosamente sottolineato come la verifica della Guardia di Finanza sia avvenuta a distanza di molti anni dall’emissione delle fatture contestate da parte di una ditta non più esistente in quel momento, circostanza confermata anche dalle testimonianze raccolte. La pronuncia è stata quindi impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione. La Corte precisa in primo luogo come la pronuncia contenga adeguata e coerente motivazione logica della decisione assunta, sottolineando gli accertamenti di merito non sindacabili in sede di legittimità. Relativamente all’invocata prescrizione del reato, la pronuncia in esame rileva come sia stata contestata la recidiva reiterata di cui all’art. 99, comma 4, c.p. e come al fine della prescrizione rilevano la contestazione della recidiva e il riconoscimento della stessa nella determinazione della pena, poiché anche se fosse stata ritenuta equivalente ad eventuali attenuanti la stessa andrebbe calcolata al fine della prescrizione . Nel caso di specie, la recidiva contestata - e riconosciuta - era quella reiterata dell’art. 99, comma 4, c.p., di conseguenza restando quella da computarsi ai fini della prescrizione. La Corte afferma dunque il seguente principio di diritto ai fini del computo dei termini di prescrizione del reato occorre tenere conto della recidiva di cui all’art. 99 c.p., comma 4, in quanto circostanza aggravante ad effetto speciale , anche se la stessa è stata considerata subvalente nel giudizio di comparazione, ai sensi dell’art. 69 c.p., comma 2, non rilevando il fatto che il giudice abbia determinato la pena in misura inferiore a quella prevista nel caso di specie era stato disposto un aumento di soli mesi 3 a fronte della contestata recidiva reiterata di cui all’art. 99 c.p., comma 4 . In conclusione, il ricorso viene dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 16 settembre 2019 – 5 giugno 2020, n. 17169 Presidente Rosi – Relatore Socci Ritenuto in fatto 1. La Corte d’Appello di Firenze con sentenza del 18 maggio 2018 ha confermato la decisione del Tribunale di Lucca del 21 aprile 2016 che aveva condannato M.E. alla pena di anni 2 di reclusione in relazione ai reati di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2 commessi il omissis per importi di Euro 204.810,00 - capo A - ed Euro 297.100,00 capo B -. Utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti emesse dalla ditta individuale di P.P. a favore della società Edilm. s.r.l e Edilbiemme s.r.l. di cui il legale rappresentante era M.E. . 2. L’imputato ha proposto ricorso in cassazione deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1. 2.1. Violazione di legge D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2 contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui sono stati ritenuti configurati gli elementi costitutivi dei reati contestati. La Corte di appello si adegua alle motivazioni di primo grado senza analizzare i motivi di appello. La verifica fiscale della Guardia di Finanza alla ditta di P.P. è avvenuta molti anni dopo l’emissione delle fatture di cui all’imputazione, il 21 settembre 2010. La stessa sentenza evidenzia in premessa come la ditta in oggetto, non più operativa al momento della verifica, avrebbe potuto benissimo operare effettivamente anni prima, al momento dell’emissione delle fatture. Le problematiche fiscali della ditta di P.P. non possono certo essere addebitate al ricorrente o utilizzate nei suoi confronti. I testi escussi in dibattimento arch. D.M. e geom. Ma. avevano peraltro evidenziato l’effettiva realizzazione dei lavori e la presenza nei cantieri delle società di P.P. . Nonostante le specifiche e puntuali motivazioni dell’impugnazione la Corte di appello aderisce acriticamente alla valutazione di genericità delle testimonianze in oggetto, senza alcuna motivazione logica. Per la sentenza i pagamenti in contanti delle considerevoli cifre non troverebbero riscontro nelle movimentazioni bancarie. Manca inoltre una logica motivazione sull’elemento soggettivo dei reati. La Corte di appello muove dalla considerazione dell’inesistenza assoluta dei lavori di cui alle fatture. Invece i testi hanno evidenziato comunque una presenza nei cantieri di P.P. . Dell’evasione delle imposte di P. il ricorrente non era certo al corrente. Al massimo si potrebbe sostenere una sovrafatturazione qualitativa , ma non l’inesistenza delle operazioni. Una certa mole di lavori era stata effettivamente svolta in ben individuati cantieri. La sovrafatturazione però non è stata mai contestata, neanche in via alternativa. 2. 2. Prescrizione dei reati prima della decisione impugnata. Violazione di legge art. 531 c.p.p. . Il termine di prescrizione massimo è maturato alla data del omissis nessun aumento di pena può essere considerato ai fini della prescrizione per la recidiva recidiva reiterata , come dall’imputazione poiché in sede di determinazione del trattamento sanzionatorio è stata ritenuta solo la recidiva semplice, con un aumento di pena di soli mesi 3. L’aumento di pena non è stato, quindi, della metà o dei 2/3 per la recidiva reiterata. Anche volendo considerare la recidiva aggravata di cui all’art. 99, c.p., comma 2 la prescrizione sarebbe comunque maturata il omissis , prima della sentenza impugnata. 2.3. Con successiva memoria l’imputato ha evidenziato ulteriori motivi di ricorso. Per la Corte di appello la ditta di P. non avrebbe avuto movimentazioni bancarie. Invece dagli accertamenti dell’Agenzia delle entrate emerge come la ditta P. riceveva dei pagamenti per Euro 41.200,00 da Edilbiemme s.r.l. ed Euro 39.800,00 da Edilm. s.r.l. Questi pagamenti evidenziano l’esistenza di rapporti di lavoro tra le ditte. Ribadisce inoltre la prescrizione dei reati prima della sentenza impugnata mancato aumento della pena di 1/2 come richiesto dall’art. 99 c.p., comma 4 . Ha chiesto quindi l’annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 3. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi e per genericità. Inoltre, il motivo sulla recidiva non è stato proposto in sede di appello. La sentenza impugnata e la decisione di primo grado, in doppia conforme contiene adeguata motivazione, non manifestamente illogica e non contraddittoria rilevando come l’emittente delle fatture per operazioni inesistenti era un evasore totale privo di mezzi e strutture per l’effettuazione di lavori per gli importi delle fatture importi di Euro 204.810,00 - capo A - ed Euro 297.100,00 - capo B . Relativamente alle testimonianze che comunque riferivano della presenza di P. nei cantieri la decisione adeguatamente motiva unitamente alla sentenza di primo grado in doppia conforme sulla genericità delle testimonianze e comunque sull’ininfluenza di presenze sporadiche nei cantieri di P. in relazione all’entità dei lavori fatturati per circa 500.000,00 Euro. Si tratta di accertamenti di merito insindacabili in sede di legittimità se adeguatamente motivati come nel caso in giudizio. Neanche la presenza di versamenti di alcune somme nei conti correnti di P. come evidenziato nella memoria può essere determinate in quanto il relativo motivo non è stato proposto in appello e, quindi, inammissibile in sede di legittimità e comunque si tratta di somme insignificanti rispetto all’intero ammontare delle fatture. Del resto, come adeguatamente evidenziato dalla sentenza impugnata, l’importo delle somme risulta del tutto singolare, data la loro misura particolarmente importante, tanto da portare la Corte d’Appello di Firenze a ritenerle operazioni inesistenti create per frodare il fisco anche considerato che i pagamenti in contanti risultano non rinvenuti nella contabilità della ditta P. . 4. Relativamente alla prescrizione si deve rilevare che risulta contestata la recidiva reiterata di cui all’art. 99 c.p., comma 4. Il motivo non risulta proposto in appello. Comunque, la recidiva è stata valutata anche nella determinazione del trattamento sanzionatorio, seppure computata diversamente. Tuttavia, al fine della prescrizione rilevano la contestazione della recidiva e il riconoscimento della stessa nella determinazione della pena, poiché anche se fosse stata ritenuta equivalente ad eventuali attenuanti la stessa andrebbe calcolata al fine della prescrizione Ai fini della prescrizione del reato occorre tenere conto della recidiva, qualora si configuri come aggravante ad effetto speciale, anche ove la stessa sia considerata subvalente nel giudizio di comparazione, ai sensi dell’art. 69 c.p., comma 2 Sez. 2, n. 21704 del 17/04/2019 - dep. 17/05/2019, FLAGIELLO GIANNI, Rv. 27582101 . L’aumento di pena inferiore a quello previsto non comporta la degradazione della recidiva da reiterata a semplice. Del resto, il ricorrente non ha interesse a contestare la pena inferiore irrogatagli senza impugnazione del P.M. sul punto la questione della pena risulta preclusa, definitiva. Nel caso di specie, la recidiva contestata - e riconosciuta - resta quella reiterata dell’art. 99 c.p., comma 4 come risulta nell’imputazione recidiva reiterata , di conseguenza restando quella da computarsi ai fini della prescrizione. Può quindi esprimersi il seguente principio di diritto Ai fini del computo dei termini di prescrizione del reato occorre tenere conto della recidiva di cui all’art. 99 c.p., comma 4, in quanto circostanza aggravante ad effetto speciale, anche se la stessa è stata considerata subvalente nel giudizio di comparazione, ai sensi dell’art. 69 c.p., comma 2, non rilevando il fatto che il giudice abbia determinato la pena in misura inferiore a quella prevista nel caso di specie era stato disposto un aumento di soli mesi 3 a fronte della contestata recidiva reiterata di cui all’art. 99 c.p., comma 4 . Inoltre, la recidiva reiterata quale circostanza ad effetto speciale incide sia sul calcolo del termine prescrizionale minimo e sia su quello massimo La recidiva reiterata, quale circostanza ad effetto speciale, incide sul calcolo del termine prescrizionale minimò del reato, ai sensi dell’art. 157 c.p., comma 2, e, in presenza di atti interruttivi, anche, contemporaneamente, su quello del termine massimo, ex art. 161 c.p., comma 2, senza che ciò comporti una violazione del principio del ne bis in idem sostanziale o dell’art. 4 del Protocollo n. 7 della CEDU, come interpretato dalla sentenza della Corte EDU del 10 febbraio 2009 nel caso Zolotoukhine c/ Russia, nel cui ambito di tutela non rientra l’istituto della prescrizione Sez. 5, n. 32679 del 13/06/2018 - dep. 16/07/2018, Pireddu, Rv. 27349001 . Conseguentemente il termine di prescrizione del reato risulta di anni 10 e mesi 9, così rilevato il termine prescrizionale ex art. 157 c.p. del reato contestato è pari al suo massimo edittale, vale a dire 6 anni questo va aumentato di 1 anno e due mesi ex art. 99 c.p., u.c., in virtù del massimo di aumento possibile considerato il cumulo delle precedenti condanne sub 2, 3, 4 e 5 del certificato del casellario, arrivando ad un totale di anni 7 e mesi 2 su questo si applica l’aumento ex art. 161 c.p., pari alla metà anni 3 e mesi 7 , giungendo al totale suesposto di anni 10 e mesi 9. I reati, quindi, non risultavano prescritti alla data della sentenza della Corte di appello. 4. 1. L’inammissibilità del ricorso in cassazione esclude di rilevare la prescrizione maturata successivamente L’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. Nella specie la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso Sez. U, n. 32 del 22/11/2000 - dep. 21/12/2000, D. L, Rv. 217266 . Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro 2.000,00, e delle spese del procedimento, ex art. 616 c.p.p P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.