Nudista si esibisce in piscina, assistono due bambine: condannato

Confermata la condanna per un uomo. Esclusa l’ipotesi accusatoria più grave, cioè quella della corruzione di minorenni. Esclusa anche l’ipotesi difensiva, cioè quella di mero esibizionismo contrario alla pubblica decenza.

Condanna per il naturista esibizionista ed anticonformista che si esibisce” in una piscina comunale, scegliendo come pubblico due bambine. Logico per i Giudici parlare di atti osceni Cassazione, sentenza n. 16465, Sezione Terza Penale, depositata il 29 maggio 2020 . Toccamenti. Ricostruito l’episodio incriminato, si accerta che un uomo ha mostrato a due bambine – di 6 e 9 anni –, all’interno di una piscina comunale, i propri genitali , provvedendo anche a toccarseli in maniera evidente. Per i giudici di merito è inevitabile una condanna. Tuttavia, mentre in primo grado si è ipotizzato il reato di corruzione di minorenni, in secondo grado si opta per il reato di atti osceni, commessi in un luogo abitualmente frequentato da minori . Così per l’uomo scatta la condanna a 4 mesi di reclusione . A suo avviso, però, la sanzione penale è ingiusta poiché, come spiega tramite il proprio legale col ricorso in Cassazione, innanzitutto va esclusa la riconducibilità della piscina comunale, in relazione al vizio di violazione di legge, a luogo elettivamente e prevalentemente frequentato da minori, trattandosi semmai di un luogo aperto al pubblico e come tale frequentato anche da minori, peraltro sotto la diretta sorveglianza di un accompagnatore adulto . Allo stesso tempo, il legale parla di erronea qualificazione giuridica , poiché la condotta in discussione è, a suo avviso, riconducibile alla fattispecie depenalizzata degli atti contrari alla pubblica decenza e ciò sulla base della stessa ricostruzione effettuata in Appello, secondo cui si era trattato di un gesto riconducibile all’estrinsecazione da parte dell’imputato delle proprie convinzioni nudiste, in quanto convinto fautore del rifiuto delle regole e delle convenzioni sociali , e stante, aggiunge il legale, la distinzione tra gli atti osceni che hanno quasi sempre un contenuto sessuale e quelli contrari alla pubblica decenza che invece arrecano offesa al pudore in quanto posti in essere in violazione delle norme etiche di decoro, riserbo e compostezza . E in questa ottica viene anche osservato che non vi era prova che l’imputato avesse esibito i propri genitali, ‘toccandoseli’, al fine di creare un turbamento di natura sessuale alle bambine mentre queste ultime avevano solo provato un senso di disgusto . Oscenità. La linea difensiva non convince però i Giudici della Cassazione, che confermano la condanna dell’uomo per il reato di atti osceni. In premessa viene osservato che diversamente dalle strutture destinate allo svolgimento di discipline acquatiche la cui frequentazione per fasce di pubblico è scansionata dagli orari che suddividono i corsi per bambini dagli allenamenti degli adulti, le piscine aperte al pubblico, nel cui ambito rientra quella comunale, pur essendo destinate ad un pubblico indifferenziato per genere e per età, registrano certamente sulla base dei dati dell’esperienza comune, una forte presenza di minori, essendo i soggetti che per motivi prettamente ludici, legati alla stessa età infantile, sono fortemente attirati dalla possibilità di immergersi in acqua e prediligono perciò i luoghi in cui vi sia la possibilità di farlo. Non è perciò necessario, contrariamente a quanto sostiene la difesa, che si tratti di esercizio o struttura esclusivamente riservati ai minori, atteso che, prevedendo il dato testuale della norma in esame che la condotta si svolga in un luogo abitualmente frequentato da minori, è sufficiente che esso registri sulla base di una attendibile valutazione statistica, parametro questo già individuato dalla giurisprudenza di questa Corte nell’interpretazione della norma in esame nella presenza di più soggetti minori di età con carattere elettivo e sistematico. Così, se deve escludersi la configurabilità della fattispecie criminosa quando si tratti di luoghi in cui la presenza di minori sia soltanto occasionale, ne consegue, per converso, che quando tale presenza sia abituale, ancorché non esclusiva, si verta comunque nell’ambito di luoghi abitualmente frequentati da minori , e la ratio che sostiene la disposizione in esame è ravvisabile nell’esigenza di tutelare, oltre che il comune senso del pudore, l’integrità morale dei minori in tutti i luoghi ove gli stessi abitualmente, e non solo prevalentemente, si trovino . Perciò si è ritenuto che tra i luoghi abitualmente frequentati da minori debbano ricomprendersi anche quelli, seppur ad essi non esclusivamente riservati, che lo sono per elezione specifica, di volta in volta scelti dai minori come punto di abituale di incontro o di socializzazione e dove si trattengono per un termine non breve , come una piscina. A spazzare via ogni dubbio, poi, la constatazione che la condotta illecita è stata posta in essere non soltanto in un luogo abitualmente frequentato da minori, ma altresì alla presenza di due bambine che hanno direttamente assistito al toccamento dei propri genitali da parte dell’imputato . Per quanto concerne, poi, la distinzione tra atti osceni e quelli contrari alla pubblica decenza , essa è lapalissiana, offendendo i primi, in modo intenso e grave, il pudore sessuale laddove i secondi ledono il comune sentimento di costumatezza e compostezza, suscitando un sentimento, rapportato allo specifico contesto in cui si svolge la condotta, da parte di chi si trovi ad assistervi di disagio e di riprovazione . Tirano le somme, la condotta incriminata, costituita non solo nell’esibizione da parte dell’imputato dei propri genitali in condizioni di nudità – fatto questo che avrebbe potuto astrattamente essere ricondotto agli atti contrari alla pubblica decenza – ma altresì nell’atto di toccarseli, è andata ben oltre una condotta soltanto esibizionistica, in cui è insita la violazione delle regole etico-sociali atta ad offendere il senso di decoro collettivo il gesto compiuto, rimandando ad espressioni di concupiscenza in ragione della parte erogena del corpo oggetto del toccamento, è indice manifesto della sua natura sessuale, integrando perciò gli estremi dell’oscenità punita dal Codice Penale.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 27 febbraio – 29 maggio 2020, numero 16465 Presidente Izzo – Relatore Galterio Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 16.5.2019 la Corte di Appello di Trento, Sez. distaccata di Bolzano, a modifica della condanna resa dal Tribunale di Bolzano nei confronti di Fl. Lu. per il reato di cui all'art. 609 quinquies cod. penumero per aver mostrato all'interno di una piscina pubblica comunale mostrato a due bambine di sei e nove anni i propri genitali toccandoseli, ha riqualificato il fatto come atti osceni ai sensi dell'art. 527 secondo comma cod. penumero in quanto commesso in luogo abitualmente frequentato da minori, condannandolo alla pena di quattro mesi di reclusione. 2. Avverso il suddetto provvedimento l'imputato ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando tre motivi con i quali sinteticamente lamenta 2.1 la riconducibilità della piscina comunale, in relazione al vizio di violazione di legge, a luogo elettivamente e prevalentemente frequentato da minori, trattandosi semmai di un luogo aperto al pubblico e come tale frequentato anche da minori, peraltro sotto la diretta sorveglianza di un accompagnatore adulto, con conseguente esclusione della configurabilità del reato di cui all'art. 527 cod. penumero 2.2 l'erronea qualificazione giuridica del fatto trattandosi di condotta riconducibile fattispecie depenalizzata degli atti contrari alla pubblica decenza di cui all'art. 726 cod. penumero e ciò sulla base della stessa ricostruzione effettuata dalla Corte di Appello secondo cui si era trattato di un gesto riconducibile all'estrinsecazione da parte dell'imputato delle proprie convinzioni nudiste, in quanto convinto fautore del rifiuto delle regole e delle convenzioni sociali, stante la distinzione tra gli atti osceni di cui all'art. 527 che hanno quasi sempre un contenuto sessuale e quelli contrari alla pubblica decenza che invece arrecano offesa al pudore in quanto posti in essere in violazione delle norme etiche di decoro, riserbo e compostezza 2.3 l'illogicità motivazionale della sentenza che quantunque abbia riconosciuto che non vi era prova che l'imputato avesse esibito i propri genitali toccandoseli al fine di creare un turbamento di natura sessuale alle bambine, sostiene poi che le minori avessero provato un senso di disgusto, conseguenza questa che non era dato desumere dalla stessa mancanza di prova degli intenti del prevenuto. Considerato in diritto 1. Il primo motivo non può ritenersi fondato. Diversamente dalle strutture destinate allo svolgimento di discipline acquatiche la cui frequentazione per fasce di pubblico è scansionata dagli orari che suddividono i corsi per bambini dagli allenamenti degli adulti, le piscine aperte al pubblico, nel cui ambito rientra quella comunale, pur essendo destinate ad un pubblico indifferenziato per genere e per età, registrano certamente sulla base dei dati dell'esperienza comune, una forte presenza di minori essendo i soggetti che per motivi prettamente ludici, legati alla stessa età infantile, sono fortemente attirati dalla possibilità di immergersi in acqua e prediligono perciò i luoghi in cui vi sia la possibilità di farlo. Non è perciò necessario, contrariamente a quanto sostiene la difesa, che si tratti di esercizio o struttura esclusivamente riservati ai minori atteso che, prevedendo il dato testuale della norma in esame che la condotta si svolga in un luogo abitualmente frequentato da minori , è sufficiente che esso registri sulla base di una attendibile valutazione statistica , parametro questo già individuato dalla giurisprudenza di questa Corte nell'interpretazione della norma in esame nella presenza di più soggetti minori di età con carattere elettivo e sistematico Sez. 3, numero 30798 del 18/10/2016 - dep. 21/06/2017, P., Rv. 270231 . Se infatti deve escludersi la configurabilità della fattispecie criminosa quando si tratti di luoghi in cui la presenza di minori sia soltanto occasionale, ne consegue, per converso, che quando tale presenza sia abituale, ancorché non esclusiva si verta comunque nell'ambito di luoghi abitualmente frequentati da minori. Invero, come già condivisibilmente affermato, la ratio che sostiene la disposizione in esame è ravvisabile nell'esigenza di tutelare, oltre che il comune senso del pudore, l'integrità morale dei minori in tutti i luoghi ove gli stessi abitualmente, e non solo prevalentemente, si trovino si è perciò ritenuto che tra i luoghi abitualmente frequentati da minori debbano ricomprendersi anche quelli, seppur ad essi non esclusivamente riservati, che lo sono per elezione specifica, di volta in volta scelti dai minori come punto di abituale di incontro o di socializzazione e dove si trattengono per un termine non breve come un muretto sulla pubblica via, i piazzali adibiti a luogo ludico, il cortile condominiale Sez. 3, numero 29239 del 17/02/2017 - dep. 13/06/2017, Capurso, Rv. 270165 cfr. anche Sez. 3, numero 56075 del 21/09/2017 - dep. 15/12/2017, R, Rv. 271811 che ha riconosciuto tale requisito ad un autobus di linea, adibito al trasporto di persone di una grande città abitualmente utilizzato - e dunque frequentato - da minori per gli spostamenti cittadini . Si potrebbe astrattamente discutere se, una volta accertata la vocazione del luogo ad essere mèta abituale di minori, la presenza di costoro in costanza del compimento della condotta criminosa debba essere necessaria quale elemento costitutivo del reato, indipendentemente dal fatto che uno o più minori vi abbiano assistito essendo sufficiente il pericolo che ciò accada, così come da ultimo affermato da Cass., Sez. 3, numero 43542 del 20/09/2019 Rv. 277465, ovvero possa essere soltanto eventuale posto che trattandosi di reato di pericolo presunto, lo stesso si perfeziona, indipendentemente dalla visione in concreto degli atti da parte dei soggetti cui è diretta la tutela apprestata da parte del legislatore al compimento degli atti osceni, dovendo la pericolosità essere valutata ex ante, ma siffatta disquisizione non riveste alcun rilievo nella fattispecie in esame in cui la condotta illecita è stata posta in essere non soltanto in un luogo abitualmente frequentato da minori, ma altresì alla presenza delle due bambine che hanno direttamente assistito al toccamento dei propri genitali da parte dell'imputato. Il motivo in esame deve essere pertanto rigettato. 2. Ad analoghe conclusioni deve giungersi anche per il secondo motivo. Il criterio di distinzione tra gli atti osceni e quelli contrari alla pubblica decenza va individuato nel contenuto più specifico del reato di cui all'art. 527 cod. penumero offendendo i primi, in modo intenso e grave, il pudore sessuale, laddove le condotte di cui all'art. 726 cod. penumero ledono il comune sentimento di costumatezza e compostezza, suscitando un sentimento, rapportato allo specifico contesto in cui si svolge la condotta, da parte di chi si trovi ad assistervi di disagio e di riprovazione. Conseguentemente la condotta incriminata, costituita non solo nell'esibizione da parte dell'imputato dei propri genitali in condizioni di nudità, fatto questo che avrebbe potuto astrattamente essere ricondotto agli atti contrari alla pubblica decenza, ma altresì nell'atto di toccarseli, è andata ben oltre una condotta soltanto esibizionistica, in cui è insita la violazione delle regole etico-sociali atta ad offendere il senso di decoro collettivo il gesto compiuto, rimandando ad espressioni di concupiscenza in ragione della parte erogena del corpo oggetto del toccamento, è indice manifesto della sua natura sessuale, integrando perciò gli estremi dell'oscenità punita dall'art. 527 cod. penumero cui la specifica condotta in contestazione è stata correttamente ricondotta dalla Corte distrettuale. 2. Manifestamente infondato è infine il terzo motivo. L'equivoco su cui gioca la difesa sostenendo la contraddittorietà della motivazione per aver da un canto sostenuto che non fosse provato che l'imputato avesse esibito i propri genitali toccandoseli e dall'altro, invece, affermato ai fini della riconducibilità della condotta al reato di atti osceni, che egli si fosse toccato i genitali nell'atto di esibirli alle minori, si fonda su una capziosa lettura della frase di cui all'ultimo rigo della pag.3 e primo rigo della pag.4 della sentenza impugnata, volutamente estrapolata dal contesto in cui è inserita, la cui lettura integrale ben evidenzia come l'esclusione fosse riferita, non già all'atto del toccamento, bensì alla volontà di creare un turbamento sessuale nelle minori è infatti la ritenuta insussistenza dell'elemento volitivo ad aver consentito, in parziale accoglimento dell'appello dello stesso imputato, la derubricazione dal fatto, originariamente contestato come corruzione di minorenni ex art. 609 quinquies cod. penumero , nel reato di cui all'art. 527 cod. penumero Del tutto irrilevante è, in ogni caso, la finalità perseguita dall'imputato atteso che il reato di atti osceni è contraddistinto dal dolo generico ad integrare il quale è sufficiente la volontà e la consapevolezza di compiere un atto osceno, ovverosia integrante offesa del pudore sessuale in condizioni di visibilità da parte di minori. In ricorso deve essere, in conclusione, rigettato, seguendo a tale esito la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 27.2.2020