Prime applicazioni dell’incostituzionalità dell’applicazione “retroattiva” della spazzacorrotti in materia di immigrazione clandestina

Alla luce dell’insegnamento della Corte Costituzionale, espresso nella sentenza n. 32/2020, la consolidata interpretazione circa la natura processuale delle norme in materia di esecuzione della pena, sulla base del principio tempus regit actum, trova delle deroghe nei casi in cui le norme che modifichino le modalità esecutive comportino una trasformazione della pena prevista al momento della commissione del reato con una concreta incidenza sulla libertà personale del condannato.

Questo il principio di diritto applicato dalla Corte territoriale di Lecce che rappresenta una delle prime applicazioni della sentenza n. 32/20 della Consulta le cui motivazioni sono state depositate il 26 febbraio 2020 che ha dischiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 1, comma 6, lett. b , della legge 9 gennaio 2019, n. 3, in quanto interpretato nel senso che le modificazioni introdotte all’art. 4- bis , comma 1, ord. penit. si applichino anche ai condannati che abbiano commesso il fatto anteriormente all’entrata in vigore della l. n. 3/2019, in riferimento alla disciplina delle misure alternative alla detenzione, della liberazione condizionale e del divieto di sospensione dell’ordine di esecuzione previsto dall’art. 656, comma 9, lett. a , c.p.p Divieto di applicazione retroattiva delle modifiche in peius anche in tema di immigrazione clandestina. Il divieto di applicazione retroattiva non ha però riguardato uno dei reati contro la pubblica amministrazione oggetto dell’implementazione dell’art. 4- bis ad opera della spazzacorrotti ma quelli relativi all’immigrazione clandestina, con particolare riferimento alla fattispecie di cui agli art. 12 d.lgs. n. 286/1998 a norma del quale Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l'ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente nella sua forma aggravata che, a seguito delle modifiche apportate dall’art. 3-bis, comma 1, d.l. n. 7/2015, risulta anch’essa inserita nell’art. 4- bis ord. penit Stesso principio vi è stata una modifica sostanziale della pena. Ma il principio è identico anche per tali reati, tenendo conto del dictum della sentenza n. 32/2020 della Corte costituzionale, si realizza una modifica sostanziale” delle modalità di esecuzione della pena attraverso il loro inserimento di alcune categorie di reati tra quelli ostativi” precedente rispetto all’ampliamento dell’ombrello ostativo del 4- bis da parte della legge n. 3/2019 c.d. spazzacorrotti alla concessione di misure alternative alla detenzione extramurarie. Pena residua complessiva sotto i quattro anni, quindi sospendibile se non vi fosse stata la modifica in peius. Nel caso portato all’attenzione della Corte salentina, un condannato era destinatario di un provvedimento di cumulo di varie condanna a 3 anni, 9 mesi e 18 giorni di pena residua da scontare, quindi sotto il tetto dei 4 anni dopo che la sentenza n. 41/2018 dalla Corte Costituzionale ha esteso il precedente limite dei tre anni per poter sospendere l’ordine di esecuzione delle pene. Ma tale possibilità gli era stata preclusa con emissione invece dell’ordine di carcerazione perché tra le condanne figurava anche quella relativa all’avere favorito l’immigrazione clandestina, nella forma aggravata, che il d.l. 18 febbraio 2015, n. 7, ha inserito nell’art. 4-bis e nel relativo regime di doppio binario penitenziario. ma la modifica in peius è intervenuta dopo la commissione del fatto di reato. Tuttavia il reato in tema di immigrazione clandestina era stato commesso dal condannato prima dell’entrata in vigore della norma più sfavorevole. Poiché le modifiche in peius attinenti alla sostanza della pena ricadono sotto lo scudo del principio di legalità ex art. 25, comma 2, Cost. oltre che dell’art. 7 Cedu e dei suoi corollari tra i quali vi è il principio di irretroattività della legge penale più sfavorevole , i giudici della Corte di Appello di Lecce prendono atto che le sentenze di condanna del richiedente si riferiscono a reati in materia di immigrazione clandestina commessi anteriormente all’entrata in vigore dell’art. 3- bis d.l. n. 7/2015 che ha inserito detti reati tra quelli ostativi” tale restrizione, alla luce dell’interpretazione da ultimo dettata dai giudici della Consulta, non può avere effetto retroattivo e applicarsi alle pene inflitte per reati commessi prima dell’entrata in vigore dell’art. 3-bis citato . E si tratta di modifica attinente alla qualità” della pena. Ciò in quanto il sistema normativo dopo la recente e storica sentenza della Corte costituzionale deve essere ricostruito nel senso che la sanzione oggetto di esecuzione deve corrispondere non solo nel tipo e nella quantità a quella prevista al momento del fatto, ma anche per l’aspetto qualitativo” concernente la possibilità o meno della sostituzione della pena carceraria con misure alternative. Dichiarato temporalmente inefficace l’ordine di carcerazione. In conclusione, per il giudice dell’esecuzione, in ragione dell’entità della pena oggetto del provvedimento di cumulo anni 3, mesi 9 e giorni 18 di reclusione , inferiore al limite di 4 anni di reclusione, il richiedente ha diritto alla sospensione dell’ordine di esecuzione emesso a suo carico quindi per il condannato si sono aperte le porte del carcere! L’ordine di esecuzione comunque non può essere revocato o annullato, ma deve essere dichiarato temporalmente inefficace per consentire al condannato di presentare, nel termine di 30 giorni, la richiesta di concessione di una misura alternativa alla detenzione .

Corte di Appello di Lecce, sez. Unica Penale, ordinanza 28 febbraio - 4 marzo 2020 Presidente Scardia - Relatore Surdo Premesso che omissis si trova attualmente detenuto in espiazione della pena di anni 3, mesi 9 e giorni 18 di reclusione determinata con provvedimento esecuzione di pene concorrenti emesso dalla Procura Generale presso questa Corte di Appello in data 14.6.17 detta pena costituisce residuo del cumulo di pena di anni 7 e mesi 5 di reclusione inflitta allo omissis e seguenti sentenze 1 Corte di appello di Lecce in data 5/11/1999 condanna alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione per il reato ex articolo 10, commi 1 e 3 legge 6/3/98 numero 40, commesso il 7 giugno 1998 2 Tribunale di Brindisi in data 19/9/2000 condanna alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione per il reato ex articolo 12, commi 1 e 3, D.Lgs. numero 286 del 1998, commesso il 24.9.1998 3 Corte di appello di Lecce in data 9/10/2013 condanna alla pena di anni cinque di reclusione per il reato ex articolo 10, comma 3, legge numero 40 al 1998, commesso dal 6/2/2001 al 27/5/2001 la pena complessiva risultante da dette sentenze, pari ad anni 7 e mesi 5 di reclusione, è stata ridotta di anni 3 con provvedimento di applicazione dell'indulto emesso in data 26/11/2014 da questa Corte rileva la difesa che, ove fosse stata applicabile la disciplina vigente al momento della loro commissione o del passaggio in giudicato delle sentenze inserite nel cumulo, i reati contestati allo omissis non sarebbero stati considerati ostativi , ai sensi dell'articolo 4 bis comma 1 legge numero 354/1975, così come modificato dal decreto-legge 18/2/2015 numero 7 convertito nella legge 17 aprile 2015 numero 43 tanto, anche in ragione della sentenza della Corte Costituzionale numero 41 del 2018, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 656 comma 5 cpp, nella parte in cui si prevede che il pubblico ministero sospende l'esecuzione della pena detentiva, anche se costituente residuo di maggiore pena, non superiore a tre anni, anziché a quattro anni in sostanza, in forza di questa sentenza, omissis avrebbe potuto proporre incidente di esecuzione al fine di ottenere la revoca dell'ormai illegittimo ordine di carcerazione per contrarietà alla nuova formulazione del comma 5 dell'articolo 656 c.p.p. , ma tale possibilità è stata preclusa dalla modifica normativa dell'articolo 4 bis legge 354/1975 introdotto dalla legge numero 43 del 2015, che ha inserito i reati in materia di immigrazione clandestina tra il novero dei reati ostativi alla concessione dei benefici penitenziari previsti dal capo VI della stessa legge assegnazione al lavoro all'esterno, permessi premio e misure alternative alla detenzione , esclusa la liberazione anticipata rileva la difesa che la Corte Costituzionale in una recentissima pronuncia del febbraio 2020 ha esaminato le censure sollevate, da numerosi giudici sulla retroattività della legge 9 gennaio 2019 numero 3 cosiddetta spazzacorrotti , che ha esteso ai reati contro la pubblica amministrazione le preclusioni previste daH'articolo 4 bis dell'ordinamento penitenziario rispetto alla concessione dei benefici delle misure alternative alla detenzione la Corte ha preso atto che secondo la costante interpretazione giurisprudenziale, le modifiche dell'articolo 4 bis cit. vengono applicate retroattivamente ed ha ritenuto che questa interpretazione sia costituzionalmente illegittima con riferimento alle misure alternative alla detenzione, alla liberazione condizionale ed al divieto di sospensione dell'ordine di carcerazione successivo alla sentenza di condanna, poiché l'applicazione retroattiva di una disciplina che comporta una radicale trasformazione della natura della pena e della sua incidenza sulla libertà personale, rispetto a quella prevista al momento del reato, è incompatibile con il principio di legalità delle pene, sancito dall'articolo 25, 2. comma, della Costituzione deduce la difesa che tale principio deve essere applicato anche allo omissis , il quale non ha potuto chiedere al giudice dell'esecuzione la revoca del provvedimento di esecuzione di pene concorrenti emesso il 14/6/2017, proprio in ragione della immediata efficacia della modifica normativa operata con la legge numero 43 del 2015, che, come sopra esposto, ha trasformato in ostativi i reati dallo stesso commessi, con conseguente impossibilità di chiedere la sospensione dell'ordine di carcerazione ai sensi dell'articolo 656 comma 9 c.p.p. conclude la difesa con la richiesta di revoca del provvedimento di esecuzione di pene concorrenti numero Siep omissis e omissis reg. cura emesso dalla Procura Generale in sede in data 14/6/2017, attesa la incostituzionalità dell'applicazione Osserva L'istanza è fondata e va accolta per quanto di ragione. La Corte Costituzionale nella recente pronuncia numero 32/2020 in data 11.2.2020 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 6, lettera b , della legge 9 gennaio 2019, numero 3 Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici , in quanto interpretato nel senso che le modificazioni introdotte all'articolo 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, numero 354 Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà si applichino anche ai condannati che abbiano commesso il fatto anteriormente all'entrata in vigore della legge numero 3 del 2019, in riferimento alla disciplina delle misure alternative alla detenzione previste dal Titolo l, Capo VI, della legge numero 354 del 1975, della liberazione condizionale prevista dagli arti. 176 e 177 del codice penale e del divieto di sospensione dell'ordine di esecuzione previsto dall'articolo 656, comma 9, lettera a , del codice di procedura penale . La Corte era stata investita da numerose istanze di rimessione, con le quali si era dubitato in ordine alla legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 6 lett.b della legge numero 3/2019 cd. legge spazzacorrotti , che ha inserito i reati contro la pubblica amministrazione tra quelli ostativi alla concessione di alcuni benefici penitenziari, facendoli rientrare nell'ambito di applicazione dell'articolo 4 bis della legge 354 del 1975. La mancanza di una disciplina transitoria sulla esecuzione di pene inflitte per reati commessi prima dell'entrata in vigore della citata legge numero 3/2019 aveva determinato l'immediata applicazione delle preclusioni alla concessione dei benefici penitenziari anche a tali reati. Tanto perché, secondo la consolidata interpretazione della corte di cassazione, e quindi secondo il diritto vivente , le norme in materia di esecuzione della pena - e quindi anche quelle relative alle misure alternative alla detenzione, previste dal capo VI della legge 354 del 1975 - hanno natura processuale e come tali sono in radice sottratte al divieto di applicazione retroattiva che discende dal principio di legalità della pena di cui all'articolo 25, 2. comma, Così. La Corte Costituzionale ha ritenuto di procedere ad una complessiva rimeditazione della tematica di tale diritto vivente alla luce dei principi costituzionali, ed è pervenuta alla conclusione che, sebbene, di regola, le pene detentive devono essere eseguite in base alla legge in vigore al momento della loro esecuzione, questo principio trova una deroga nei casi in cui la legge successiva comporta, rispetto al quadro normativo vigente al momento del fatto, una trasformazione della natura della pena e della sua incidenza sulla libertà personale . In queste ipotesi, l'applicazione retroattiva di una tale legge è incompatibile con l'articolo 25, 2. comma, Cost In particolare, la Corte ha ritenuto che l'articolo 1, comma 6 lett.b legge numero 3/2019 comporti una trasformazione della natura delle pene previste al momento del reato e della loro incidenza sulla libertà personale del condannato, in relazione alle misure alternative alla detenzione, alla liberazione condizionale e al divieto di sospensione dell'ordine di esecuzione della pena con la conseguenza che l'applicazione della medesima disposizione ai condannati per fatti commessi anteriormente alla sua entrata in vigore, limitatamente ai benefici testé indicati, viola il divieto di cui al precetto costituzionale citato. Alla luce dell'insegnamento della Corte Costituzionale, occorre pertanto prendere atto che la consolidata interpretazione circa la natura processuale delle norme in materia di esecuzione della pena, sulla base del principio tempus regit actum, trova delle deroghe nei casi in cui le norme che modificano le modalità esecutive comportino una trasformazione della pena prevista al momento della commissione del reato con una concreta incidenza sulla libertà personale del condannato. Una tale modifica sostanziale delle modalità di esecuzione della pena si verifica, secondo il giudice delle leggi, mediante l'inserimento di alcune categorie di reati tra quelli ostativi , a norma dell'articolo 4 bis legge ordinamento penitenziario, alla concessione di misure alternative alla detenzione. In altre parole, rinviando alla complessa ed articolata motivazione della citata sentenza della Corte Costituzionale, dalla quale questo collegio non ha motivo di discostarsi, occorre in questa sede prendere atto che si è determinata una rilevante ed imprescindibile innovazione del diritto vivente con riferimento alla tematica della disciplina dell'esecuzione della pena. Il principio secondo cui le pene detentive devono essere espiate in base alla legge in vigore al momento della loro esecuzione - con il corollario della immediata applicazione delle modifiche normative, anche deteriori, intervenute nel periodo successivo alla commissione del reato - resta valido in linea generale, salvo che per le modifiche normative che comportano una radicale trasformazione della pena con diretta incidenza sulla libertà personale del condannato in queste ipotesi, in ossequio all'articolo 25, comma 2 Cost, restanom applicabili le norme vigenti al momento del fatto. Il sistema normativo, riveniente dalla citata pronuncia della Corte Costituzionale, deve essere ricostruito nel senso che la sanzione oggetto di esecuzione dove corrispondere non soltanto nel tipo e nella quantità a quella prevista al momento del fatto, ma anche per l'aspetto concernente la possibilità o meno della sostituzione della pena carceraria con misure alternative. Occorre, in definitiva, registrare che l'organico sistema di pronunce della giurisprudenza di legittimità, ispirate dal criterio per cui la disciplina dell'esecuzione penale riveste natura processuale ed è dunque di applicabilità immediata, ha subito una rilevante modificazione in virtù della interpretazione dettata dalla Corte Costituzionale. Con la conseguenza che il regime dei benefici penitenziari, con particolare riferimento alla concessione di misure alternative alla detenzione, dovrà essere applicato tenendo conto della eventuale disciplina più favorevole al condannato vigente al momento del commesso reato. Ciò posto, come accennato, le sentenze di condanna dello omissis sopra richiamate, si riferiscono a reati in materia di immigrazione clandestina, commessi anteriormente all'entrata in vigore dell'articolo 3 bis comma 1 del D.L. numero 7/2015 convertito nella legge numero 43/2015, che ha inserito detti reati tra quelli ostativi ex articolo 4 bis legge 354/1975. Tale restrizione, alla luce dell'interpretazione da ultimo dettata dai giudici della Consulta, non può avere effetto retroattivo e applicarsi alle pene inflitte per reati commessi prima dell'entrata in vigore dell'articolo 3 bis comma 2 citato. Ne consegue che, in ragione della entità della pena oggetto del provvedimento di cumulo in data 14.6.2017 anni 3 mesi 9 e giorni 18 di reclusione , inferiore al limite di 4 anni di reclusione, lo omissis ha diritto alla sospensione dell'ordine di esecuzione emesso a suo carico, ai sensi dell’articolo 656 comma 9, c.p.p. L'ordine di esecuzione emesso in pari data non può essere revocato o annullato, ma deve essere dichiarato temporalmente inefficace per consentire al condannato di presentare, nel termine di trenta giorni, la richiesta di concessione di una misura alternativa alla detenzione in questo senso v. Cass. 10.4.2018 numero 25538, Rv. 273105-01 . P.Q.M. La Corte, visti gli articolo 656, comma 9, e 666 c.p.p., dichiara temporalmente inefficace il provvedimento di esecuzione di pene concorrenti e contestuale ordine di esecuzione nei confronti omissis nato a omissis emesso dal procuratore Generale presso questa Corte di Appello in data 14.6.2017 e, per l'effetto, ordina l'immediata scarcerazione del predetto omissis se non detenuto per altra causa.