Revoca della sospensione condizionale della pena concessa con precedente sentenza di condanna

Una condanna a pena detentiva condizionalmente sospesa non può costituire titolo per la revoca della sospensione condizionale concessa con una precedente sentenza di condanna, operando la disposizione dell’art. 168, comma 1, c.p., fatte salve alcuni casi eccezionali.

Lo afferma la Corte di Cassazione con sentenza n. 15535/20, depositata il 20 maggio. Il Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, accogliendo la richiesta del PM, revocava la sospensione condizionale della pena concessa all’imputato con due distinte sentenze, sostenendo che era intervenuta una terza condanna irrevocabile. L’interessato, tramite difensore, propone ricorso in Cassazione, chiedendo l’annullamento della decisione impugnata per erronea applicazione dell’art. 168 c.p. in particolare sostiene che la richiesta di revoca del beneficio accordato con la prima sentenza avrebbe dovuto essere respinta per difetto dei presupposti di legge, essendo la terza condanna intervenuta per fatto commesso oltre i 5 anni dal passaggio in giudicato della prima decisione. Sul tema i Supremi Giudici affermano che una condanna a pena detentiva condizionalmente sospesa non può costituire titolo per la revoca della sospensione condizionale concessa con una precedente sentenza di condanna , operando la disposizione dell’art. 168, comma 1, c.p., il quale fa salva la previsione di cui all’art. 164, ultimo comma, c.p., salvo, naturalmente, il caso in cui la seconda sospensione della pena venga ad essere anch’essa assoggettata a revoca per effetto di una condanna successiva. In questo caso, infatti, la seconda condanna può costituire condizione per la revoca della sospensione condizionale accordata con la prima condanna. Alla luce di tale principio, il ricorso viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 12 novembre 2019 – 20 maggio 2020, n. 15535 Presidente Tardio – Relatore Saraceno Ritenuto in fatto 1. Con la decisione in epigrafe il Tribunale di Roma, in funzione di giudice dell’esecuzione, accogliendo la richiesta del Pubblico ministero, revocava la sospensione condizionale della pena concessa a P.M. con le sentenze - in data 21 ottobre 2006 del Tribunale di Roma, irrevocabile il 16 novembre 2006, di condanna alla pena di anni uno mesi due di reclusione, oltre alla multa, per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commesso il omissis - in data 27 marzo 2012 del Tribunale di Roma, irrevocabile il 17 aprile 2012, di condanna alla pena di mesi quattro di reclusione per i reati di cui agli artt. 341-bis e 651 c.p., commessi il omissis . A ragione, osservava che era intervenuta una terza condanna in data 19 settembre 2016, irrevocabile il 19 ottobre 2016, all’ulteriore pena di mesi quattro di reclusione per i reati di resistenza e di lesioni commessi il omissis e, quindi, nei cinque anni dal passaggio in giudicato della seconda sentenza tanto comportava anche la revoca della sospensione condizionale della pena concessa con la prima sentenza, in quanto il beneficio è riconosciuto sulla scorta di un giudizio prognostico favorevole che costituisce un unicum valutativo, insuscettibile di frazionamento, sicché la commissione di un ulteriore delitto nell’ultimo quinquennio non può che comportare la revoca integrale dei benefici in precedenza accordati. 2. Avverso l’indicato provvedimento ha proposto ricorso l’interessato a mezzo del difensore, chiedendone l’annullamento per erronea applicazione dell’art. 168 c.p Assume che la richiesta di revoca del beneficio accordato con la prima sentenza avrebbe dovuto essere respinta per difetto dei presupposti di legge, essendo la terza condanna intervenuta per fatto commesso oltre il quinquennio dal passaggio in giudicato della prima decisione. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito esposte. 2. È costantemente affermato da questa Corte il principio secondo cui la regola che la condanna a pena condizionalmente sospesa non può dar luogo alla revoca della sospensione condizionale concessa con una condanna precedente in tanto vale in quanto la seconda sospensione non venga ad essere anch’essa soggetta a revoca per effetto di una condanna successiva, non potendosi, in siffatta ipotesi, neppure invocare il disposto di cui all’art. 164 c.p., u.c., seconda parte, espressamente fatto salvo dall’art. 168 c.p., comma 1, dal momento che esso si basa sul presupposto che vi siano state due condanne, e due sole, entrambe a pena sospesa presupposto che viene necessariamente meno, con ogni consequenziale effetto, quando una delle sospensioni debba essere ex lege revocata tra le molte Sez. 1, n. 14018 del 21/03/2007, Campanaro, Rv. 236379 Sez. 1, Sentenza n. 34934 del 06/03/2012, Lettiero Rv. 253438 Sez. 1, n. 21300 del 13/07/2016, dep. 2017, Lopalco, Rv. 270576 . 3. Il ricorrente invoca, a sostegno del lamentato errore di diritto in cui sarebbe incorso il Tribunale, un orientamento minoritario Sez. 1, n. 44985 del 13/05/2014, Vadalà, Rv. 261127 in termini Sez. 1, n. 3416 del 10/11/2000, Lo Faro, Rv. 218445 che, pur mostrando condivisione al superiore principio, ha ritenuto tuttavia di integrarlo nel senso che il fatto oggetto della condanna successiva cioè, della terza condanna , che ha provocato la revoca della sospensione concessa con le due condanne precedenti, debba essere commesso, per determinare la revoca anche della prima delle predette due condanne, nel quinquennio dal passaggio in giudicato di quest’ultima Rv. 261127 , apparendo la soluzione prospettata maggiormente aderente alla lettera ed alla ratio delle norme che disciplinano la sospensione condizionale della pena, in quanto consente di escludere la grave ricaduta della perdita di un beneficio legittimamente concesso in ragione di un episodio delittuoso accaduto a distanza di oltre cinque anni, ovvero oltre il tempo dell’ esperimento fissato dalla legge. 4. Osserva il Collegio che l’orientamento maggioritario, cui va data continuità, appare più aderente alla disciplina dettata dall’art. 168 c.p. in tema di revoca del beneficio. La norma impone la revoca di diritto a fronte della ricorrenza delle condizioni ivi previste, facendo salva l’ipotesi che ricorra quanto previsto dall’art. 164 c.p., il quale all’u.c. ammette la possibilità che la sospensione condizionale sia concessa una seconda volta dopo una prima condanna quando le pene, separatamente inflitte e poi cumulate, non superino il limite di due anni di reclusione. Tanto comporta che il successivo reato, pur commesso nel quinquennio decorrente dall’irrevocabilità della prima sentenza di condanna a pena sospesa, non assume rilievo quale causa di revoca del beneficio se il giudice ritenga di dover sospendere l’esecuzione della relativa pena in tal senso milita la clausola di riserva contenuta nella parte iniziale dell’art. 168 c.p., comma 1, che riguarda per l’appunto l’ipotesi in cui a venire in considerazione quale possibile causa di revoca sia soltanto una seconda condanna a pena condizionalmente sospesa, non già un’altra ancora. La ratio del limite alla revoca del beneficio è evidente la concessione della seconda sospensione condizionale è frutto di una prognosi favorevole sul futuro comportamento dell’imputato sarebbe, pertanto, del tutto illogico concedere la sospensione condizionale della pena inflitta con la seconda condanna, ove tale seconda condanna producesse ex se l’effetto di determinare l’esecuzione della precedente condanna con la revoca di diritto del beneficio, logicamente coordinata alla constatazione ex lege che il condannato non meritava la fiducia accordatagli con il primo beneficio. Altro è però il caso in cui il secondo beneficio, legittimamente concesso ai sensi dell’art. 164 c.p., sia revocato per la sopravvenienza di una terza condanna in siffatta ipotesi, infatti, non essendo più operativa la riserva di cui all’art. 168 c.p., comma 1, prima parte, la seconda condanna a pena detentiva per delitto, rientrante nel quinquennio di esperimento fissato dalla prima, costituisce a sua volta condizione di revoca di diritto della sospensione condizionale con essa accordata, non essendovi ragioni per discostarsi dalla disciplina contemplata dall’art. 168 c.p. e dalla funzione general-preventiva dell’istituto, volta ad indurre il condannato a non reiterare comportamenti criminosi, attraverso la dinamica del premio estinzione del reato e della punizione esecuzione della pena a seguito della revoca Rv. 270576 citata . 5. Va, quindi, riaffermato il principio di diritto secondo cui una condanna a pena detentiva condizionalmente sospesa non può costituire titolo per la revoca della sospensione condizionale concessa con una precedente sentenza di condanna, operando il disposto dell’art. 168 c.p., comma 1, che fa salva la previsione dell’art. 164 c.p., u.c., salvo, naturalmente, l’ulteriore caso in cui la seconda sospensione della pena venga ad essere anch’essa assoggettata a revoca per effetto di una condanna successiva in tal caso, infatti, la seconda condanna può costituire condizione per la revoca della sospensione condizionale accordata con la prima condanna, ricorrendone le condizioni di legge. 6. Di tali principi, al di là delle argomentazioni concretamente spese a sostegno della decisione, il Tribunale ha fatto corretta applicazione. In base alla sequenza cronologica delle sentenze risulta, infatti, che dopo la sospensione condizionale dell’esecuzione della pena concessa con la seconda sentenza, irrevocabile il 17 aprile 2012, è intervenuta la terza condanna per fatti commessi il omissis , dunque nei cinque anni dalla sua definitività, che ha determinato la revoca di diritto del beneficio. La seconda condanna a pena detentiva non più sospesa poteva e doveva a sua volta costituire condizione per la revoca del beneficio concesso con la prima sentenza, irrevocabile il 16 novembre 2006, ai sensi dell’art. 168 c.p., comma 1, n. 1, riguardando reati commessi il OMISSIS nei cinque anni dal passaggio in giudicato di detta prima decisione beneficio, dunque, di cui il ricorrente non poteva continuare a fruire, non potendo più godere di analogo beneficio in relazione alla seconda condanna. 7. Alla luce di quanto premesso il ricorso va rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.