Rientro in carcere per il detenuto malato in 41-bis

Va revocata la detenzione domiciliare in luogo del differimento della pena, non sussistendo più i presupposti per il mantenimento dell’eccezionale regime di esecuzione penale, considerato che la detenzione domiciliare è stata concessa in ragione delle patologie del detenuto, anche in ragione dell’emergenza sanitaria per covid-19, tenuto conto che, ai sensi dell’art. 2 d.l. n. 29/2020, è pervenuta nota del DAP sulla disponibilità ad associare il detenuto alla Casa circondariale di Livorno, sede dotata di ampia offerta specialistica Ufficio di Sorveglianza di Siena, decreto 12 maggio 2020, n. 674

Il provvedimento in questione, emesso ieri dal Magistrato di sorveglianza di Siena, di revoca della disposta detenzione domiciliare per motivi di salute, con rientro in carcere del detenuto, rappresenta verosimilmente la prima applicazione del neo decreto legge 10 maggio 2020, n. 29 v. Ennesimo d.l. per monitorare” le scarcerazioni legate all’emergenza coronavirus di imputati e condannati che – com’è noto – ha previsto che qualora alcune categorie di condannati tra i quali rientrano, come nel caso di specie, quelli sottoposti al carcere duro ex art. 41- bis ord. penit. , abbiano avuto concessa la detenzione domiciliare o usufruiscono del differimento della pena per motivi connessi all’emergenza sanitaria da covid-19, il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza che ha adottato il provvedimento, acquisito il parere del Procuratore distrettuale antimafia del luogo in cui è stato commesso il reato e del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo per i condannati ed internati già sottoposti al regime di cui al predetto articolo 41- bis , valuta la permanenza dei motivi legati all’emergenza sanitaria entro il termine di quindici giorni dall’adozione del provvedimento e, successivamente, con cadenza mensile. La valutazione è effettuata immediatamente, anche prima della decorrenza dei termini sopra indicati, nel caso in cui il DAP comunica la disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta adeguati alle condizioni di salute del detenuto o dell’internato ammesso alla detenzione domiciliare o ad usufruire del differimento della pena . Iter procedurale. Proprio in virtù della novella legislativa, il DAP l’11 maggio 2020 ha comunicato la disponibilità ad associare il detenuto come detto sottoposto al regime detentivo del 41-bis alla Casa circondariale di Livorno, sede dotata di ampia offerta specialistica, anche avvalendosi se del caso di strutture sanitarie del territorio. Preso atto di tale di tale rinvenuta disponibilità, il magistrato di sorveglianza di Siena, rilevato che la detenzione domiciliare in luogo del differimento della pena era stata concessa in ragione della pluralità di patologie del detenuto affetto da esiti di infarto del miocardio e cardiopatia ipertensiva , anche in ragione dell’emergenza sanitaria per covid-19 per cui trattasi di soggetto ad elevato rischio in caso di infezione , disponeva la revoca, sia per il reperimento della struttura in cui apportate i dovuti trattamenti, ed anche tenuto conto della fase di relativa rimessione della diffusione dell’epidemia, con riduzione del numero di nuovi contagi e di nuove infezioni . La decisione dell’Ufficio di Sorveglianza senese prendo atto del mutato quadro normativo sul costante monitoraggio entro quindi giorni dal provvedimento di scarcerazione e, successivamente, con cadenza mensile e dell’abbassamento dei rischio da contagio da coronavirus. Il diritto vivente. Senza entrare in dettaglio nella singola vicenda della quale si non conoscono, se non nei pochi passaggi indicati per relationem nell’odierno decreto , in termini generali preme rilevare un equivoco di fondo, a parere di chi scrive, che si sta innestando nell’esegesi del quadro sistemico di riferimento, vale a dire quello delle norme – art. 147, comma 2, n. 1 c.p. e 47- ter, commi 1- ter e 1- quater ord. penit. – così come interpretati nel diritto vivente dalla Suprema Corte di cassazione, anche alla luce della giurisprudenza della Corte EDU. Il punto di partenza è quello per il quale, Ai fini dell’accoglimento di un’istanza di differimento facoltativo dell’esecuzione della pena detentiva per gravi motivi di salute, ai sensi dell’art. 147, comma 1, n. 2, c.p., non è necessaria un’incompatibilità assoluta tra la patologia e lo stato di detenzione, ma occorre pur sempre che l’infermità o la malattia siano tali da comportare un serio pericolo di vita, o da non poter assicurare la prestazione di adeguate cure mediche in ambito carcerario, o, ancora, da causare al detenuto sofferenze aggiuntive ed eccessive, in spregio del diritto alla salute e del senso di umanità al quale deve essere improntato il trattamento penitenziario Cass. pen., Sez. I, n. 27352/2019 . Se l’incompatibilità è assoluta si aprono le porte del carcere anche se le cure possono essere eseguite in presidi di cura . La scorciatoia esegetica che rischia impropriamente di passare è quella per cui se vi è una struttura ospedaliera in cui curare il detenuto malato allora quest’ultimo può restare in carcere. Non è così. Sembra chiaro che il primo step interpretativo, per bocca della Cassazione, è quello per cui occorre compiere una valutazione della compatibilità delle condizioni di salute con lo status detentionis . Se vi è una incompatibilità assoluta” – e si quindi in presenza di una grave infermità fisica, ai sensi dell’art. 147 c.p. – il corretto bilanciamento tra il diritto di salute del condannato e la tutela delle esigenze di sicurezza pubblica è stato composta a monte” dal legislatore si impone la fuoriuscita dal carcere del detenuto, a prescindere dall’esistenza o meno di idonee strutture sanitarie intramurarie non c’è spazio per tale valutazione , dovendosi applicare la detenzione domiciliare, in luogo del differimento della pena, qualora residuino margini ampi di tutela della collettività. Altrimenti si sconfina dai binari della legalità costituzionale e convenzionale. Pertanto, in caso di incompatibilità assoluta del regime carcerazione con il quadro clinico del detenuto, l’eventuale permanenza in carcere motivata dalla possibilità di ricorrere a cure, anche esterne al carcere, fa travalicare la pene in trattamenti inumani e degradanti in contrasto con l’art. 27, comma 3, Cost. e art. 3 CEDU, perché supera il livello di afflittività massimo sopportabile. La Corte EDU, infatti nel dettare i parametri dai quali evincere quel livello minimo di gravità dei trattamenti inumani o degradanti, per rientrare nel campo di applicazione dell'art. 3 CEDU, ha individuato l'età e lo stato di salute del recluso Corte Edu, Sez. IV, sentenza 1 settembre 2015, n. 20034 . I giudici europei hanno aggiunto come la circostanza che un detenuto soffra di gravi e molteplici patologie, attestate da un'adeguata documentazione medica sottoposta alle autorità competenti comporta che la detenzione in carcere è incompatibile con il suo stato di salute. Il mantenimento dello stato detentivo comporta, in presenza di uno stato di salute precario, un trattamento disumano e degradante Corte, Edu, Sez. II, sentenza 11 febbraio 2014, n. 7509 . Se l’incompatibilità è relativa” si valuta la possibilità di permanenza in carcere con cure anche esterne. Solo se la valutazione di incompatibilità non è assoluta, ma relativa, entra in gioco” nell’eventuale secondo step nel valutare se far restare in carcere o meno il detenuto, la possibilità di ricevere i trattamenti in presidi sanitari. Suprema Corte è chiarissima In tema di detenzione domiciliare, ai fini della concessione del rinvio dell'esecuzione della pena detentiva per grave infermità fisica, il giudice deve valutare se le condizioni di salute del condannato siano, o non, compatibili con le finalità rieducative della pena stessa, e con le possibilità concrete di reinserimento sociale conseguenti alla rieducazione. Dovrà, quindi, disporre il differimento dell'esecuzione qualora, tenuto conto dell'infermità e di un'eventuale prognosi infausta quoad vitam a breve scadenza, l'espiazione appaia contraria al senso di umanità per le eccessive sofferenze da essa derivanti o priva di significato rieducativo. Altrimenti, ove le condizioni di salute, pur particolarmente gravi, non presentino tali caratteristiche di sofferenza o di prognosi infausta, ma richiedano comunque i contatti con i presidi sanitari, e residui un margine di pericolosità sociale che, nel bilanciamento tra le esigenze del condannato e quelle della difesa sociale, faccia ritenere necessario un minimo controllo da parte dello Stato, può essere disposta, in luogo del differimento della pena e per un periodo predeterminato e prorogabile, la detenzione domiciliare ai sensi dell'art. 47 ter, comma 1 ter, ord. penit., che espressamente prescinde dalla durata della pena da espiare e non ne sospende l'esecuzione Cass. pen., Sez. I, n. 4284/2015 . L’emergenza sanitaria quale quid pluris dell’eventuale valutazione di incompatibilità. Le ragioni legate al rischio da contagio da covid-19 rappresentavano un quid pluris nel piatto della bilancia della valutazione di compatibilità o meno che può entrare in gioco solo qualora si riporti il tutto in un ottica di incompatibilità relativa”. Nel senso che sono state proprio le esigenza di tutela dal rischio epidemico a far travalicare originariamente in assoluta” tale valutazione e a consentire la fuori uscita dal carcere e, una volta cessate queste, il quadro clinico rientri nei binari della incompatibilità relativa. Che fa sbilanciare o meno verso l’incompatibilità assoluta? Occorre quindi pesare” quando abbiano influito nella concessione della detenzione domiciliare il rischio coronavirus o se già le condizioni di salute del detenuto erano talmente gravi da parsi in situazione di incompatibilità assoluta” a prescindere dall’emergenza sanitaria. In ogni caso, pare dubbio che in arco di tempo così ristretto possa cambiare la valutazione del rischio da contagio, soprattutto in questa fase dove invece, la maggiore libertà di movimento, saggerà solo in seguito se vi sarà come non ci si augura un nuovo rialzo della curva dei contagi con ampliamento del rischio che il coronavirus possa varcare di più le soglie del carcere e dei relativi rischi per i soggetti in carcere che presentano critiche condizioni di salute. Applicazione di legge penale più sfavorevole? Altro problematica si pone con riferimento alla intervenuta revoca della detenzione domiciliare e ritorno in carcere sulla base della normativa sopravvenuta in peius prevista dall’art. 2 del d.l. n. 29/2020. Viene violato in questi casi il principio di legalità per mancata applicazione, nel fenomeno successorio, della lex mitior vigente al momento della concessione della misura altenativa? Com’è noto, nella storica e recente sentenza n. 32 del 2020 la Corte Costituzionale ha rilevato che la regola per la quale le pene devono essere eseguite in base alla legge in vigore al momento dell’esecuzione, e non in base a quella in vigore al tempo della commissione del reato, deve però soffrire un’eccezione allorché la normativa sopravvenuta non comporti mere modifiche delle modalità esecutive della pena prevista dalla legge al momento del reato, bensì una trasformazione della pena, e della sua concreta incidenza sulla libertà personale del condannato . Perché le misure alternative incidono sulla qualità” della pena. Quanto alle misure alternative e alla detenzione domiciliare nelle sue varie forme si tratta di misure di natura sostanziale che incidono sulla qualità e quantità della pena, e che per ciò stesso modificano il grado di privazione della libertà personale imposto al detenuto sentenza n. 349 del 1993 , finendo anzi per costituire delle vere e proprie pene alternative alla detenzione ordinanza n. 327 del 1989 disposte dal Tribunale di Sorveglianza, e caratterizzate non solo da una portata limitativa della libertà personale del condannato assai più contenuta, ma anche da un’accentuata vocazione rieducativa, che si esplica in forme del tutto diverse rispetto a quella che pure connota la pena detentiva . Differenza anche tra il dentro e il fuori dal carcere”? È per questa ragione che in tali casi vige il divieto di applicazione retroattiva delle leggi che aggravano il trattamento sanzionatorio previsto per il reato, perché tra il fuori e il dentro la differenza è radicale . Com’è stato ben osservato, pur con i dovuti distinguo non ci pare che la modifica normativa introdotta sfugga ai profili di incostituzionalità, giacché la pretesa di render più stringenti e ricorrenti i presupposti di mantenimento della misura concessa costituisce una modifica contrastante coi parametri già devoluti al vaglio del Giudice delle Leggi Massari-Passione . Clicca qui per consultare la sezione dedicata al decreto Coronavirus

Ufficio di Sorveglianza di Siena, decreto 12 maggio 2020, n. 674 Magistrato di Sorveglianza Venturini S.A., nato a omissis il omissis , già detenuto presso la Casa di Reclusione di San Gimignano – con fine pena omissis , in esecuzione della pena di cui al provvedimento di cumulo del 06-06-2018 della Procura Generale di Palermo omissis – fine pena omissis ammesso in via provvisoria alla detenzione domiciliare in luogo del differimento della pena in omissis , rilevato che il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria con note dell’11-0-20 pervenuta in data odierna, comunica che, tenuto conto dell’art. 2, comma 1, del decreto-legge 29/20, vi è la disponibilità ad associare il detenuto alla Casa Circondariale di omissis , sede dotata di ampia offerta specialistica, anche avvalendosi se del caso delle strutture sanitarie del territorio considerato che la detenzione domiciliare è stata concessa in ragione delle patologie del detenuto, affetto da esiti di infarto al miocardio e cardiopatia ipertensiva, anche in ragione dell’emergenza sanitaria per COVID-19, per cui lo stesso, per età e concomitanti patologie, è soggetto a particolare rischio in caso di infezione e tenuto conto però che attualmente si assiste ad una fase di relativa remissione della diffusione dell’epidemia, con riduzione del numero dei nuovi contagi e delle infezioni ritenuto pertanto che il decreto emesso in data 06-04-2020 debba essere revocato, non sussistendo più i presupposti per il mantenimento dell’eccezionale regime di esecuzione penale P.Q.M. Visto l’art. 2 d.l. 10 maggio 2020, n. 29 REVOCA L’ammissione alla detenzione domiciliare in lugo del differimento della pena art. 47-ter, comma 1-ter e quater, o.p. – 147 c.p. , disposta nei confronti di S.A.