Brevi periodi in cella con uno spazio inferiore ai 3 metri quadrati, nessun indennizzo

Respinta la richiesta avanzata da un detenuto. Decisiva la constatazione che il sacrificio sopportato per brevi periodi è stato compensato dal numero di ore quotidiane da poter trascorrere fuori dalla cella e da corsi scolastici, opportunità di lavoro, accesso in biblioteca e uso del campo sportivo.

Brevi periodi di tempo trascorsi in cella con uno spazio a disposizione inferiore ai 3 metri quadrati non sono sufficienti per consentire al detenuto di ottenere un ristoro economico. E questa valutazione non può essere messa in discussione neanche dall’accoglimento della identica richiesta presentata da un compagno di cella. Irrilevante, infine, il richiamo alle precarie condizioni della struttura, testimoniate, ad esempio, dalla presenza di muffa Cassazione, sentenza n. 14163/20, sez. I Penale, depositata l’8 maggio . Risposta negativa, innanzitutto, dal Tribunale di sorveglianza, che ha respinto il reclamo presentato da un detenuto e mirato ad ottenere rimedi risarcitori per le condizioni di detenzione patite per quattro anni in due differenti case circondariali. In particolare è stato evidenziato che il detenuto ha di solito avuto a disposizione uno spazio individuale nella cella superiore a 3 metri quadrati – superficie calcolata escludendo il bagno e includendo gli arredi –, mentre in una struttura penitenziaria lo spazio a sua disposizione è stato di poco inferiore ai 3 metri quadri – 2,9 metri quadri, per la precisione – ma per brevi periodi e comunque questo sacrificio è stato compensato dal consistente numero di ore quotidiane da poter trascorrere fuori dalla cella e dall’offerta trattamentale di corsi scolastici, dall’opportunità di lavoro, dall’accesso in biblioteca, dalla possibilità di uso del campo sportivo e di impegno in laboratori e progetti teatrali . Infruttuoso il ricorso proposto in Cassazione dal legale del detenuto. I Giudici del ‘Palazzaccio’ osservano innanzitutto che, come affermato dal Tribunale di sorveglianza, pur computando lo spazio della cella al netto degli arredi fissi, il detenuto ebbe ad usufruire di uno spazio non inferiore , se non per brevi tratti temporali e in misura assai ridotta, a 3 metri quadrati . Questo dato è ritenuto decisivo, anche perché corroborato dalla constatazione che il detenuto ebbe modo di usufruire, durante il periodo di detenzione, di un consistente numero di ore , al giorno, da trascorrere fuori della cella e di una adeguata offerta trattamentale corsi scolastici, offerta di lavoro, accesso in biblioteca, attività sportiva, laboratori e progetti teatrali . Per quanto concerne poi le presunte carenze delle celle di detenzione , viene ribattuto che esse erano illuminate, sia naturalmente che artificialmente erano riscaldate con termosifoni si poteva fruire dei servizi igienici in modo riservato e di docce con acqua calda sei giorni a settimana . Impossibile, quindi, ipotizzare la grave inadeguatezza dei locali , essendo irrilevanti i richiami relativi a presenza di muffe nella camera di detenzione e nel bagno infiltrazioni di umidità nella cella a causa della mancanza di guarnizioni negli infissi mancanza di acqua calda nel bagno della cella . Irrilevante, infine, il fatto che i Giudici abbiano riconosciuto il rimedio risarcitorio per sovraffollamento ad un compagno di cella .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 27 aprile – 8 maggio 2020, n. 14163 Presidente Di Tommasi – Relatore Saltalucia Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di sorveglianza di Ancona ha rigettato il reclamo ex art. 35- ter ord. pen. di Pa. Ce. - detenuto in espiazione di pena con scadenza al 13 maggio 2023 - diretto ad ottenere i rimedi risarcitori per le condizioni di detenzione patite in violazione dell'art. 3 Cedu nel periodo dal 14 maggio 2014 al 7 luglio 2018 presso le Case circondariali di Palmi e di Catanzaro. 1.1. Il reclamante ha avuto a disposizione uno spazio individuale nella cella di detenzione superiore a 3 mq, alla luce dei calcoli effettuati secondo i parametri della giurisprudenza della Corte Edu, e quindi con detrazione dello spazio riservato ai bagni però, anche scomputando lo spazio destinato agli arredi che costituiscono ingombro fisso a terra e non facilmente amovibile letti e armadi lo spazio a sua disposizione non è mai stato inferiore a tre metri quadri. Un'eccezione si è verificata nel carcere di Catanzaro, ove lo spazio a sua disposizione è stato di poco inferiore ai 3 mq mq 2,9 , ma per brevi periodi in ogni caso questo sacrificio è stato compensato dal consistente numero di ore quotidiane da poter trascorrere fuori dalla cella e dall'offerta trattamentale di corsi scolastici, dall'opportunità di lavoro, dall'accesso in biblioteca, dalla possibilità di uso del campo sportivo e di impegno in laboratori e progetti-teatro. 1.2. Quanto al metodo di calcolo degli spazi di detenzione, le indicazioni della giurisprudenza sovranazionale non sono nel senso di escludere dal computo gli spazi occupati da qualsiasi arredo la Corte Edu è ferma nel sostenere che nel calcolo della soglia dei 3 mq non debba essere detratto lo spazio occupato dai mobili, senza alcuna differenza tra i tipi di mobili, fissi o meno. Quindi il principio è che va escluso dal computo lo spazio occupato dal bagno e che la rimanente superficie va calcolata al lordo degli arredi. 2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il difensore di Pa. Ce., che ha dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione. Il Tribunale di sorveglianza ha fatto proprio un criterio di calcolo dello spazio minimo vitale in contrasto con la giurisprudenza della Corte Edu e ancor più con quella della Corte di cassazione. 2.1. Il criterio di computo corretto è quello che scorpora gli spazi occupati, oltre che dal bagno, dagli arredi fissi armadietti, letti a castello, ecc. , che costituiscono un sicuro impedimento al movimento del detenuto. Il Tribunale di sorveglianza ha utilizzato un criterio non consentito, e a tal fine ha fatto ricorso a motivazioni illogiche e contraddittorie, finendo per non analizzare, o per trattare solo superficialmente, il tema dei fattori compensativi che devono sussistere quando lo spazio vitale è inferiore a 3 mq. 2.2. In ordine alle doglianze sull'assenza di idonei fattori compensativi il Tribunale non ha fornito alcuna risposta e non ha preso in considerazione quanto dedotto, ossia che il Tribunale di Reggio Calabria ha riconosciuto il rimedio risarcitorio per sovraffollamento ad un compagno di cella del ricorrente, detenuto nel carcere di Palmi nel medesimo periodo. 3. Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso non merita considerazione per le ragioni di seguito esposte. 2. Le critiche che il ricorso muove alle affermazioni dell'impugnato provvedimento circa il criterio di computo dello spazio minimo vitale all'interno delle celle di detenzione non tengono conto dell'affermazione ivi contenuta, secondo cui, pur computando lo spazio della cella al netto degli arredi fissi, il ricorrente ebbe ad usufruire di uno spazio non inferiore, se non per brevi tratti temporali e in misura assai ridotta, a 3 mq. Su questa premessa - che il ricorso non contesta se non in modo generico per mezzo dell'affermazione che per lunghi periodi fu detenuto in celle con spazio inferiore a 3 mq fl. 8 del ricorso - il Tribunale, richiamando il provvedimento del Magistrato di sorveglianza, ha precisato che il ricorrente potette usufruire, durante il periodo di detenzione, di un consistente numero di ore, al giorno, da trascorrere fuori della cella e di una adeguata offerta trattamentale corsi scolastici, offerta di lavoro, accesso in biblioteca, attività sportiva, laboratori e progetti - teatro . In ordine poi alle lamentate carenze delle celle di detenzione, il Tribunale ha dato atto di quanto attestato dal Magistrato di sorveglianza, ossia del fatto che erano illuminate, sia naturalmente che artificialmente, che erano riscaldate con termosifoni, che ivi si poteva fruire dei servizi igienici in modo riservato e di docce con acqua calda sei giorni a settimana. 3. Non coglie dunque nel segno il rilievo di ricorso che l'intero provvedimento sia stato inficiato dal riferimento ad un errato criterio di computo dello spazio minimo fl. 6 del ricorso e che, proprio in ragione dell'erroneo criterio il Tribunale abbia omesso di analizzare, o lo abbia fatto solo superficialmente, gli eventuali fattori compensativi fl. 8 del ricorso . Il Tribunale, infatti, non ha omesso di considerare la situazione dedotta sulla base del criterio di computo diverso da quello ritenuto corretto, sicché la decisione, al di là delle notazioni diffuse su quale debba essere il criterio di computo dello spazio minimo, si è conformata al principio di diritto per il quale qualora le dimensioni della camera detentiva, al netto degli arredi fissi, siano superiori a tre ma inferiori a quattro metri quadri, tra le ulteriori condizioni di fatto che, in un giudizio complessivo sulla qualità dell'offerta trattamentale, possono concorrere a determinare una lesione dei diritti fondamentali della persona, deve essere valutata anche l'eventuale grave inadeguatezza dei locali destinati allo svolgimento di attività lavorativa interna, sotto i profili di deficienze strutturali o dell'esistenza di rischi per la salute dei lavoratori, non potendosi ritenere l'esercizio dell'attività lavorativa di per sé solo un elemento positivo del trattamento - Sez. 1, n. 5835 del 15/11/2018, dep. 2019, Marsano, Rv. 274874 v., anche, Sez. 1, n. 52992 del 09/09/2016 - dep. 14/12/2016, Gallo, Rv. 268655 -. Circa l'affermata possibilità di trascorrere fuori della cella un buon numero di ore al giorno il ricorrente non ha articolato deduzioni contrarie, così come non ha contestato, con la necessaria specificità, gli assunti circa la buona illuminazione della cella, la disponibilità di acqua calda per la doccia quasi ogni giorno, la separazione del locale wc dalla cella, con possibilità di fruizione separata. Ha si ricordato di aver dedotto, con il reclamo, la presenza di muffe nella camera di detenzione e nel bagno, le infiltrazioni di umidità nella cella a causa della mancanza di guarnizioni negli infissi, nonché la mancanza di acqua calda nel bagno della cella fl. 8 del ricorso , ma non ha in tal modo contrastato le asserzioni del provvedimento impugnato circa la sostanziale complessiva adeguatezza delle celle in ragione di altri profili di indubbia importanza. 4. In ordine all'altra doglianza di ricorso - del mancato esame del fatto dedotto, ossia che il Tribunale di Reggio Calabria ha riconosciuto il rimedio risarcitorio per sovraffollamento ad un compagno di cella del carcere di Palmi per lo stesso periodo in cui fu detenuto il ricorrente - se ne apprezza la manifesta infondatezza. L'asserito contrasto con quanto valutato, per un caso simile, da altro organo giudiziario non è rivelatore di vizi della decisione in esame. 5. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile. Alla declaratoria d'inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria, equa al caso, indicata in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.