Evoluzioni giurisprudenziali sulle misure svuota carceri adottate dalla magistratura di sorveglianza

Nella seduta di venerdì 24 aprile 2020 la Camera ha approvato, in via definitiva, la legge di conversione del d.l. 18/2020 senza apportare alcuna modifica al testo licenziato dal Senato ove invece erano state apportate interpolazioni pressoché minime e di poco conto in materia .

Sappiamo che le risposte del decreto cura Italia per arginare la pandemia in corso, con misure di contenimento e prevenzione contro il rischio di diffusione del Covid-19 all’interno delle mura carcerarie, sono state assai timide e si sono concretizzate soprattutto nella previsione di una nuova figura di esecuzione domiciliare, ricalcata sul modello di quella già prevista nell’art. 1 l. 199/2010, ma che doveva essere di rapida applicazione. L’esecuzione domiciliare prevista dal cura Italia e le modifiche in sede di conversione. Tuttavia, la misura introdotta dall’art. 123 d.l. 18/2020, è di difficile applicazione in quanto, oltre ad aver ampliato il legislatore l’ombrello delle ipotesi ostative e, al contrario, non aver esteso, come invece era auspicabile, il tetto di pena a residui non superiori a 18 mesi , ha lasciato sempre ampi margini discrezionali che ne rallentano i tempi di decisione soprattutto ha ingabbiato” l’esecuzione presso l’abitazione del condannato o in altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza – per i residui di pena superiori a sei mesi – nel braccialetto elettronico, com’è noto di difficile reperimento. Tale limite di pena è stato elevato in sostanza a sette nella sostanza laddove si è aggiunto, nell’ultima parte del comma 5, la seguente precisazione Nel caso in cui la pena residua non superi di trenta giorni la pena per la quale è imposta l’applicazione delle procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, questi non sono attivati . Le prime applicazioni della nuova esecuzione domiciliare. Si registrano delle pronunce che hanno concesso la nuova misura, ma l’hanno di fatto congelata fino alla disponibilità degli strumenti di controllo a distanza. Così, Uff. Sorv. Venezia, 4 aprile 2020, ha disposto per una detenuta che la pena sia eseguita in esecuzione domiciliare ex art. 123 d.l. 18/2020, non appena sarà messo a disposizione il dispositivo di controllo elettronico, momento cui farà seguito l’ordine di esecuzione da parte della competente procura . La necessità di percorrere strade diverse. Così, la magistratura di sorveglianza si è vista costretta ad un delicato ruolo di supplenza, scavando all’interno delle norme dell’ordinamento penitenziario per individuare misure e istituti rileggendone i relativi requisiti applicativi ai quali accedere per aprire le porte del carcere ai detenuti. La vecchia” esecuzione domiciliare. La prima strada percorsa è stata quella di applicare la vecchia” esecuzione domiciliare, slegata dai nodi confezionati dal legislatore d’emergenza. Così Uff. Sorv. Spoleto, 27 marzo 2020, concede l’esecuzione domiciliare di cui art. 1 legge 199 del 2010, in quanto non si reputa misura favorevole quella della detenzione domiciliare introdotta con d.l 17 marzo 2020 n. 18, misura all’apparenza più favorevole ma di fatto di difficile immediata applicazione. Infatti, l’entità della pena residua è superiore a sei mesi di reclusione e la misura emergenziale introdotta con il decreto di urgenza prevede il controllo del detenuto domiciliare mediante l’utilizzo di sistemi elettronici. A causa della difficoltà nel reperire i mezzi elettronici di controlli o altri strumenti tecnici che dovrebbero essere resi disponibili per i singoli istituto penitenziari, di fatto tale misura non potrebbe trovare una sua immediata esecuzione, con il rischio di vanificarne la finalità. Tenuto conto della finalità che hanno ispirato la recente normativa d’urgenza ovvero quella di ridurre l’affollamento carcerario, ricorrendone i presupposti di legge è possibile in questa sede concedere la misura dell’esecuzione presso il domicilio ex l. 199 del 2010 . Applicazione provvisoria dell’affidamento in prova. Altra strada seguita dalla magistratura di sorveglianza è stata quella dell’applicazione provvisoria dell’affidamento in prova soprattutto laddove il condannato stia usufruendo, nell’ottica dell’avviato percorso rieducativo e della relativa progressione trattamentale, di finestre extramurarie come il lavoro all’esterno Uff. sorv. Milano 20 marzo 2020 , e la semilibertà. In quest’ultimo caso, Uff. Sorv. Siracusa, 16 marzo 2020, ha disposto la prosecuzione dell’esecuzione della pena in affidamento in prova provvisorio di un reo ammesso alla semilibertà nel dicembre 2019 e che ha sempre rispettato le prescrizioni imposte, dando prova di serietà ed impegno, ritenuto che il grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione nelle forme della semilibertà che prevede l’uscita diurna dal carcere ed il rientro notturno va individuato nella situazione di emergenza sanitaria in atto, attesa la concreta probabilità di diffusione del virus all’interno dell’istituto per le modalità di esecuzione della misura di cui all’art. 48 o.p. . Le stesse conclusioni vanno estese per chi ha già sperimentato in passato, o aveva in atto, permessi premio poi sospesi ai sensi dell’art. 8 d.l. 11 del 2020 . Si segnala all’uopo, Uff. Sorv. Siena, 1 aprile 2020, che ha concesso l’affidamento provvisorio a detenuto che nella carcerazione precedente aveva usufruito di permessi premio e del beneficio della legge 199/2010. L’Uff. Sorv. Padova, 31 marzo 2020, ha ritenuto sussistenti i presupposti per accedere all’affidamento provvisorio anche a detenuto alla prima carcerazione e che ha avviato un serio percorso rieducativo, tra cui si segnala il lavoro intramurario per una cooperativa. Applicazione provvisoria della detenzione domiciliare. Più sporadiche sono state le concessioni provvisorie della detenzione domiciliare ordinaria diversamente da quanto accaduto, come vedremo per quella umanitaria, legata alle condizioni di salute, largamente applicata . Uff. Sorv. Livorno, 3 aprile 2020 l’ha applicata ad un detenuto di lungo corso nella stessa struttura penitenziaria che fruisce di permessi premio dal 2013. Tutte le proiezioni esterne si sono svolte sempre in modo regolare e privo di criticità. Il detenuto è stato ammesso a svolgere attività lavorativa all’esterno in regime di art. 21 o.p. ormai da vari anni, mostrando sempre impegno e dedizione nello svolgimento delle mansioni assegnategli . Affidamento terapeutico provvisorio. L’Ufficio di Sorveglianza di Siena ordinanza 1 aprile 2020 ha applicato provvisoriamente l’affidamento in prova ad un alcooldipendente con fine pena di poco superiore ai 4 anni ma comunque inferiore al limite dei 6 anni previsto dall’art. 94 D.P.R. 309/1990 per l’affidamento in prova in casi particolari con allegato programma e valutazione di idoneità per trattamento terapeutico ambulatoriale oltre che allegata disponibilità al lavoro presso cooperativa sociale . Anche in questo caso il giudice di sorveglianza ha ravvisato urgenza nel provvedere nel particolare momento di emergenza sanitaria nazionale per accedere ad un’esecuzione penale umana . Allo stesso modo, Uff. Sorv. Mantova, 8 aprile 2020, in presenza di un programma terapeutico predisposto dal SerD, del rischio contagio da COVID-19 la necessità di avviare tempestivamente il percorso di recupero e reinserimento sociale. Differimento provvisorio della pena nelle forme della detenzione domiciliare umanitaria. Altri istituti cui si è ricorso per la rapida fuoriuscita del detenuto in tale fase emergenziale sono quelli del differimento della pena, quasi sempre accompagnato dalla detenzione domiciliare c.d. in deroga” perché non vincolata da limiti edittali in caso di grave infermità fisica, concedibile anche ai detenuti per reati ostativi ex art. 4-bis o.p. e per quelli che in passato hanno subito la revoca di misure alternative , in presenza di un quadro clinico grave anche se ritenuto dai sanitari non incompatibile con il regime detentivo alla luce anche delle indicazioni scientifiche fornite dall’OMS e dall’ISS . Si è ritenuto, in particolare, che non si possa escludere che il soggetto sia a rischio in relazione al fattore età, alle pluripatologie con particolare riguardo alle problematiche cardiache, difficoltà respiratorie e diabete, tenuto conto che ad oggi la situazione risulta aggravata significativamente dalla concomitanza del pericolo di contagio tali patologie possono considerarsi gravi con specifico riguardo all’elevato rischio di contagio attualmente in corso per COVID-19 che, contrariamente a quanto ritenuto dal Magistrato di sorveglianza, appare più elevato in ambiente carcerario ove non è possibile l’isolamento preventivo Trib. Sorv. Milano, 31 marzo 2020 idem , altre pronunce dell’Ufficio di sorveglianza di Milano, Dott.ssa Calzolari, emesse il 16, 23 e 26 marzo 2020 . L’asintomatico più pericoloso nella capacità di infettare. Sulla stessa linea, Uff. Sorv. Brescia, 3 aprile 2020, ossia che la reclusione in carcere di per se aumenta e non diminuisce il contagio, nonostante tutte le precauzioni prese che infatti resta rilevante il numero di persone che entra ed esce quotidianamente dall’istituto e che, pur sottoposto positivamente al c.d triage, potrebbe essere portatore in quel momento asintomatico del virus e per tale motivo ancora più pericoloso nella sua capacità infettante . Patologie che aprono le porte del carcere. Per altre pronunce che hanno concesso la detenzione domiciliare in surroga del differimento della pena in quanto come si legge dalla relazione sanitaria, risulta che il detenuto è affetto da diabete mellito insulinodipendente e da insufficienza renale cronica. Una eventuale infezione da COVID-19 porrebbe il paziente in una condizione di rischio per la sopravvivenza Uff. Sorv. Verona, 4 aprile 2020 o in presenza di pluripatologia di detenuto sostenuto da tempo di un assistente alla persona che lo coadiuva Uff. Sorv. Siena, 6 aprile 2020 oppure di soggetto in età avanzata, affetto da diabete mellito e ipertensione arteriosa Uff. Sorv. Siena, 27 marzo 2020 o, ancora, da esiti di infarto del miocardio e cardiopatia ipertensiva Uff. Sorv. Siena, 6 aprile 2020 vasculopatia diffusa con pregressi episodi di ischemia celebrale transitoria Uff. Sorv. Siena, 27 marzo 2020 insufficienza valvolare e ipertensione in detenuto ultraottantenne Uff. Sorv. Siena, sempre dott.ssa Venturini, 27 marzo 2020 cardiopatia ischemica post-infartuale suscettibile di aggravamento Uff. Sorv. Padova, 26 marzo 2020 obesità, OSAS di grado severo in terapia con supporto respiratorio notturno con C-PAP e diabete mellito Uff. Sorv. Livorno, 19 marzo 2020 . Detenzione domiciliare umanitaria anche per l’ergastolano gravemente malato Ha destato molto scalpore mediatico un’ordinanza dell’Ufficio di sorveglianza di L’Aquila del 26 marzo 2020 – espressione invece di corretta applicazione dei principi e che si inquadra nel solco della giurisprudenza supra citata – con cui si è disposto il differimento della pena con la detenzione domiciliare in deroga ad un condannato all’ergastolo, recluso nella casa di reclusione di Sulmona. Il grado clinico, fotografato dalla relazione sanitaria, è piuttosto grave il detenuto risulta affetto da pregressa tubercolosi polmonare, per cui in caso di infezione da SARS Covid-19, considerata la meiopragia organo derivante dalla TBC ed il coinvolgimento dell’apparato respiratorio determinato dal virus, posta essere considerato paziente ad alto rischio. In considerazione 1 della prognosi infausta quoad vita” ravvicinata 2 il soggetto, in stato di libertà può giovarsi di cure e trattamenti indispensabili non praticabili né in stato di detenzione, né mediante il ricovero in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura 3 che il condannato versa in condizioni di salute talmente gravi da far ritenere l’espiazione della pena in contrasto con il senso di umanità art. 27 Cost. . Il Magistrato di sorveglianza, ritenuto in base a quanto si legge nella relazione sanitaria, potendo derivare al condannato un pregiudizio dallo stato di detenzione, in ragione della patologia da cui è affetto e del grave e reale rischio di diffusione del COVID-19 all’interno degli istituti di pena, virus che potrebbe notevolmente aggravare il quadro clinico del condannato considerato paziente ad alto rischio che sussistano le condizioni per disporre in via provvisoria il rinvio dell’esecuzione della pena fino alla decisione del Tribunale di sorveglianza nella forma della detenzione domiciliare ex art. 47- ter comma 1- ter considerata la gravità dei delitti la cui pena è in esecuzione . e per il detenuto sottoposto al 41-bis. . Ancora maggiori riserve critiche ha provocato la recente decisione dell’Ufficio di sorveglianza di Milano, 20 aprile 2020, che ha concesso la detenzione domiciliare in deroga a un detenuto in regime di 41- bis o.p., con un fine pena inferiore ad un anno marzo 2021 tenuto conto – scrive il magistrato di sorveglianza milanese, Dott.ssa Gambitta, in ossequio al già supra indicato orientamento del suo ufficio – dell’emergenza sanitaria e del correlato rischio di contagio, indubbiamente più elevato in un ambiente ad alta densità di popolazione come il carcere . Per questo un soggetto anziano e affetto da serie patologie pregresse 78 anni, con un carcinoma ed operato più volte , anche se ancora sottoposto al carcere duro nel carcere di Milano Opera, è esposto a conseguenze particolarmente gravi . Non dunque un indiscriminato via libera per altre scarcerazioni eccellenti di boss o soggetti ritenuti particolarmente pericolosi, ma un caso singolo, ritenuto grave e a sé stante che – come ha chiarito il Presidente del Tribunale di Sorveglianza milanese, Dott.ssa Di Rosa – nulla a che vedere con la nuova normativa e emergenziale del cura Italia. Quello che preme qui è che il rischio di contagio da COVID-19 ha avuto un ruolo importante nella concessione della detenzione domiciliare umanitaria. Decisioni più forti delle polemiche politiche. Anche se l’ultima decisione ha sollevato un vespaio di polemiche – si è parlato di scarcerazione di boss della criminalità organizzata che nelle pieghe dell’emergenza trovano lo spiraglio per uscire dal carcere nonostante l’allarme dato da numerosi magistrati antimafia e delle proposte di intervenire a livello normativo attraverso il coinvolgimento della DDA e anti terrorismo in tutte le decisioni relative ad istanze di scarcerazione di condannati per reati di mafia – la magistratura di sorveglianza ha continuato nella sua coraggiosa giurisprudenza. Così Trib. Sorv. Sassari, 23 aprile 2020, ha disposto il differimento dell’esecuzione della pena per grave infermità fisica, nel regime di detenzione domiciliare, nei confronti di Pasquale Zagaria fine pena 19.7.2015 sottoposto anch’egli al 41- bis . Soffermandosi sul rischio per il detenuto di contrarre la patologia Sars-Cov-2 in forme gravi circostanza che aveva impedito in maniera assoluta ogni ipotesi di ricovero negli ospedali, dovendo la tutela del diritto alla salute del detenuto essere declinata anche in termini di prevenzione, come chiarito dall’art. 1 del decreto legislativo 22 giugno 1999, n. 230, recante disposizioni sul Riordino della medicina penitenziaria”, secondo cui i detenuti e gli internati hanno diritto, al pari dei cittadini in stato di libertà, alla erogazione delle prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione , benché il detenuto sia sottoposto a regime differenziato e dunque allocato in cella singola – si legge nel provvedimento – egli ben potrebbe essere esposto a contagio in tutti i casi di contatto con personale della polizia penitenziaria e degli staff civili che ogni giorno entrano ed escono dal carcere ed in questo senso è del tutto irrilevante, al fine della soluzione del caso di specie, accertare se ad oggi sussistano casi di contagio all’interno dell’Istituto . La nota del DAP del 21 marzo 2020 sul monitoraggio degli ultrasettantenni. Nel vespaio di polemiche è entrato anche il DAP perché con una nota del 21 marzo 2020, vista l’emergenza sanitaria in corso, si invitava gli istituti penitenziari a fornire all’autorità giudiziaria i nomi dei detenuti affetti da determinate patologie malattie croniche dell’apparato respiratorio che necessitano di continui contatti con le strutture sanitarie esterne malattie dell’apparato cardio –circolatorio diabete mellito scompensato insufficienza renale cronica malattie di organi emopoietici ed emoglobinopatie neoplasie attive o in follow up malattie da HIV malattie congenite o acquisite che comportino carente produzione di anticorpi immunosoppressione indotta da farmaci e con più di 70 anni di età. Ma il DAP in una nota ha chiarito che si è trattato di un semplice monitoraggio, quindi, con informazioni per i magistrati sul numero di detenuti in determinate condizioni di salute e di età, comprensive delle eventuali relazioni inerenti la pericolosità dei soggetti, che non ha, né mai potrebbe avere, alcun automatismo in termini di scarcerazioni . Conclusioni. Tale exurcus di pronunce della magistratura di sorveglianza testimonia una lodevole formazione di questa evoluzione giurisprudenziale” che ci si augura possa stabilizzarsi ed estendersi anche dopo che sarà cessata l'emergenza Coronavirus in quanto espressione 1 da un lato di una pena realmente rieducativa” quindi flessibile e progressiva , quindi una esecuzione della pena che tiene conto del percorso rieducativo compito dal condannato, collaudato spesso con le prime finestre extramurarie per tali ragioni tali provvedimenti, adottati in via provvisoria, vanno stabilizzati in via definitiva dai competenti tribunali di sorveglianza 2 dall’altro dipingono il volto di una pena umana”, e che pertanto considera il carcere incompatibile con soggetti che presentano patologie gravi o pluripatologie, percorrendo quel sentiero interpretativo già avviato dalla Suprema Corte per la quale ai fini dell’accoglimento di un’istanza di differimento facoltativo dell’esecuzione della pena detentiva per gravi motivi di salute, ai sensi dell’art. 147, comma 1, n. 2, c.p., non è necessaria un’incompatibilità assoluta tra la patologia e lo stato di detenzione, ma occorre pur sempre che l’infermità o la malattia siano tali da comportare un serio pericolo di vita, o da non poter assicurare la prestazione di adeguate cure mediche in ambito carcerario, o, ancora, da causare al detenuto sofferenze aggiuntive ed eccessive, in spregio del diritto alla salute e del senso di umanità al quale deve essere improntato il trattamento penitenziario Cass. pen., Sez. I, n. 27352/2019 . Clicca qui per consultare la sezione dedicata al decreto Coronavirus