Violenza fisica e sostituzione della misura cautelare: quando notificare l’istanza alla persona offesa?

Ai fini di individuare la categoria dei delitti commessi con violenza alla persona, rispetto ai quali, nell’ipotesi di richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare occorre notificare l’istanza alla persona offesa, la Suprema Corte attribuisce rilevanza alla relazione tra autore e vittima, cui consegue l’obbligo di notifica nei casi in cui la persona offesa vanti un rischio personale, candidandosi ad essere nuovamente vittima dello stesso autore dei reati per cui si procede .

Sul tema la Corte di Cassazione con sentenza n. 12800/20, depositata il 23 aprile. Il caso. Il Tribunale, in sede di appello dichiarava inammissibile l’impugnazione avverso l’ordinanza del GIP che aveva rigettato l’istanza avanzata dall’imputato, sottoposto agli arresti domiciliari in relazione ai delitti a lui ascritti, di autorizzazione a svolgere attività lavorativa dal lunedì al venerdì, per l’omessa notifica della richiesta stessa alle persone offese. La notifica alla persona offesa. Nell’individuare la categoria dei delitti commessi con violenza alla persona, rispetto ai quali , nell’ipotesi di richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare occorre notificare l’istanza cautelare alla persona offesa, la giurisprudenza di legittimità attribuisce rilevanza alla relazione tra autore e vittima, cui consegue l’obbligo di notifica ai casi in cui la persona offesa vanti un rischio personale, candidandosi ad essere nuovamente vittima dello stesso autore dei reati per cui si procede . Nel caso di specie, il Tribunale si è limitato a sottolineare che vi era stato in concreto esercizio della violenza fisica senza pero indicare quale sarebbe stato l’elevato e specifico rischio di recidiva nei confronti delle vittime non essendovi un pregresso rapporto tra le persone offese e l’imputato o indici sintomatici del pericolo di ritorsioni. Pertanto, il ricorso è accolto dalla S.C.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 13 febbraio – 23 aprile 2020, n. 12800 Presidente Cammino – Relatore Aielli Premesso in fatto 1. Con ordinanza del 19/11/2019 il Tribunale di Palermo in sede di appello, dichiarava inammissibile l’impugnazione avverso l’ordinanza del Gip del Tribunale di Palermo del 22/10/2019 che aveva rigettato l’istanza avanzata da C.G. , sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari in relazione ai delitti rapina, sequestro di persona e lesioni personali, di autorizzazione a svolgere attività lavorativa dal lunedì al venerdì dalle ore 8,00 alle ore 13,00,00 e dalle ore 15.30 alle ore 19.00, per l’omessa notifica dell’istanza stessa, alle persone offese ovvero gli autotrasportatori del TIR rapinato. Osservava il Tribunale che nel caso di specie, trattandosi di misura applicata in relazione delitti consumati o tentati manifestatisi in concreto con atti di violenza fisica o morale o psicologica in danno delle vittime del reato art. 299 c.p.p., comma 3 , occorreva, sin dall’inizio, notificare l’istanza alla persona offesa, a pena di inammissibilità. L’intervenuto provvedimento di rigetto nel merito del GIP non impediva al Tribunale di rilevare d’ufficio l’inammissibilità originaria dell’istanza che andava, dunque, dichiarata. 2. Ricorre per Cassazione C.G. , sollevando il seguente motivo di gravame vizio di motivazione e violazione di legge avendo il Tribunale assimilato l’istanza di autorizzazione allo svolgimento di attività lavorativa all’istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare inoltre il Tribunale nel dichiarare inammissibile l’istanza, avrebbe erroneamente esteso l’obbligo di notifica ex art. 299 c.p.p., comma 3, a tutti i reati commessi con violenza alla persona mentre, secondo la più recente giurisprudenza di legittimità Sez. 2 n. 17335/2019, Rv. 276953 , detto obbligo riguarderebbe solo i reati connotati da violenza alla persona ove sia ravvisabile un pregresso rapporto tra vittima e aggressore ovvero vi siano concrete possibilità di ritorsioni nei confronti della vittima. Nel caso esaminato il Tribunale non avrebbe indicato quale sarebbe l’asserito elevato e specifico rischio di recidiva nei confronti della vittima non essendovi un pregresso rapporto tra le persone offese ed il C. , limitandosi a richiamare la tipologia di reato posto in essere dall’indagato che rientrerebbe per definizione nell’alveo dei delitti commessi con violenza alla persona. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. Nell’individuare la categoria dei delitti commessi con violenza alla persona, rispetto ai quali nel caso di richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare occorre, ai sensi dell’art. 299 c.p.p., comma 3, notificare l’istanza cautelare alla p.o., la giurisprudenza di legittimità si è recentemente attestata nel senso di attribuire rilevanza alla relazione tra autore e vittima, cui consegue la limitazione dell’obbligo di notifica ai casi in cui la persona offesa vanti un rischio personale , candidandosi ad essere nuovamente vittima dello stesso autore dei reati per cui si procede. Si è così deciso che nel verificare se sussiste l’obbligo di notifica, al difensore della persona offesa o a quest’ultima, dell’istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare in atto, il giudice deve tener conto - alla luce dei canoni interpretativi emergenti dalla Direttiva 2012/29/UE - in via gradata, della tipologia della parte offesa se è parte offesa di delitti di tratta di esseri umani, di terrorismo, di criminalità organizzata, di violenza o sfruttamento sessuale, di crimini di odio o del movente del reato se si sia trattato di violenza di genere , ovvero del contesto in cui il reato è stato commesso se si sia trattato di violenza nelle relazioni strette al di fuori di tali casi, deve valutare se al delitto connotato da violenza si ricolleghi un concreto pericolo di intimidazione, ritorsioni o vittimizzazione secondaria ripetuta, tali da escludere che si tratti di un reato minore o che vi sia un debole rischio di danno per la vittima Sez. 2, n. 36167/2017, Rv. 270689 Sez. 2, n. 46996/2017, Rv. 271153 Sez. 2 17335/2019, Rv. 276953 . Si tratta di un’ interpretazione che collega l’obbligo di notifica a quella parte della Direttiva 29/2012WE che è specificamente diretta a individuare misure minime di protezione nei confronti delle vittime con caratteristiche di vulnerabilità individuate negli artt. 22 e ss. dell’atto di indirizzo e che valorizza il pericolo di recidive nei confronti della stessa vittima. Tale orientamento si propone di superare la giurisprudenza secondo cui la nozione di delitti commessi con violenza alla persona , di cui all’art. 299 c.p.p., comma 2 bis, per i quali sussiste l’obbligo di notifica, al difensore della persona offesa o a quest’ultima, dell’istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare in atto, include tutti quei delitti, consumati o tentati, che si sono manifestati in concreto con atti di violenza fisica, ovvero morale o psicologica, in danno della vittima del reato fattispecie in tema di estorsione posta in essere con minaccia Sez. 2, n. 30302/2016, Rv. 267718 , poiché, con riferimento ai procedimenti cautelari, diversamente da quanto affermato in tema di identificazione dei delitti violenti che generano l’obbligo di notifica della richiesta di archiviazione, Sez. 2 n. 4706 del 26 settembre 2018, non mass. , occorre bilanciare i diritti della vittima con quelli dell’accusato, essendo necessario contemperare il diritto dell’indagato ad una rapida definizione dell’incidente cautelare con quello dell’offeso a fornire il proprio contributo in ordine alle decisioni sulla libertà, sicché per la delimitazione dell’obbligo di notifica previsto dall’art. 299 c.p.p., occorre avere riguardo al rischio di recidiva personale . È tale rischio che genera il diritto della vittima a partecipare al procedimento incidentale sulla libertà ed a rappresentare le proprie ragioni attraverso il deposito di memorie. Ed è allora la tutela del diritto della vittima a partecipare al procedimento che si conclude con decisioni rilevanti per la propria incolumità, che giustifica l’allungamento dei tempi per la decisione sulla cautela. Nel caso di specie il Tribunale della Libertà di Palermo non risulta aver tenuto conto dei sopra richiamati canoni interpretativi in ordine alla determinazione dell’ambito di applicazione dell’art. 299 bis c.p.p., comma 2, limitandosi a sottolineare che in concreto vi era stato esercizio della violenza fisica senza indicare quale sarebbe l’asserito elevato e specifico rischio di recidiva nei confronti delle vittime non essendovi un pregresso rapporto tra le persone offese ed il C. o indici sintomatici del pericolo di ritorsioni. Va poi detto che nel caso in esame ci si trova di fronte ad una richiesta di autorizzazione allo svolgimento di attività lavorativa per cui l’obbligo di notifica alla p.o. si deve ritenere meno stringente trattandosi di provvedimento che non decide sulla libertà personale ma si limita a regolare le modalità di esecuzione della misura cautelare in atto Sez. 2, Sentenza n. 27020/2011, Rv. 250885 . Da quanto premesso discende l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Palermo Sezione per il riesame delle misure coercitive . P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame, con integrale trasmissione degli atti, al Tribunale di Palermo Sezione per il riesame delle misure coercitive .