Evade e scappa in Olanda. Il latitante pentito che voleva impugnare…

L’applicazione dell’art. 175, comma 2, c.p.p. è possibile ove sussista una mancata conoscenza del procedimento con mancata volontaria rinuncia a comparire, oppure una mancata conoscenza del provvedimento con mancata volontaria rinuncia ad impugnare.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con sentenza n. 12192/20, depositata il 15 aprile. Il caso. La Corte territoriale competente respingeva l’istanza con cui un condannato richiedeva la restituzione in termini, ex art. 175, comma 2, c.p.p., per l’impugnazione della sentenza. Lo stesso era stato, infatti, raggiunto da pronuncia di colpevolezza per furto pluriaggravato, in contumacia, dopo essere evaso dagli arresti domiciliari ed essersi rifugiato in Olanda. Il decreto di citazione a giudizio era stato notificato a mani della moglie, convivente, e del difensore di fiducia. L’interessato ricorreva per Cassazione, lamentando violazione della sopra citata norma e sostenendo di aver avuto conoscenza del provvedimento, ma non dell’accusa avanzata nei suoi confronti. L’interessato era a conoscenza del procedimento e vi si è volontariamente sottratto. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso. Gli Ermellini hanno sottolineato, preliminarmente, come il condannato fosse a conoscenza del procedimento, essendo stato interrogato dal pm, sottoposto a misure cautelari e avendo ricevuto notifica dell’atto contenente il capo d’imputazione. Inoltre, i Giudici del Palazzaccio, hanno ricordato che, ai sensi dell’art. 175, co. 2, c.p.p., in caso di sentenza contumaciale, l’imputato è restituito nei termini per l’impugnazione, salvo che abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento e abbia rinunciato a comparire o a proporre eccezione . La Corte ha affermato di aderire all’orientamento per cui la restituzione in termini è possibile ove sussista una mancata conoscenza del procedimento con mancata volontaria rinuncia a comparire, oppure una mancata conoscenza del provvedimento con mancata volontaria rinuncia ad impugnare. Ne deriva che, per il rigetto, sia sufficiente anche soltanto una delle due circostanze di cui sopra. Gli Ermellini hanno, poi, ricordato come la novella di cui all’art. 175, co. 2, c.p.p. derivi da una spinta della Corte UE per porre rimedio ad un difetto strutturale dell’ordinamento italiano, in favore di colui che, a fronte di una presunzione legale di conoscenza, non possa ritenersi aver volontariamente rinunciato a comparire. Il Collegio ha chiosato affermando che, per sostenere la mancata conoscenza dell’atto, sia necessario illustrare le ragioni per vincere la presunzione che il difensore, in ottemperanza ai suoi doveri deontologici, abbia fatto pervenire gli atti al destinatario. Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 27 febbraio – 15 aprile 2020, n. 12192 Presidente Bricchetti – Relatore Cappello Ritenuto in fatto 1. La Corte d’appello di Trieste ha rigettato l’istanza con la quale era stata richiesta, nell’interesse di S.R. , la restituzione nel termine ex art. 175 c.p.p., comma 2, ai fini della proposizione dell’impugnazione avverso la sentenza del Tribunale di Pordenone, definitiva il 15/12/2012, con la quale egli era stato condannato in contumacia per furto pluriaggravato commesso nel 2010 alla pena di anni tre di reclusione ed Euro 300,00 di multa. 2. La Corte triestina, dato atto che il S. comprende la lingua italiana, è da anni residente in [], ove è stato raggiunto da un M.A.E. emesso nel procedimento di consegna attivato dalla Procura della Repubblica di Pordenone, a seguito del passaggio in giudicato del titolo sopra indicato in forza del quale è stato ristretto in quel paese dal 27 al 31 luglio 2018 ed è attualmente sottoposto all’obbligo di firma con ritiro dei documenti validi per l’espatrio , ha scandito i passaggi attraverso i quali si è articolata la vicenda processuale che fa da sfondo al presente procedimento. Il S. era stato tratto in arresto il 16 aprile 2010 in flagranza di furto e, in sede di convalida, aveva reso interrogatorio, eletto domicilio presso la propria residenza e nominato difensore di fiducia. La misura più afflittiva era stata sostituita, a seguito di richiesta proposta dal difensore fiduciario, dal Tribunale del riesame con gli arresti domiciliari in data 29 aprile 2010 e il 9 giugno successivo S. rendeva interrogatorio al P.M Il 13 agosto dello stesso anno gli era stato notificato l’avviso di conclusione delle indagini contenente l’imputazione elevata nei suoi confronti e il 20 settembre 2010 era stato emesso decreto di citazione a giudizio. Il 26 settembre successivo il S. era evaso dagli arresti domiciliari. Il decreto di citazione a giudizio per l’udienza del 16 dicembre 2010 era stato notificato il successivo 28 settembre a mani della moglie la quale dichiarava all’ufficiale giudiziario che il marito era fuggito di casa e dagli arresti domiciliari e il 22 novembre 2010 a mani del difensore di fiducia ai sensi dell’art. 293 c.p.p Il 12 ottobre 2010 era stato disposto l’aggravamento della misura e il successivo 10 novembre, visto il verbale di vane ricerche, il S. era stato dichiarato latitante. Quanto al processo, poi, le prime due udienze erano state rinviate in accoglimento di eccezione formulata dal difensore di fiducia per tardività della notificazione del decreto di citazione e all’udienza del 18 aprile 2011, presente il difensore di fiducia, era stata dichiarata la contumacia dell’imputato. Il 13 ottobre 2011 il difensore fiduciario rinunciava al mandato, dichiarando che, nell’ultimo periodo la presa di contatto con l’imputato era divenuta particolarmente gravosa e difficile, con conseguente difficoltà dell’espletamento dell’attività difensiva per mancanza di ogni confronto con l’assistito. Era stato nominato difensore d’ufficio che aveva assistito l’imputato nelle udienze successive e sino alla sentenza. 3. Avverso il provvedimento ha proposto ricorso il S. , con proprio difensore, formulando un motivo unico, con il quale ha dedotto inosservanza o erronea applicazione di legge penale o di altre norme anche processuali in riferimento alla fattispecie di cui all’art. 175 c.p.p., comma 2, ante novella di cui alla L. n. 67 del 2014. In particolare, la difesa, premesso che nella specie troverebbe applicazione il disposto dell’art. 175 c.p.p., comma 2, come modificato dalla novella del 2005 e prima della riforma di cui alla L. n. 67 del 2014 e che, pertanto, deve considerarsi il regime di maggior favore derivante dalla presunzione di mancata conoscenza della pendenza del procedimento/processo da parte del condannato contumace, ha osservato che la Corte avrebbe errato nel ritenere provata la conoscenza della condanna in capo al S. , egli avendo avuto notizia solo del procedimento e non anche dell’accusa definitivamente mossagli. Sotto altro profilo, ha osservato che l’effettiva conoscenza della sentenza non può ricavarsi dalla notifica dell’estratto al difensore di ufficio, solo il rapporto con difensore fiduciario domiciliatario autorizzando detta presunzione, contestando l’assunto secondo cui il S. si sarebbe volontariamente sottratto al processo, atteso che egli non ne ebbe effettiva conoscenza, non essendo stato posto in condizione di decidere se assistervi o meno. Infine, quanto alla notifica del decreto di citazione a mani della moglie, la difesa obietta che dalla circostanza può al più discendere una conoscibilità della citazione, ma non la conoscenza dell’accusa, ovvero dell’imputazione definitiva elevata a suo carico, in ogni caso evidenziando che l’allontanamento del S. aveva preceduto di un paio di giorni la notifica del decreto a mani della moglie, cosicché neppure detta circostanza potrebbe fondare la conclusione che il S. ebbe effettiva conoscenza dell’udienza. Quanto al difensore di fiducia, infine, la difesa rileva che costui non era mai stato domiciliatario del S. e che la sua nomina era intervenuta nelle prime battute del procedimento, essendosi il rapporto fiduciario interrotto a seguito dell’allontanamento dell’imputato. 4. Con memoria depositata il 20 febbraio 2929, la difesa del ricorrente ha dedotto in ordine alle conclusioni rassegnate dal Procuratore generale che ha contestato. Considerato in diritto 1. Il ricorso va rigettato. 2. La Corte triestina ha ritenuto che, nella specie, il S. avesse avuto specifica conoscenza del procedimento nei suoi confronti egli era stato, infatti, arrestato per tale causa, sottoposto a misure cautelari, aveva reso interrogatorio al P.M. e aveva ricevuto la notifica dell’atto che conteneva il testo dell’imputazione elevata a suo carico. Egli, inoltre, si era volontariamente sottratto al giudizio e alla conoscenza degli atti successivi, evadendo dagli arresti domiciliari ed essendo stato dichiarato latitante. Quanto alla data di celebrazione del processo, la Corte d’appello ha ritenuto che essa doveva ritenersi parimenti a conoscenza del S. , poiché la notifica del decreto di citazione era stata effettuata a mani di familiare convivente fino alla evasione, il decreto essendo stato notificato anche al difensore fiduciario, presente anche alle udienze successive alla prima. Costui, peraltro, aveva rinunciato al mandato solo dopo nove mesi dalla prima udienza e dopo la celebrazione di ben tre udienze, laddove - a giustificazione della rinuncia al mandato - era stata messa in evidenza la difficoltà e gravosità di contatti con l’assistito solo nell’ultimo periodo, il che autorizzava la conclusione per la quale, nel lungo periodo precedente, i contatti non fossero mancati. Anche l’interruzione dei contatti con il difensore fiduciario, peraltro, è stata ascritta a una volontaria determinazione del S. che, non soltanto era evaso, ma aveva reso le comunicazioni sì difficili da indurre il legale a rinunciare al proprio mandato difensivo, ancora una volta manifestando l’intenzione di sottrarsi alla conoscenza degli atti del processo, tra i quali anche quello conclusivo. 3. Il motivo è infondato. 3.1. In linea generale, deve intanto precisarsi che la richiesta di restituzione nel termine per impugnare presuppone la correttezza del procedimento che deve assicurare la conoscenza legale del provvedimento e il verificarsi di una asserita divergenza tra conoscenza legale e conoscenza effettiva della decisione, tale da aver ostacolato, nella prospettazione difensiva, la proposizione dell’impugnazione, non riconducibile ad un atto volontario del condannato cfr. in motivazione sez. 1, n. 36357 del 20/05/2016, Kadric sez. 6, n. 19219 del 2/3/2017, Cobo sez. 1, n. 57650 del 29/09/2017, Bartolelli . 3.2. Inoltre, deve pure rilevarsi che - trattandosi, nel caso di specie, di procedimento penale definito con sentenza contumaciale del Tribunale di Pordenone del 2012 - la norma applicabile è quella di cui all’art. 175 c.p.p., comma 2, come modificato dal D.L. n. 17 del 2005, convertito, con modificazioni, nella L. n. 60 del 2005, nel testo anteriore alla novella introdotta dalla L. n. 67 del 2014, a mente del quale Se è stata pronunciata sentenza contumaciale o decreto penale di condanna, l’imputato è restituito, a sua richiesta, nel termine per proporre impugnazione od opposizione, salvo che lo stesso abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento e abbia volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione od opposizione. A tale fine l’autorità giudiziaria compie ogni necessaria verifica . 3.3. Ciò posto, questa Corte ritiene di aderire all’orientamento secondo cui, ai fini della restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale aì sensi dell’art. 175 c.p.p., comma 2, nella formulazione precedente alla modifica intervenuta con L. n. 67 del 2014, è necessario che sussistano, simultaneamente, le due condizioni della mancata conoscenza del procedimento, accompagnata dalla mancata volontaria rinunzia a comparire, e della mancata conoscenza del provvedimento, accompagnata dalla mancata volontaria rinunzia ad impugnare, con la conseguenza che è legittimo il rigetto della richiesta di restituzione nel termine qualora emerga il difetto anche soltanto di una di tali condizioni cfr., sez. 1, n. 57650 del 29/09/2017, Bartolelli, Rv. 271913 sez. 2, n. 43452 del 03/07/2013, Baloc, Rv. 256822, in un caso in cui la Corte ha ritenuto corretto il rigetto dell’istanza di restituzione del termine per impugnare avanzata dall’imputato, al quale, in sede di convalida dell’arresto era stata applicata la misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria ed a cui successivamente era stato notificato l’avviso ai sensi dell’art. 415-bis c.p.p., dopo il quale si era reso irreperibile sez. 1, n. 32984 del 15/06/2010, Condello, Rv. 248008 n. 20862 del 30/3/2010, Matrone, Rv. 247403 n. 8138 del 17/02/2010, De Leo, Rv. 246126, in cui si è precisato che grava sull’autorità giudiziaria l’onere della prova sia della conoscenza del procedimento o del provvedimento da parte dell’interessato, sia della sua rinuncia volontaria a comparire e a impugnare n. 9078 del 03/02/2011, Bizzarro, Rv. 249690, in cui tale precisazione è stata specificamente agganciata al dato testuale rappresentato dall’utilizzo della congiunzione e inserita nell’art. 175 c.p.p., comma 2 . 3.4. Trattasi d’interpretazione, peraltro, che può considerarsi consolidata, alcune pronunce difformi essendo risalenti e superate dalle argomentazioni contenute nei precedenti sopra richiamati così per sez. 1 n. 7339 del 28/01/2008, Sylasan, Rv. 239137 n. 26321 del 18/05/2011, Haramliyska, Rv. 250683 . La stessa, inoltre, appare coerente con i principi di matrice convenzionale come già precisato da questa Corte, all’origine della novella che ha modificato l’art. 175 c.p.p., vi è stata proprio la necessità di rimediare a quello che la Corte di Strasburgo aveva individuato come un difetto strutturale del sistema italiano, e cioè all’assenza di un meccanismo capace di porre rimedio alla situazione di colui che, a fronte di una mera presunzione legale di conoscenza, non poteva ritenersi avesse effettivamente, consapevolmente e volontariamente, rinunciato a comparire o a richiedere un giudizio di seconda istanza, difetto al quale fu posto rimedio, per l’appunto, con il D.L. n. 17 del 2005 cfr., in motivazione, sez. 5 n. 40734 del 29/11/2006, Karabache, in cui si è operato un rinvio ai principi contenuti nella sentenza della Corte E.D.U. resa nel 2004 nella nota causa Sejdovic v. Italy . 3.5. Così ricostruito l’istituto all’esame, nella declinazione che precede la novella del 2014, deve osservarsi, quanto alla conoscenza dell’esistenza del procedimento penale a carico di un soggetto, che essa non può essere desunta dall’elezione di domicilio presso il difensore di ufficio effettuata, nell’immediatezza dell’accertamento del reato, in sede di redazione del verbale di identificazione d’iniziativa della polizia giudiziaria cfr. sez. 2 n. 9441 del 24/01/2017, Rv. 269221 , poiché l’art. 175 c.p.p., comma 2 come modificato dal D.L. n. 17 del 2005, art. 1, conv. dalla L. n. 60 del 2005 , avendo previsto una sorta di presunzione iuris tantum di mancata conoscenza da parte dell’imputato della pendenza del procedimento, ha posto a carico del giudice l’onere di reperire in atti l’esistenza di una eventuale prova positiva da cui possa desumersi la effettiva conoscenza del provvedimento di condanna, con la conseguenza che la mera regolarità formale della notifica, eseguita, ai sensi dell’art. 161 c.p.p., presso il difensore d’ufficio nominato all’imputato, non può essere considerata dimostrativa della conoscenza del giudizio o rivelatrice della volontà del destinatario di non impugnare la sentenza contumaciale o di non opporre il decreto penale di condanna cfr. sez. 2 n. 21393 del 15/04/2015, Rv. 264219 . Quanto alla conoscenza del provvedimento, invece, si è precisato che - ai fini della restituzione nel termine per impugnare - non è sufficiente la mera deduzione della mancata conoscenza dell’atto, ma è necessaria, quantomeno, l’allegazione delle ragioni in grado di vincere la presunzione per cui, in forza del dovere deontologico del difensore di far pervenire al proprio assistito gli atti a lui diretti, la ritualità della notifica comporta l’effettiva conoscenza del provvedimento notificato da parte dell’interessato cfr. sez. 2 n. 52131 del 25711/2014, Rv. 261965 sez. 6, n. 46749 del 20/11/2013, Rv. 257456 . Pertanto, le allegazioni difensive con le quali vengono prospettate situazioni fattuali che palesano incuria, negligenza o disinteresse all’esito del processo, rientrano nell’ipotesi di volontaria rinuncia a proporre impugnazione e, quindi, non consentono la rimessione in termini cfr. sez. 2, n. 52131/14 citata . 3.6. Questa Corte, peraltro, ha già precisato che, sul piano del riparto tra istante e giudice - degli oneri probatori relativi alla dimostrazione della mancata effettiva conoscenza del provvedimento, sussiste continuità normativa tra la disciplina introdotta nel 2005 e quella vigente cfr., in motivazione, sez. 5 n. 139 del 14/10/2015, dep. 2016, Rv. 265677 , quanto al contenuto dell’onere di allegazione da parte dell’istante e al correlato dovere di verifica da parte del giudice dell’esecuzione, essendosi anche affermato che il secondo non sussiste indiscriminatamente, . ma solo in quanto emergano in atti o siano dedotte situazioni tali da far ragionevolmente dubitare che, nonostante la piena ritualità della notifica, non sia stata conseguita l’effettiva conoscenza da parte del destinatario cfr. sez. 5, n. 25406 del 15/02/2013, Levacovic, Rv. 256316 . 4. Le osservazioni difensive alla stregua delle quali si è opposta la mancata conoscenza effettiva del procedimento in capo al S. non possono essere condivise. Gli elementi esposti nel provvedimento impugnato danno conto dell’accertata volontarietà del S. , cognita causa, di sottrarsi al processo evasione successiva a provvedimento contenente gli estremi della contestazione e successiva irreperibilità che ha in sostanza dato causa al processo contumaciale. Il che rende pienamente efficace la comunicazione della sentenza mediante notificazione al difensore, rimasto nel giudizio a rappresentare l’imputato e con il quale quest’ultimo aveva comunque l’onere di prendere contatto, soprattutto in presenza di una designazione fiduciaria. Sul punto, questa Corte ha già precisato, sia pure in un caso di falso nominativo dato in sede di elezione di domicilio, che la condotta fraudolenta del soggetto che si ponga volontariamente in condizione di non avere conoscenza del procedimento e del suo successivo esito è preclusiva del rimedio restitutorio cfr. sez. 2, n. 9105 del 21/02/2006, Dioum, Rv. 233514 . Pare utile un ulteriore richiamo ai principi da ultimo fissati dal Supremo Collegio di questa Corte ai fini della restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale ai sensi dell’art. 175 c.p.p., comma 2, nella formulazione antecedente alla modifica operata con L. 28 aprile 2014, n. 67, l’effettiva conoscenza del procedimento deve essere effettivamente riferita all’accusa contenuta in un provvedimento formale di vocatio in iudicium e tale non può ritenersi la conoscenza dell’accusa contenuta nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari. Tuttavia, deve tenersi fermo il principio secondo cui l’imputato non deve avere rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione oppure non deve essersi deliberatamente sottratto a tale conoscenza cfr. Sezioni Unite n. 28912 del 28/02/2019, Rv. 275716 . Nel caso in esame, il giudice ha compiutamente dato atto degli elementi, neppure contestati, dai quali ha tratto la conclusione che il S. avesse avuto effettiva conoscenza del procedimento a suo carico, in uno con l’entità delle accuse mossegli, avuto riguardo agli sviluppi della vicenda cautelare, originata da un arresto in flagranza, e alla notifica del provvedimento di cui all’art. 415-bis c.p.p., che gli ha assicurato l’effettiva conoscenza del fatto per il quale si procedeva a suo carico, delle norme di legge che si assumevano violate e della data e del luogo del fatto. Peraltro, egli è stato assistito dal medesimo difensore di fiducia, nominato sin dal suo arresto in flagranza, anche nel corso del processo, la rinuncia al mandato con nomina del difensore d’ufficio essendo avvenuta solo dopo lo svolgimento di alcune udienze, alle quali il primo aveva partecipato, espletando il mandato difensivo anche attraverso formulazione di eccezioni preliminari. Una volta dimostrata la conoscenza effettiva del procedimento in capo al S. , il quale si è reso irreperibile per evasione dagli arresti domiciliari in data successiva alla notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini e due giorni prima della notificazione del decreto di citazione a giudizio, effettuata al domicilio eletto e a mani di soggetto convivente, ed era assistito da difensore di fiducia sin dal suo arresto in flagranza, in applicazione dei principi sopra richiamati, deve concludersi nel senso che il venir meno del rapporto difensivo fiduciario nel corso del processo, a causa di un comportamento dell’imputato, denunciato dallo stesso difensore rinunciante al mandato, costituisce prova idonea della volontaria rinuncia dell’interessato a partecipare al processo e a proporre impugnazione avverso il provvedimento conclusivo di esso. Con la conseguenza che deve escludersi l’allegata inosservanza di legge, avendo i giudici del merito correttamente valorizzato, ai fini dell’esclusione del diritto azionato, la consapevole sottrazione al processo da parte del S. che ha dato luogo al processo contumaciale e alla notificazione della sentenza al difensore d’ufficio, non potendo l’interessato dolersi della mancata effettiva conoscenza della condanna che è diretta conseguenza della libera scelta di sottrarsi al procedimento penale e al contatto con l’autorità giudiziaria e che lo ha posto nella condizione di ignorare l’esito conclusivo di esso. 5. Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.