Bambina sull’altalena, la spinta è in realtà un palpeggiamento: condannato

Confermata la condanna per un signore di oltre 70 anni. Inequivocabile per i giudici il gesto da lui compiuto. A inchiodarlo anche il fatto di avere toccato una gamba della vittima, e di averla molestata nuovamente alcuni giorni dopo l’episodio verificatosi nel parco.

Inequivocabile la condotta tenuta da uomo di oltre 70 anni di età, che, in un parco, ha palpeggiato una ragazzina, di neanche 14 anni, che era impegnata sull’altalena. Non regge la tesi difensiva, secondo cui il contatto è stato frutto di una spinta maldestra a inchiodare l’uomo il complessivo approccio avuto nei confronti della giovanissima vittima Cassazione, sentenza n. 10919/20, sez. III Penale, depositata il 1° aprile . Altalena. Ricostruita la delicata vicenda, l’uomo sotto processo viene ritenuto colpevole, sia in primo che in secondo grado, e condannato per violenza sessuale, alla luce degli atti sessuali posti in essere in due specifiche occasioni nei confronti di una ragazzina di neanche 14 anni e commessi con condotte insidiosamente rapide. Il riferimento è, tra l’altro, anche a un palpeggiamento al sedere subito dalla ragazzina mentre era seduta su un’altalena in un parco. Il legale dell’anziano sotto accusa prova a ridimensionare la condotta addebitata al suo cliente, osservando innanzitutto che dato il contatto tra il seggiolino ed il sedere della bambina, non potevano essere attinte zone erogene e aggiungendo poi che da un lato è mancata l’idoneità ad incidere nella libertà di autodeterminazione della vittima, e, dall’altro, non sarebbe rinvenibile nessuna volontà di perseguire appagamento di istinti sessuali . Secondo il legale, poi, va anche fatta una riflessione sulla attendibilità del racconto fatto dalla ragazzina che è figlia di genitori separati, affidata in via esclusiva al padre, e bisognosa di un’insegnante di appoggio per i compiti . Atto sessuale . Per i Giudici della Cassazione, però, non vi sono i presupposti per mettere in discussione la condanna dell’uomo. Innanzitutto, viene evidenziato che le dichiarazioni della persona offesa, rese in diverse occasioni, e significativamente indirizzate, del tutto spontaneamente, la prima volta, alla nonna che aveva poi riferito il fatto al proprio figlio e padre della bambina , siano rimaste inalterate anche nei successivi momenti segnatamente al padre, che aveva chiesto conferma di quanto saputo dalla propria madre alla bambina, successivamente ai carabinieri, e, infine, al giudice nel corso dell’incidente probatorio , sempre restando immutato il toccamento sul sedere subito mentre ella si trovava seduta sull’altalena in un ‘parco giochi’ e il palpeggiamento dei genitali all’interno delle mutandine subito, pochi giorni dopo, sempre ad opera dell’imputato, mentre si trovava per strada, scesa dalla bicicletta per raccogliere lo zaino caduto . Correttamente, quindi, si è poggiata la riconducibilità della natura del toccamento subito dalla ragazzina sull’altalena ad un finalizzato atto sessuale, logicamente considerando sia il fatto che, subito prima, l’uomo, postosi davanti, le aveva toccato una gamba, sia le modalità dello stesso atto, tali da turbare la bambina che era subito scappata via, sia, infine, quanto avvenuto alcuni giorni dopo, allorquando l’uomo si era avvicinato alla bambina per strada e l’aveva toccata all’interno degli indumenti in mezzo alle gambe, accompagnando significativamente l’atto con parole di apprezzamento .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 10 dicembre 2019 – 1 aprile 2020, n. 10919 Presidente Lapalorcia – Relatore Andreazza Ritenuto in fatto 1. Bo. Lu. Al. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d'Appello di Brescia in data 21/02/2018 che ha riformato, quanto al solo trattamento sanzionatorio, la sentenza del G.i.p. del Tribunale di Brescia dell'11/07/2018 di condanna per il reato di cui agli artt. 609 bis cod. pen. in relazione ad atti sessuali posti in essere in due specifiche occasioni nei confronti di infraquattordicenne commessi con condotte insidiosamente rapide. 2. Con il primo motivo lamenta la nullità della sentenza per vizio di motivazione derivante dall'inosservanza o erronea applicazione della legge penale ai fini della sussunzione della condotta contestata nella fattispecie di cui all'art 609 bis cod. pen. nonché sotto il profilo della mancata risposta alle doglianze decisive specificate nei motivi di appello circa la mancanza dei requisiti oggettivo e soggettivo del reato infatti, attesa la concreta condotta tenuta dato il contatto tra il seggiolino ed il sedere della bambina non potevano essere attinte zone erogene , da un lato è mancata l'idoneità ad incidere nella libertà di autodeterminazione della vittima, e, dall'altro, nessuna volontà di perseguire l'appagamento dei propri istinti sessuali sarebbe rinvenibile nella specie. 3. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza per mancanza assoluta, contraddittorietà e illogicità manifesta della motivazione in relazione all'omessa valutazione dell'attendibilità soggettiva ed oggettiva della minore e all'omessa risposta alle doglianze decisive specificate nei motivi di gravame. La motivazione della Corte territoriale si sarebbe adagiata apoditticamente sul solo racconto della persona offesa non potendosi considerare, per evidente vizio di circolarità della prova dichiarativa, la querela sporta dal padre e sommarie informazioni rese dalla nonna. Omettendo di attribuire rilievo alla minore età della persona offesa, la Corte avrebbe poi trascurato l'onere di verificare con particolare rigore tanto la capacità a deporre della dichiarante quanto la veridicità o credibilità di quanto narrato secondo le linee guida fornite dalla Carta di Noto totalmente ignorate. In particolare sarebbe rimasta inascoltata la richiesta difensiva di acquisizione della documentazione scolastica della minore figlia di genitori separati, affidata in via esclusiva al padre, e bisognosa di un'insegnante di appoggio per i compiti né il G.i.p. si sarebbe avvalso del supporto di esperti in sede di incidente probatorio. La Corte, peraltro, non ha considerato né una serie di circostanze specifiche idonee ad influenzare e suggestionare la minore nelle dichiarazioni né i condizionamenti o le manipolazioni anche involontariamente prodotti tra i quali, per esempio, la ripetizione, da parte della persona offesa, di tali dichiarazioni per ben quattro volte a soggetti diversi dapprima alla nonna, poi al padre informato dalla nonna, successivamente ai carabinieri e, successivamente ancora, in sede di incidente probatorio . Rileva come, a fronte della possibilità che vengano a modificarsi via via la ricostruzione e la percezione che la minore attribuisce ai fatti contestati, nel tentativo palese di adeguare il ricordo del proprio precedente racconto alle aspettative di ogni interlocutore, si crei un meccanismo di suggestione che avrebbe dovuto essere considerato dai giudici. Rileva inoltre come l'aspetto del toccamento subito sia stato descritto diversamente in ogni sede dalla bambina e fondamentalmente ricondotto dalla stessa o ad una spinta mal riuscita o ad una normale spinta. Analoghe difformità sarebbero rinvenibili nelle dichiarazioni rese in diverse occasioni quanto al secondo episodio contestato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile, caratterizzandosi per l'intento di richiedere a questa Corte, in contrasto con i limiti cognitivi ad essa assegnati per legge, una rinnovata lettura degli elementi probatori diversa da quella già effettuata dai giudici di merito. La sentenza impugnata ha anzitutto posto in rilievo come le dichiarazioni della persona offesa, rese in diverse occasioni, e significativamente indirizzate, del tutto spontaneamente, la prima volta, 'alla nonna che aveva poi riferito il fatto al proprio figlio e padre della bambina , siano rimaste inalterate anche nei successivi momenti segnatamente al padre, che aveva chiesto conferma di quanto saputo dalla propria madre alla bambina, successivamente ai carabinieri, e, infine, al giudice nel corso dell'incidente probatorio , sempre restando immutato il toccamento sul sedere subito mentre ella si trovava seduta sull'altalena in un parco giochi e il palpeggiamento dei genitali all'interno delle mutandine subito, pochi giorni dopo, sempre dall'imputato, mentre si trovava per strada, scesa dalla bicicletta per raccogliere lo zaino caduto. La Corte ha poi fondato la riconducibilità della natura del toccamento subito sull'altalena ad un finalizzato atto sessuale logicamente considerando sia il fatto che, subito prima, l'uomo, postosi davanti, le aveva toccato una gamba, sia le modalità dello stesso, tali da turbare la bambina che era subito scappata via, sia, infine, quanto avvenuto alcuni giorni dopo, allorquando l'uomo si era avvicinato alla bambina per strada e, l'aveva toccata all'interno degli indumenti in mezzo alle gambe, accompagnando significativamente l'atto con parole di apprezzamento. 2. Dal canto suo il ricorrente ha fondamentalmente incentrato i propri rilievi critici, sotto un primo profilo, sulla attendibilità della persona offesa, lamentando la mancata considerazione della suggestione prodottasi per effetto delle ripetute dichiarazioni ad interlocutori diversi e la assenza di una penetrante valutazione, conseguentemente necessaria, delle stesse, anche a fronte della condizione della bambina di figlia di genitori separati, e, sotto un secondo profilo, sulla equivocità dei comportamenti subiti, che sarebbero stati descritti in maniera non sempre conforme. E tuttavia, quanto alla denunciata suggestione, la stessa viene in ricorso apoditticamente riconnessa al mero fatto della ripetizione del racconto, senza che nessun altro concreto elemento venga proposto a tal fine, così risolvendosi la censura in una mera congettura né il solo fatto che la bambina fosse figlia di genitori separati avrebbe dovuto, tanto più nessuno di essi essendo stato destinatario della prima rivelazione, imporre necessariamente l'ausilio di esperti. Quanto poi alla natura degli atti, ogni considerazione circa il loro possibile fraintendimento appare de visu improponibile alla luce dei dati oggettivi sottolineati dalla sentenza impugnata e sopra ricordati. 3. In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di denaro di Euro 2.000 in favore della casse delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000 a favore della cassa delle ammende.