Confermata la confisca del denaro rinvenuto nella casa dell’imputato condannato per spaccio

Patteggiata dinanzi al GIP la condanna. Confermata ora in Cassazione la legittimità della confisca del denaro rinvenuto nell’abitazione dell’uomo all’epoca del suo arresto. Troppo datati i prelievi in contante da lui richiamati e connessi al percepimento dell’eredità paterna.

L’eredità paterna e i – presunti – redditi personali e della consorte non possono mettere in discussione il sequestro di denaro – ben 6mila euro – connesso a una condanna per droga. A smentire la tesi proposta dall’uomo beccato in possesso di numerosi quantitativi di sostanza stupefacente è la constatazione che il corposo prelievo in contante da lui richiamato risale a due anni prima Cassazione, sentenza n. 10660/20, sez. VI Penale, depositata oggi . Droga. A chiudere il caso è il GIP del Tribunale. L’uomo sotto processo accetta, difatti, il patteggiamento e viene condannato a tre anni, cinque mesi e dieci giorni di reclusione e a 14mila euro di multa per detenzione a fini di spaccio di cocaina e marijuana. Provvedimento ulteriore, e contestato con ricorso ad hoc in Cassazione, è quello con cui viene disposta la confisca di oltre 6mila euro in contanti, denaro, questo, rinvenuto nell’abitazione dell’uomo in occasione del suo arresto. Dinanzi ai giudici del ‘Palazzaccio’ il legale sostiene la tesi che la confisca vada ritenuta illegittima. Ciò perché il suo cliente ha fatto chiarezza sulla provenienza del denaro, come attestato da adeguata documentazione attestante gli accrediti sul suo conto di importi di ben maggiore consistenza derivanti da una eredità paterna , con particolare riferimento a un primo accredito di quasi 10mila euro e a un secondo accredito di 24mila euro. Come ulteriore elemento a supporto della posizione del proprio cliente, poi, il legale pone in rilievo il dato del rinvenimento della somma all'interno di una cassaforte murata in camera da letto e della presenza di banconote dal taglio non compatibile con i proventi dello spaccio oltre cento da 50 euro e sei da 100 euro . E infine l’avvocato mette sul tavolo anche gli ulteriori introiti derivanti al suo cliente dalla attività lavorativa e da quella della moglie. Cassaforte. La visione proposta dal difensore dell’uomo condannato per droga viene però respinta dai Giudici della Cassazione, che ritengono invece legittima la confisca del denaro rinvenuto nella casa dell’uomo. Decisiva è l’assenza di prove certe sulla presunta provenienza lecita del denaro. In particolare, viene posta in rilievo l’analitica ricostruzione dei tempi e degli importi dei prelievi eseguiti in contanti dal conto corrente bancario dell’uomo circa due anni prima del rinvenimento del denaro poi confiscato . I magistrati tengono poi a sottolineare che la confisca è stata disposta non perché il denaro sia stato considerato provento dello spaccio, bensì sulla base della rilevata assenza di redditi leciti dell’uomo compatibili con la somma in contanti scoperta nella sua abitazione. A questo proposito, gli accrediti di somme di denaro sul conto richiamati dall’uomo sono stati analizzati con riguardo agli addebiti per le uscite di denaro in contante che risalgono a due anni prima dal rinvenimento del denaro nella cassaforte. In sostanza, l’importo di 6mila euro della somma di denaro in contanti rinvenuta a distanza di due anni dall’ultimo pur consistente prelievo di 10 mila euro, in considerazione delle spese verosimilmente ingenti affrontate per gli acquisti di cocaina e per le altre spese quotidiane, non è compatibile con la tesi difensiva secondo cui si sarebbe trattato della somma residua dai prelievi effettuati da detto conto , spiegano i Giudici, anche tenendo presenti le ingenti spese ricollegate all’illecita attività di acquisto e cessione di sostanze stupefacenti .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 20 febbraio – 26 marzo 2020, numero 10660 Presidente Fidelbo – Relatore Amoroso Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento in epigrafe, il Gip del Tribunale di Torino ha applicato al ricorrente D’Ag. Anumero con sentenza emessa ex articolo 444 cod. proc. penumero la pena di anni tre mesi cinque e giorni dieci di reclusione ed Euro 14 mila di multa e disposto la confisca della somma di denaro in contanti dell'importo di Euro seimila e di quanto altro in sequestro, per il reato di cui agli artt. 81 cod. penumero , 73, co. 1, D.P.R. 309/90, per la detenzione a fini di spaccio di plurimi quantitativi di sostanza stupefacente del tipo cocaina e marijuana, e per i reati detenzione illecita di arma da sparo e di munizioni fatti accertati in data 5/04/19 . 2. Tramite il proprio difensore di fiducia, D’Ag. Anumero ha proposto ricorso, articolando un unico motivo con cui si censura il vizio della motivazione per illogicità in merito alla disposta confisca di Euro 6.000,00, sequestrata al momento dell'arresto, trattandosi di denaro rispetto alla cui provenienza l'imputato ha fornito adeguata documentazione attestante gli accrediti sul suo conto di importi di ben maggiore consistenza derivanti da una eredità paterna, in particolare gli accrediti di Euro 9.936,00 del 03/03/2016 nel ricorso per errore si indica l'anno 2019 , e di Euro 24.074,00 del 27/10/16, tenuto conto del rinvenimento della somma all'interno di una cassaforte murata in camera da letto in banconote dal taglio non compatibile con i proventi dello spaccio numero 108 da 50 Euro e numero 6 da 100 Euro , e degli ulteriori introiti derivanti dalla sua attività lavorativa e da quella della propria moglie. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile per genericità del motivo proposto. Innanzitutto, si deve premettere che avverso le sentenze di patteggiamento, anche dopo la riforma introdotta dalla legge 23 giugno 2017 numero 103, entrata in vigore dal 3 agosto 2017, il ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 606 cod. proc. penumero è ammissibile anche per vizio della motivazione con riferimento alle misure di sicurezza, personali o patrimoniali, che non abbiano formato oggetto dell'accordo delle parti, atteso che i limiti di ricorribilità previsti dall'articolo 448, comma 1-bis, cod. proc. penumero riguardano solo le statuizioni che siano state concordate tra le parti sul punto è intervenuta la sentenza delle Sez. U. numero R.G. 20381/2018, ud. 26/09/2019, Savin e altri, di cui è stata pubblicata solo la notizia di decisione, in attesa del deposito della motivazione . Ciò premesso, va rilevato che il ricorrente, pur adducendo i vizi di illogicità e contraddittorietà della motivazione, ha in realtà censurato le argomentazioni del Tribunale fornendo soltanto una diversa chiave di lettura delle risultanze processuali, senza riuscire ad evidenziare concreti vizi logici della motivazione, finendo così con il sollecitare da parte di questa Corte una non consentita rivalutazione del merito in un senso ritenuto più plausibile di quello seguito nella sentenza impugnata. La motivazione del provvedimento impugnato non presenta profili di illogicità o contraddittorietà, ma fornisce una spiegazione della ritenuta non provata provenienza lecita del denaro di cui è stata disposta la confisca, coerente con l'analitica ricostruzione dei tempi e degli importi dei prelievi eseguiti in contanti dal conto corrente bancario circa due anni prima del rinvenimento del denaro caduto in sequestro e poi confiscato. Nel caso di specie, contrariamente a quanto prospettato dalla parte ricorrente, non può ravvisarsi una carenza nell'impianto logico della motivazione, perché la confisca è stata motivatamente disposta non ai sensi dell'articolo 240 cod. penumero quale provento dello spaccio, ma sulla base della rilevata assenza di redditi leciti dell'imputato compatibili con tale importo. Gli accrediti di somme di denaro sul conto, sono stati analizzati con riguardo agli addebiti per le uscite di denaro in contante che risalgono a due anni prima dal rinvenimento del denaro nella cassaforte sita nell'abitazione dell'imputato. Quindi l'importo di seimila Euro della somma di denaro in contanti rinvenuta il 05/04/2019 a distanza di due anni dall'ultimo pur consistente prelievo di 10 mila Euro, in considerazione delle spese verosimilmente ingenti affrontate per gli acquisti di cocaina e per le altre spese quotidiane, non è stato ritenuto compatibile con la tesi difensiva secondo cui si sarebbe trattato della somma residua dai prelievi effettuati da detto conto, in considerazione anche delle ingenti spese ricollegate all'illecita attività di acquisto e cessione di sostanze stupefacenti. Si tratta, quindi, di una motivazione che non presenta vizi logici manifesti e decisivi, che risulta coerente con le emergenze processuali e non risulta incrinata dalle doglianze difensive che si limitano ad invocare una diversa ricostruzione di merito, inammissibile in questa sede. 2. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell'articolo 616 cod. proc. penumero , la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene congruo determinare in duemila Euro. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende.