Giudizio abbreviato: l’estratto della sentenza non va più notificato all’imputato contumace

A seguito della riforma della disciplina sulla contumacia, l’estratto della sentenza emessa nel giudizio abbreviato non deve più essere notificato all’imputato assente ai sensi dell’art. 442, comma 3, c.p.p. e dell’art. 134 disp. att. c.p.p

Lo ha affermato la Cassazione con sentenza n. 10659/20 depositata il 26 marzo. Il caso. La Corte d’Appello dichiarava l’inammissibilità dell’appello proposto tardivamente, ossia dopo la scadenza del termine di 45 giorni dal deposito della motivazione della sentenza avvenuto entro i 90 giorni, sul rilievo dell’irrilevanza della successiva notifica della sentenza, in quanto non dovuta, dato il deposito della motivazione nel termine in essa stabilito. Avverso tale decisione, il ricorrente adisce la Cassazione deducendo che per il giudizio abbreviato il termine per impugnare decorre, nel caso di assenza dell’imputato, dalla data della notificazione della sentenza prevista e dovuta ex art. 442, comma 3, c.p.p Il dictum delle Sezioni Unite. In virtù della presenza di un contrasto giurisprudenziale sul tema, la decisione era stata rimessa alle Sezioni Unite che già avevano risolto la medesima questione con la sentenza n. 698/19 affermando il principio secondo cui a seguito della riforma della disciplina sulla contumacia, l’estratto della sentenza emessa nel giudizio abbreviato non deve più essere notificato, ai sensi dell’art. 442, comma 3, c.p.p. e dell’art. 134 disp. att. c.p.p., all’imputato assente . A sostegno di tale assunto, le SS.UU. hanno precisato che, a seguito della riforma della disciplina sulla contumacia, non trovano più applicazione le disposizioni di cui sopra, già tacitamente abrogate dalla l. n. 479/1999 che, estendendo al giudizio abbreviato l’istituto della contumacia, ne aveva determinato la sostituzione con l previsione dell’art. 548, comma 3, c.p.p., in seguito espressamente abrogata dalla disciplina del processo in absentia ”, introdotta con la l. n. 67/2014 . Pertanto, la Corte territoriale ha correttamente ritenuto che l’appello avrebbe dovuto essere proposto entro 45 giorni a decorrere dal giorno successivo alla data di deposito della motivazione della sentenza, emessa con l’indicazione del termine di 90 giorni e depositata entro tale termine. Sulla base di tutti questi motivi, la Cassazione dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 20 febbraio – 26 marzo 2020, n. 10659 Presidente Fidelbo – Relatore Amoroso Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte di Appello di L’Aquila ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello proposto dal difensore del ricorrente, avverso la sentenza emessa il 15/02/2017 dal Tribunale di Avezzano, perché proposto tardivamente dopo la scadenza del termine di giorni quarantacinque, decorrente dal deposito della motivazione della sentenza avvenuto entro il termine indicato di giorni novanta, sul rilievo della irrilevanza della successiva notifica della sentenza, perché non dovuta, dato il deposito della motivazione nel termine stabilito in sentenza. 2. Tramite il proprio difensore di fiducia, N.A. ha proposto ricorso articolando un unico motivo per violazione di legge e vizio della motivazione. In particolare, il ricorrente deduce che per il giudizio abbreviato il termine per impugnare decorre, nel caso di assenza dell’imputato, dalla data della notificazione della sentenza prevista e dovuta in base all’art. 442 c.p.p., comma 3. Si osserva, al riguardo, che la suddetta disposizione non è stata soppressa o modificata dalla L. 28 aprile 2014, n. 67, che, abolendo l’istituto della contumacia, ha soppresso la notifica dell’avviso di deposito della sentenza all’imputato contumace cd. estratto contumaciale , trattandosi di una norma speciale riferita al giudizio abbreviato, rimasta immutata e quindi tuttora vigente. Pertanto, si rileva che l’atto di appello, essendo stato proposto in data 07/07/2017, nel termine di giorni quarantacinque dalla notificazione della sentenza, eseguita in data 23/05/2017, è stato illegittimamente ritenuto tardivo, perché presentato nel rispetto dei termini per l’impugnazione previsti dall’art. 585 c.p.p., decorrenti dalla data di notificazione della sentenza prevista dall’art. 442 c.p.p., comma 3. Con ordinanza emessa in data 29.01.19 questa Sesta Sezione ha rimesso la decisione del ricorso alle Sezioni Unite, essendosi ravvisato un contrasto giurisprudenziale sulla questione della necessità o meno della notifica dell’estratto della sentenza all’imputato assente, condannato a seguito di giudizio abbreviato. Le Sezioni Unite, avendo deciso la medesima questione con la sentenza n. 698 del 24/10/2019, Rv. 27747, a seguito della trasmissione di altro ricorso da parte della Terza Sezione Penale, pervenuto per prima in ordine temporale, hanno disposto la restituzione del presente ricorso alla Sezione Sesta. Considerato in diritto 1. L’esame del ricorso imponeva di affrontare la questione di diritto relativa alla decorrenza del termine per impugnare la sentenza emessa nel giudizio abbreviato nel caso in cui il procedimento si sia svolto senza la presenza dell’imputato, rispetto alla quale, dopo l’intervento della L. 28 aprile 2014, n. 67, che ha introdotto il nuovo istituto dell’assenza eliminando quello della contumacia, si erano registrati nella giurisprudenza di questa Corte due opposti orientamenti. Secondo un primo orientamento Sez. 1, 31049, 22/05/2018, Rv. 273485 , la persistenza della previsione di cui all’art. 442 c.p.p., comma 3, doveva essere considerata il frutto di un palese mancato coordinamento con la L. 28 aprile 2014, n. 67, che nel disciplinare il nuovo istituto dell’assenza e nell’eliminare ogni riferimento al previgente istituto della contumacia ha evidentemente omesso di eliminare anche la detta disposizione normativa che estendeva all’udienza preliminare gli effetti della contumacia. Conseguentemente, non avrebbe più giustificazione alcuna ritenere che la notifica della sentenza emessa nel giudizio abbreviato sia necessaria anche ora che non è più prevista la notifica della sentenza neppure nel dibattimento, a seguito della soppressione dell’istituto della contumacia. Pertanto, secondo questo orientamento, cui ha aderito la Corte territoriale con l’adozione dell’ordinanza impugnata, la sentenza emessa a seguito di rito abbreviato non deve essere notificata all’imputato che non sia comparso per tutto il corso del giudizio, in quanto la previsione contenuta nell’art. 442 c.p.p., comma 3 e art. 134 disp. att. stesso codice deve ritenersi implicitamente abrogata dalla L. 28 aprile 2014, n. 67. 2. Secondo l’opposto orientamento Sez. 3, 19/01/2018, n. 32505, Rv. 273695 nello stesso senso ma con riguardo al giudizio abbreviato in grado di appello, vedi Sez. 3, n. 29286 del 27/03/2015, Rv.264301 , invece, era stato affermato che la sentenza emessa nel rito abbreviato deve essere notificata all’imputato che non sia comparso per tutto il corso del giudizio, in quanto le previsioni contenute nell’art. 442 c.p.p., comma 3 e art. 134 disp. att. stesso codice non possono ritenersi implicitamente abrogate dalla L. 28 aprile 2014, n. 67, che ha introdotto la nuova disciplina sull’assenza, sicché il termine per proporre impugnazione decorre solo dalla data della notificazione e non già da quella in cui sia avvenuta la pubblicazione della sentenza. A sostegno di detto orientamento si era evidenziato che la diversa interpretazione, avrebbe come effetto quello di introdurre una sanzione processuale per l’imputato, che vedrebbe limitati i propri diritti con la dichiarazione di inammissibilità dell’atto di impugnazione e la conseguente irrevocabilità di una sentenza di condanna emessa nei suoi confronti, sebbene il testo della norma di legge invocata a tutela del suo diritto sia tuttora vigente nel senso di prevedere la notificazione all’imputato non comparso della sentenza per estratto emessa nel giudizio abbreviato, unitamente all’avviso di deposito ai sensi dell’art. 442 c.p.p., comma 3 e art. 134 disp att. c.p.p 3. Le Sezioni Unite con la sentenza n. 698 del 24/10/2019, Rv. 27747, hanno risolto il contrasto affermando il principio secondo cui A seguito della riforma della disciplina sulla contumacia, l’estratto della sentenza emessa nel giudizio abbreviato non deve più essere notificato, ai sensi dell’art. 442 c.p.p., comma 3 e art. 134 disp. att. c.p.p., all’imputato assente . In motivazione la Corte ha precisato che, a seguito della riforma della disciplina sulla contumacia, non trovano più applicazione le disposizioni di cui all’art. 442 c.p.p., comma 3 e art. 134 disp. att., già tacitamente abrogate dalla L. 16 dicembre 1999, n. 479, che, estendendo al giudizio abbreviato l’istituto della contumacia, ne aveva determinato la sostituzione con la previsione dell’art. 548 c.p.p., comma 3, in seguito espressamente abrogata dalla disciplina del processo in absentia , introdotta con L. 28 aprile 2014, n. 67. Alla stregua del principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza anzidetta alle cui motivazione si fa rinvio, non essendovi alcuna ragione per discostarsene, una volta che la questione è stata risolta nel senso di escludere la necessità della notifica dell’estratto della sentenza, l’impugnazione deve considerarsi proposta tardivamente. Come correttamente sostenuto dalla Corte territoriale, l’appello avrebbe dovuto essere proposto entro quarantacinque giorni a decorrere dal 17 maggio 2017, quale giorno successivo alla data prevista per il deposito della motivazione della sentenza, emessa il 15/02/2017 con l’indicazione del termine di novanta giorni e che risulta essere stata depositata nel rispetto di detto termine in data 16/05/2017 la presentazione dei motivi di appello è, invece, avvenuta l’11/07/2017 e, quindi, nove giorni dopo la scadenza del suddetto termine. 4. Neppure potrebbe trovare applicazione nel caso di specie il principio affermato dalla giurisprudenza civile di legittimità vedi da ultimo, Cass. Civ. Sez. U, n. 4135 del 12/02/2019, Rv. 652852 , secondo cui il mutamento imprevedibile della precedente e consolidata giurisprudenza di legittimità su norme regolatrici del processo non può produrre effetti processuali pregiudizievoli nullità, decadenze, preclusioni, inammissibilità per la parte che abbia compiuto l’atto con modalità ed in forme ossequiose dell’orientamento giurisprudenziale successivamente ripudiato, ma dominante al momento del compimento dell’atto c.d. prospective overruling . Detto principio, per come delineato nella giurisprudenza civile, può essere invocato solo nell’ipotesi di mutamento giurisprudenziale imprevedibile, con esclusione quindi del caso in cui l’orientamento adottato da ultimo dalle Sezioni Unite ponga fine ad un contrasto tra due orientamenti, sia pure riconoscendo come legittimo quello più restrittivo di facoltà e poteri processuali della parte, ma che non può essere, evidentemente, considerato connotato dai quei caratteri di novità ed imprevedibilità necessari per riconoscere validità agli atti compiuti in ossequio al diverso orientamento, che a sua volta, risulta privo del carattere di orientamento dominante richiesto per giustificare la salvezza dei diritti processuali della parte che lo abbia seguito. Sul punto si richiamano le decisioni della Cassazione Civile che hanno delimitato la irretroattività dell’overrulling ai casi in cui il mutamento sia stato imprevedibile o quantomeno inatteso e privo di preventivi segnali anticipatori del suo manifestarsi, in ragione del carattere consolidato nel tempo del pregresso indirizzo, tale, cioè, da indurre la parte a un ragionevole affidamento su di esso Cass., sez. un., 12 ottobre 2012, n. 17402 n. 23836 del 2012 cit. , ipotesi non ravvisabile in presenza di preesistenti contrasti interpretativi Cass. 15 dicembre 2011, n. 27086 o di incertezza interpretativa delle norme processuali ad opera della Corte di cassazione in assenza di un orientamento consolidato della stessa Corte Cass. 15 febbraio 2018, n. 3782 o nel caso in cui la parte abbia confidato nell’orientamento che non è prevalso Cass. 5 giugno 2013, n. 14214 . Nel caso di specie, proprio in considerazione dell’incertezza del termine utile per proporre l’impugnazione, era onere della parte seguire l’orientamento più restrittivo, per non incorrere nella sanzione della decadenza, atteso che l’orientamento più estensivo delle facoltà processuali non presentava affatto i caratteri di orientamento dominante, ma costituiva solo uno dei due indirizzi di legittimità seguiti prima dell’intervento delle Sezioni Unite. Al rigetto del ricorso segue per legga la condanna al pagamento delle spese processuali. In considerazione della problematicità della questione non si ravvisano le ragioni per la condanna alla sanzione del versamento in favore della Cassa dell’Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.