La Cassazione penale ai tempi del Coronavirus: il d.l. “cura italia” non apre allo smart working

Cicerone, Papiniano, Modestino, Gaio e Licinio Crasso, chi in piedi, chi dal suo scranno di marmo, sembrano guardare stupiti, in Piazza dei Tribunali, il Palazzaccio. Da quando è aperto, nel 1911, non si erano mai visti, infatti, tra quegli imponenti marmi e travertini, consiglieri e personale amministrativo muoversi con guanti e mascherine, stando attenti a non accalcarsi gli uni con gli altri.

Camillo Benso, Conte di Cavour, dall’altro lato, sulla piazza a lui dedicata, è rimasto a guardare un ingresso deserto. Con il palesarsi dell’emergenza Coronavirus si è palesato evidente ai più come lo storico edificio, con doppio affaccio sul Tevere e su Piazza Cavour, dove ogni giorno convenivano centinaia di giudici avvocati e parti provenienti da tutta Italia fosse uno dei posti maggiormente a rischio per diffondere il Coronavirus, a raggiera, in tutta Italia. E, perciò, è parso subito necessario capire come garantire e bilanciare due diritti costituzionalmente garantiti, da un lato, quello alla salute degli operatori e degli utenti e dall’altro, soprattutto per il settore penale, quello di chi abbia procedimenti in corso e sia soggetto a restrizioni della libertà personale. Il decreto legge 11/2020. Dopo una prima serie di provvedimenti organizzativi interni, emanati tra la fine di febbraio e gli inizi di marzo, incentrati sulla necessità di limitazione ed ottimizzazione degli accessi al pubblico maggiore e di pulizia straordinaria degli ambienti, da dotarsi anche di igienizzanti, dal 9 marzo ci si è posti il problema di verificare quali attività andassero sospese e quali, ed in quali forme, andassero garantite. Come in tutti gli uffici giudiziari italiani, anche per la Corte di Cassazione, le fonti di tale regolamentazione sono su tre livelli quello primario, nazionale, costituito dagli interventi legislativi, quello derivante dalle risoluzioni che si sono succedute da parte del Consiglio Superiore della Magistratura e quello attuativo dei Capi degli Uffici. L’8 marzo 2020 è intervenuto il decreto legge n. 11 pubblicato sulla G.U. Serie Generale n. 60 ed entrato in vigore il giorno stesso , con i primi due articoli del quale - come si dirà, espressamente abrogati dall’art. 83 comma 22 del d.l. 18/2020- sono state adottate le prime misure straordinarie ed urgenti al fine di contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria. Con tale decreto legge è stato introdotto, con efficacia immediata, un periodo cuscinetto , da lunedì 9 marzo 2020 a domenica 22 marzo 2020, durante il quale tutte le udienze pendenti in tutti gli uffici giudiziari del Paese sono state rinviate d’ufficio. Scopo di tale periodo cuscinetto è stato quello di dare il tempo ai dirigenti degli uffici giudiziari, quindi anche al Primo Presidente della Corte di Cassazione, di adottare, d’intesa con le Autorità sanitarie e gli organismi rappresentativi dell’Avvocatura, misure organizzative ad hoc, più stabili, destinate ad essere efficaci fino al 31 maggio 2020 data che, come si dirà in seguito, è poi slittata al 30 giugno 2020 . Fanno eccezione a tale rinvio d’ufficio generalizzato, per quello che interessa la Corte di Cassazione, i procedimenti nei quali i termini massimi delle misure cautelari personali ex art. 304 c.p.p. scadono all’interno del periodo cuscinetto e i procedimenti in cui sono state richieste o applicate misure di sicurezza detentive. Per tali procedimenti non occorre alcun impulso di parte e gli stessi vengono trattati, come si dirà di qui a poco, nelle udienze in cui erano fissati o in altre udienze, evidentemente rifissate prima della scadenza del termine, all’interno del medesimo periodo cuscinetto. Possono fare eccezione al rinvio d’ufficio, qualora la trattazione sia richiesta espressamente da parte di detenuti, imputati, proposti o loro difensori i procedimenti a carico di persone detenute dunque, imputati in stato di custodia cautelare oppure condannati in esecuzione pena , salvo i casi di sospensione cautelativa delle misure alternative, ai sensi dell’art. 51-ter l. 26 luglio 1975, n. 354 i procedimenti in cui sono state applicate misure cautelari o di sicurezza la previsione non distingue tra misure personali e misure patrimoniali e non specifica se la deroga operi anche quando la misura sia cessata nel corso del procedimento i procedimenti per l’applicazione di misure di prevenzione o nei quali sono state disposte misure di prevenzione i procedimenti a carico di imputati minorenni. Non riguarda, evidentemente, la Cassazione la terza eccezione, quella riguardante i procedimenti che presentano carattere di urgenza perché occorre assumere prove indifferibili nei casi di cui all’art. 392 c.p.p. Con il d.l. 11/2020 veniva anche stabilito che durante il periodo cuscinetto fossero sospesi i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti rinviati, ferme le eccezioni di seguito richiamate. Ove il decorso abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine di detto periodo . La stessa normativa, per quanto riguarda i procedimenti di immediato interesse della Cassazione, prevede che per il tempo in cui il procedimento è rinviato, e comunque non oltre il 31 maggio 2020, rimangono altresì sospesi i seguenti termini il termine di prescrizione dei reati per i quali si procede i termini di fase e i termini complessivi della custodia cautelare con esclusione dei termini massimi di fase e del termine massimo finale di cui all’art. 304 c.p.p., che non è fatto oggetto di richiamo il termine trenta giorni dalla ricezione degli atti entro il quale la Corte di Cassazione deve decidere il ricorso avverso i provvedimenti adottati dal Tribunale del riesame in materia cautelare personale riesame e appello i termini entro i quali il giudice del rinvio, in caso di annullamento dell’ordinanza applicativa della misura coercitiva oggetto di riesame, deve decidere dieci giorni dalla ricezione degli atti e deve depositare l’ordinanza trenta giorni dalla decisione Da subito si era notato che il decreto non prevedeva la sospensione dei termini per la proposizione delle impugnazioni, cui si è ovviato con l’art. 83 del d.l. 18/2020 di cui si dirà di qui a poco. I provvedimenti organizzativi. A fronte del d.l. 11/2020, il Primo Presidente della Corte di Cassazione è intervenuto con un primo provvedimento organizzativo, datato 9/3/2020, recante disposizioni generali per il periodo dal 9 al 22 marzo 2020. Con tale provvedimento, in ossequio al dettato normativo, è stato disposto che in tale periodo non venissero celebrate presso la Corte Suprema le udienze, quale che ne fosse la forma processuale per esse prevista udienza pubblica, camerale partecipata, camerale non partecipata, de plano, ecc. . In esso poi si aggiunge che, per il settore penale fanno eccezione al rinvio ex lege unicamente le udienze dei procedimenti nei quali nel periodo di sospensione dal 9 al 22 marzo 2020 scadono i termini di cui all'art. 304 c.p.p. e quelle nei procedimenti in cui sono state richieste o applicate misure di sicurezza detentive stabilendosi che per tali procedimenti, pertanto, si terranno regolarmente le udienze già calendarizzate e comunicate alle parti salvo che, per esigenze organizzative, il Presidente titolare disponga il rinvio della trattazione a una diversa udienza da celebrare entro il suddetto termine . Ancora, il provvedimento in questione sancisce che Quando ricorrono le condizioni previste dall'art. 2, comma 2, lett. g , n. 2, lettere da a a d , i detenuti, gli imputati, i proposti o i loro difensori possono richiedere che si proceda comunque alla trattazione nonostante il rinvio ex lege, presentando con le forme di comunicazione più idonee, anche tramite PEC, la relativa istanza. Per esigenze organizzative l'istanza deve pervenire alla Cancelleria della competente sezione penale della Corte di cassazione entro tre giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 11. Il Presidente titolare, preliminarmente delibata la sussistenza delle condizioni di legge, rimette l'esame dell'istanza al Collegio designato per l'udienza già calendarizzata, salvo che, per esigenze organizzative, disponga il rinvio della trattazione a una diversa udienza da celebrarsi entro il 22 marzo 2020 . Per i procedimenti pendenti presso la Suprema Corte dal 9 al 22 marzo 2020, sottratti al rinvio generalizzato d’ufficio su impulso delle parti perché ricadenti nell’ipotesi di esclusione ex art. 2, comma 2, lett. g , n. 2, lettere da a a d del d.l. 11/20, dunque, c’è stato tempo fino all’11 marzo 2020 per la richiesta difensiva di trattazione. E gli stessi sono stati o saranno trattati in udienze già previste, o appositamente rifissate, entro il 22 marzo 2020. Nel frattempo, anche il Consiglio Superiore della Magistratura, il 5 marzo 2020, quando ancora l’emergenza non si era palesata a livello nazionale, aveva emanato le prime Linee guida ai Dirigenti degli uffici giudiziari in ordine all’emergenza sanitaria Covid-19 e proposta al Ministro della Giustizia ai sensi dell’art. 10, comma 2 L. n. 195 del 24 marzo 1958 invitando i dirigenti degli uffici a raccomandare ai magistrati la trattazione di un numero di procedimenti compatibile con le prescrizioni di cui al DPCM del 4. Marzo 2020 all. 1, con l’eventuale rinvio dei procedimenti non urgenti, onde garantire l’effettivo rispetto delle misure igienico sanitarie ivi previste, Seguivano, l’11 marzo 2020, da Palazzo dei Marescialli Ulteriori linee guida in ordine all’emergenza sanitaria Covid-19 all’esito del d.l. n. 11 dell’8 marzo 2020. Quanto ai rinvii delle udienze penali e della sorveglianza, da disporsi successivamente al 22 marzo 2020, il C.S.M. invitava i capi degli uffici giudiziari a valutare la possibilità di individuare, anche attraverso le interlocuzioni con gli organismi dell’avvocatura previste dallo stesso decreto legge, modalità di rinvio utili a contenere l’aggravio degli adempimenti processuali e, al contempo, il rischio di contagio. E sottolineava, nel caso in cui i rinvii fossero disposti in udienza, l’opportunità di favorire la partecipazione alla stessa di un unico difensore, eventualmente designato dal locale Consiglio dell’Ordine, all’unico scopo di consentire la costituzione del rapporto processuale. In tale delibera il C.S.M. affermava - ed è importante ricordarlo - che il lavoro da remoto o telematico dei magistrati deve essere incentivato quale modalità prioritaria di esercizio delle funzioni giudiziarie, salva l’assoluta impossibilità tecnica, sicché il Ministero della Giustizia, la Scuola Superiore della Magistratura e la DGSIA, i RID e MAGRIF, venivano invitati, per quanto di rispettiva competenza, a voler valutare la modifica delle norme processuali allo scopo necessaria, in continuità con quanto già deliberato in data 5 marzo 2020 e ad attrezzarsi tecnicamente. Dall’organo di autogoverno della magistratura, dunque, partiva un segnale chiaro nel senso di dare assoluta preminenza alla tutela della salute degli operatori della giustizia. Dal suo canto, il 10 marzo 2020 è scesa in campo anche la Giunta della Cassazione dell’Associazione Nazionale Magistrati, che ha incontrato il Primo Presidente ed il Procuratore Generale rimarcando l’opportunità che gli spostamenti dei Magistrati fuori sede siano sostanzialmente impediti, onde evitare che accessi incontrollati possano offrire nuove occasioni di contagio negli uffici della Corte e, al contempo, che il successivo rientro a casa possa costituire un pericolo per le famiglie dei Colleghi . Aggiungeva poi il comunicato dell’A.N.M. diffuso all’esito dell’incontro che nella consapevolezza che una siffatta soluzione graverebbe, in maniera preponderante, sui Colleghi residenti a Roma e nel Lazio, la Giunta ha ovviamente sottolineato come una misura siffatta avrebbe reso necessario adottare, in una fase successiva, idonee misure di compensazione a beneficio dei colleghi maggiormente impegnati durante il periodo di emergenza . E anche la Giunta dell’A.N.M. Cassazione sottolineava la necessità di utilizzare applicativi per la comunicazione a distanza, in modo da consentire lo svolgimento delle camere di consiglio da remoto, per i procedimenti camerali non partecipati di effettuare la scannerizzazione dei fascicoli a beneficio dei magistrati fuori sede che lo richiedono, consentendo ai magistrati della Procura generale di inviare le requisitorie in formato pdf con firma grafica scannerizzata. Ferma restando la necessità di approfittare della riduzione del flusso degli ingressi al Palazzo di giustizia al fine di promuovere la massima sanificazione possibile . Nel frattempo, in vista del provvedimento organizzativo complessivo da emanarsi alla fine del periodo cuscinetto , sulla scorta di quanto richiesto anche dal C.S.M. e dall’A.N.M., anche per la Cassazione penale si è spinto l’acceleratore sulle dotazioni informatiche dei componenti i collegi. In particolare, il CED ha curato la massima diffusione tra i consiglieri ed il personale dell’applicativo Microsoft Teams, che consente agevolmente, anche da casa il collegamento in multivideoconferenza. Da subito si è compreso, infatti, che, di fronte al possibile protrarsi nel tempo dell’emergenza, pur con le difficoltà legate alla consultazione degli atti processuali, anche per il settore penale, possano esserci una serie di attività, quali le udienze non partecipate per procedure de plano ovvero ex art. 611 c.p.p. che potrebbero svolgersi con collegamento da remoto. Ma i provvedimenti legislativi finora emanati non aprono ancora con risolutezza a tale possibilità e, dal canto loro, i provvedimenti organizzativi non accolgono la richiesta dell’A.N.M. di impedire che i Magistrati fuori sede si sobbarchino pericolosi viaggi di andata e ritorno da Roma in una situazione in cui l’offerta ferroviaria ed aerea e quella alberghiera è ridotta al minimo. Con provvedimento n. 36/20 del 13 marzo 2020, pubblicato sul sito della Corte Suprema di Cassazione www.cortedicassazione.it il 16 marzo 2020, il Primo Presidente Giovanni Mammone, visto il protrarsi dell’emergenza Coronavirus ha fornito ulteriori disposizioni per i procedimenti pendenti dinanzi alla Corte di legittimità per il periodo dal 23 marzo al 10 aprile 2020. Nel settore penale, tutte le cause già fissate nelle udienze e nelle camere di consiglio di tale periodo, ad eccezione di quanto previsto dall’art. 2, comma 2, lett. g d.l. 11/2020, saranno rinviate d'ufficio e fuori udienza a una data successiva al 31 maggio 2020. I Presidenti titolari delle sezioni penali individueranno, di regola, una sola udienza settimanale per la trattazione dei procedimenti nei quali nel ridetto periodo scadono i termini di cui ali 'art. 304 c.p.p. e per quelle nei procedimenti in cui sono state richieste o applicate misure di sicurezza detentive, componendo il collegio con i magistrati in servizio - salvo che nei loro confronti sia stata adottata la prescrizione della permanenza domiciliare di cui all'art. 3, comma 1, lett. m , DPCM 8 marzo 2020 -, procedendo alla designazione, anche di ufficio, dei magistrati seguendo, ove possibile e in considerazione delle difficoltà anche di raggiungere la Corte, i criteri dettati dal par. 48 delle vigenti tabelle di organizzazione della Corte. Allo stesso modo si procederà recita testualmente il provvedimento del Primo Presidente - per la trattazione entro il 31 maggio 2020 dei ricorsi per i quali i detenuti, gli imputati, i proposti o i loro difensori hanno fatto pervenire, anche tramite pec i cui indirizzi vengono riportati nel decreto , la relativa richiesta alla Cancelleria della competente sezione penale della Corte di cassazione, entro tre giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto sul sito internet istituzionale . Dunque, essendo stato il provvedimento del Primo Presidente inserito sul sito della Corte Suprema il 16 marzo 2020, per i procedimenti fissati dal 23 marzo al 10 aprile che fanno eccezione al rinvio generalizzato d’ufficio ai sensi dell’art. 2 lett. g n. 2 da a a d la richiesta di trattazione deve intervenire entro il 19 marzo 2020. Il provvedimento in questione dispone anche che, per i ricorsi da trattare nel periodo 23 marzo-31 maggio 2020, i difensori possono far pervenire alla Corte memorie o motivi aggiunti a mezzo pec. E che, per i procedimenti rinviati ex officio, il termine di presentazione di memorie e motivi aggiunti sarà computato con riguardo alla nuova data di udienza che verrà fissata. Il Primo Presidente della Corte Suprema è poi intervenuto in via emergenziale con disposizioni interne volte a disciplinare nello specifico periodo l’attività di spoglio, cioè quell’attività con cui, presso ogni sezione, vengono preventivamente analizzati i fascicoli nelle materie di competenza della stessa, si attribuisce loro un peso in funzione della complessità e si deliba se debbano essere trattati dalla sezione ovvero inviati alla specifica sezione la settima penale che si occupa delle declaratorie di inammissibilità in camera di consiglio non partecipata. Oltre a disposizioni circa la composizione del servizio di spoglio, il Primo Presidente ha disposto che in questa fase tale attività sia rivolta, prioritariamente, ad individuare i procedimenti che rientrano nell'ipotesi di cui all'art. 2, comma 2, lett. g , d.l. n. 11 del 2020, improntando il servizio alla massima flessibilità e riducendo le presenze nel rispettivo turno. Con provvedimento sempre dell’11 marzo 2020 del Primo Presidente e del Dirigente Amministrativo della Corte di Cassazione venivano, nel frattempo, date disposizioni per la riduzione delle presenze del personale amministrativo in ufficio e per il lavoro agile il c.d. smart working dello stesso. Con nota del 13 marzo 2020 ai Presidenti delle Corti di Appello, il Primo Presidente della Corte di Cassazione, in considerazione della eccezionale situazione determinata dall'emergenza epidemiologica da COVID-19 e tenuto conto delle indicazioni contenute nell'art. 2, comma 2, lett. g del decreto legge 8 marzo 2020, numero ha chiesto di limitare la trasmissione in Corte di Cassazione sino al 31 maggio 2020 agli atti concernenti le impugnazioni relative 1. ai procedimenti a carico di imputati detenuti 2. ai procedimenti a carico di imputati minorenni 3. ai procedimenti in cui è prossimo a scadere il termine massimo di custodia cautelare 4. ai procedimenti in cui l'imputato è sottoposto a misura cautelare o di sicurezza 5. ai procedimenti in cui sono state applicate o disposte misure di prevenzione .Come dire, inutile ingolfare in questo momento gli uffici della Suprema Corte di impugnazioni che non si possono trattare. Come detto, tuttavia, il d.l. 11/20 aveva lasciato scoperte alcune previsioni. La normativa emanata in fretta, all’esplodere dell’emergenza a livello nazionale, sembrava, ad esempio, che portasse ad una sospensione della prescrizione e dei termini per i soli processi che, cadenti nel cosiddetto periodo cuscinetto , fossero stati oggetto di rinvio. E certamente, facendo riferimento ai processi pendenti, mostrava non contemplare sospensioni di sorta per i termini di impugnazione. Il decretro legge 18/2020 c.d. Cura Italia . Il 17 marzo 2020 è intervenuto, perciò, un nuovo decreto legge, il n. 18 il c.d. decreto Cura Italia , pubblicato sulla G.U. Serie Generale numero in pari data ed immediatamente in vigore, che, all’art. 83, ha previsto Nuove misure urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVJD-19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia civile, penale, tributaria e militare abrogando esplicitamente gli articoli 1 e 2 del d.l. 11/2020. Il d.l. 18/2020 prevede al primo comma che Dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari sono rinviate d'ufficio a data successiva al 15 aprile 2020 . Al comma secondo si legge che Dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 è sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali. Si intendono pertanto sospesi, per la stessa durata, i termini stabiliti per la fase delle indagini preliminari, per l'adozione di provvedimenti giudiziari e per il deposito della loro motivazione, per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, per le impugnazioni e, in genere, tutti i termini procedurali. Ove il decorso del termine abbia inizio durante il periodo di sospensione, l'inizio stesso è differito alla fine di detto periodo. Quando il termine è computato a ritroso e ricade in tutto o in parte nel periodo di sospensione, è differita l'udienza o l'attività da cui decorre il termine in modo da consentirne il rispetto. Si intendono altresì sospesi, per la stessa durata indicata nel primo periodo, i termini per la notifica del ricorso in primo grado innanzi alle Commissioni tributarie e il termine di cui all'articolo 17-bis, comma 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546 . E, ancora, nei commi successivi, si prevedono le medesime esclusioni dal rinvio d’ufficio già previste dall’art. 2 lett. g del d.l. 11/2020 e, al quarto comma, che Nei procedimenti penali in cui opera la sospensione dei termini ai sensi del comma 2 sono altresì sospesi, per lo stesso periodo, il corso della prescrizione e i termini di cui agli articoli 303 e 308 del codice di procedura penale Come si legge nella relazione illustrativa al nuovo decreto legge la prima modifica al comma 2, con la sostituzione del riferimento ai procedimenti indicati al comma 1 con quello ai procedimenti civili e penali , chiarisce ed estende la previsione originaria da un lato, infatti, rende evidente l’amplissima portata che la sospensione ivi prevista deve avere da riferirsi a tutti i procedimenti civili e penali e non certo ai soli procedimenti in cui sia stato disposto un rinvio di udienza dall’altro lato, considerata la straordinaria emergenza che l’aggravamento della situazione epidemica in atto sta producendo anche sulla funzionalità degli uffici, dilata la sospensione oltre i confini della pendenza del procedimento. Rileva il legislatore, come si sia dovuto constatare, infatti, in relazione alla previsione originaria di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto legge 8 marzo 2020, n. 11, il fiorire di dubbi interpretativi e prassi applicative sostanzialmente elusive del contenuto della previsione o comunque non adeguatamente sensibili rispetto all’evidente dato teleologico della norma, costituito dalla duplice esigenza di sospendere tutte le attività processuali allo scopo di ridurre al minimo quelle forme di contatto personale che favoriscono il propagarsi dell’epidemia, da un lato, e di neutralizzare ogni effetto negativo che il massivo differimento delle attività processuali disposto al comma 1 avrebbe potuto dispiegare sulla tutela dei diritti per effetto del potenziale decorso dei termini processuali, dall’altro . Con riguardo al riferimento alla pendenza dei giudizi - che aveva indotto in alcuni il dubbio circa, ad esempio, l’estensione della sospensione al termine per la proposizione dell’impugnazione delle sentenze nonostante la chiara collocazione della pendenza dei procedimenti, sia civili che penali, nell’intervallo segnato, da un lato, dall’atto introduttivo del giudizio o, rispettivamente, dall’iscrizione della notizia di reato e, dall’altro, dalla definitività del provvedimento conclusivo del procedimento , il nuovo decreto legge ha eliminato il riferimento alla pendenza dei procedimenti, sì da eliminare ogni motivo di dubbio e, al contempo, di estendere gli effetti della sospensione anche gli atti introduttivi del giudizio, ove per il loro compimento sia previsto un termine. La seconda modifica al comma 2 mira a risolvere i problemi interpretativi connessi al computo dei termini a ritroso , optando per un meccanismo che in linea generale ricalca quello del terzo comma dell’articolo 164 del codice di procedura civile, tenendo tuttavia conto del fatto che non tutti i termini a ritroso sono collegati allo svolgimento di una udienza. Nell’evidente improponibilità di una soluzione che faccia comunque decorrere il termine a ritroso anche durante il periodo di sospensione, ledendo in tal modo i diritti della parte nei confronti decorre si legge nella relazione che accompagna il d.l. 18/2020- si è quindi optato per un meccanismo di differimento dell’udienza o della diversa attività cui sia collegato il termine, in modo da far decorrere il suddetto termine ex novo ed integralmente al di fuori del periodo di sospensione . La terza modifica, sempre in ragione delle inevitabili ricadute che sulla funzionalità degli uffici sta producendo l’aggravamento e il protrarsi della situazione emergenziale, affianca alla generalizzata sospensione dei termini, e per la sua stessa durata, la sospensione del corso della prescrizione. Considerato l’ampliamento del periodo di efficacia delle più drastiche misure di cui all’articolo 1, si è ritenuto necessario, poi, con il nuovo intervento normativo, disporre la sospensione dei termini di durata massima delle misure diverse dalla custodia cautelare, di cui all’articolo 308 del codice di procedura penale, per il tempo in cui il procedimento è rinviato, analogamente a quanto già disposto per i termini di durata della custodia cautelare. Con il d.l. 18/2020, inoltre, si introducono deroghe al sistema delle notificazioni e delle comunicazioni attualmente previsto dal codice di procedura penale, dando ampio spazio, laddove vi siano difensori di fiducia, al regime delle notificazioni a mezzo pec. Resta, dunque, un regime emergenziale in atto fino al 15 aprile, data cui inevitabilmente dovranno essere protratte le disposizioni del Primo Presidente della Corte di Cassazione di cui al ricordato provvedimento organizzativo del 13 marzo 2020, previste fino al 10 aprile. Il d.l. 18/2020 differisce al 16 aprile 2020 la data a decorrere dalla quale i capi degli uffici potranno e dovranno assumere provvedimenti più stabili. Recita, infatti, l’art. 83, al sesto comma Per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria, per il periodo compreso tra il 16 aprile e il 30 giugno 2020 i capi degli uffici giudiziari, sentiti l’autorità sanitaria regionale, per il tramite del Presidente della Giunta della Regione, e il Consiglio dell’ordine degli avvocati, adottano le misure organizzative, anche relative alla trattazione degli affari giudiziari, necessarie per consentire il rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie fornite dal Ministero della salute, anche d’intesa con le Regioni, dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, dal Ministero della giustizia e delle prescrizioni adottate in materia con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, al fine di evitare assembramenti all’interno dell’ufficio giudiziario e contatti ravvicinati tra le persone. Per gli uffici diversi dalla Corte suprema di cassazione e dalla Procura generale presso la Corte di cassazione, le misure sono adottate d’intesa con il Presidente della Corte d’appello e con il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello dei rispettivi distretti . Come già il d.l. 11/2020, l’art. 83 del d.l., per quanto qui interessa, prevede anche che i Capi degli uffici giudiziari possano disporre a la limitazione dell’accesso del pubblico agli uffici giudiziari, garantendo comunque l’accesso alle persone che debbono svolgervi attività urgenti b la limitazione, sentito il dirigente amministrativo, dell’orario di apertura al pubblico degli uffici anche in deroga a quanto disposto dall’articolo 162 della legge 23 ottobre 1960, n. 1196 ovvero, in via residuale e solo per gli uffici che non erogano servizi urgenti, la chiusura al pubblico c la regolamentazione dell’accesso ai servizi, previa prenotazione, anche tramite mezzi di comunicazione telefonica o telematica, curando che la convocazione degli utenti sia scaglionata per orari fissi, nonché l’adozione di ogni misura ritenuta necessaria per evitare forme di assembramento d l’adozione di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze e la celebrazione a porte chiuse, ai sensi dell’articolo 472, comma 3, del codice di procedura penale, di tutte le udienze penali pubbliche o di singole udienze e, ai sensi dell’articolo 128 del codice di procedura civile, delle udienze civili pubbliche. Il d.l. 18/2020 contiene anche la possibilità per i capi degli uffici di prevedere lo svolgimento delle udienze ma solo di quelle civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Lo svolgimento dell’udienza -recita la normativa, che disciplina anche le modalità per gli avvisi alle partideve in ogni caso avvenire con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti. In conclusione. Fin qui, dunque, ad oggi, la risposta organizzativa in atto presso la Corte di Cassazione rispetto all’emergenza Coronavirus. La data in cui si ipotizza l’uscita dal tunnel Coronavirus e si immagina il ritorno alla normale attività, ad ogni decreto legge, viene spostata in avanti. Era il 31 maggio, ora è il 30 giugno. Ma pare evidente che è uno spostamento assolutamente arbitrario. Quando finirà l’emergenza non lo sanno gli epidemiologi e men che meno lo può sapere il legislatore o chi deve organizzare l’attività giudiziaria. Intanto, la Direzione Generale per i Sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della Giustizia D.G.S.I.A. e il CED della Cassazione, come si diceva, si stanno dando molto da fare. Già con una prima nota dell'11 marzo 2020, predisposto dal CED e dall'Ufficio Innovazione della Cassazione U.I.C. sono state fornite Prime indicazioni operative per l'uso di Teams da parte dei magistrati della Corte di cassazione per lo svolgimento di attività da remoto . Il 16 marzo 2020 altra nota proveniente dai medesimi uffici recita Ciascuna Sezione civile o penale della Corte, nonché l'Ufficio del Massimario, per le funzioni di competenza, con il supporto da remoto del personale tecnico del CED, potrà costituire il Team , cioè il gruppo di contatti di cui faranno parte i magistrati di ciascuna sezione ovvero dell'Ufficio del Massimario, i quali potranno comunicare contemporaneamente, avviando riunioni in videochiamate, chat e scambio di file, anche tramite la condivisione di un apposito archivio sincronizzato su one drive. fin d'ora utilizzare l'applicazione TEAMS per promuovere riunioni fra i magistrati della sezione o dell'ufficio, mettere in condivisione sicura documenti ed archivi documentali attraverso one drive, organizzare riunioni e/o condividere attività e documenti da parte di determinate aree sezionali o di ufficio ovvero discutere su o questioni o argomenti, creando dei canali specifici quasi sotto-insiemi del team ovvero avviare rapide chat operative per risolvere questioni immediate che richiedono una pratica e rapida interlocuzione con alcuni colleghi, con possibilità di condividere documenti nel corso della conversazione . L’auspicio, evidentemente, è che si possa presto tornare a celebrare udienza pubblica, presenti le parti e i loro assistiti, nella solennità delle aule del Palazzaccio. Ma è immaginabile che ciò non possa accadere prestissimo. Ed allora se così è, sarebbe bene che con il provvedimento prossimo a venire si dia una duplice strutturazione organizzativa. Se si dovranno continuare a trattare soltanto i procedimenti urgenti, soprattutto quelli relativi a scadenze cautelari, occorrerà destinarvi dei collegi appositi, valutando anche l’opportunità di prevederli a livello centrale, come accade d’estate. Tante altre attività udienza camerali non partecipate, procedimenti de plano, e forse gli stessi procedimenti ex art. 127 c.p.p. per cui il difensore non manifesti la propria volontà di essere presente personalmente potrebbero agevolmente essere trattati da remoto attraverso l’utilizzo dell’applicativo Microsoft Teams, al limite con il solo Presidente di Collegio ed un cancelliere presenti in Corte. È evidente, però, che il d.l. 18/2020, che prevede tale possibile disciplina da parte dei Capi degli uffici per il periodo 16 aprile-30 giugno per il solo settore civile, pare non tenere conto della peculiarità del rito penale presso la Suprema Corte, dove la partecipazione del difensore alla discussione orale, anche nei casi di udienza pubblica e di camera di consiglio partecipata, è meramente eventuale. E non è previsto che l’imputato, che è rappresentato dal suo difensore e che può assistere all’udienza che lo riguarda dagli scranni del pubblico, possa prendere la parola. Il processo penale in Cassazione, anche quando partecipato, com’è noto, va in decisione anche all’esito di un contraddittorio difensivo solo cartaceo. Occorrerà sollecitare un intervento legislativo ad hoc, che tenga conto delle peculiarità del giudizio penale di legittimità? Può rientrare la previsione di camere di consiglio a distanza nell’adozione da parte dei Capi degli uffici di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze che pure il d.l. 18/2020 contempla? Per sapere se lo smart working diventerà una delle possibili modalità di celebrazione dei processi penali al Palazzaccio e come e in che modo dovranno essere trattati i processi urgentidovrà però attendersi il nuovo provvedimento organizzativo del Primo Presidente. L’importante è che -come richiesto anche dal C.S.M. nelle ricordate delibere e come sollecitato dall’A.N.M.- si tuteli primariamente la salute di chi partecipa all’udienza e alla successiva deliberazione. Al Palazzaccio, infatti, anche le sedute dei giudici in udienza non rispettano il distanziamento sociale di un metro e mezzo. E - cosa che forse nessuno sa - i giudici non dispongono di uffici singoli, ma operano tutti insieme in grandi stanzoni. Per non parlare del personale amministrativo, con addetti che lavorano anche in 3-4 per stanza. Quando si deciderà, si tenga conto anche di questo. Fonte ilpenalista.it Clicca qui per consultare la sezione dedicata al decreto Coronavirus