Inammissibilità della sentenza predibattimentale di proscioglimento nel giudizio d’appello

Nel giudizio d’appello, non è consentito pronunciare sentenza predibattimentale di proscioglimento ai sensi dell’art. 469 c.p.p., in quanto il combinato disposto degli art. 598, 599 e 601 c.p.p., non effettua alcun rinvio, esplicito o implicito, a tale disciplina, né la pronuncia predibattimentale può essere ammessa ai sensi dell’art. 129 c.p.p., poiché l’obbligo del giudice di dichiarare immediatamente la sussistenza di una causa di non punibilità presuppone un esercizio della giurisdizione con effettiva pienezza del contraddittorio .

Lo ribadisce la Suprema Corte di Cassazione nella sentenza n. 10376/20, depositata il 20 marzo. La vicenda. Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello ricorre per cassazione avverso la sentenza con la quale la stessa Corte d’Appello ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato in ordine al reato di cui al d.lgs. n. 74/2000, art. 10-ter perché estinto per prescrizione, disponendo l’immediata restituzione all’avente diritto di quanto in sequestro. Il ricorrente, in particolare, sostiene che la sentenza impugnata sarebbe da considerarsi viziata da nullità assoluta e insanabile, per violazione del principio del contraddittorio, poiché emessa senza la preventiva interlocuzione delle parti processuali. Dichiara che la sentenza predibattimentale di proscioglimento ex art. 469 c.p.p. è ammissibile solo nell’ambito del giudizio di primo grado e non può essere emessa in quello di appello Sentenza predibattimentale di proscioglimento. Per i Supremi Giudici il ricorso è fondato. Infatti, secondo un costante orientamento giurisprudenziale, nel giudizio d’appello, non è consentito pronunciare sentenza predibattimentale di proscioglimento ai sensi dell’art. 469 c.p.p., in quanto il combinato disposto degli art. 598, 599 e 601 c.p.p., non effettua alcun rinvio, esplicito o implicito, a tale disciplina, né la pronuncia predibattimentale può essere ammessa ai sensi dell’art. 129 c.p.p., poiché l’obbligo del giudice di dichiarare immediatamente la sussistenza di una causa di non punibilità presuppone un esercizio della giurisdizione con effettiva pienezza del contraddittorio . È stato poi precisato che nell’ipotesi di sentenza d’appello pronunciata, come nel caso si specie, de plano in violazione del contraddittorio tra le parti, che, in riforma della sentenza di condanna di primo grado, dichiari l’estinzione del reato per prescrizione, la causa estintiva del reato prevale sulla nullità assoluta ed insanabile della sentenza, sempreché non risulti evidente la prova dell’innocenza dell’imputato, dovendo la Corte di cassazione adottare in tal caso la formula di merito di cui all’art. 129 c.p.p., comma 2 . Tale principio trova una deroga nel caso in cui il giudice di appello pronunci una sentenza predibattimentale con cui dichiari l’estinzione del reato per prescrizione, qualora in primo grado la parte civile abbia proposto richiesta di condanna dell’imputato al risarcimento dei danni. Ed inoltre, sempre con riferimento al caso in esame, i Giudici chiariscono che, anche nel caso di declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, si può disporre, a norma dell’art. 240 c.p., comma 2, n. 1, la confisca del prezzo. Quindi la Corte d’Appello erroneamente ha pronunciato de plano una sentenza predibattimentale di proscioglimento per prescrizione e ordinato la restituzione delle cose sequestrate, revocando di fatto la confisca disposta con la sentenza di condanna in primo grado, non avendo consentito, in violazione del principio del contraddittorio, alla parte pubblica di avvalersi pienamente del secondo grado di giudizio allo scopo di esprimere le proprie ragioni nei confronti della disposta confisca . Per tali ragioni, la sentenza impugnata viene annullata senza rinvio.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 19 dicembre 2019 – 20 marzo 2020, n. 10376 Presidente Lapalorcia – Relatore Di NIcola Ritenuto in fatto 1. Il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Ancona ricorre per cassazione impugnando la sentenza indicata in epigrafe con la quale la stessa Corte di appello ha dichiarato, ai sensi del combinato disposto degli artt. 129 e 469 c.p.p., non doversi procedere nei confronti di D.F. in ordine al reato di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10-ter commesso in omissis perché estinto per prescrizione, disponendo l’immediata restituzione all’avente diritto di quanto in sequestro. 2. Il ricorrente impugna con un motivo mediante il quale deduce l’inosservanza o l’erronea applicazione della legge penale in relazione alle disposizioni di cui agli artt. 129 e 469 c.p.p. art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b . Sostiene che la sentenza impugnata sarebbe da considerarsi viziata da nullità assoluta e insanabile ex art. 178 c.p.p., comma 1, lett. b e c , art. 179 c.p.p., comma 1, per violazione del principio del contraddittorio, in quanto emessa senza la preventiva interlocuzione delle parti processuali. Assume che la sentenza predibattimentale di proscioglimento ex art. 469 c.p.p., è ammissibile soltanto nell’ambito del giudizio di primo grado e non può essere emessa in quello di appello, stante il combinato disposto degli artt. 598, 599 e 601 c.p.p., che non effettuano alcun rinvio sul punto. Inoltre, nell’ambito del secondo grado di giudizio, non sarebbe neanche ammissibile emanare una pronuncia ai sensi dell’art. 129 c.p.p., in quanto la dichiarazione immediata della sussistenza di una causa di non punibilità presuppone comunque che il contraddittorio sia stato pienamente ed effettivamente istaurato. Precisa il Procuratore ricorrente che l’interesse alla presente impugnazione si sostanzia nella necessità di istaurare il pieno ed effettivo contraddittorio al fine di vagliare nel merito la questione relativa al dissequestro disposto nella sentenza della Corte di appello, a fronte della confisca disposta con la sentenza di primo grado, trattandosi di questione meritevole di essere decisa nel merito, poiché, non incidendo la dichiarazione di estinzione del reato per intervenuta prescrizione sul provvedimento ablatorio disposto con la sentenza di condanna di primo grado, si rende necessario un accertamento delle attuali disponibilità patrimoniali dell’imputato, nonché di un loro eventuale futuro incremento, in considerazione peraltro, del cospicuo ammontare della somma costituente il profitto del reato. 3. L’imputato ha presentato memoria con la quale osserva come l’impugnazione fondi su di una non condivisa interpretazione della sentenza n. 28954 del 2017 resa dalle Sezioni unite della Corte. Rileva come egli non avesse in animo di evadere le imposte ma si sia trovato innanzi ad un’imponente crisi di liquidità aziendale che aveva reso impossibile far fronte al versamento delle imposte stesse, che, peraltro, aveva anche corrisposto almeno parzialmente mediante accordo di rateizzazione con Equitalia. Quindi era emerso come fatto incontestato che l’imputato si fosse trovato innanzi ad una serie impressionante di perdite e nell’impossibilità di incassare le ingenti somme con cui far fronte al versamento dell’Iva e delle altre ordinarie obbligazioni, ma ciò nonostante egli - pur non potendo corrispondere in un’unica soluzione il dovuto - si era attivato per concordare con Equitalia il pagamento dell’Iva a debito, rateizzandone l’importo. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Le Sezioni Unite hanno affermato che, nel giudizio d’appello, non è consentito pronunciare sentenza predibattimentale di proscioglimento ai sensi dell’art. 469 c.p.p., in quanto il combinato disposto degli art. 598, 599 e 601 c.p.p., non effettua alcun rinvio, esplicito o implicito, a tale disciplina, nè la pronuncia predibattimentale può essere ammessa ai sensi dell’art. 129 c.p.p., poiché l’obbligo del giudice di dichiarare immediatamente la sussistenza di una causa di non punibilità presuppone un esercizio della giurisdizione con effettiva pienezza del contraddittorio Sez. U, n. 28954 del 27/04/2017, Iannelli, Rv. 269899 . Tuttavia, nell’enunciare il richiamato principio di diritto, le Sezioni Unite hanno precisato che, nell’ipotesi di sentenza d’appello pronunciata, come nel caso si specie, de plano in violazione del contraddittorio tra le parti, che, in riforma della sentenza di condanna di primo grado, dichiari l’estinzione del reato per prescrizione, la causa estintiva del reato prevale sulla nullità assoluta ed insanabile della sentenza, sempreché non risulti evidente la prova dell’innocenza dell’imputato, dovendo la Corte di cassazione adottare in tal caso la formula di merito di cui all’art. 129 c.p.p., comma 2 Sez. U., n. 28954 del 27/04/2017, cit., Rv. 269810 . Tuttavia, come è noto, tale principio trova una espressa deroga nel caso in cui il giudice di appello pronunci una sentenza predibattimentale con cui dichiari l’estinzione del reato per prescrizione, qualora in primo grado la parte civile abbia proposto richiesta di condanna dell’imputato al risarcimento dei danni. In tal caso, infatti, la causa estintiva del reato non prevale sulla nullità assoluta e insanabile della sentenza predibattimentale, in quanto solo nel dibattimento può procedersi alla delibazione di merito relativamente ai capi della sentenza che concernono gli interessi civili, nel contraddittorio delle parti Sez. 5, n. 21172 del 19/12/2016, dep. 2017, Agaci, Rv. 270047-01 . Allo stesso modo deve ritenersi per il caso, come quello in esame, in cui la sentenza predibattimentale di appello, di per sé sempre affetta da nullità assoluta e insanabile per violazione del contraddittorio, dichiari la prescrizione del reato revocando, di fatto, la confisca disposta in primo grado mediante la restituzione delle cose che erano state sequestrate in vista dell’emanazione del provvedimento ablativo. È infatti evidente che, in tal caso, la parte pubblica ha diritto all’instaurazione del contraddittorio attraverso il normale svolgimento dell’udienza dibattimentale, per poter chiedere, a condizioni esatte, la conferma delle disposizioni patrimoniali, pur in presenza di una causa estintiva del reato. La giurisprudenza di legittimità, nella sua più autorevole composizione, se ha infatti affermato che il giudice, nel dichiarare la estinzione del reato per intervenuta prescrizione, non può disporre, atteso il suo carattere afflittivo e sanzionatorio, la confisca per equivalente delle cose che ne costituiscono il prezzo o il profitto Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, Rv. 264435 - 01 , ha tuttavia chiarito che, invece, anche nel caso di declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, può disporre, a norma dell’art. 240 c.p., comma 2, n. 1, la confisca del prezzo e, ai sensi dell’art. 322-ter c.p., la confisca diretta del prezzo o del profitto del reato a condizione che vi sia stata una precedente pronuncia di condanna e che l’accertamento relativo alla sussistenza del reato, alla penale responsabilità dell’imputato e alla qualificazione del bene da confiscare come prezzo o profitto rimanga inalterato nel merito nei successivi gradi di giudizio Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, cit., Rv. 264434-01 . Queste affermazioni, pur dovendo essere ora coordinate con la nuova disposizione di cui all’art. 578-bis c.p.p., richiedono, da un lato, che si distingua tra confisca diretta e confisca per equivalente in caso di declaratoria di prescrizione del reato e, dall’altro, confermano che erroneamente la Corte d’appello ha pronunciato de plano una sentenza predibattimentale di proscioglimento per prescrizione e ordinato la restituzione delle cose sequestrate, revocando di fatto la confisca disposta con la sentenza di condanna in primo grado, non avendo consentito, in violazione del principio del contraddittorio, alla parte pubblica di avvalersi pienamente del secondo grado di giudizio allo scopo di esprimere le proprie ragioni nei confronti della disposta confisca. Ne consegue che è nulla, per violazione del contraddittorio, la sentenza predibattimentale con la quale la Corte di appello dichiari de plano l’estinzione del reato tributario per prescrizione, revocando di fatto la confisca disposta con la sentenza di condanna in primo grado, avendo la parte pubblica diritto allo svolgimento dell’udienza dibattimentale di appello al fine di poter spiegare compiutamente il diritto di azione anche su tale punto. 3. La sentenza impugnata va pertanto annullata senza rinvio con trasmissione degli atti alla Corte di appello di Ancona per il giudizio. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti alla Corte di appello di Ancona per il giudizio.