Coronavirus: troppe fake sulle conseguenze penali della violazione dell’obbligo “restate a casa”

Era prevedibile che in un momento di pubblic panic lo sciacallaggio mediatico di sedicenti operatori del diritto si diffondesse creando una deformazione della realtà giuridica che i recenti provvedimenti normativi hanno introdotto per arginare una seria emergenza. In tali situazioni si rischia di deragliare e di perdere il faro che deve guidarci, a fortiori in questi momenti di estrema di difficolta la Costituzione.

Approccio penalmente soft del legislatore. Certo sia consentito esprimere delle riserve sull’eventuale scelta di affidare al diritto penale il compito di far fronte per orientare le condotte umane nell’auspicabile direzione voluta. Ma è corretto dirlo non possiamo dire che il legislatore d’urgenza abbia bussato al diritto penale per risolvere il problema della violazione delle prescrizioni del restate a casa . Se parliamo con la lente del penalista, il Governo ha, almeno in questa prima fase di contrasto alla situazione emergenziale deciso di utilizzare al minimo il diritto penale confidando nelle scelte responsabili della popolazione salvo poi, qualora i dati politico-criminali facessero registrare invece un numero elevato di denunce che costringerebbe a virare verso una più energica risposta penale. Non ampliata la sfera del penalmente rilevante. Se le norme penali servono, in omaggio alla funzione general-preventiva della pena ossia si introducono le fattispecie incriminatrici per evitare che un certo numero di reati della stessa specie vengano commessi, è sicuramene altro l’armamentario penalistico che bisognava schierare e probabilmente si è deciso di non farlo in prima battuta per reprimere le condotte davvero irresponsabili che possano aggravare le conseguenze sulla sanità in primis e l’economia pubblica. Penso ad alcune fattispecie di pericolo astratto o per lo meno concreto inserite in un capo ad hoc dei delitti contro l’incolumità pubblica oppure inserendo delle ipotesi delittuose dopo il reato di epidemia che inaugura il capo dei delitti di comune pericolo mediante frode . Oppure nel prevedere un apposito delitto di falso o nei prevedibili comportamenti contro l’economia pubblica quali soprattutto le manovre speculative su merci si pensi al materiale medico o alla frode nell’esercizio del commercio di tali prodotti. Partorito solo un topolino. L’unico riferimento a norme incriminatrice è quella contenuta nell’art. 4, comma 2, d.P.C.M. 8 marzo per la quale Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il mancato rispetto degli obblighi di cui al presente decreto è punito ai sensi dell’articolo 650 del codice penale, come previsto dall’art. 3, comma 4, del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6 . Certo, lascia perplessi la scelta di affidare al riesumato reato bagatellare di inosservanza dei provvedimenti dell’autorità ormai desueto nella pratica giudiziaria e che ha resistito all’ultima scarna depenalizzazione operata con il d.lgs n. 8/2016 il compito di allontanare la spinta criminosa di scelte irresponsabili quelle di allontanarsi dalla propria abitazione al di fuori del perimetro delle ragioni giustificative comprovate esigenze lavorative situazioni di necessità motivi di salute rientro alla propria casa che mettano in pericolo la salute pubblica. La condotta punita e la sua determinatezza. Quindi è la violazione del precetto extrapenale il mancato rispetto dei soli obblighi , con esclusione quindi delle mere raccomandazioni che costituisce la condotta penalmente punita sotto l’ombrello punitivo dell’art. 650 c.p A rendere più determinata la norma penale in bianco che sul piano oggettivo si colora attraverso il rinvio alla fonte diversa da quella penale, in questo caso il d.P.C.M. ci ha pensato la circolare del Ministro dell’Interno n. 15766 del 12 marzo 2020, ove si specifica che gli spostamenti sono consentiti per comprovate esigenze primarie non rinviabili, come ad esempio per l’approvvigionamento alimentare, o per la gestione quotidiana degli animali domestici, o svolgere attività sportiva i motoria all’aperto, rispettando la distanza interpersonale di almeno un metro . In questo caso, l’intervento della norma di rango secondario non amplia l’area di incriminazione ma specifica quanto previsto dalla disposizione avente forza di legge che descrive quali condotte di allontanamento dall’abitazione finiscano per non essere non giustificate e quindi punibili. La sanzione penale nell’an e nel quantum la stabilisce il giudice e non le forze dell’ordine. Le fake news e la disinformazione più esasperata si è avuta con riguardo alle conseguenze della trasgressione del divieto del restate a casa. Ha circolato il seguente monstrum giuridico gli operatori di polizia applicano l’ammenda di 206 euro che va subito pagata perché è una sanzione penale. Non è assolutamente così! L’art. 650 c.p. recita testualmente Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall'Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d'ordine pubblico o d'igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a duecentosei euro . Quindi, se non si ha una giustificazione che rientra nei casi in cui è consentito uscire da casa scatta la denuncia ovviamente a piede libero, a meno che non si contestano altri reati in cui è facoltativo o obbligatorio l’arresto e non la condanna. Gli operatori di polizia non applicano nessuna sanzione penale né questa pena è sempre in misura fissa nelle 206 euro che invece è il tetto massimo della sanzione penale pecuniaria sarà il giudice ad applicare alla fine del procedimento penale a stabilire 1 se sono presenti tutti gli elementi costitutivi del reato 2 in caso positivo a determinare la species della sanzione penale applicabile è prevista la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda e il quantum della pena da 5 giorni a tre mesi di arresto oppure da 20 a 206 euro, essendo i minimi della pena dell’arresto e dell’ammenda stabiliti dagli artt. 25 e 26 c.p. . La denuncia quale inizio del procedimento penale. Le forze dell’ordine, quindi, stilano la denuncia del soggetto controllato senza valida giustificazione, indicando le generalità e l’indicazione del domicilio dove far arrivare gli atti del procedimento penale e invitando a nominare un avvocato di fiducia altrimenti ne verrà assegnato uno di ufficio . Pertanto, è un falso che gli atti arriveranno solo nello studio legale dell’avvocato a meno che il denunciato indichi il proprio domicilio ai fini delle notifiche presso il difensore di fiducia. A questo punto il Pubblico ministero potrà, una volta deciso di esercitare l’azione penale, decidere se percorrere l’ordinario binario procedimentale con notifica dell’avviso di conclusioni delle indagini preliminari e successivo esercizio dell’azione penale. Si procede d’ufficio e la competenza per materia va individuata nel tribunale in composizione monocratica del luogo in cui è stata commessa la violazione. La scelta obbligata dell’oblazione A questo punto, una volta valutata l’impossibilità di affrontare il processo addivenendo ad una soluzione assolutoria per il suo assistito, la strada processuale che un onesto avvocato deve proporre al suo assistito è quella dell’oblazione. L’art. 162- ter c.p. prevede che, prima dell’apertura del dibattimento, proprio nelle contravvenzioni per le quali la legge stabilisce la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda, può essere ammesso a pagare una somma pari alla metà del massimo dell’ammenda stabilita dalla legge per la contravvenzione oltre al pagamento delle spese processuali. Ecco dove si arriva alla fatidica somma di euro 103! perché estingue il reato. L’aspetto importante è che il pagamento della somma estingue il reato. Ecco perché l’oblazione rappresenta la strada processuale più favorevole per l’imputato. Le altre strade diverse dall’assoluzione piena sono meno favorevoli. Si pensi alla causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto ex art. 131- bis c.p. tra le tante notizie di violazioni del divieto restate a casa vi è quella del fidanzatino che litiga con la dolce metà al telefono e per fare pace cerca di raggiungerla alla sua abitazione. Si potrà tentare di arrivare alla tenuità del fatto perché il fatto è tipico, antigiuridico e colpevole in quanto vi è la consapevolezza di violare il divieto di uscire di casa, senza che possa sostenersi l’ignoranza della legge penale, né eventuali profili colposi e non dolosi, comunque punibili in quanto trattasi di contravvenzione . Ma sarebbe un verdetto finale meno favorevole dell’estinzione del reato. E in merito, da ultimo, la Suprema Corte ha affermato che la declaratoria della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non esclude l'interesse dell'imputato ad ottenere una pronuncia in ordine all'applicazione della causa di estinzione del reato dal momento che quest'ultima dispiega effetti più favorevoli rispetto a quelli previsti dall’art. 131- bis c.p. Sez. VI, numero /2019 . In arrivo una pioggia di decreti penali di condanna? Credo tuttavia che la strada che la pubblica accusa seguirà sia un’altra quella della richiesta di emissione al GIP di un decreto penale di condanna. Una volta emesso quest’ultimo dovrà essere notificato nel domicilio eletto. Dal momento della notifica, si hanno quindici giorni per poter proporre opposizione al decreto penale di condanna con contestuale richiesta di oblazione. La richiesta può essere proposta anche dal difensore senza che occorra procura speciale. L’obbligazione non è obbligatoria ma facoltativa , in quanto la valutazione del giudice è discrezionale può essere ammesso, dice la norma , sulla base degli indici di cui all’art. 133 c.p., fondamentalmente cristallizzati nel disposto di cui al comma 4 dell'art. 162- bis c.p. richiamante la gravità del fatto. Esclusione dell’oblazione per i recidivi. L'oblazione facoltativa è esclusa nel caso di recidiva anche se non dichiarata giudizialmente , abitualità o professionalità del reato rispettivamente ai sensi degli artt. 104 e 105 c.p., oltreché quando permangono conseguenze dannose o pericolose del reato eliminabili da parte del contravventore. Accertare prima se vi è una causa di proscioglimento. Il giudice, prima di effettuare la valutazione sull'oblazione, deve comunque verificare, ai sensi dell’art. 129 c.p.p., la non presenza di una causa di proscioglimento immediatamente evincibile ed eventualmente applicabile valutazione che è possibile sollecitare di parte anche in sede di richiesta oblativa, come afferma Sez. I, n. 23856/2016 , ma tale valutazione è diversa a seconda della fase in cui avviene ed in ragione del correlato materiale probatorio a disposizione. Secondo i dettami della sentenza n. 14 del 2015 della Corte Costituzionale, il giudice applica il 129 c.p.p. qualora disponga di una base conoscitiva adeguata e abbia proceduto ad ascoltare le parti. Sanzioni per autodichiarazioni mendaci il falso non ha ad oggetto le qualità personali. Cosa accade invece se il soggetto che esce di casa fornisce una giustificazione astrattamente valida ma falsa? Nel modulo di autocertificazione viene detto che scatta il delitto di falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri punito con la reclusione da uno a sei anni, e per i quali potrebbe disporsi l’arresto facoltativo in flagranza . Ma non è così, non essendo possibile sussumere la condotta in tale nella figura criminosa in quanto come sostiene la Suprema Corte integra il delitto di cui all'art. 495 c.p. la condotta del privato che attesti falsamente, al fine di essere ammesso a colloquio con un soggetto detenuto, di essere legato allo stesso da un rapporto di convivenza, vertendo tale dichiarazione sull'accertamento dei connotati della persona, integrativi o sostitutivi della identità o dello status del dichiarante, ovvero di situazioni di fatto cui l'ordinamento collega effetti giuridici, quali presupposti o condizioni di legittimazione nei rapporti intersoggettivi. Falsità ideologica in atto pubblico? Si potrebbe in questi casi al più configurare il delitto di cui all’art. 483 c.p. che, sotto la rubrica Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico , punisce la condotta di chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità in quanto la giurisprudenza, nel perimetrare i confini tra le varie fattispecie di falso, ha chiarito che la condotta del privato se verte sull'accertamento delle qualità personali del dichiarante l'identità della sposa , integra il delitto di cui all'art. 495 c.p., con esclusione sia di quello previsto dall’art. 483 c.p., che ricorre quando la falsa attestazione abbia ad oggetto fatti , sia di quello previsto dall’art. 496 c.p., configurabile solo in via residuale quando la falsità non abbia alcuna attinenza, neppure indiretta, con la formazione dell'atto pubblico. Tuttavia, la Cassazione ha specificato che alla stregua del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico è configurabile solo nei casi in cui una specifica norma giuridica attribuisca all’atto la funzione di provare i fatti attestati al pubblico ufficiale, così collegando l’efficacia probatoria dell’atto medesimo al dovere del dichiarante di affermare il vero Sez. V, n. 32859/2019 . Arresti illegittimi. In ogni caso, anche a voler sussumere le dichiarazioni mendaci nell’art. 483 c.p., è vietato l’arresto in quanto il reato è punito con la reclusione fino a due anni e, qualora fosse disposto, andrebbe dichiarato illegittimo. Clicca qui per consultare la sezione dedicata al decreto Coronavirus