Reato continuato e poteri del giudice dell’esecuzione nella determinazione della pena

In sede di applicazione della disciplina del reato continuato, ex art. 671 c.p.p., quando la pena più grave è inerente ad una violazione già ritenuta nella sentenza di condanna in continuazione con altri reati, il giudice dell’esecuzione non può determinare aumenti di pena diversi da quelli stabiliti dal giudice della cognizione nella stessa sentenza, restando fermo però il suo potere di autonoma determinazione degli incrementi di pena per gli ulteriori reati satelliti, separatamente giudicati e riconosciuti in continuazione con i primi, nel rispetto dei limiti statuiti in materia dagli articoli 81 e 671 c.p.p. .

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 9528/20, depositata il 10 marzo. Il caso. Il GIP, in funzione di giudice dell’esecuzione, accoglieva l’istanza presentata nell’interesse dell’indagato per ottenere il riconoscimento della continuazione in sede esecutiva fra due sentenze, rideterminando il complessivo trattamento sanzionatorio. Ricorre il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata poiché il Giudice, nella determinazione della pena, non aveva rispettato l’aumento per il reato satellite già stabilito dal giudice della cognizione nella prima sentenza. Reato continuato. Per i Supremi Giudici il ricorso è fondato. L’istituto processuale del riconoscimento della continuazione attribuisce al giudice dell’esecuzione il giudizio, proprio del giudice della cognizione, sulla sussistenza del vincolo del medesimo disegno criminoso tra reati separatamente giudicati e sulla quantificazione della pena, senza che però tale giudizio possa prescindere da quello espresso dal giudice della cognizione nel caso in cui il reato più gravemente punito sia stato già riconosciuto dallo stesso giudice in continuazione con altri reati con la determinazione di aumenti non più revocabili. Pertanto, la S.C. afferma che, in sede di applicazione della disciplina del reato continuato, ex art. 671 c.p.p., quando la pena più grave è inerente ad una violazione già ritenuta nella sentenza di condanna in continuazione con altri reati, il giudice dell’esecuzione non può determinare aumenti di pena diversi da quelli stabiliti dal giudice della cognizione nella stessa sentenza, restando fermo però il suo potere di autonoma determinazione degli incrementi di pena per gli ulteriori reati satelliti, separatamente giudicati e riconosciuti in continuazione con i primi, nel rispetto dei limiti statuiti in materia dagli articoli 81 e 671 c.p.p. . E siccome nel caso in esame il giudice dell’esecuzione non ha rispettato gli aumenti di pena già stabiliti dal giudice della cognizione, l’ordinanza impugnata va cassata con rinvio al giudice dell’esecuzione, in diversa persona, affinché proceda alla corretta determinazione del trattamento sanzionatorio per il riconosciuto reato continuato.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 14 gennaio – 10 marzo 2020, n. 9528 Presidente Mazzei – Relatore Aprile Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento impugnato, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rimini, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha accolto l’istanza presentata nell’interesse di M.L. volta a ottenere il riconoscimento della continuazione in sede esecutiva fra due sentenze, rideterminando il complessivo trattamento sanzionatorio in quello di anni cinque e mesi nove di reclusione. 2. Ricorre il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Rimini che chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata, denunciando la violazione di legge e il vizio della motivazione per essere stata erroneamente determinata la pena. Il giudice dell’esecuzione aveva correttamente individuato la pena più grave di cinque anni di reclusione nell’ambito di una sentenza di condanna per due delitti, già unificati nella medesima sentenza a norma dell’art. 81 c.p., e a tali reati aveva unificato un terzo delitto separatamente giudicato con altra sentenza. Nella determinazione della pena, però, non aveva rispettato l’aumento per il reato satellite già stabilito dal giudice della cognizione nella prima sentenza, lo aveva ridotto da nove mesi a cinque, e ad esso aveva aggiunto l’aumento per il delitto separatamente giudicato, determinato dallo stesso giudice dell’esecuzione in mesi quattro di reclusione in luogo degli originari mesi otto, con l’effetto, ritenuto giuridicamente aberrante dal ricorrente, di avere statuito una pena unica finale di cinque anni e nove mesi corrispondente alla pena inflitta dal giudice della cognizione nella sola sentenza di condanna per il reato continuato contenente la violazione più gravemente punita e, perciò, assunta a base del calcolo della riconosciuta continuazione esterna con il reato separatamente giudicato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 1.1. A seguito dell’istanza presentata da M.L. , il giudice dell’esecuzione ha unificato, ravvisando il vincolo della continuazione, i reati giudicati con le seguenti sentenze sentenza della Corte d’appello di Bologna del 12 aprile 2013, irrevocabile il 31 gennaio 2014, di condanna alla pena di cinque anni e nove mesi di reclusione per i reati di maltrattamenti e di violenza sessuale continuata, di cui agli artt. 572, 81 cpv. e 609-bis c.p. e art. 609-septies c.p., comma 1, n. 4, ai danni della convivente, commessi tra il 2006 e il 2008, ritenuti in continuazione tra loro sentenza della Corte d’appello di Bologna del 18 dicembre 2015, irrevocabile il 8 giugno 2016, di condanna alla pena di otto mesi di reclusione per il reato di maltrattamenti, di cui all’art. 572 c.p., in danno della figlia della convivente, commesso tra il 2006 e il 2008. 1.2. Nella determinazione del trattamento sanzionatorio il giudice dell’esecuzione, dopo avere individuato il reato più grave in quello di violenza sessuale continuata giudicato con la prima sentenza, per il quale era stata determinata dal giudice della cognizione la pena base di cinque anni di reclusione, ha operato un primo aumento per la continuazione interna ai plurimi episodi di violenza nella misura di un mese di reclusione e un secondo aumento di quattro mesi di reclusione per il reato di maltrattamenti giudicato con la stessa sentenza, cui ha aggiunto altri quattro mesi di reclusione per l’ulteriore delitto di maltrattamenti giudicato con la seconda sentenza, così determinando la pena finale complessiva di cinque anni e nove mesi di reclusione, pari al trattamento irrogato con la sola prima sentenza. 2.1. È utile ricordare che, in sede di cognizione, la commisurazione della pena è rimessa, nel rispetto della previsione edittale stabilita dalla legge, al giudizio discrezionale del giudice, e dunque costituisce punto della decisione che, ai sensi dell’art. 132 c.p., deve essere specificamente motivato per consentire il controllo sull’osservanza dei criteri dettati dalla legge artt. 133 e 133-bis c.p. per l’esercizio di tale potere. L’istituto processuale del riconoscimento della continuazione in executivis attribuisce al giudice dell’esecuzione il giudizio, proprio del giudice della cognizione, sulla sussistenza del vincolo del medesimo disegno criminoso tra reati separatamente giudicati e sulla conseguente quantificazione della pena complessiva, senza però che tale giudizio possa prescindere da quello espresso dal giudice della cognizione nel caso in cui il reato più gravemente punito, tra quelli da unificare, sia stato già riconosciuto dallo stesso giudice in continuazione con altre violazioni con la corrispondente determinazione di aumenti non più revocabili. L’applicazione della disciplina del reato continuato, a norma dell’art. 671 c.p.p., vincola il giudice dell’esecuzione non solo a considerare come violazione più grave quella per la quale è stata inflitta la pena più grave, come statuito dall’art. 187 disp. att. c.p.p., ma anche a rispettare gli aumenti di pena determinati nella sentenza di condanna per la violazione più grave che sia stata già riconosciuta in continuazione con altri reati. Se, dunque, il riconoscimento della continuazione rispetto a reati separatamente giudicati si innesta su una continuazione già riconosciuta dal giudice della cognizione, comprensiva della violazione sanzionata con la pena più grave, restano satelliti coi rispettivi aumenti di pena quelli già giudicati come tali e l’autonoma determinazione della pena da parte del giudice dell’esecuzione è limitata ai nuovi reati, separatamente giudicati, ai primi dallo stesso giudice unificati. 2.2. Nel caso in esame, il giudice dell’esecuzione non ha rispettato gli aumenti di pena già stabiliti dal giudice della cognizione nella sentenza di condanna contenente il reato più gravemente punito, ridotti da nove a cinque mesi di reclusione in violazione del precedente giudicato mentre avrebbe dovuto limitarsi, una volta riconosciuto come più grave il delitto di violenza sessuale già unificato al primo delitto di maltrattamenti, a determinare autonomamente la pena da applicare solo per il secondo delitto di maltrattamenti, separatamente giudicato e ai primi unificato, senza incorrere nel sostanziale annichilimento della pena per quest’ultimo irrogata, dopo avere illegittimamente ridotto gli originari aumenti già determinati dal giudice della cognizione per i reati in riconosciuta continuazione -interna con la violazione più grave. In conclusione, deve affermarsi il seguente principio di diritto In sede di applicazione della disciplina del reato continuato, a norma dell’art. 671 c.p.p., quando la pena più grave è inerente ad una violazione già ritenuta nella sentenza di condanna in continuazione con altri reati, il giudice dell’esecuzione non può determinare aumenti di pena diversi da quelli stabiliti dal giudice della cognizione nella medesima sentenza, fermo restando il suo potere di autonoma determinazione degli incrementi di pena per gli ulteriori reati satelliti, separatamente giudicati e riconosciuti in continuazione con i primi, nel rispetto dei limiti statuiti in materia dagli artt. 81 e 671 c.p.p. . 3. L’ordinanza impugnata va dunque annullata con rinvio al giudice dell’esecuzione perché, in diversa persona fisica Corte Cost. n. 183 del 2013 , proceda a corretta determinazione del trattamento sanzionatorio per il riconosciuto reato continuato, attenendosi ai principi di diritto come sopra enunciati. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata, limitatamente alla determinazione della pena, e rinvia per nuovo esame sul punto al Tribunale di Rimini Giudice per le indagini preliminari.