Atti sessuali con un minorenne: niente detenzione domiciliare nonostante gli 86 anni di età

Respinta definitiva la richiesta presentata da un anziano detenuto. Confermato il carcere, dove l’uomo dovrà rimanere fino alla fine del 2022. Irrilevante il dato anagrafico da solo per giustificare la detenzione domiciliare.

L’età avanzata – 86 anni, in questa vicenda – non è dato sufficiente per ritenere disumana” la costrizione in carcere per scontare la pena Cassazione, sentenza n. 8585/20, sez. I Penale, depositata oggi . Condanna. Riflettori puntati su un anziano uomo, che ha superato gli 86 anni di età e si ritrova in carcere a seguito di una condanna per ripetuti atti sessuali con un minorenne di neanche 14 anni , anche dietro il pagamento di un corrispettivo” in denaro e con ‘fine pena’ prevista per dicembre del 2022. In ballo la sua richiesta di ottenere la detenzione domiciliare. Su questo punto dal Tribunale di sorveglianza arriva un netto rifiuto. Decisivo non solo il richiamo alla gravità del reato commesso dall’uomo, ma anche alla relazione medica che attesta che egli non è affetto da patologie gravi. Per chiudere il cerchio, poi, viene anche sottolineata la totale mancanza di rivisitazione critica dei fatti commessi” e ciò, spiega il Tribunale di sorveglianza, comporta un attuale pericolo di recidiva, non contenibile con misure alternative”. Età. Il legale dell’anziano detenuto prova a proporre in Cassazione una visione diversa, puntando soprattutto sul dato anagrafico del suo cliente. Per i Giudici del ‘Palazzaccio’, però, i paletti fissati nell’ambito dell’ordinamento penitenziario sono netti la condizione di ultrasessantenne del richiedente la detenzione domiciliare speciale è posta come condizione di concedibilità ove questi sia parzialmente inabile” ma, chiariscono i magistrati, la norma non autorizza a soluzioni interpretative come quella proposta” dal legale secondo cui ove l’età anagrafica – 86 anni, in questo caso – sia ancora più avanzata, si assista ad una intensificazione del significato assegnato al requisito, quasi che esso possa autonomizzarsi dall’altro requisito concorrente della inabilità anche parziale, e sostenere da solo un giudizio di meritevolezza della misura extramuraria”. Invece, la norma muove dalla premessa che, superata la soglia di età indicata, anche una persona molto anziana possa non essere inabile, a dispetto del fatto che altra persona, assai meno anziana ma comunque ultrasessantenne, possa invece versare in tale condizione”. Di conseguenza, non è contestabile, spiegano i giudici, la legge laddove prescrive il divieto di detenzione inframuraria dell’ultrasettantenne, sempre che vi sia una concorrente condizione di inabilità, anche parziale, che determini una situazione di incompatibilità”. Fondamentale la constatazione che il fattore ostativo alla prosecuzione della detenzione carceraria, quale che sia l’età della persona, è il fatto che questa versi in condizione di salute particolarmente gravi che richiedano costanti contatti con i presidi sanitari territoriali”.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 28 gennaio – 3 marzo 2020, n. 8585 Presidente Siani – Relatore Santalucia Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di sorveglianza di Firenze ha rigettato la richiesta di Ar. Mi., detenuto in espiazione confine pena al 26 dicembre 2022 in forza della condanna per il reato continuato di compimento di atti sessuali con un minore degli anni quattordici, anche dietro pagamento di corrispettivo, diretta alla concessione della detenzione domiciliare. Il Tribunale ha osservato che dalla sentenza di condanna si trae che la condotta criminosa fu ripetuta più volte, fu commessa in danno di un minore a cui mancava la figura paterna e quindi con approfitta mento di tale situazione di particolare debolezza, ed ha aggiunto che il condannato nega totalmente i fatti. Il condannato, come si desume dalla relazione medica, non è affetto da patologie gravi, sicché difettano i requisiti di ammissibilità della misura di cui all'art. 47 ter, comma 1, lett. d , ord. pen., come peraltro difettano i requisiti previsti dalle altre disposizioni in materia. Il Tribunale ha aggiunto che la totale mancanza di rivisitazione critica dei fatti commessi comporta un attuale pericolo di recidiva, non contenibile con misure alternative. 2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il difensore di Ar. Mi., che ha articolato più motivi. 2.1. Con il primo motivo ha dedotto vizio di violazione di legge nella parte in cui si è negata la concessione della detenzione domiciliare, nonostante l'età avanzata e la documentata inabilità, facendo invece riferimento ad altra previsione di legge che ammette alla detenzione domiciliare per i casi di patologie gravi che inficino lo stato di salute. 2.2. Con il secondo motivo ha dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione nella parte in cui è stata omessa ogni valutazione circa il dato dell'età avanzata in relazione allo stato detentivo, la lontananza temporale dei fatti per i quali è intervenuta condanna e l'assenza di altri reati al ricorrente addebitabili. 2.3. Con il terzo motivo ha dedotto vizio di violazione di legge perché lo stato di restrizione carceraria, attese le condizioni personali del ricorrente, si risolve in un trattamento contrario al senso di umanità che viola il diritto di cui all'art. 3 della Convenzione Edu, come interpretato dalla Corte Edu. 2.4. Con il quarto motivo ha prospettato la questione di illegittimità costituzionale dell'art. 47 ter ord. pen., nella parte in cui non prevede per i condannati ultrasettantenni l'incompatibilità presunta della detenzione in carcere, similmente a quanto l'art. 275, comma 4, cod. proc. pen., fa in riferimento alla restrizione carceraria di tipo cautelare. 3. Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso. 4. Successivamente il difensore di Ar. Mi. ha depositato memoria con cui ha rappresentato che il Tribunali sorveglianza, con ordinanza del 14 novembre 2019 ha nuovamente rigettato la richiesta di detenzione domiciliare, reiterata nell'ambito del giudizio afferente la domanda, prima proposta, di affidamento in prova al servizio sociale. Considerato in diritto 1. Il ricorso non merita accoglimento per le ragioni di seguito esposte. 2. Il primo motivo è genericamente articolato. Il ricorrente lamenta che il Tribunale non ha fatto corretta applicazione della disposizione che, in tema di detenzione domiciliare cd. speciale, prevede la concessione della misura, a condizione che la pena da espiare non sia superiore a quattro anni, in favore della persona di età superiore a sessanta anni, se inabile anche parzialmente. Afferma infatti che avrebbe dovuto considerare che condizione legittimante la concessione della misura è anche l'inabilità parziale e non soltanto l'inabilità per così dire totale, ma non specifica in cosa concretamente sussista la evocata e non descritta condizione di parziale inabilità. Si consideri, peraltro, che, con la successiva ordinanza di rigetto del 14 novembre 2019, il Tribunale di sorveglianza ha specificato le condizioni patologiche del richiedente, indicando generici problemi cardiaci e la cataratta, al contempo definendo la situazione stazionaria e non grave. Il fatto che Ar. Mi. sia stato ricoverato in ospedale per broncopolmonite e insufficienza renale, con degenza di circa dieci giorni, come si legge nella memoria successivamente depositata, nulla invero dice, con la specificità che sarebbe stata necessaria, su una dedotta condizione di inabilità parziale. 3. Il secondo motivo è manifestamente infondato. La condizione di ultrasessantenne del richiedente la detenzione domiciliare speciale, ai sensi dell'art. 47 ter, lett. d , ord. pen., è posta come condizione di concedibilità ove questa sia parzialmente inabile, ma la norma non autorizza a soluzioni interpretative come quella proposta in ricorso, secondo cui ove l'età anagrafica sia ancora più avanzata, come nel caso in esame essendo il ricorrente un ottantaseienne, si assista ad una intensificazione del significato assegnato al requisito, quasi che esso possa autonomizzarsi dall'altro concorrente della inabilità anche parziale, e sostenere da solo un giudizio di meritevolezza della misura extramuraria. La norma invero muove dalla premessa che, superata la soglia di età indicata, anche una persona molto anziana possa non essere inabile a dispetto del fatto che altra, assai meno anziana ma comunque ultrasessantenne, possa invece versare in tale condizione. 4. Il terzo e il quarto motivo sono infondati. 4.1. La condizione di restrizione carceraria non si risolve automaticamente, nei confronti della persona in stato di età avanzata, in una situazione di trattamento inumano e degradante, atteso che l'istituzione carceraria dispone degli strumenti per fronteggiare bisogni assistenziali che abbiano ad insorgere. Ne è dimostrazione proprio quel che è indicato in ricorso, ossia che Ar. Mi. è allocato nel centro clinico del carcere dall'inizio della sua detenzione fl. 6 . Circa poi il preteso contrasto con l'art. 3 Cost, sotto il profilo della disparità di trattamento in favore dell'ultrasettantenne in custodia cautelare rispetto a quello in esecuzione di pena, si rileva che la condizione per così dire di favore sembra per il vero afferire a quest'ultimo, per le ragioni che sono state compiutamente indicate nella pronuncia con cui si è dichiarata la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 275, comma quarto, cod. proc. in relazione all'art. 3 cost. nella parte in cui non estende il divieto di custodia cautelare in carcere alle persone ultrasessantenni, inabili anche parzialmente, come previsto dall'art. 47 ter, comma uno, lett. d , ord. pen. in materia di esecuzione di pena non superiore a quattro anni, in quanto si tratta di previsioni rispondenti a logiche e finalità differenti, connesse, in un caso, all'andamento del processo e alla tutela della collettività e, nell'altro, alla rieducazione del condannato e a un trattamento che non sia contrario al senso di umanità . - Sez. 1, n. 2441 del 16/11/2016, dep. 2017, P., Rv. 268928 -. 4.2. È infine manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell'art. 47 ter, comma 1, lett. d , ord. pen., per asserita violazione degli artt. 3 e 27, comma 3, cost. La legge, infatti, prescrive il divieto di detenzione inframuraria dell'ultrasettantenne sempre che vi sia una concorrente condizione, appunto di inabilità anche parziale, che determini una situazione di incompatibilità, e prende in considerazione come fattore ostativo alla prosecuzione della detenzione carceraria, quale che sia l'età della persona, il fatto che questa versi in condizione di salute particolarmente gravi, che richiedano costanti contatti con i presidi sanitari territoriali - art. 47 ter, comma 1, lett. c , ord. pen -. Non v'è pertanto alcuna pretermissione di quegli aspetti di vita e di condizione personale che possano far degradare il momento di espiazione della pena in un ambito di contrasto con i principi di uguaglianza e di umanità della pena. 5. Per quanto detto, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.