Ricorso per correzione di errore di fatto non attivabile qualora la parte censuri non già un errore percettivo bensì un giudizio

In tema di ricorso straordinario, qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia contenuto valutativo, come nel caso di specie in cui viene dedotto un errore di valutazione circa la validità delle notifiche, non è configurabile un errore di fatto bensì un giudizio, come tale estraneo alle finalità del rimedio ex art. 625-bis c.p.p.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Quinta Penale, con la sentenza n. 6783 depositata il 20 febbraio 2020. Il ricorso per correzione dell’errore di fatto le censure del ricorrente. La nuova formulazione dell’art. 625- bis c.p.p. prevede due istituti distinti il ricorso per la correzione di errore materiale, che costituisce un mezzo di rettifica del testo grafico, nonché il ricorso per correzione di errore di fatto che costituisce una vera e propria impugnazione. Nella specie, il ricorso straordinario ex art. 625- bis c.p.p. è stato esperito avverso una pronuncia della Cassazione con la quale, tra gli altri, era stato ritenuto inammissibile il motivo relativo alla nullità della notifica del decreto di citazione in appello, in quanto effettuata presso il difensore ai sensi dell’art. 161, comma 4, c.p.p., senza che la predetta notifica avesse preceduto la ricerca svolta dall’ufficiale giudiziario presso il domicilio dichiarato dell’imputato. Questa era stata disposta soltanto successivamente, in sede di rinnovazione della notifica da parte della Corte d’appello, e aveva dato esito negativo. Ritiene il ricorrente che l’errore di fatto decisivo riguardi la ritenuta validità della notifica al difensore, che avrebbe alterato il processo decisionale dei giudici di legittimità. Il rimedio è attivabile solo in presenza di erronea rappresentazione percettiva e non può essere finalizzato ad una rivalutazione degli elementi probatori o processuali. La Corte dichiara il ricorso straordinario per errore di fatto inammissibile, perché mancante delle condizioni che legittimano l’impugnazione. Ricorda come, sul punto. le Sezioni Unite abbiano chiarito che il ricorso in esame costituisce una vera e propria impugnazione, dovendosi qualificare come errore di fatto soltanto quello avente ad oggetto l’erronea supposizione dell’esistenza o inesistenza di un fatto decisivo ai fini del decidere. Qualora, invece, la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto bensì un giudizio, come tale escluso dal rimedio di cui all’art. 625- bis poiché non finalizzato al riesame di valutazioni. Osserva la quinta sezione sul ricorso di specie che gli errori denunciati dalle parti non sono riconducibili alla suddetta categoria, apparendo evidente che l’imputato, attraverso l’impugnazione, solleciti una nuova valutazione delle risultanze processuali che avrebbero condotto all’invalidità della procedura notificatoria. Si tratta, in altri termini, non di un errore di fatto bensì di un giudizio circa la validità delle notifiche, completamente estraneo alle finalità del rimedio esperito. Riprova di ciò è che le medesime censure erano state oggetto del ricorso per cassazione deciso con la sentenza avverso la quale è stato avviato il procedimento di cui all’art. 625- bis c.p.p. In quella circostanza la Corte aveva ritenuto valida la notifica presso il difensore avvenuta a mezzo pec, avendo in atti verificato che, anche se effettuate successivamente alla predetta notifica su disposizione della Corte territoriale, le ricerche presso il domicilio dell’imputato erano risultate del tutto negative. Infine, va ricordato come sia consolidato in giurisprudenza che non dà luogo a nullità, ma a mera irregolarità, la notificazione all’imputato mediante consegna al difensore che ometta di menzionare nella relata di notifica l’impossibilità di effettuare la consegna al domicilio eletto o dichiarato e le ricerche svolte, se l’imputato stesso si sia trasferito senza revocare l’originaria elezione.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 11 ottobre 2019 – 20 febbraio 2020, n. 6783 Presidente De Gregorio – Relatore Calaselice Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 7 novembre 2017 n. 31238 - 19, la sezione Prima penale di questa Corte di Cassazione dichiarava, tra gli altri, inammissibili i ricorsi proposti da C.D. e M.F. , contro la sentenza con la quale la Corte di appello di Napoli, in data 10 maggio 2016, aveva rideterminato la pena irrogata agli imputati, all’esito di rito abbreviato, in quella di mesi dieci giorni venti di reclusione, confermando nel resto l’impugnato provvedimento, per il reato di porto illegale di esplosivi a bordo di una vettura circolante sulla pubblica via art. 110 c.p., L. n. 895 del 1967, artt. 2 e 4 . 1.1. La sentenza impugnata ha respinto le eccezioni difensive rilevando che nell’udienza del 1 marzo 2016 era stata ordinata la rinnovazione della citazione per la successiva udienza del 10 maggio 2016, con decreto notificato a M. il 6 maggio 2016, mentre per il C. si osservava che, dalla relata dell’ufficiale giudiziario del 5 aprile si ricavava che la notifica presso il domicilio dichiarato era risultata impossibile. 2. Avverso tale sentenza hanno proposto tempestivo ricorso straordinario, ex art. 625-bis c.p.p. gli imputati, a mezzo del difensore di fiducia, avv.to Giva Lorenzo, denunciando decisivo errori di fatto che, secondo il ricorso, avrebbero alterato il processo di formazione della volontà decisoria dei giudici di legittimità. In particolare si deduce per C. che era stata eccepita l’erronea notifica del decreto di citazione in appello, effettuata presso il difensore, ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4, eseguita a mezzo P.E.C., invece che presso il domicilio dichiarato dell’imputato. Per il M. secondo il ricorso, era stata eccepita la tardività della notifica effettuata, ai sensi dell’art. 601 c.p.p., cinque giorni prima dell’udienza. La nullità assoluta dedotta sarebbe stata esclusa dalla Corte di legittimità in base ad un erroneo presupposto di fatto, rilevato dalla sentenza impugnata. Ed invero si assume che la notifica a C. risulta compiuta presso il difensore, ancor prima delle indicate ricerche, svolte dall’ufficiale giudiziario, in data 2 aprile 2016, mentre la relazione dell’ufficiale giudiziario è del 6 aprile 2016. Relativamente alla posizione di M. i ricorso evidenzia che il decreto di citazione, per l’udienza del 10 maggio 2016, era stato notificato 6 maggio, senza, quindi, che la Corte di legittimità ne avesse rilevato l’intempestività, dando luogo a nullità assoluta, insanabile posto che sì tratterebbe di notifica che non ha consentito l’effettiva conoscenza dell’atto. Considerato in diritto 1. Il ricorso straordinario per errore di fatto deve essere dichiarato inammissibile, per manifesta insussistenza delle condizioni che legittimano l’impugnazione straordinaria contemplata dall’art. 625-bis c.p.p 2. Si rileva che, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, il nuovo testo dell’art. 625-bis c.p.p. prevede due istituti distinti uno - il ricorso per la correzione di errore materiale - costituisce un mezzo di rettifica del testo grafico l’altro - il ricorso per correzione di errori di fatto - costituisce una vera e propria impugnazione, dovendosi qualificare come errore di fatto, che legittima il ricorso avverso sentenze di legittimità, soltanto quello avente ad oggetto l’erronea supposizione dell’esistenza o dell’inesistenza di un fatto decisivo ai fini del decidere Sez. U., n. 16104 del 27/03/2002 . Come affermato dal Supremo Collegio nella sua espressione più autorevole, in tema di ricorso straordinario, qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia, comunque, contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio, come tale escluso dal rimedio previsto dall’art. 625-bis c.p.p. citato, istituto non finalizzato al riesame di valutazioni cfr. Sez. U., n. 18651 del 26/03/2015, Rv. 263686 Sez. 5, n. 7489 del 28/11/2013, Rv. 259531 . 3. Orbene i pretesi errori denunciati non sono riconducibili a nessuna delle categorie previste dall’art. 625-bis c.p.p., apparendo evidente, piuttosto che, attraverso la presente impugnazione gli imputati sollecitino una nuova valutazione delle risultanze processuali che avrebbero condotto all’invalidità della procedura notificatoria, deducendo un erroneo vaglio delibativo di aspetti del compendio degli atti processuali, che si traduce, nella stessa prospettazione di parte ricorrente, in un preteso errore non di fatto, bensì di giudizio circa la validità delle notifiche, completamente estraneo alle finalità dell’istituto di cui all’art. 625-bis c.p.p. citato. 3.1. Si chiede, in sostanza, a questa Suprema Corte una rivisitazione che ha natura valutativa, inibita in questa sede, tanto che viene devoluto, quanto alla posizione di C. , la stessa censura che aveva formato oggetto del ricorso per cassazione, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c cfr. primo motivo di ricorso depositato il 5 luglio 2016 , decisa con la sentenza oggetto del presente procedimento, avviato ai sensi dell’art. 625-bis c.p.p 3.1. Con riferimento alla posizione di M. si osserva che la censura è inammissibile. Si rileva che dinanzi alla Corte di cassazione, sezione Prima penale, il ricorrente aveva eccepito con il primo motivo di ricorso, che il decreto notificato all’imputato a mezzo p.e.c. presso il difensore, non recava una data di comparizione successiva alla notifica, essendo questa intervenuta in data 2 aprile 2016, mediante consegna al difensore, mentre l’atto recava la data del 22 dicembre 2015 quale udienza di comparizione inoltre si eccepiva che non vi era stato accertamento precedente circa l’impossibilità della notifica presso il domicilio dichiarato o eletto dal M. , onde dar luogo a regolare notifica, ex art. 161 c.p.p., comma 4, presso il difensore. L errore dell’iter della notifica in cui sarebbe incorsa la Corte di legittimità, che viene dedotto in questa sede, invece, attiene alla dedotta intempestività della notifica del decreto di citazione, ritenuta tale dalla Corte di cassazione, pur risultando eseguita in data 6 maggio 2016, a fronte di udienza da celebrarsi in data 10 maggio 2016. Si prospetta, dunque, per M. una critica inammissibile, in primo luogo perché devolve un fatto nuovo, non sottoposto al vaglio della Corte di legittimità nel procedimento deciso con la sentenza che si assume affetta da errore di fatto, comunque censurando, in secondo luogo, la decisione relativa alla tempestività della notifica, critica comunque estranea al perimetro dell’istituto invocato, di cui all’art. 625-bis c.p.p 3.2. Con riferimento alla posizione di C. il ricorso è, del pari, inammissibile. Alla sezione Prima penale era stato eccepito, con il ricorso, che la notifica del decreto di citazione in appello, era nulla per essere stata eseguita a mezzo p.e.c. presso il difensore ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4, senza detta notifica fosse preceduta da ricerche presso il diverso domicilio dichiarato o eletto dall’imputato, procedendo, peraltro, a inoltro dell’atto in data 2 aprile 2016, per l’udienza precedente del 22 dicembre 2015. Sul punto si osserva che la Corte di cassazione nella sentenza impugnata per errore di fatto, ha dato conto della rinnovazione della notifica, disposta dalla Corte di appello per la successiva udienza del 10 maggio 2016, con relata di notifica negativa dell’ufficiale giudiziario cfr. relata in atti sul citofono non risulta e non ottenuta alcuna utile informazione in merito nonostante le ricerche , quanto alle ricerche svolte per il C. presso il domicilio dichiarato, del 5 aprile 2016. La pronuncia reputa, quindi, valida la notifica avvenuta a mezzo p.e.c. ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4, presso il difensore, in data 2 aprile 2016, avendo in atti verificato che, in ogni caso, le ricerche presso il domicilio dichiarato dall’imputato erano risultate del tutto negative. Anche in relazione a tale imputato, dunque, si chiede in questa sede la rivalutazione del giudizio di regolarità della notifica del decreto di citazione in appello, non consentita non trattandosi, nemmeno secondo la prospettazione del ricorso, di errore di fatto ma di valutazione compiuta dalla Corte di legittimità circa la validità del procedimento di notificazione, ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4. È appena il caso di osservare che, secondo diverse pronunce di questa Corte di legittimità non dà luogo a nullità, ma ad una mera irregolarità, la notificazione all’imputato mediante consegna al difensore, a norma dell’art. 161 c.p.p., comma 4, che ometta di menzionare nella relata di notifica, l’impossibilità di effettuare la consegna al domicilio eletto o al domicilio dichiarato e le ricerche svolte per raggiungere l’effettivo destinatario dell’atto, nel caso in cui l’imputato stesso si sia trasferito dal luogo del domicilio eletto o dichiarato, senza revocare l’originaria elezione o dichiarazione Sez. 6, n. 3714 del 09/01/2013, Schioppa, Rv. 254471 Sez. 6, n. 8859 del 1998, Brunori, Rv. 212007 Sez. 3, n. 3691 del 28/01/1998, Sterpetti, Rv. 210295 . Va, poi, tenuto conto che secondo questa Corte, nella sua composizione più autorevole, ove la notifica presso il domicilio eletto sia divenuta impossibile, per mancato reperimento in loco, nonostante le ricerche dell’ufficiale notificatore, detto domicilio dichiarato o eletto deve essere considerato inidoneo e, dunque, legittima la valida notifica presso il difensore, a mente dell’art. 161 c.p.p., comma 4, Sez. U., n. 28451 del 28/04/2011, Pedicone, Rv. 250120 . 4. Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso di cui in premessa va dichiarato inammissibile, con condanna dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento ciascuno alle spese del procedimento ed, in favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo fissare nella misura indicata in dispositivo, tenuto conto dei profili di colpa relativi alla evidente inammissibilità dell’impugnazione cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000 . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.