Affida il cane alla moglie che lo abbandona in strada: colpevole anche il marito

Evidenti per i Giudici le responsabilità dell’uomo, che si è assentato per quasi un mese e ha deciso di lasciare l’amato quadrupede alla consorte, pur consapevole dell’astio della donna verso l’animale. Responsabile penalmente anche lui, punito, come la moglie, con 800 euro di ammenda.

Se la coppia scoppia, e i coniugi si dicono addio, a rimetterci può essere anche l’animale domestico, amato dall’uomo ed odiato dalla donna, che, ritrovatasi a doverlo gestire per quasi un mese a causa dell’assenza per ragioni di lavoro del marito, decide di portarlo lontano dalla loro casa. Evidente la responsabilità della moglie per il reato di abbandono di animale”. Ma a colpevole è anche l’uomo, che non avrebbe mai dovuto lasciare l’adorato quadrupede alla consorte, proprio perché consapevole della malcelata antipatia da parte di lei verso l’animale Cassazione, sentenza n. 6609/20, sez. III Penale, depositata oggi . Al palo. Scenario dell’assurda vicenda è l’isola di Ischia. Lì, in una giornata di ottobre del 2012, un cane – un bulldog, per la precisione –, dotato di regolare microchip, viene ritrovato legato a un palo, sito all’interno di un presidio sanitario”. E proprio grazie al piccolo circuito elettronico è facile risalire al padrone, Carlo – nome di fantasia – , anche se poi si scopre che quest’ultimo è assente da tempo per lavoro, e il quadrupede è stato affidato alla moglie, Federica – nome di fantasia –, nonostante tra i due coniugi la relazione abbia subito una rottura, almeno momentanea. Quest’ultimo dettaglio viene ritenuto irrilevante, e così moglie e marito finiscono tutti e due sotto processo per abbandono di animali”. Il quadro probatorio è chiaro, secondo i giudici del Tribunale che condannano i coniugi alla pena di 800 euro di ammenda ciascuno” A non accettare questa decisione è però solo il marito. Ecco spiegato il suo ricorso in Cassazione, finalizzato a ridimensionare, se non addirittura a cancellare, la colpa addebitatagli in Tribunale. Più precisamente, l’uomo richiama il principio secondo cui il proprietario, che abbia affidato il cane a una terza persona, risponde dell’abbandono solo quando detto abbandono sia concretamente prevedibile” e osserva che in questa vicenda l’abbandono” del suo bulldog non era prevedibile, poiché il cane si trovava nella disponibilità della moglie da quasi due anni”. Peraltro, sempre secondo l’uomo, è difficile anche sostenere la tesi dell’”abbandono di animale”, poiché il cane è stato lasciato per due ore all’ingresso di un centro veterinario” e quindi non si trovò sprovvisto di custodia e cura, né comunque esposto a pericoli per la propria incolumità”. Rischio. Non ci sono però giustificazioni plausibili per l’uomo, almeno secondo i giudici della Cassazione, che ne confermano la condanna per abbandono di animale”. In premessa viene ricordato che integra la contravvenzione” punita dal Codice Penale la condotta di distacco volontario dall’animale, condotta che consiste nell’interruzione della relazione di custodia e di cura instaurata con l’animale precedentemente detenuto, lasciandolo in un luogo ove non riceverà alcuna cura, a prescindere dalla verificazione di eventi ulteriori conseguenti all’abbandono, quali le sofferenze o la morte dell’animale”. Passando dalla teoria alla pratica, è evidente, per i giudici, in questa vicenda la concretizzazione del reato di abbandono di animale”, poiché si è appurato che il cane fu casualmente trovato legato a un palo nella zona del presidio sanitario da un dipendente”. Nessun dubbio, quindi, sul fatto che il cane fu abbandonato, lasciato in balia di sé stesso per un apprezzabile lasso di tempo, legato a un palo e senza essere affidato alla custodia e alla cura di altro soggetto”. Come detto, fu poi accertato che il cane era nella materiale disponibilità della moglie di Carlo, risultato assente dall’isola per motivi di lavoro”. Allo stesso tempo, è stata anche verificata l’inesistenza di accordi tra i coniugi, che avevano deciso di separarsi legalmente e di interrompere la coabitazione, riguardo a chi di loro due dovesse prendere in custodia ed accudire il cane in modo esclusivo”. E a inchiodare l’uomo alle proprie responsabilità è, secondo i giudici, il fatto che egli si sia chiaramente rappresentato la verificazione dell’abbandono dell’animale”. In sostanza, Carlo ha, secondo i giudici, accettato che la moglie, cui aveva affidato la custodia del cane, abbandonasse l’animale”. La decisione della donna era, sempre secondo i giudici, preventivabile, soprattutto tenendo presente che era stato proprio il marito a portare in casa il cane, nonostante il dissenso della consorte” causato sia dal costo dell’animale, che era stato pagato 1.400 euro benché le condizioni economiche della famiglia non fossero floride, sia dal fatto che la donna non amava gli animali, e, oltretutto, il cane in casa rompeva le sedie e sbavava continuamente, tanto che ella era esasperata da questa situazione”. In sostanza, l’uomo si è rappresentato la circostanza che la moglie, a cui aveva affidato il cane durante il suo periodo di assenza per motivi di lavoro, potesse concretamente abbandonare il quadrupede”, ma nonostante ciò egli non ha trovato una collocazione alternativa per il suo animale, assumendosi, in sostanza, il rischio che si verificasse l’abbandono, come poi è avvenuto”.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 20 novembre 2019 – 20 febbraio 2020, n. 6609 Presidente Lapalorcia– Relatore Corbetta Ritenuto in fatto 1. Con l'impugnata sentenza, il Tribunale di Napoli-sezione distaccata di Ischia condannava Ni. Bu. e Gi. Bu. alla pena di 800 Euro di ammenda ciascuno, con i doppi benefici di legge per entrambi gli imputati, per il reato di cui all'art. 727 cod. pen., a loro contestato per avere abbandonato, legandolo a un palo sito all'interno del presidio sanitario di Villa romana, un cane di razza bulldog con microchip di riconoscimento n. omissis . Fatto commesso in Ischia il 11/10/2012. 2. Avverso l'indicata sentenza, Ni. Bu., per il tramite del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi. 2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b ed e cod. proc. pen. in relazione agli artt. 192, 546, comma 1, lett. e cod. proc. pen. e 727 cod. pen. Assume il ricorrente che la motivazione con cui il Tribunale ha affermato la penale responsabilità dell'imputato - e cioè perché era consapevole dell'avversione della ex moglie nei confronti del cane - è frutto di motivazioni apodittiche e illogiche per un verso, il Tribunale, dopo avere ritenuto credibile la testimonianza della teste Postiglione nella parte in cui ha affermato che il cane si trovasse nella disponibilità del Bu., avrebbe dovuto motivare le ragione per cui Gi. Bu. non avrebbe mai mostrato particolare affetto nei confronti dell'animale per altro verso, la teste Lucia Dorè ha spiegato di avere appreso che la Bu. abbandonò il cane perché la figlia del nuovo compagno era allergica ai peli. 2.2. Con il secondo motivo si eccepisce la violazione dell'art. 606, comma 1, b ed e cod. proc. pen. in relazione agli artt. 192, 546, comma 1, lett. e cod. proc. pen. e 727 cod. pen. Ad avviso del ricorrente, il Tribunale non avrebbe correttamente applicato il principio secondo cui il proprietario, che abbia affidato il cane a un terzo, risponde dell'abbandono solo quando detto abbandono sia concretamente prevedibile, circostanza in relazione alla quale il Tribunale ha omesso qualsivoglia motivazione, e tenendo conto che il cane si trovava nella disponibilità di Gi. Bu. da quasi due anni. 2.3. Con il terzo motivo si lamenta la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b ed e cod. proc. pen. in relazione agli artt. 192, 546, comma 1, lett. e cod. proc. pen. e 727 cod. pen. Secondo il ricorrente, difetterebbero gli elementi costitutivi del reato in esame, considerando che il cane, lasciato per due ore all'ingresso del centro veterinario, non si trovò sprovvisto di custodia e cura e, comunque, esposto a pericolo per la propria incolumità. 2.4. Con il quarto motivo si censura la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b cod. proc. pen. in relazione agli artt. 157 cod. proc. pen. Deduce il ricorrente che il reato, accertato il 11/10/2012, sarebbe in ogni caso prescritto. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2. Per dare un ordine logico alla trattazione delle questioni dedotte, occorre prendere le mosse dal terzo motivo, con cui il ricorrente contesta la sussistenza dell'elemento oggettivo del reato. 3. Il motivo è manifestamente infondato. 3.1. Invero, va ricordato che integra la contravvenzione di abbandono di animali art. 727, comma primo, cod. pen. la condotta di distacco volontario dall'animale Sez. 3, n. 18892 del 02/02/2011 - dep. 13/05/2011, Mariano, Rv. 250366 , che consiste nell'interruzione della relazione d custodia e di cura instaurata con l'animale precedentemente detenuto, lasciandolo in un luogo ove non riceverà alcuna cura, a prescindere dalla verificazione di eventi ulteriori conseguenti all'abbandono, quali le sofferenze o la morte dell'animale, eventi che fuoriescono dal perimetro della tipicità disegnato dalla norma incriminatrice. 3.2. Nel caso in esame, il Tribunale ha correttamente ravvisato gli estremi oggettivi del reato ex art. 727 cod. pen., avendo accertato che il cane, in data 11/10/2012, fu casualmente trovato legato a un palo all'esterno del presidio sanitario a.s.l. da un dipendente di detto presidio, Ciro Sarno, il quale, grazie al microchip, risali al proprietario, ossia al Bu., che però non riuscì a contattare perché assente dall'isola per motivi di lavoro, come riferitogli dalla madre dell'imputato costei precisò che il cane era stato affidato alla moglie del Bu., la quale, sebbene convocata, non passò a prendere l'animale, che fu trasferito al canile e successivamente ritirato da un delegato del Bu E' perciò evidente che il cane sia stato abbandonato, essendo stato lasciato in balia di sé stesso per un apprezzabile lasso di tempo, legato a un palo, e senza essere affidato alla custodia e alla cura di altro soggetto. 4. Il primo motivo e il secondo motivo, esaminabili congiuntamente per la stretta correlazione logica e giuridica delle questioni dedotte, sono manifestamente infondati. 4.1. Secondo quanto accertato dal Tribunale, il cane, al momento del fatto, era nella materiale disponibilità della moglie del Bu., come riferito al Sarno dalla madre dell'imputato, anche considerando che l'imputato medesimo era assente dall'isola per motivi di lavoro dal 01 al 23 novembre. Il Tribunale ha altresì accertato l'inesistenza di accordi tra il Bu. e la moglie, che avevano deciso di separarsi legalmente e di interrompere la coabitazione, riguardo a chi dei due dovesse prendere in custodia ed accudire il cane in modo esclusivo. 4.2. Quanto all'elemento soggettivo, il reato ex art. 727, comma 1, cod. pen., modellato come illecito contravvenzionale, può essere indifferentemente realizzato con dolo o con colpa. Nessun ostacolo, perciò si oppone alla configurabilità del dolo nella forma eventuale, che si realizza quando l'agente, nonostante si sia chiaramente rappresentato la verificazione dell'abbandono dell'animale, si sia comunque determinato ad agire, anche a costo del verificarsi dell'evento lesivo. Nel caso in esame, il Tribunale si è attenuto al principio ora enunciato ritenuta la penale responsabilità di Gi. Bu., non ricorrente, quale autrice materiale dell'abbandono, ha ravvisato in capo all'imputato non la colpa, come dedotto dal ricorrente con il terzo motivo, ma il dolo eventuale, avendo il Bu. accettato che la moglie, cui aveva affidato la custodia del cane, lo abbandonasse previsione, questa, sorretta da solidi elementi di fatto, ben noti all'imputato, quali la circostanza che era stato proprio il Bu. a portare in casa il cane, nonostante il dissenso della moglie a causa sia del costo dell'animale, che era stato pagato 1.400 Euro benché le condizioni economiche della famiglia non fossero floride, sia, e soprattutto, del fatto che la donna non amasse gli animali, e considerando che, oltretutto, il cane in casa rompeva le sedie, sbavava continuamente, tanto che la donna era esasperata da questa situazione. Alla luce di queste circostanze, è perciò evidente che il Bu. si sia rappresentato la circostanza che la donna, a cui aveva affidato il cane durante il suo periodo di assenza per motivi di lavoro, potesse concretamente abbandonare il cane medesimo rappresentazione che, tuttavia, non ha impedito al Bu. di agire, anche a prezzo che si verificasse l'abbandono, come poi è avvenuto. 5. Il quarto motivo è manifestamente infondato. 5.1. Il ricorrente, infatti, ai fini del computo della prescrizione non tiene conto del periodo di sospensione, pari complessivi a 329 giorni dal 31/10/2016 al 20/03/2017 per istanza di rinvio del difensore, dal 20/03/2017 al 25/09/2017 per adesione del difensore all'astensione dalle udienze , che, sommandosi al temine di cinque anni previsto per le contravvenzione, fa si che il reato si sia prescritto il 09/11/2018, quindi dopo la pronuncia della sentenza impugnata. 5.2. Di conseguenza, trova applicazione il principio secondo cui l'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso Sez. U, n. 32 del 22/11/2000 - dep. 21/12/2000, D. L, Rv. 217266 . 6. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000 , alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.