Falso distintivo dei carabinieri: tenerlo in casa non rende il fatto meno grave

Condanna definitiva per un uomo. Fatale il controllo nella sua abitazione, dove è stata rinvenuta una placca distintiva identica a quella in dotazione all’arma dei carabinieri.

Pessima idea quella di ‘regalarsi’ una placca distintiva identica a quella in dotazione all’Arma dei Carabinieri. Sufficiente un mero controllo visivo per escludere l’ipotesi del falso grossolano”. E irrilevante, secondo i giudici, è il fatto che l’oggetto incriminato sia stato rinvenuto in una casa privata. Consequenziale perciò la condanna dell’uomo sotto processo. Cassazione, sentenza n. 6215/20, sez. V Penale, depositata il 17 febbraio . Detenzione. Fatale il blitz nell’abitazione di un uomo il controllo difatti porta al rinvenimento di una placca distintiva identica a quella in dotazione all’arma dei carabinieri”. Per l’uomo scatta il processo per possesso di segni distintivi contraffatti”. Gli elementi probatori raccolti sono ritenuti sufficienti dai giudici merito, che prima in Tribunale e poi in Appello optano per la condanna dell’uomo. A chiudere la vicenda deve provvedere la Cassazione, prendendo in esame le obiezioni proposte dall’uomo. Quest’ultimo, in particolare, sostiene la tesi del falso grossolano” e ritiene che non vi sia stata alcuna lesione del bene giuridico” poiché la placca era custodita all’interno della sua abitazione”. Queste obiezioni non convincono però i Giudici della Cassazione, che, innanzitutto, escludono si possa parlare di falso grossolano” poiché tra primo e secondo grado si è accertata la corrispondenza dell’oggetto al distintivo in uso all’Arma dei Carabinieri”, alla luce di quanto certificato nel verbale di sequestro” e della riproduzione fotografica della placca sequestrata”. Irrilevante, poi, il richiamo difensivo al fatto che la placca era custodita all’interno dell’abitazione dell’uomo”. Questa circostanza non ha peso specifico, spiegano i giudici, poiché la norma incrimina la mera illecita detenzione dei segni distintivi in uso ai Corpi di polizia o, come nel caso di specie, di oggetti che ne simulino la funzione, a prescindere alla loro collocazione in un luogo pubblico o privato”.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 10 gennaio – 17 febbraio 2020, n. 6215 Presidente Sabeone – Relatore Zaza Ritenuto in fatto 1. Ch. Gi. Bu. ricorre avverso la sentenza del 14 gennaio 2019 con la quale la Corte di appello di Bari, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Bari del 16 maggio 2016, confermava l'affermazione di responsabilità del Bu. per il reato di illecita detenzione di una placca distintiva identica a quella in dotazione all'Arma dei Carabinieri, di cui all'art. 497-ter cod. pen., commesso fino al 5 novembre 2011, escludendo la recidiva e rideterminando la pena. 2. Il ricorrente propone due motivi. 2.1. Con il primo motivo deduce vizio motivazionale sull'affermazione di responsabilità, in quanto giustificata con il mero richiamo al contenuto della decisione di primo grado, omettendo di esaminare le argomentazioni proposte con l'appello in ordine alla mancanza di un accertamento diretto a verificare se l'oggetto detenuto corrispondesse effettivamente al segno distintivo in uso all'Arma dei Carabinieri o costituisse un falso grossolano, ed all'esclusione di una lesione del bene giuridico ove la placca era custodita all'interno dell'abitazione dell'imputato. 2.2. Con il secondo motivo deduce la prescrizione del reato. Considerato in diritto 1. Il motivo dedotto sull'affermazione di responsabilità dell'imputato è inammissibile. La censura di omessa motivazione sull'effettivo accertamento della corrispondenza dell'oggetto detenuto dall'imputato al distintivo in uso all'Arma dei Carabinieri è generica ove di tale verifica si dava atto nella sentenza impugnata in base non al mero richiamo alla sentenza di primo grado, come sostenuto dal ricorrente, ma al contenuto del verbale di sequestro ed alla riproduzione fotografica della placca sequestrata. E' poi manifestamente infondata la doglianza per la quale non si sarebbe tenuto conto che la placca era custodita all'interno dell'abitazione dell'imputato, che ha ad oggetto una circostanza irrilevante nel momento in cui, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità e come del resto rammentato dalla Corte territoriale, l'art. 497-ter, n. 1, cod. proc. pen. incrimina la mera illecita detenzione dei segni distintivi in uso ai Corpi di polizia o, come nel caso di specie, di oggetti che ne simulino la funzione, a prescindere alla loro collocazione in un luogo pubblico o privato Sez. 5, n. 26537 del 12/03/2014, Chiodi, Rv. 260222 . 2. Anche il motivo dedotto sulla prescrizione del reato è inammissibile. La relativa deduzione, oltre ad essere preclusa dall'inammissibilità del motivo appena esaminato, è comunque manifestamente infondata ove non tiene conto che, per effetto di sospensioni verificatesi in primo grado per la complessiva durata di sette mesi e quindici giorni, il termine prescrizionale scade il 15 gennaio 2020 e non è pertanto decorso. 3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che, valutata l'entità della vicenda processuale, appare equo determinare in Euro quattromila. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.