Revocato il beneficio del gratuito patrocinio per omesse indicazioni nell’autocertificazione

Integrano il delitto di cui all’art. 95 d.P.R. n. 115/2002 le false indicazioni e le omissioni anche parziali dei dati riportati nella dichiarazione sostitutiva di certificazione prevista per l’ammissione al gratuito patrocinio, indipendentemente dall’effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio.

Sul tema torna ad esprimersi la Corte di Cassazione nella sentenza n. 5790/20, depositata il 14 febbraio. Il fatto. L’imputato ricorre averso la decisione di secondo grado che, in conferma della sentenza del Tribunale, lo aveva riconosciuto colpevole per aver omesso nell’autocertificazione di indicare rilevanti cespiti immobiliari e beni mobili registrati e lo aveva condannato alla pena di giustizia con revoca del beneficio al gratuito patrocinio cui era stato ammesso. La revoca dell’ammissione al gratuito patrocinio. Ai fini dell’individuazione del limite di reddito familiare che consente l’ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato concorrono tutti gli elementi reddituali, anche non continuativi, ed anche i redditi esentati dal computo ai fini dell’IRPEF. Proseguono poi i Supremi Giudici sottolineano che integrano il delitto di cui all’art. 95 d.P.R. n. 115/2002 le false indicazioni e le omissioni anche parziali dei dati riportati nella dichiarazione sostitutiva di certificazione prevista per l’ammissione al gratuito patrocinio, indipendentemente dall’effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio. Pertanto, la responsabilità penale del ricorrente deriva dalla violazione del suddetto art. 95 d.P.R. n. 115/2002 che fa derivare la sanzione penale per la falsità totale o parziale e per le omissioni della dichiarazione sostitutiva della certificazione. Sulla base di tali considerazioni, il ricorso viene rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 4 dicembre 2019 – 14 febbraio 2020, n. 5790 Presidente Di Salvo – Relatore Bellini Ritenuto in fatto 1. G.A. ricorre avverso la sentenza in epigrafe che confermava la decisione del Tribunale di Caltanisetta che lo aveva riconosciuto colpevole del reato di cui al D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 95, in quanto nell’autocertificazione aveva omesso di indicare rilevanti cespiti immobiliari e diversi beni mobili registrati/e lo aveva condannato alla pena di anni uno, mesi sei di reclusione, con revoca del beneficio cui era stato ammesso. 2. Il ricorrente deduce vizio motivazionale in relazione all’affermata responsabilità, assumendo che ricorre violazione di legge e vizio motivazionale laddove non era stata valutata la ricorrenza dell’elemento soggettivo che doveva abbracciare la consapevolezza di predisporre una dichiarazione falsa laddove il ricorrente si era limitato ad omettere l’inserimento di elementi patrimoniali che pure non avrebbero interferito sui limiti reddituali previsti ai fini dell’ammissione al beneficio. Con una seconda articolazione, deduce violazione di legge per essere stata riconosciuta la circostanza aggravante di cui al comma 2 della disposizione incriminatrice in quanto le false dichiarazioni non erano state determinanti per il conseguimento del beneficio. Ritenuto in diritto 1. Il primo motivo si pone in aperto contrasto con la giurisprudenza di legittimità in ordine al fatto che ai fini della individuazione del limite di reddito familiare, che consente l’ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, concorrono, tutti gli elementi reddituali, anche non continuativi, e anche i redditi esentati dal computo ai fini dell’IRPEF come gli assegni familiari cfr. sez. 4, 5.7.2012, PG in proc. Maiorana, Rv. 253726 . 1.2 Va poi evidenziato come sia stato pacificamente acquisito dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema che integrano il delitto di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 95, le false indicazioni e le omissioni anche parziali dei dati di fatto riportati nella dichiarazione sostitutiva di certificazione e in ogni altra dichiarazione prevista per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio Sez. U, 27.11.2008, Infanti, Rv. 242152 sez. 4, 18.9.2015, Di Rosa, Rv. 264711 . A tale proposito va affermato che è del tutto irrilevante la circostanza che la dichiarazione sostitutiva non contenga alcun richiamo alle sanzioni previste in caso di falsità e di dichiarazioni mendaci, atteso che l’art. 95 è norma incriminatrice penale e richiama l’art. 79 nella parte in cui contempla la dichiarazione sostitutiva sulle condizioni di reddito, che a sua volta richiama l’art. 76 ai fini della determinazione del reddito in particolare art. 76, comma 3 . A tale proposito pertanto la responsabilità penale non deriva dal fatto del dichiarante di essersi dichiarato consapevole delle conseguenze, anche penali, della falsità eventualmente contenute nella propria dichiarazione, bensì dalla violazione del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 95, che fa derivare la sanzione penale9à1la falsità totale e parziale, nonché dalle omissioni della dichiarazione sostitutiva della certificazione, non potendosi neppure richiamare il principio di buona fede e di assenza di colpa ai sensi dell’art. 47 c.p., in quanto gli artt. 76 e 79, che disciplinano la materia del patrocinio a spese dello stato, che vengono richiamati dall’art. 95 stessa legge non costituiscono norme extra penali, in quanto non possono ritenersi del tutto estranee al settore di appartenenza, o destinate a regolare rapporti assolutamente avulsi dalla disciplina penalistica, inserendosi al contrario nello stesso contesto normativo ove è collocata la norma incriminatrice e segnando appunto il confine delle condizioni di reddito oltre le quali, la manifestazione del richiedente è suscettibile di sanzione penale Sez. 4, 12.2.2015 n. 14011, Bucca, 263013 sez. 6, 31.3.2015, Ceppaglia, Rv. 263808 . 2. Quanto al secondo motivo di ricorso il giudice distrettuale ha riportato la costante giurisprudenza del S.C., anche a Sezioni unite la quale riconosce l’ipotesi delittuosa in contestazione anche indipendentemente dalla circostanza che le omissioni e le falsità riscontrate incidano in termini determinanti all’ammissione al beneficio. 3. Il ricorso deve pertanto essere rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso nel resto e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.