La concessione dei permessi premio al detenuto alla luce del decisum della Corte Costituzionale

La Consulta, con sentenza n. 253/2019 ha dichiarato la parziale illegittimità costituzionale dell’art. 4-bis ord. pen. in riferimento all’istituto del permesso premio e al regime legale della ostatività.

Sul punto la Corte di Cassazione con sentenza n. 5553/20, depositata il 12 febbraio. Il caso. Il Tribunale di sorveglianza respingeva il reclamo presentato dal detenuto in tema di permesso premio per non aver collaborato con la giustizia. Il detenuto propone così ricorso per cassazione avverso tale decisione sostenendo che il Tribunale erroneamente non ha tenuto conto anche dei recenti sviluppi della Corte Costituzione in ambito di concessione dei permessi premio. Permessi premio e Corte Costituzionale. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 253/2019 ha dichiarato la parziale illegittimità costituzionale dell’art. 4- bis ord. pen. in riferimento all’istituto del permesso premio e al regime legale della ostatività. In particolare, la collaborazione effettiva non può essere più ritenuta quale unica prova legale di avvenuta rescissione del legame con il contesto criminale di provenienza. Da una presunzione assoluta si passa ad una presunzione relativa. E nel caso in esame, posto che vi è stato un accertamento negativo dell’impossibilità della collaborazione, oggetto di contestazione, il procedimento va rimesso al Tribunale di sorveglianza in ragione del fatto che la novità introdotta dalla suddetta sentenza della Corte Costituzionale introduce una opzione decisoria aggiuntiva che il reclamante può chiedere di attivare, di accesso al beneficio richiesto. Da ciò l’annullamento della decisione impugnata e rinvio appunto al Tribunale di sorveglianza per nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 28 gennaio – 12 febbraio 2020, n. 5553 Presidente Siani – Relatore Magi In fatto e in diritto 1. Il Tribunale di Sorveglianza di Roma con ordinanza del 5 aprile 2019 ha respinto il reclamo in tema di permesso premio proposto da G.F. . 1.1. In motivazione si evidenzia, in sintesi, che a il cumulo in espiazione, con pena dell’ergastolo, comprende reati ricompresi nella disposizione di legge di cui all’art. 4bis Ord. Pen., comma 1 b G.F. non ha collaborato con la giustizia c non sussistono i presupposti in fatto della collaborazione impossibile o inesigibile art. 4 bis, comma 1 bis , sicché resta ferma la inaccessibilità al permesso derivante dai contenuti della previsione di legge di cui all’art. 4 bis Ord. Pen., comma 1. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore G.F. , deducendo erronea applicazione di legge e vizio di motivazione. Il Tribunale avrebbe erroneamente richiamato, quanto alla impossibilità della collaborazione, una precedente decisione emessa nei confronti del G. , senza tener conto della possibilità di superare tale dato, anche in ragione delle recenti ‘aperturè della Corte Costituzionale e della Corte Edu verso il superamento del sistema delle presunzioni legali assolute. Si prospettano, da parte del ricorrente, profili di incostituzionalità della disciplina di legge con richiesta di promovimento di un giudizio incidentale di legittimità costituzionale. 3. Con requisitoria scritta, il Procuratore Generale ha compiuto riferimento alla intervenuta pubblicazione della decisione numero 253 del 2019 avvenuta il 4 dicembre 2019 con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato la parziale illegittimità costituzionale della previsione di legge di cui all’art. 4 bis Ord. Pen., proprio in riferimento all’istituto del permesso premio ed al regime legale della ostatività, con richiesta di annullamento con rinvio della decisione impugnata. 4. In presenza di un ricorso che non va dichiarato inammissibile per aspetti formali relativi alla tardività o alla legittimazione, la decisione del Tribunale di Sorveglianza di Roma va annullata con rinvio, in rapporto all’esito del giudizio incidentale di legittimità costituzionale evidenziato nella requisitoria scritta del P.G Trattandosi di sentenza dichiarativa di illegittimità costituzionale sia pure parziale i contenuti della medesima devono essere oggetto di valutazione anche di ufficio ed il tema del contrasto della disciplina vigente al momento della decisione impugnata con i principi costituzionali e convenzionali è stato posto nell’atto , ai sensi della previsione di legge di cui all’art. 609 c.p.p., comma 2 tra le molte, v.Sez. U. n. 33040 del 26.2.2015 ric. Jazouli Sez. VI n. 14995 del 26.3.2014, ric. Lampugnano Sez. VI n. 37102 del 19.7.2012, ric. Checcucci . 4.1. Va brevemente illustrato il contenuto della decisione Corte Cost. numero 253 del 2019, pubblicata in data 4 dicembre 2019 ed avente ad oggetto la disciplina del permesso premio in rapporto alle condizioni legali di accesso a tale beneficio penitenziario. Il dispositivo testualmente recita dichiara l’illegittimità costituzionale della L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 4-bis, comma 1, Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà , nella parte in cui non prevede che, ai detenuti per i delitti di cui all’art. 416-bis c.p. e per quelli commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni in esso previste, possano essere concessi permessi premio anche in assenza di collaborazione con la giustizia a norma dell’art. 58-ter del medesimo Ord. Pen., allorché siano stati acquisiti elementi tali da escludere, sia l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, sia il pericolo del ripristino di tali collegamenti dichiara, in via consequenziale, ai sensi della L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 27 Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale , l’illegittimità costituzionale della L. n. 354 del 1975, art. 4-bis, comma 1, nella parte in cui non prevede che ai detenuti per i delitti ivi contemplati, diversi da quelli di cui all’art. 416-bis c.p. e da quelli commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni in esso previste, possano essere concessi permessi premio anche in assenza di collaborazione con la giustizia a norma dell’art. 58-ter del medesimo Ord. Pen., allorché siano stati acquisiti elementi tali da escludere, sia l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva, sia il pericolo del ripristino di tali collegamenti. 4.3. La decisione è intervenuta sulla intera previsione di cui al comma 1 dell’art. 4 bis ed ha, in relazione ai suoi contenuti argomentativi, ritenuto contrastante con le norme costituzionali art. 3 Cost. e art. 27 Cost., comma 3 la presunzione legale assoluta di pericolosità sociale tale da inibire la concessione del permesso correlata alla scelta di non prestare collaborazione con la giustizia. La collaborazione effettiva non può dunque essere più ritenuta quale unica prova legale di avvenuta rescissione del legame con il contesto criminale di provenienza. Detta presunzione assoluta è stata espunta dal quadro normativo e, a ben vedere, sostituita da una presunzione relativa di perduranza del rapporto con il contesto in cui è maturata la commissione del particolare reato, in chiave di attuale pericolosità soggettiva, con analoga portata preclusiva del permesso vincibile a determinate condizioni e con determinate regole probatorie. Su tali aspetti occorre brevemente soffermarsi. 4.4.In presenza di una opzione del condannato orientata a mantenere il silenzio sui fatti delittuosi avvenuti prima della condanna, la Corte Costituzionale introduce un particolare regime dimostrativo, orientato a contrastare la presunzione relativa. Non è infatti sufficiente l’acquisizione di elementi tali da escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata parametro contenuto nell’attuale testo di legge, al comma 1bis ma occorre estendere la dinamica probatoria alla particolare condizione, sia pure correlata alla precedente, della inesistenza del pericolo di un loro ripristino, tenuto conto delle concrete circostanze personali e ambientali di entrambi tali elementi esclusione sia dell’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata che del pericolo di un loro rispristino grava sullo stesso condannato che richiede il beneficio l’onere di fare specifica allegazione . Non è un caso, dunque, che lo stesso dispositivo della sentenza n. 253 menzioni espressamente le due proposizioni probatorie cui si è fatto cenno attualità dei collegamenti / pericolo del loro ripristino con portata certamente additiva, tale da determinare la costruzione di un sistema differenziato quanto alle valutazioni giurisdizionali posteriori alla decisione di incostituzionalità. Ciò in rapporto all’oggetto del giudizio incidentale che era appunto rappresentato dalla presunzione legale assoluta di pericolosità sociale posta a carico dei condannati non collaboranti. La decisione della Corte Costituzionale non riguarda, pertanto, le disposizioni in tema di collaborazione impossibile o inesigibile tenute espressamente al di fuori dell’oggetto del giudizio che non solo restano vigenti ma che continuano ad avere una portata precettiva concreta, sia in ragione della diversità parziale delle regole dimostrative della assenza di pericolosità profilo strettamente normativo , sia in ragione di una percepibile differenza ontologica, posto che l’accertamento in positivo della impossibilità o inesigibilità della collaborazione consente di qualificare in termini univoci e non connotati da alcun minimo disvalore la scelta del detenuto di non fornire informazioni alla autorità giudiziaria. 4.5.Ne deriva, quanto all’esame delle ricadute, che non può certo dirsi specie in ragione della segnalata differenza di oggetto della prova abrogata per incompatibilità la previsione di legge art. 4 bis comma 1bis in tema di collaborazione impossibile o inesigibile. In presenza di simile accertamento positivo spettante ex lege al Tribunale la scelta di non prestare collaborazione assume un significato del tutto neutro, il che nella logica proposta dalla Corte Costituzionale -consente di circoscrivere la dimostrazione probatoria al parametro della ‘esclusione di attualità dei collegamentì. Lì dove vi sia l’opzione del silenzio con richiesta di accesso al beneficio basata in via esclusiva sulla assenza di attuale pericolosità la dimostrazione probatoria è come si è notato più complessa ed include il parametro aggiuntivo sia pure di problematica aderenza a canoni epistemologici basati sulla materialità dell’oggetto della prova , della assenza del pericolo di ripristino di tali collegamenti. 4.6. In presenza di simile cornice, vi è pertanto da chiedersi in che misura il novum normativo possa incidere sulle opzioni definitorie della fase di legittimità. A parere del Collegio, pur consapevole di prese di posizione in senso diverso, quanto alla permanenza dell’interesse alla decisione v. Sez. I n. 1636 del 2020 ric. Marrone Sez. I n. 3309 del 2020, ric. Spampinato , lì dove, come nel caso in esame, vi sia stato un accertamento negativo della impossibilità della collaborazione oggetto di contestazione , il procedimento va rimesso alla fase del merito innanzi al Tribunale e previo annullamento con rinvio in ragione del fatto che il novum portato dalla decisione numero 253 del 2019 introduce una opzione decisoria aggiuntiva che il reclamante può chiedere di attivare causa petendi nuova, per definizione non proponibile in precedenza, di accesso al beneficio richiesto, in rapporto al diverso assetto sinora evidenziato ed alla eliminazione della presunzione assoluta . In altre parole, pur tenendosi conto della natura devolutiva del reclamo, che comunque trasferisce l’intera potestà decisoria al Tribunale v. Sez. I n. 5322 del 2018, ric. Magri su ogni aspetto rilevante, la sopravvenienza di un nuovooggetto del giudizio di merito, pur sempre correlato alla richiesta iniziale della parte connecessaria verifica delle proposizioni probatorie richiamate dalla Corte Costituzionale , rende doverosa la riapertura della fase di merito, anche in ragione della natura tendenzialmente retroattiva salvo il limite delle situazioni esaurite delle decisioni dichiarative della illegittimità costituzionale tra le molte, Sez. I n. 33080 del 2016 ric. Arifaj, Rv 267396 . Lì dove, per converso, la pronunzia impugnata abbia riguardato il tema della perdurante pericolosità sociale, è evidente che il novum contenuto nella decisione n. 253/2019 è del tutto assente atteso che pur tenendosi conto della elisione della presunzione legale assoluta l’accesso al beneficio sarebbe precluso ed il ricorso per cassazione segue l’ordinaria regola di valutazione dei suoi contenuti. Da quanto detto sopra deriva l’annullamento della decisione impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Roma e ciò al fine di consentire al reclamante di introdurre in sede di merito i temi divenuti proponibili a seguito della decisione n. 253 del 2019 della Corte Costituzionale. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Roma.