Il vissuto criminale del detenuto non è sufficiente per negare la concessione del permesso premio

Ai fini della concessione dei permessi premio di cui all’art. 30-ter ord. pen., il magistrato di sorveglianza deve verificare i requisiti di regolare condotta del detenuto e l’assenza di pericolosità sociale, in corrispondenza alla funzione premiale dell’istituto, nonché la funzionalità del permesso rispetto alla cura degli interessi affettivi, culturali e di lavoro del detenuto.

Sul tema la sentenza della Suprema Corte n. 3767/20, depositata il 29 gennaio. Il caso. Il Tribunale di sorveglianza di Genova rigettava il reclamo proposto da un detenuto avvero il rigetto, da parte del Magistrato di sorveglianza, dell’istanza di permesso premio da lui presentata ai sensi dell’art. 30- ter ord. pen La decisione era fondata sull’elevata pericolosità sociale del detenuto che stava scontando la pena di 17 anni di reclusione per reati contro il patrimonio, dando dunque prevalenza alle esperienze delinquenziale dell’istante nel giudizio di bilanciamento con le esigenze di reinserimento sociale. Il Procuratore generale presso la Corte d’Appello ha proposto ricorso per cassazione deducendo la mancata considerazione della percorso rieducativo positivamente intrapreso dal condannato con revisione critica del suo vissuto criminale. Permesso premio. La pronuncia in commento sottolinea la specifica funzione pedagogica del permesso premio previsto dall’art. 30- ter ord. pen. che lo differenzia dal permesso ordinario. I permessi premio infatti rappresentano un incentivo alla collaborazione del detenuto con l’istituzione carceraria in funzione del premio, nonché uno strumento di rieducazione che consente un iniziale reinserimento in società attraverso singoli contatti episodici. Tale istituto si caratterizza dunque per la realizzazione di una finalità immediata costituita dalla cura di interessi affettivi, culturali e di lavoro per la soddisfazione di esigenze contingenti e cronologicamente contenute senza dunque modificare le condizioni restrittive del detenuto. Ciò posto, aggiunge il Collegio, l’esistenza di un percorso rieducativo intrapreso positivamente dal condannato non è di per sé sufficiente a ritenerlo meritevole del permesso premio, essendo indispensabile escludere la pericolosità sociale dell’istante, desumibile dalla sua personalità e dal suo vissuto criminale, su cui il magistrato di sorveglianza deve soffermarsi con una motivazione rispettosa delle emergenze processuali, che tenga contestualmente conto dei profili premiali e die profili funzionali del beneficio penitenziario . In definitiva, ai fini della concessione dei permessi premio, il magistrato di sorveglianza deve verificare i requisiti di regolare condotta del detenuto e l’assenza di pericolosità sociale, in corrispondenza alla funzione premiale dell’istituto, nonché la funzionalità del permesso rispetto alla cura degli interessi affettivi, culturali e di lavoro del detenuto acquisendo le informazioni necessarie a valutare la coerenza del beneficio rispetto il complessivo trattamento e le finalità di risocializzazione dell’istante Cass.Pen. n. 36456/18 . Essendo carente la motivazione offerta dal Tribunale di sorveglianza di Genova sul punto, la Corte accoglie il ricorso e annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per un nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 26 novembre 2019 – 29 gennaio 2020, n. 3767 Presidente Saraceno – Relatore Centonze Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 04/04/2019 il Tribunale di sorveglianza di Genova rigettava il reclamo proposto da G.G. avverso il provvedimento emesso dal Magistrato di sorveglianza di Genova il 18/01/2019, con cui era stata respinta l’istanza di permesso premio presentata dal detenuto, ai sensi dell’art. 30-ter Ord. Pen Il provvedimento di rigetto veniva pronunciato dal Tribunale di sorveglianza di Genova sull’assunto dell’elevata pericolosità sociale del detenuto, che stava espiando la pena di diciassette anni di reclusione per la commissione di reati contro il patrimonio, la cui scadenza veniva individuata nella data del 10/12/2025. In questo contesto, il Tribunale di sorveglianza di Genova sottoponeva a un giudizio di bilanciamento le esigenze di reinserimento sociale di G. e le istanze di prevenzione speciale connesse al suo vissuto criminale, valorizzando in una prospettiva sfavorevole al condannato, l’elevata pericolosità sociale del ricorrente desumibile dalle sue esperienze delinquenziali. 2. Avverso tale ordinanza il Procuratore generale presso la Corte di appello di Genova ricorreva per cassazione, deducendo la violazione di legge del provvedimento impugnato, conseguente alla ritenuta insussistenza dei presupposti per la concessione del permesso premio richiesto, che erano stati valutati dal Tribunale di sorveglianza di Genova con un percorso argomentativo incongruo, che non teneva conto della personalità del condannato e del processo rieducativo intrapreso positivamente durante l’esecuzione della pena. Si deduceva, in proposito, che l’istante aveva avviato un percorso rieducativo proficuo, fondato su un adeguato processo di revisione critica del suo vissuto criminale, attestato dai giudizi positivi espressi dalle autorità penitenziarie, dalla liberazione anticipata di cui aveva beneficiato e dall’assegnazione al lavoro esterno, concessagli ex art. 21 Ord. Pen Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso proposto dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Genova è fondato nei termini di seguito indicati. 2. Occorre premettere che il provvedimento di rigetto veniva pronunciato dal Tribunale di sorveglianza di Genova sull’assunto dell’elevata pericolosità sociale di G.G. - che stava espiando la pena di diciassette anni di reclusione per la commissione di reati contro il patrimonio, la cui scadenza veniva individuata nella data del 10/12/2025 -, rispetto alla quale venivano ritenute recessive le esigenze di reinserimento sociale del condannato, poste a fondamento del permesso premio richiesto ex art. 30-ter Ord. pen Tanto premesso, osserva il Collegio che costituisce espressione di un orientamento ermeneutico incontroverso il principio secondo cui il permesso premio previsto dall’art. 30-ter Ord. Pen. ha una specifica funzione pedagogica, che lo differenzia dal permesso ordinario, essendo parte integrante del trattamento penitenziario, rispetto al quale assume una funzione decisiva, consentendo di valutare il percorso rieducativo del detenuto e la sua, eventuale, evoluzione positiva. Sul punto, si ritiene utile citare la giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo cui Il permesso ordinario va distinto dal permesso premio che rappresenta un incentivo alla collaborazione del detenuto con l’istituzione carceraria in funzione del premio previsto nonché, al tempo stesso, uno strumento di rieducazione, consentendo un iniziale reinserimento del condannato in società Sez. 1, n. 11581 del 05/02/2013, Grillo, Rv. 255311-01 si veda, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 1, n. 27149 del 22/03/2016, Viola, 271233-01 . In questa cornice, i permessi premio risultano, al pari delle misure alternative alla detenzione, strumentali al reinserimento sociale del condannato attraverso contatti episodici con l’ambiente esterno, costituendo parte essenziale del trattamento rieducativo e compromettendo, laddove mancanti, le stesse finalità costituzionali della pena detentiva affermate dall’art. 27 Cost., comma 3. I permessi premio, infatti, trovano fondamento nella realizzazione di una finalità immediata, costituita dalla cura di interessi affettivi, culturali e di lavoro, che li caratterizza come strumento di soddisfazione di esigenze contingenti e cronologicamente contenute, seppure non rientranti nella portata meno ampia del permesso di necessità. Al contempo, le connotazioni di contingenza che caratterizzano il permesso premio non consentono l’assimilazione integrale di tale beneficio penitenziario alle misure alternative alla detenzione, atteso che l’istituto in esame non modifica le condizioni restrittive del condannato, ma, più limitatamente, costituisce uno strumento propedeutico al suo, auspicabile, reinserimento sociale. Questa Corte, del resto, ha già ribadito, con giurisprudenza risalente e non contraddetta, che la concessione dei permessi premio è legata a valutazioni ben diverse da quelle necessarie per la concessione delle misure alternative alla detenzione, che impongono di collocare le due tipologie di benefici penitenziari in ambiti sistematici contigui ma non sovrapponibili Sez. 1, n. 57913 del 20/11/2018, Cannizzaro, Rv. 274659-01 Sez. 1, n. 5126 del 25/11/1993, dep. 1994, Rizzi, Rv. 196096-01 . Deve, tuttavia, rilevarsi che l’esistenza di un percorso rieducativo intrapreso positivamente dal condannato non è sufficiente a consentire di ritenerlo meritevole di beneficiare del permesso premio, essendo indispensabile escludere la pericolosità sociale dell’istante, desumibile dalla sua personalità e dal suo vissuto criminale, su cui il magistrato di sorveglianza deve soffermarsi con una motivazione rispettosa delle emergenze processuali, che tenga contestualmente conto dei profili premiali e dei profili funzionali del beneficio penitenziario. Sul punto, non si può che richiamare la giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo cui Ai fini della concessione del permesso premio previsto dalla L. n. 354 del 1975, art. 30-ter, il magistrato di sorveglianza deve verificare, oltre ai requisiti della regolare condotta del detenuto e dell’assenza di pericolosità sociale, che corrispondono alla funzione premiale dell’istituto, il profilo della funzionalità rispetto alla cura degli interessi affettivi, culturali e di lavoro del detenuto, acquisendo a tale ultimo riguardo le informazioni necessarie a valutare la coerenza del beneficio con il trattamento complessivo e con le sue finalità di risocializzazione Sez. 1, n. 36456 del 09/04/2018, Corrias, Rv. 273608-01 si veda, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 1, n. 5505 dell’11/10/2017, Patacchiola, Rv. 269195-01 . 3. Tenuto conto dei parametri ermeneutici richiamati nel paragrafo precedente, l’ordinanza impugnata non dava esaustivamente conto delle ragioni per cui, a fronte di un percorso di revisione critica adeguato rispetto alle pregresse esperienze criminali di G.G. , si riteneva l’elevata pericolosità del ricorrente ostativa rispetto alla concessione del permesso premio richiesto ex art. 30-ter Ord. Pen Deve, in proposito, rilevarsi che il Tribunale di sorveglianza di Genova non esplicitava le ragioni che imponevano di ritenere persistente il giudizio di pericolosità sociale formulato nei confronti di G. , a fronte di un incontroverso processo di revisione critica del suo vissuto criminale, attestato dai giudizi positivi espressi dalle autorità penitenziarie dtla liberazione anticipata di cui aveva beneficiato per complessivi 675 giorni dall’assegnazione al lavoro esterno, che gli era stata concessa ex art. 21 Ord. Pen. dal suo inserimento nell’ambiente culturale locale, confermato dalla sua partecipazione a diverse rappresentazione teatrali, che risaliva al 2014. Ricostruito in questi termini il percorso rieducativo seguito da G.G. durante l’esecuzione della pena di cui si controverte, l’ordinanza impugnata non esplicitava in termini congrui le ragioni per cui le esigenze di reinserimento sociale connesse al permesso premio invocato, a fronte degli elementi sintomatici altamente positivi che si sono richiamati, apparivano recessive rispetto alla pericolosità sociale del ricorrente, su cui il giudizio espresso dal Tribunale di sorveglianza di Genova appare assertivo e svincolato dalle risultanze processuali. 4. Per queste ragioni, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Genova per un nuovo esame, che dovrà essere eseguito nel rispetto dei principi che si sono enunciati. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Genova.