La richiesta di giudizio abbreviato sana l’omesso avviso di conclusione delle indagini preliminari

L’instaurazione del giudizio immediato per reati per i quali l’esercizio dell’azione penale deve avvenire con citazione diretta, precludendo all’imputato il diritto a ricevere la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini ex art. 415-bis c.p.p., determina una nullità di ordine generale a regime intermedio che non può, però, essere dedotta a seguito della scelta del giudizio abbreviato, in quanto la richiesta del rito speciale opera un effetto sanante delle nullità, ai sensi dell’art. 183 c.p.p

Così si è espressa la Corte di Cassazione sentenza n. 2724/20, depositata il 23 gennaio in un caso in cui la difesa dell’imputato lamentava la nullità della sentenza pronunciata dal giudice per le indagini preliminari, ritenendo che per il reato per cui si procedeva furto in abitazione non fosse prevista l’udienza preliminare. La Suprema Corte, facendo proprio il consolidato orientamento che invece fa rientrare tale delitto nel novero delle fattispecie per cui si deve celebrare l’udienza preliminare, ha colto” l’occasione per valutare i rapporti tra il giudizio immediato e quello connesso alla citazione diretta a giudizio. Più precisamente, si è sostenuto che nell’ipotesi in cui si proceda a giudizio abbreviato nel corso dell’udienza preliminare, per un reato per il quale in realtà la stessa non sarebbe prevista, non sussiste una violazione delle norme in materia di competenza funzionale che integri una nullità assoluta e rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo . Le ragioni sono diverse, ma sostanzialmente, riconducibili al fatto che nel caso contrario” la relativa eccezione deve essere sollevata – e non è rilevabile d’ufficio – entro il termine di decadenza di cui all’art. 491 comma 1 c.p.p., restando altrimenti sanata , dal che consegue che la questione è del tutto estranea alla tematica del giudice naturale . Se così è, allora il mancato avviso ex art. 415- bis c.p.p. è una nullità di ordine generale ma sanabile, che in effetti diviene sanabile allorché l’imputato o il suo difensore avanzi richiesta di giudizio abbreviato, senza alcuna riserva di nullità”, poiché in tal caso vi sarebbe accettazione del procedimento in corso e quindi sostanziale rinuncia” all’avviso di cui si tratta. Da qui l’inammissibilità dei motivi inerenti ai punti in questione, atteso che la riserva di nullità” avanzata dai difensore in merito alla richiesta di giudizio abbreviato era successiva ad una precedente e non condizionata” richiesta degli imputati. La decisione, nel caso, concreto risulta corretta e condivisibile, posto che se a priori per il reato per cui si procede è prevista l’udienza preliminare, ogni lagnanza connessa all’avviso ex art. 415- bis c.p.p. decade. Tuttavia, il ragionamento che svolge la Corte, sul punto di escludere che vi sia un qualche problema di competenza funzionale ovvero di violazione delle norme attinenti al giudice naturale, meriterebbe una più attenta considerazione. Si può convenire con il Supremo Consesso che non vi sarebbe una nullità di ordine assoluto, ma più semplicemente perché si tratta di due procedimenti quello per giudizio immediato e quello per citazione diretta entrambi speciali” o comunque deroganti il procedimento, formalmente, ordinario che nella prassi è sempre più raro. Nel procedimento ordinario”, infatti, vi sarebbe bisogno sia dell’avviso ex art. 415- bis c.p.p. che dell’udienza preliminare ed è evidente che entrambi questi istituti hanno una funzione di assicurare una maggiore garanzia per la difesa in vista del giudizio. Allorché o l’uno o l’altro elemento viene ingiustamente a mancare vi è nullità e sul punto la Corte di cassazione non ha nulla da obiettare , ma è oltremodo evidente che se si chiede di definire il procedimento allo stato degli atti tanto l’avviso ex art. 415- bis c.p.p. quanto la funzione dell’udienza preliminare vengono a perdere di senso giuridico, poiché superati da tale richiesta. Ad ogni modo, non è il caso di disquisire ulteriormente sul punto, posto che in fin dei conti, la conclusione non muterebbe. E’ però evidente che il mancato riferimento alla funzione di garanzia” dell’avviso in questione, così come dell’udienza preliminare, fa si che l’avviso ex art. 415- bis c.p.p. possa apparire come una mera formalità di scarso rilievo, cosa assolutamente non vera nella prassi. Mancando il rilievo alla sostanza” delle disposizioni di garanzia, infatti, il ruolo delle regole è reso in senso meccanicistico” e pertanto importa il procedimento in quanto tale e non anche il senso della sua violazione. Che la difesa, sia sotto il profilo di garanzia che quello personale del difensore , sia sempre più visto come tecnicismo” e non anche come elemento che dà dignità al processo ed al ruolo difensivo, emerge in maniera chiara proprio nella parte iniziale della decisione di cui si tratta, laddove si legge, sulla scorta di una giurisprudenza, in effetti granitica al momento ma sinceramente poco soddisfacente per l’avvocatura ed in particolare per quella seria, che è da escludersi che l’impossibilità di nominare un sostituto possa desumersi dalla deduzione del difensore secondo cui gli assistititi intendono avvalersi della sua opera professionale, e non di quella di sostituti . E’ vero che le scelte professionali del difensore, tra cui rientra anche la nomina di un sostituto di udienza, sono espressione della sua discrezionalità tecnica e non possono, quindi essere sindacate dal difesa , ma quid iuris se il difensore concorda con tale impostazione del proprio cliente? Qui non si può dire semplicemente che l’assistito potrebbe revocare il mandato e sostituire il mandatario con altro difensore , poiché tale facoltà da diritto” diventerebbe un obbligo” coartato! Ma di ciò non ci si può stupire troppo. Del resto, si sono impiegati secoli per comprendere l’importanza, nel processo penale, dell’immutabilità del giudice Ci vorranno – forse – ancora molti anni per comprendere appieno l’importanza del rapporto tra avvocato e proprio assistito, rapporto che è sì anche economico e tecnico, ma essenzialmente e primariamente di fiducia di grande fiducia.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 13 dicembre 2019 – 23 gennaio 2020, n. 2724 Presidente Miccoli – Relatore Romano Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Bologna ha confermato la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rimini del 21 settembre 2017 che, all’esito del giudizio abbreviato, ha condannato C.A. e C.F. per avere commesso, unitamente a D.M.E.M. - nei confronti del quale si è proceduto separatamente - tre delitti di furto aggravato, dei quali uno commesso all’interno di un’abitazione, tutti unificati dalla continuazione, alla pena, ridotta per la scelta del rito, di anni quattro di reclusione, oltre alla pena pecuniaria con la sentenza di primo grado gli imputati sono stati anche condannati alla pena accessoria dell’interdizione per anni cinque dai pubblici uffici e al risarcimento del danno in favore della parte civile ed è stata loro applicata la misura di sicurezza della libertà vigilata per un tempo non inferiore ad anno uno e mesi sei. 2. Avverso detta sentenza propongono ricorso C.A. e C.F. , a mezzo del loro difensore, chiedendone l’annullamento ed affidandosi a due motivi. 2.1. Con il primo motivo essi deducono violazione di legge processuale penale, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c , in riferimento all’art. 453 c.p.p., nonché l’incompetenza funzionale del giudice che ha emesso la sentenza di primo grado. In particolare, essi sostengono che il reato di furto in abitazione non rientra tra quelli per i quali è prescritta l’udienza preliminare e conseguentemente il Giudice per le indagini preliminari non poteva accogliere la richiesta del P.M. di emissione del decreto di giudizio immediato in tal modo, l’esercizio dell’azione penale non era stata preceduta dalla previa notifica dell’avviso previsto dall’art. 415-bis c.p.p. e il giudizio abbreviato era stato celebrato innanzi al Giudice per le indagini preliminari, ossia dinanzi ad un giudice diverso da quello del dibattimento previsto dalla legge nel caso di esercizio dell’azione penale attraverso l’emissione del decreto di citazione diretta a giudizio, con conseguente violazione delle norme in materia di competenza funzionale, integrante una nullità assoluta e rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del processo. I ricorrenti aggiungono che C.F. e D.M.E.M. , nell’avanzare il primo istanza di giudizio abbreviato ed il secondo istanza di applicazione di pena, avevano preliminarmente eccepito la nullità del decreto di giudizio immediato ed in caso di mancato accoglimento della detta eccezione era stata chiesta comunque, salva la dedotta nullità , che si procedesse nelle forme dei suddetti riti speciali. Pertanto, anche laddove la nullità fosse da ritenersi a regime intermedio, essa non poteva ritenersi sanata per effetto della richiesta di ammissione al rito speciale. 2.2. Con il secondo motivo essi deducono che la motivazione della sentenza è carente ed illegittima nella parte in cui ha confermato l’applicazione della misura di sicurezza, non avendo la Corte di appello compiuto alcuna valutazione in ordine alla loro pericolosità sociale, che è stata desunta esclusivamente dalle loro pregresse attività delittuose, peraltro considerando circostanze di fatto relative al solo C.A. , come il furto di autovetture, anche per motivare sulla pericolosità di C.F. . 3. In data 27 novembre 2019 il difensore dei ricorrenti, avv. Ettore Censano, ha depositato un’istanza di rinvio per legittimo impedimento del difensore. A tal fine egli deduce di non poter presenziare all’udienza innanzi a questa Corte di cassazione del 13 dicembre 2019 in quanto impegnato in pari data innanzi al Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Foggia in altro processo a carico di imputato sottoposto a custodia cautelare in carcere e fissato per la discussione del giudizio abbreviato precisa che il decreto di fissazione dell’altro processo gli è stato comunicato in data 15 ottobre 2019, ma prima - a distanza di poche ore - del decreto di fissazione dell’udienza innanzi a questa Corte di cassazione e che egli non può delegare per il giudizio in Cassazione alcun dei suoi collaboratori, non abilitati al patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori, e che sia i ricorrenti C. , sia l’imputato nell’altro processo gli hanno chiesto espressamente di non voler essere assistiti in udienza da altri avvocati. Il Sostituto Procuratore generale si è opposto all’accoglimento di detta istanza. Considerato in diritto 1. Deve preliminarmente essere ribadito in questa sede che l’istanza di rinvio per legittimo impedimento del difensore degli imputati non può essere accolta. 1.1. L’impegno professionale del difensore in altro procedimento costituisce legittimo impedimento che dà luogo ad assoluta impossibilità a comparire, ai sensi dell’art. 420-ter c.p.p., comma 5, a condizione che il difensore a prospetti l’impedimento non appena conosciuta la contemporaneità dei diversi impegni b indichi specificamente le ragioni che rendono essenziale l’espletamento della sua funzione nel diverso processo c rappresenti l’assenza in detto procedimento di altro codifensore che possa validamente difendere l’imputato d rappresenti l’impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell’art. 102 c.p.p. sia nel processo a cui intende partecipare sia in quello di cui chiede il rinvio Sez. U, n. 4909 del 18/12/2014, dep. 2015, Torchio, Rv. 262912 . 1.2. Nel caso di specie deve innanzitutto rilevarsi il difetto del requisito della tempestività della prospettazione dell’impedimento da parte del difensore requisito sopra indicato alla lettera a , atteso che lo stesso richiedente evidenzia che egli ha avuto conoscenza della contemporaneità dei due impegni professionali e quindi della loro inconciliabilità già in data 15 ottobre 2019, mentre l’istanza di rinvio è stata depositata nella cancelleria di questa Corte di cassazione solo in data 27 novembre 2019, ossia a distanza di oltre quaranta giorni. 1.3. Inoltre, deve osservarsi che questa Corte di cassazione ha ripetutamente escluso che l’impossibilità di nominare un sostituto possa desumersi dalla deduzione del difensore secondo cui gli assistiti intendono avvalersi della sua opera professionale, e non di quella di sostituti tra le altre Sez. 5, n. 48912 del 28/09/2016, Bartoli, Rv.268166 Sez. 6, n. 20130 del 04/03/2015, Caputi, Rv. 263395 , osservando che le scelte professionali del difensore, tra cui rientra anche la nomina di un sostituto di udienza, sono espressione della sua discrezionalità tecnica e non possono, quindi, essere sindacate dal soggetto difeso il quale può esclusivamente, ove sussista un’insanabile divergenza in ordine alle modalità di espletamento del mandato professionale, revocare il mandato e sostituire il mandatario con altro difensore Sez. 3, n. 31377 del 08/03/2018, P D C, Rv. 273808 . Nel caso di specie il difensore ha giustificato l’impossibilità di nominare un sostituto nel presente giudizio, allegando la non abilitazione dei suoi collaboratori al patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori, ma non ha giustificato analoga impossibilità in relazione all’altro processo, non potendo a tal fine ritenersi sufficiente il riferimento alla volontà del proprio assistito, per le ragioni sopra esposte. 1.4. Deve inoltre essere ribadito che la decisione sull’istanza di rinvio dell’udienza per legittimo impedimento del difensore, che adduca un concomitante impegno professionale, richiede un bilanciamento tra l’interesse difensivo e quello pubblico all’immediata trattazione del processo, per cui, ancorché la priorità temporale costituisca un parametro di valutazione, anche un impegno assunto successivamente può essere considerato prevalente rispetto ad altro preesistente Sez. 3, n. 43649 del 03/07/2018, P, Rv. 274416 . Nel caso di specie, in entrambi i processi il difensore difende imputati sottoposti a misura cautelare custodiale, in entrambi i giudizi l’udienza è stata fissata per la discussione e il processo innanzi a questa Corte di cassazione viene da un precedente rinvio anch’esso determinato da un legittimo impedimento. 2. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato e come tale inammissibile. 2.1. Deve innanzitutto rilevarsi che nel procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica il giudizio immediato è ammesso solo nei casi in cui sia prevista l’udienza preliminare, cioè quando la vocatio in ius non avviene tramite il meccanismo della citazione diretta a giudizio Sez. 1, n. 24170 del 31/03/2010, Seccia, Rv. 247945 . Tra i reati per i quali il processo deve essere instaurato mediante citazione diretta a giudizio ai sensi dell’art. 550 c.p.p. rientra anche quello di furto in abitazione, avendo questa Corte più volte affermato che per i delitti di furto in abitazione e di furto con strappo, previsti dall’art. 624-bis c.p., si procede con citazione diretta a giudizio, ai sensi dell’art. 550 c.p.p., atteso che la mancata espressa previsione di tale fattispecie nell’elencazione di cui alla predetta norma è da ricondursi unicamente ad un difetto di adeguamento normativo, cui è possibile supplire in via interpretativa, considerato che il delitto di furto aggravato, ai sensi dell’art. 625 c.p., è inserito tra quelli elencati e punito con la medesima pena della reclusione da uno a sei anni Sez. 5, n. 3807 del 28/11/2017, dep. 2018, Cipolletti, Rv. 272439 Sez. 6, n. 29815 del 24/04/2012, Levakovic, Rv. 253173 ed essendo questa Corte anche giunta ad affermare l’abnormità del provvedimento del giudice del dibattimento che disponga la restituzione degli atti al P.M., per avere esercitato l’azione penale in ordine al delitto di cui all’art. 624-bis c.p. - nelle forme della citazione diretta a giudizio, senza celebrazione dell’udienza preliminare, attesa la conseguente stasi insuperabile del processo, non potendosi, da un lato, reiterare il medesimo decreto di citazione diretta perché già annullato e, dall’altro, procedere con una richiesta di rinvio a giudizio, perché non corretta, avuto riguardo al titolo di reato Sez. 4, n. 53382 del 15/11/2016, Macera, Rv. 268487 . 2.2. In relazione al reato di furto in abitazione contestato agli odierni ricorrenti, il Pubblico ministero ha esercitato l’azione penale richiedendo al Giudice per le indagini preliminari l’emissione del decreto di giudizio immediato anziché emettere il decreto di citazione diretta a giudizio e il giudizio abbreviato, richiesto dagli imputati, è stato celebrato innanzi al Giudice per le indagini preliminari, anziché innanzi al giudice monocratico del Tribunale. 2.3 In tale ipotesi, secondo alcune sentenze della Suprema Corte, è affetta da nullità assoluta, per indebito mutamento del giudice naturale, la sentenza resa dal Giudice per le indagini preliminari funzionalmente incompetente all’esito del giudizio abbreviato chiesto a seguito dell’errata emissione del decreto di giudizio immediato per reati in ordine ai quali doveva invece procedersi con citazione diretta Sez. 4, n. 41073 del 03/11/2010, Halilovic, Rv. 248773 Sez. 4, n. 3805 del 17/12/2014 - dep. 2015, Pirri, Rv. 261949 . 2.4. Tuttavia, secondo la più recente giurisprudenza di legittimità, alla quale il Collegio intende dare continuità in assenza di valide ragioni per discostarsene, qualora, a seguito di decreto di giudizio immediato erroneamente emesso per un reato per il quale non è prevista l’udienza preliminare, l’imputato avanzi richiesta di giudizio abbreviato e questo venga celebrato innanzi al giudice per le indagini preliminari, non sussiste una violazione delle norme in materia di competenza funzionale che integri una nullità assoluta e rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del processo. Difatti con altre sentenze di questa Sezione Sez. 5, n. 39207 del 25/05/2015, Cavallari, Rv. 265082 Sez. 5, n. 6111 del 14/12/2018 - dep. 2019, Melis, non massimata si è già osservato che qualora l’azione penale venga esercitata mediante richiesta di rinvio a giudizio per un reato per il quale non è prescritta, ai sensi dell’art. 550 c.p.p., l’udienza preliminare e poi nel corso di questa l’imputato chieda che si proceda nelle forme del rito abbreviato e il giudizio si svolga innanzi al giudice dell’udienza preliminare, non sussiste alcuna delle nullità lamentate dai ricorrenti, poiché nell’ipotesi contraria, ossia laddove venga emesso un decreto di citazione diretta a giudizio per un reato per il quale è prescritta l’udienza preliminare, la relativa eccezione deve essere sollevata - e non è rilevabile d’ufficio - entro il termine di decadenza di cui all’art. 491 c.p.p., comma 1, restando altrimenti sanata. Sulla base di tale disciplina si è quindi concluso che la questione è del tutto estranea alla tematica del giudice naturale. Tale principio è stato richiamato espressamente da altra decisione Sez. 7, ordinanza n. 2970, ud. 12/12/2016, dep. 2017, Comelli, non massimata che ha dichiarato l’inammissibilità per manifesta infondatezza di altro ricorso che pure aveva eccepito l’incompetenza funzionale del GIP. Numerose altre sentenze, pur non affrontando espressamente il tema dell’incompetenza funzionale in caso di decisione emessa dal giudice per le indagini preliminari all’esito del giudizio abbreviato chiesto dall’imputato a seguito di decreto di giudizio immediato emesso in relazione ad un reato per il quale l’azione penale doveva essere esercitata con decreto di citazione diretta a giudizio, hanno implicitamente negato che ricorra in detto caso un’ipotesi di incompetenza funzionale astenendosi dal rilevarla di ufficio vedi Sez. 2, n. 25938 del 17/05/2018, G., Rv. 272938 Sez. 6, n. 5902 del 13/10/2011, dep. 2012, Adiletta, Rv. 252065 . 2.5. Anche in relazione alla omissione della notificazione dell’avviso previsto dall’art. 415-bis c.p.p., il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza. Secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte, alla quale il Collegio intende dare continuità in assenza di valide ragioni per discostarsene, l’instaurazione del giudizio immediato per reati per i quali l’esercizio dell’azione penale deve avvenire con citazione diretta, precludendo all’imputato il diritto a ricevere la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini ex art. 415-bis c.p.p., determina una nullità di ordine generale a regime intermedio che non può, però, essere dedotta a seguito della scelta del giudizio abbreviato, in quanto la richiesta del rito speciale opera un effetto sanante delle nullità, ai sensi dell’art. 183 c.p.p. Sez. 2, n. 25938 del 17/05/2018 G., Rv. 272938 . 2.6. Nel caso di specie, secondo quanto dedotto nell’atto introduttivo del presente grado di giudizio, solo il coimputato D.M. e C.F. hanno dedotto la nullità del solo decreto di giudizio immediato. Peraltro, quanto a C.F. , come già evidenziato nella sentenza della Corte di appello, la richiesta di giudizio abbreviato nella quale si eccepiva la nullità del decreto di giudizio immediato, depositata il 3 maggio 2017, è stata preceduta da altra valida richiesta di giudizio abbreviato presentata dal suo difensore di fiducia avv. Luigi Marinelli in data 28 aprile 2017 nella prima richiesta depositata nell’interesse di C.F. non viene eccepita alcuna nullità. La presentazione della prima richiesta di giudizio abbreviato comporta la accettazione degli effetti del decreto di giudizio immediato di cui in questa sede si lamenta la nullità, atteso che attraverso detta richiesta l’imputato ha fatto utilizzo delle conseguenze dell’atto avanzando la richiesta di giudizio abbreviato ai sensi dell’art. 456 c.p.p. vedi Sez. 2, n. 25938 del 17/05/2018, G., Rv. 27293801 , accettando così gli effetti del decreto di giudizio immediato. Ne consegue che la nullità deve ritenersi sanata, ai sensi dell’art. 183 c.p.p., lett. a , già nel momento della presentazione in data 28 aprile 2017 della prima richiesta di giudizio abbreviato. La deduzione della nullità con la seconda richiesta risulta, quindi, tardiva e come tale inammissibile. 2.7. In applicazione del principio di diritto sopra indicato, l’imputato è ormai decaduto dalla facoltà di eccepire la nullità che non può, pertanto, essere più dedotta ed il motivo di gravame è sul punto inammissibile. 3. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza, atteso che la Corte di appello ha proceduto ad un’autonoma valutazione della pericolosità sociale degli odierni ricorrenti, desunta, oltre che dalla gravità dei fatti per i quali si procede, anche dalle modalità utilizzate per eludere eventuali controlli da parte delle forze dell’ordine e dai carichi pendenti gravanti su ciascuno di essi in particolare non risulta che la pericolosità sociale di C.F. sia stata desunta dalle attività delittuose riferibili al solo C.A. . 4. Stante la inammissibilità dei motivi di ricorso, l’epilogo al quale le impugnazioni sarebbero destinate è quello dell’inammissibilità. Deve, tuttavia, essere rilevata l’illegalità della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per anni cinque. Ai fini dell’applicazione della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, in caso di più reati unificati sotto il vincolo della continuazione, occorre fare riferimento alla misura della pena base stabilita in concreto per il reato più grave, come risultante a seguito della diminuzione per la scelta del rito, e non a quella complessiva risultante dall’aumento della continuazione Sez. 5, n. 28584 del 14/03/2017, Di Corrado, Rv. 270240 . Nel caso di specie il reato più grave è quello di furto in abitazione, per il quale la pena base è stata fissata in anni tre e mesi otto di reclusione e Euro 300,00 di multa. Riducendo detta pena di un terzo per la scelta del rito abbreviato, si perviene ad una pena inferiore ad anni tre di reclusione, che è la pena minima richiesta dall’art. 29 c.p. per l’applicazione della pena accessoria. Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente alla predetta pena accessoria, che deve essere esclusa, e che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili nel resto. 5. I ricorrenti, ai sensi dell’art. 541 c.p.p., in applicazione del principio della soccombenza, devono essere condannati in solido tra loro alla rifusione in favore della parte civile delle spese processuali da questa sostenute nel grado di giudizio, che si liquidano in complessivi Euro 2.500,00, oltre accessori come per legge. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla pena accessoria ex art. 29 c.p., che elimina. Dichiara nel resto inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile che liquida in complessivi Euro 2.500,00 oltre accessori come per legge.