Auto fissa davanti al garage del vicino: condannato per stalking

È configurabile il reato di stalking ex art. 612-bis c.p. in capo a colui che abbia posto in essere condotte persecutorie nei confronti di alcuni vicini di casa, destinatari di frasi minacciose e costretti ad un cambiamento delle abitudini di vita in quanto l’imputato impediva loro l’accesso al garage avendo posizionato la propria auto davanti.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 1551/20, depositata il 16 gennaio. Il fatto. La Corte d’Appello di Milano confermava la condanna per stalking per un imputato accusato di aver commesso condotte persecutorie nei confronti delle parti lese e, in particolare, per aver loro impedito l’accesso al garage avendo parcheggiato la propria vettura davanti all’ingresso ed essendosi rifiutato di spostarla anche a fronte delle reiterate richieste in tal senso. Avverso la pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l’imputato. Sussistenza del reato. Il Collegio esclude ogni dubbio sulla correttezza della decisione impugnata. Il ricorrente si limita infatti a prospettare alternative ricostruzioni della vicenda senza sollevare alcun vizio rilevante ai sensi dell’art. 606, lett. e , c.p.p Né tantomeno può essere rimessa al giudice di legittimità la valutazione della credibilità dei testi e delle parti lese laddove il vaglio svolto in sede di merito sia svolto con motivazione lineare, non manifestamente illogica e coerente. La Corte territoriale ha infatti correttamente individuato la sussistenza dell’evento del reato di atti persecutori nel cambiamento di abitudini di vita del nucleo familiare, i cui membri erano costretti a passare dal retro per evitare gli insulti del ricorrente al momento del rientro a casa. Per questi motivi, il ricorso viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza10 settembre 2019 – 16 gennaio 2020, n. 1551 Presidente Palla – Relatore Calaselice Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Messina ha confermato la condanna, emessa in data 6 ottobre 2017 dal Tribunale in sede, nei confronti di B.A.A. , per i reati di cui all’art. 612-bis c.p., comma 3, art. 610 c.p., art. 61 c.p., comma 1, n. 2, alla pena ai anni uno di reclusione, riconosciute all’imputato le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza sulle aggravanti e ritenuta la sussistenza del vincolo della continuazione tra i reati. 1.1.Si tratta della contestazione di condotte persecutorie commesse nei confronti delle parti lese, D.G. , C.C. e del loro figlio minore M. , consistite nell’aver rivolto ai predetti le frasi minacciose descritte nell’imputazione di cui al capo a , nonché nell’aver impedito l’accesso con la propria vettura, parcheggiata davanti all’ingresso del garage di proprietà dei coniugi D. , rifiutandosi di spostare il veicolo anche a fronte delle reiterate richieste in tale senso, con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di eseguire il reato di condotte persecutorie contestato sub a . 2. Avverso la descritta sentenza ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del difensore di fiducia, deducendo, nei motivi di seguito riassunti, due vizi. 2.1. Con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c , determinata dal diniego di autorizzazione al difensore di farsi assistere da un consulente tecnico durante l’esame del teste di controparte, ai sensi dell’art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c . Si assume allegando il relativo verbale che all’udienza del 14 ottobre 2016 il difensore dell’imputato rappresentava la necessità di farsi assistere da proprio consulente tecnico, per svolgere il controesame del teste del Pubblico ministero il quale, nella qualità di psicologa, aveva avuto in cura le parti lese ed aveva redatto una relazione tecnica sulle condizioni del bambino. Tanto allo scopo di assicurare l’effettività della Difesa, a fronte dell’escussione su questioni scientifiche, rappresentando il consulente tecnico un ausiliare che integra la difesa tecnica, mediante l’apporto delle sue conoscenze scientifiche in discipline diverse da quelle giuridiche richiamando la pronuncia della Sez. 3 di questa Corte di legittimità, n. 35702 del 2009 . Si tratta, secondo la prospettazione del ricorrente, di richiesta respinta dal primo giudice e di eccezione di nullità formulata anche alla Corte territoriale. Si chiede di dichiarare la nullità della deposizione e la conseguente nullità derivata della sentenza impugnata. 2.2. Con il secondo motivo si denuncia inosservanza ed erronea applicazione di legge penale nonché vizio di motivazione in ordine alla credibilità delle parti lese. Le dichiarazioni delle parti lese sono state reputate riscontrate da quelle rese dai testi del Pubblico ministero che, invece, secondo il ricorrente, confuterebbero la ricostruzione delle persone offese. Si analizzano, punto per punto, le circostanze contestate distanza tra le abitazioni, tra le parti ed i vicini di casa, sulla minaccia del dicembre 2012, sull’episodio accaduto in balcone, sulla circostanza della presenza costante in casa del B. riportando stralci delle deposizioni dei testi che, secondo la ricostruzione del ricorrente, confuterebbero le affermazioni delle persone offese, richiamando verbali e pagine relative alle deposizione pagg. 8 e sgg. del ricorso . Si illustra la valenza, a favore della tesi difensiva, della documentazione fotografica versata in atti dalla difesa. Si contesta la testimonianza resa dalla psicologa che ha visitato il bambino, escussa come teste della pubblica accusa, reputata inverosimile, in base alla deposizione della teste della difesa M.C. , neuropsichiatra. Considerato in diritto 1. Il ricorso, in quanto infondato, deve essere rigettato. 2.Il primo motivo di ricorso è infondato. 2.1. È noto l’orientamento, indicato nell’atto di impugnazione, secondo il quale dà luogo a nullità di ordine generale, da ritenersi sanata se non dedotta immediatamente dopo la pronuncia della relativa ordinanza, il diniego di autorizzazione alla parte di farsi assistere dal consulente nel corso dell’esame testimoniale in dibattimento Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, F., Rv. 273528, Sez. 3, n. 35702 del 09/06/2009, Raso, Rv. 244423 . Si tratta, tuttavia, di indirizzo interpretativo che qualifica come sanabile la nullità eccepita, se non dedotta immediatamente dopo l’ordinanza con la quale viene pronunciato il diniego di autorizzazione, per la parte che la richiede, di farsi assistere dal consulente. Nel caso al vaglio l’esame degli atti, consentito per la natura dell’eccezione proposta in materia processuale, la Corte di cassazione è anche giudice del fatto, nel senso che, nella ricerca degli eventuali errores in procedendo - opportunamente denunciati con specifico motivo di ricorso - occorre verificare, ex actis, l’osservanza della legge processuale Sez. U., n. 42792 del 31/10/2001, Rv. 220092 ha consentito di acclarare che all’udienza del 10 marzo 2017, nella quale il giudice di primo grado ha sciolto la riserva rigettando la richiesta di autorizzazione proposta nell’interesse dell’imputato, il difensore presente nulla aveva eccepito immediatamente dopo la lettura dell’ordinanza in tal senso pronunciata cfr. verbale di udienza cit. . Inoltre si rileva che il ricorso non illustra, puntualmente, le ragioni della decisività della deposizione della teste del Pubblico ministero, psicologa del bambino, di cui eccepisce la nullità per effetto del difetto di autorizzazione sopra indicato. Ciò tenuto conto anche delle fonti di prova utilizzate dalle pronunce di merito, a fondamento della condanna. La sentenza impugnata, invero, menziona la deposizione della psicologa, teste della pubblica accusa, solo per affermare che questa aveva riferito delle condizioni psichiche del bambino e, comunque, delle condizioni di ansia del nucleo familiare. In ogni caso i giudici di merito indicano come evento alternativo del reato di atti persecutori anche il riscontrato cambio di abitudini di vita del nucleo familiare in quanto costretti a passare dal retro, per evitare gli insulti di B. , al momento del rientro in casa elemento già in sé sufficiente ed idoneo ad integrare l’evento alternativo del delitto contestato. Del resto si osserva che la conferma della pronuncia di primo grado fonda, in massima parte, sull’esame da parte della Corte di appello della deposizione delle parti lese e dei testi oculari degli episodi contestati P. , Ch. e Z. quindi, non viene esplicitata la decisività della deposizione che si assume assunta in violazione di legge. Infine va rilevato che non è illustrato, specificamente, l’interesse alla declaratoria di nullità eccepita. Sul punto si richiama il decisivo intervento della Corte di legittimità nel suo più autorevole consesso, secondo il quale l’interesse ad impugnare deve presentare i caratteri della concretezza e della attualità. Il che si verifica quando con l’impugnazione si abbia di mira un risultato non solo teoricamente corretto, ma anche praticamente utile e favorevole all’imputato Sez. U, 11 maggio 1993, n. 6203, Amato, Rv. 193743 Sez. U, 24 marzo 1995, n. 9616, Boido, Rv. 202018 Sez. 6, 27 ottobre 2004, dep 2005, n. 884, Serra, Rv. 230822 Sez. 6, 29 febbraio 2008, n. 16389, Ndiaye, Rv. 239976 . 2.2. Il secondo motivo risulta integralmente versato in fatto. Pur formalmente devolvendosi vizi censurabili in sede di legittimità, in sostanza si invoca una diversa valutazione della credibilità delle parti lese, come svolta dai giudici di merito. Ancora si invoca una rilettura delle medesime fonti di prova, già vagliate dalla Corte di appello, con motivazione non manifestamente illogica, dunque non censurabile in sede di legittimità. Si osserva che l’esito del giudizio di responsabilità fondato, come nel caso in esame, su motivazione non manifestamente illogica nè contraddittoria, non può essere invalidato da prospettazioni alternative del ricorrente, che si risolvano in una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell’autonoma assunzione di diversi parametri di ricostruzione e di valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dai giudici di merito, perché indicati come più plausibili, o perché assertivamente dotati di una migliore capacità probatoria Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995, Fachini, Rv. 203767 Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Rv. 207944 Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794 Sez. 6, n. 456 del 21/09/2012 - dep. 2013, Cena, Rv. 254226 Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Rv. 234148 Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, dep. 28/12/2006, Rv. 235507 . Nella sostanza, infatti, con le critiche proposte il ricorrente non censura la motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica, vizi proponibili ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e , ma si duole di una decisione erronea, in quanto fondata su valutazioni asseritamente sbagliate. È noto, invece, che il controllo di legittimità concerne il rapporto tra motivazione e decisione, non quello tra prova e decisione. Nemmeno può essere rimessa al giudice di legittimità la rivalutazione del giudizio di credibilità di testi e parti lese, ove questo, come nel caso al vaglio, risulti svolto con motivazione lineare, non manifestamente illogica e coerente, dai giudici di merito Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, D’Ippedico, Rv. 271623 Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, Cammarota, Rv. 262575 Sez. 7, n. 12406 del 19/02/2015, Micciché, Rv. 262948 Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, Tosto, Rv. 250362 a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge. 3. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. 3.1. In caso di diffusione del presente provvedimento, vanno omesse le generalità e dati identificativi delle parti, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge per essere una delle parti lese minore di età. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.