Ladro porta via la borsa dal negozio e viene fermato dalla polizia che lo controllava: reato comunque consumato

Condanna definitiva per il ladro. Ribadita la legittimità della pena stabilita in appello. Impossibile, secondo i Giudici, parlare di furto tentato, nonostante la presenza delle forze dell’ordine.

Condanna piena per il ladro che realizza il colpo sotto gli occhi della polizia e, difatti, viene prontamente arrestato. Impossibile parlare, secondo i giudici, di furto solo tentato Cassazione, sentenza n. 1360/20, sez. IV Penale, depositata il 15 gennaio . Possesso. Scenario del fattaccio è un esercizio commerciale di Roma. Da lì un uomo esce portando con sé una borsa non sua. La fuga dura però pochissimo gli agenti della polizia, che ne hanno osservato attentamente l’azione, provvedono subito ad arrestarlo. Inevitabile il processo, e inevitabile la condanna, sia in primo che in secondo grado, con pena fissata in otto mesi di reclusione e 180 euro di multa . Per il legale dell’uomo, però, la sanzione comminata dai giudici è eccessiva, poiché, a suo dire, sarebbe più corretto parlare di furto tentato”. Questa obiezione viene respinta dai giudici della Cassazione, i quali ribadiscono che integra il reato di furto nella forma consumata la condotta di colui che, subito dopo essersi impossessato di una borsa, venga inseguito e bloccato dalla polizia che lo aveva osservato a distanza”, ciò perché il criterio distintivo tra consumazione e tentativo risiede nella circostanza che il ladro consegua, anche se per breve tempo, la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva”. E in questa vicenda nonostante il monitoraggio dell’azione antigiuridica, realizzato attraverso la predisposizione di un servizio di osservazione e controllo – che, di fatto, ha consentito l’arresto in flagranza –, il ladro ha potuto completare l’impossessamento della borsa, portandola fuori dall’esercizio commerciale”. Per chiudere il cerchio, infine, viene respinta anche la tesi difensiva secondo cui la predisposizione di un servizio di osservazione delle forze di polizia osti alla configurabilità del reato in forma consumata in quanto”, secondo il legale, in simile evenienza al ladro sarebbe impedito il definitivo impossessamento della res furtiva, con conseguente configurabilità della sola fattispecie tentata”. Per i magistrati, difatti, la circostanza che l’impossessamento della refurtiva in danno della vittima sia avvenuto sotto il controllo delle forze dell’ordine non esclude la consumazione del reato” quando l’intervento degli agenti sia arrivato soltanto dopo il conseguimento, anche se solo per un breve lasso di tempo, del possesso della refurtiva da parte del ladro”.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 12 novembre 2019 – 15 gennaio 2020, numero 1360 Presidente Ciampi – Relatore Tanga Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 08/05/2017, il Tribunale di Roma, all'esito del giudizio abbreviato, dichiarava DO. AU. AD. responsabile del reato di cui agli artt. 110, 624 e 625, nr. 2, c.p. con la recidiva reiterata infraquinquennale , e lo condannava alla pena di mesi otto di reclusione ed Euro 180,00 di multa. 1.1. Con la sentenza numero 12559/18 del giorno 07/11/2018, la Corte di Appello di Roma, adita dall'imputato, confermava la sentenza di primo grado. 2. Avverso tale sentenza d'appello propone ricorso per cassazione DO. AU. AD., a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi giusta il disposto di cui all'articolo 173, comma 1, disp. att. cod. proc. penumero violazione di legge e vizi motivazionali in relazione al mancato riconoscimento del reato nella forma tentata. Deduce che l'intera azione furtiva era avvenuta sotto la costante sorveglianza delle forze dell'ordine e tale condotta aveva impedito che risultasse integrato il requisito dell'impossessamento della refurtiva. Considerato in diritto 3. Il ricorso proposto è inammissibile poiché manifestamente infondato. 4. Innanzitutto va evidenziato che, nel caso di cd. doppia conforme , le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione. 4.1. Occorre, inoltre, rimarcare che il ricorrente ignora le analitiche ragioni esplicitate dal giudice di appello per rigettare analoghi motivi di gravame. 4.2. La Corte territoriale ha, in vero, fornito adeguata spiegazione del ragionamento posto a base della propria sentenza procedendo -seppur sinteticamente alla coerente e corretta disamina di ogni questione di fatto e di diritto. 4.3. Sul punto va ricordato che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti tra le varie, cfr. Sez. 4, numero 31224 del 16/06/2016 . 4.4. Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l'illogicità della motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché -come nel caso in esame siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento cfr. Sez. 3, numero 35397 del 20/6/2007 Sez. Unite numero 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794 . Più di recente è stato ribadito come ai sensi di quanto disposto dall'articolo 606 e.p.p., comma 1, lett. e , il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene né alla ricostruzione dei fatti né all'apprezzamento del giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell'atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile a l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato b l'assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento, cfr. Sez. 2, numero 21644 del 13/2/2013, Badagliacca e altri, Rv. 255542 . 4.5. Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto. Non c'è, in altri termini, come richiesto nel ricorso in scrutinio, la possibilità di andare a verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali. Il giudice di legittimità non può procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito. 4.6. In realtà il ricorrente tenta di sottoporre a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito. In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante , su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo per cui sono inammissibili tutte le doglianze che attaccano la persuasività, l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento cfr. Sez. 2, numero 38393 del 20/07/2016 Sez. 6, numero 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965 . 5. Ciò posto, in replica alle doglianze formulate, mette conto solo evidenziare che la Corte del merito ha fatto buon uso dei principi fissati dal Supremo Collegio e sopra riportati, sviluppando una motivazione logica e congrua. 6. La doglianza è del tutto inammissibile poiché contenente censure non consentite nel giudizio di legittimità, in quanto concernenti la valutazione del fatto e alla dosimetria della pena, rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, immune da censure logiche perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza. 6.1. Occorre solo riaffermare che integra il reato di furto nella forma consumata la condotta di colui che, subito dopo essersi impossessato di una borsa venga inseguito e bloccato dalla polizia giudiziaria che lo aveva osservato a distanza, in quanto il criterio distintivo tra consumazione e tentativo risiede nella circostanza che l'imputato consegua, anche se per breve tempo, la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva cfr. Sez. 5, numero 48880 del 17/09/2018 Ud. -dep. 25/10/2018 Rv. 274016 Sez. 5, numero 26749 del 11/04/2016 Ud. -dep. 27/06/2016 Rv. 267266 . 6.2. Nel caso che occupa, la corte territoriale, ha fatto corretta applicazione dei principi che individuano il momento di consumazione del delitto di furto, in quanto il criterio distintivo tra consumazione e tentativo risiede nella circostanza che l'imputato consegua, anche se per breve tempo, la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, di guisa che risponde di furto consumato e non semplicemente tentato chi, dopo essersi impossessato della refurtiva, non si sia ancora allontanato dal luogo della sottrazione e abbia esercitato sulla cosa un potere del tutto momentaneo, essendo stato costretto ad abbandonarla subito dopo il fatto per il pronto intervento dell'avente diritto o della polizia v. ex multis Sez. 5, numero 7704 del 05/05/1993, Gallo, Rv. 194483 . Ai fini della configurazione dell'autonoma disponibilità della cosa, che segna il momento acquisitivo a cui l'impossessamento è funzionale, non rileva il dato temporale ex se, essendo sufficiente che l'agente abbia conseguito anche solo momentaneamente l'esclusiva signoria di fatto sul bene, assumendo, invece, decisivo rilievo la effettiva concretizzazione del rischio di definitiva dispersione, anche se questa non si sia, di fatto, realizzata per l'intervento di fattori causali successivi ed autonomi. In altri termini, l'agente acquisisce l'autonoma disponibilità della cosa sottratta -e la fattispecie si realizza in forma consumata-solo quando il soggetto passivo del reato ne perda, correlativamente, la detenzione, anche mediata attraverso forme indirette di vigilanza e custodia. 6.3. Preme chiarire che, ai fini della ravvisabilità del tentativo, occorre che il complesso delle cautele adottate dal soggetto passivo del reato consenta un contestuale intervento impeditivo che, di fatto, precluda all'agente l'esercizio di autonomi poteri dispositivi sulla cosa, escludendo ex ante il pericolo di definitiva dispersione del bene sottratto. In riferimento al monitoraggio dell'azione da parte delle forze dell'ordine, secondo il costante avviso della giurisprudenza di legittimità, integra il reato di furto nella forma consumata la condotta di colui che, subito dopo l'impossessamento, venga inseguito e bloccato dalla polizia giudiziaria che lo aveva osservato a distanza, in quanto il criterio distintivo tra consumazione e tentativo risiede -come già detto, nella circostanza che l'imputato consegua, anche se per breve tempo, la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, in quanto l'osservazione a distanza da parte degli agenti non assume rilevanza ai fini della configurabilità del reato nella forma tentata poiché tale studio non solo non avviene ad opera della persona offesa, ma neppure impedisce il conseguimento dell'autonomo possesso della res, prima dell'arresto in flagranza cfr. anche Sez. Unumero , numero 52117 del 17/07/2014, Prevete, Rv. 261186 nell'occasione il supremo collegio ha specificato che In caso di furto in supermercato, il monitoraggio della azione furtiva in essere, esercitato mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce ovvero attraverso la diretta osservazione da parte della persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza ovvero delle forze dell'ordine presenti nel locale ed il conseguente intervento difensivo 'in continenti', impediscono la consumazione del delitto di furto che resta allo stadio del tentativo, non avendo l'agente conseguito, neppure momentaneamente, l'autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo del soggetto passivo . 6.4. Nel caso in esame, correttamente il giudice di merito ha ritenuto configurata la concreta fattispecie nella forma consumata. Nonostante il monitoraggio dell'azione antigiuridica, realizzato attraverso la predisposizione di un servizio di osservazione e controllo che, di fatto, ha consentito l'arresto in flagranza gli agenti hanno potuto completare l'impossessamento della borsa portandola fuori dall'esercizio commerciale. La mera presenza del dispositivo di monitoraggio, in assenza di ulteriori misure di custodia immediatamente attivabili con funzione impeditiva, non ha, dunque, neutralizzato il pericolo di illecita apprensione del bene, ma ne ha solo agevolato la constatazione. Osserva in proposito il Collegio che non è giuridicamente condivisibile la tesi secondo cui la predisposizione di un servizio di osservazione delle Forze di Polizia osti alla configurabilità del reato in forma consumata in quanto, in simile evenienza, all'agente sarebbe impedito il definitivo impossessamento della res furtiva, con conseguente configurabilità della sola fattispecie tentata. La circostanza che l'impossessamento della refurtiva in danno della vittima sia avvenuto sotto il controllo delle Forze dell'ordine non esclude la consumazione del reato nei casi in cui le stesse siano intervenute soltanto dopo il conseguimento -anche se soltanto per un breve lasso di tempo del possesso della refurtiva da parte dell'agente. Il reato si consuma, infatti, nel momento e nel luogo in cui si verificano l'ingiusto profitto e l'altrui danno patrimoniale, senza che assuma rilievo il consolidamento di tali eventi nel tempo, concretizzandosi la lesione del bene giuridico protetto con l'autonoma disponibilità della refurtiva da parte dell'agente, e il correlativo spossessamento del legittimo detentore, prescindendo da qualsiasi criterio spazio-temporale v. anche Sez. 2, numero 1619 del 12/12/2012, Rv. 254450 . E di siffatta ricostruzione il giudice di merito ha dato analiticamente conto in motivazione Nella piana e descritta situazione è pienamente provata la responsabilità del Do. in ordine al reato di furto consumato aggravato in concorso , conferendo al fatto la conseguente valutazione giuridica secondo un percorso giustificativo corretto e completo, che si sottrae a censure nella presenta sede di legittimità. 7. Segue, a norma dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di Euro 2.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.