Centinaia di cd e dvd taroccati in auto: logico dedurre la destinazione alla vendita

Definitiva la condanna per un uomo, beccato a trasportare nella propria vettura oltre seicento supporti audiovisivi contenenti musica e film e privi del contrassegno SIAE. Respinta la tesi difensiva secondo cui il controllo in strada ha fatto emergere la sola detenzione. A inchiodare l’uomo, secondo i Giudici, è il numero di cd e dvd e il prezzo, nettamente inferiore a quello previsto per le riproduzioni lecite.

Fatale il contenuto del bagagliaio dell’automobile lì vengono rinvenuti oltre seicento supporti audiovisivi, contenenti film e musica, e tutti privi del contrassegno ‘Siae’. La scoperta inchioda l’uomo alla guida della vettura, ritenuto colpevole di avere violato la normativa sul diritto d’autore e di avere detenuto quel materiale col chiaro obiettivo di porlo in vendita Cassazione, sentenza n. 1042/20, sez. III Penale, depositata oggi . Bagagliaio. Il controllo in strada che dà il ‘la’ alla vicenda viene effettuato nella provincia di Lecce. La perquisizione della vettura porta alla scoperta del carico presente nel bagagliaio, dove sono stipati dvd e cd privi del contrassegno Siae e contenenti musica e film. Inevitabile per l’uomo alla guida – originario del Senegal – il processo con l’accusa di avere violato la normativa sul diritto d’autore. Inevitabile anche la condanna, anche se in secondo grado la pena viene ridotta a un anno di reclusione e quasi 2mila e 600 euro di multa. Nessun dubbio, comunque, sul fatto che l’automobilista abbia introdotto nel territorio dello Stato e detenuto per la vendita supporti contenenti opere musicali e cinematografiche privi del contrassegno Siae e frutto, evidentemente, di pirateria. Numero. Il difensore del cittadino straniero sotto processo contesta però l’ipotesi accusatoria secondo cui il materiale rinvenuto nella vettura sarebbe stato destinato alla vendita. A questo proposito, il legale sottolinea che la norma incriminatrice non sanziona la sola detenzione dei supporti contenenti opere protette dal diritto d’autore abusivamente riprodotte, ma richiede, ai fini della punibilità della condotta, la messa in vendita che, aggiunge il legale, non è ravvisabile in questo caso, in quanto l’imputato è stato sorpreso alla guida di una automobile e quindi nella detenzione dei supporti contraffatti . Questa obiezione non convince però i magistrati della Cassazione, che invece ritengono corretta la lettura tracciata dai giudici di merito e confermano di conseguenza la condanna del cittadino straniero. In particolare, i Giudici del ‘Palazzaccio’ osservano che la finalità di vendita è stata tratta in modo logico dalla detenzione in automobile di un numero rilevantissimo di supporti audiovisivi , dal fatto che su alcuni di essi risultano duplicate le medesime opere e, infine dal loro prezzo, inferiore a quello stabilito per le riproduzioni lecite e munite di contrassegno SIAE.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 4 luglio 2019 – 14 gennaio 2020, n. 1042 Presidente Di Nicola – Relatore Liberati Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 29 ottobre 2018 la Corte d'appello di Lecce, provvedendo sulla impugnazione proposta da Ng. Mo. Ma. nei confronti della sentenza del 22 luglio 2016 del Tribunale di Lecce, con cui lo stesso era stato dichiarato responsabile dei reati di cui agli artt. 171 ter, lett. c et d , L. 633/1941 capo A della rubrica e 489 cod. pen. capo C della rubrica , ha assolto l'imputato dai reati di cui all'art. 171 ter, lett. d , L. 633/41 e 489 cod. pen., perché il fatto non sussiste, e ne ha confermato la responsabilità per il residuo reato di cui all'art. 171 ter, lett. c , L. 633/41, rideterminando la relativa pena in un anno di reclusione e 2.582,00 Euro di multa e confermando nel resto la sentenza impugnata. 2. Avverso tale sentenza l'imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. 2.1. Con un primo motivo ha lamentato l'errata applicazione dell'art. 49 cod. pen., in relazione all'art. 171 ter L. 633/41 e la mancanza assoluta di motivazione in ordine al motivo di impugnazione di cui al punto 2.b del proprio atto di appello, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b et e , cod. proc. pen. Ha esposto che con detto motivo di appello aveva lamentato la mancanza di accertamento in ordine al contenuto dei supporti audiovisivi sequestrati e alla loro effettiva utilizzabilità, nonostante l'orientamento interpretativo di legittimità circa la necessità di tale accertamento. 2.2. Con un secondo motivo ha lamentato l'errata applicazione dell'art. 171 ter, lett. c L. 633/41 e la mancanza o comunque l'insufficienza della motivazione in ordine al motivo di impugnazione di cui al punto 2.a del proprio atto di appello, relativo alla natura delle opere illecitamente riprodotte, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b et e , cod. proc. pen. Mediante tale motivo d'appello aveva lamentato la mancanza di verifiche circa la natura di opere dell'ingegno di quelle riprodotte nei supporti audiovisivi sequestrati e anche della loro protezione contro l'abusiva riproduzione, e la Corte territoriale aveva sul punto fornito una risposta insufficiente, richiamando la sentenza di primo grado e affermando la non necessità della pubblicazione dell'opera perché la stessa potesse beneficiare della tutela penale, benché quest'ultima riguardi solamente le opere tutelabili, tra cui rientrano solo quelle in relazione alle quali era stata completata la procedura di registrazione. 2.3. Con il terzo motivo ha lamentato l'errata applicazione dell'art. 171 ter, lett. a L. 633/41 e la mancanza della motivazione in ordine al motivo di impugnazione di cui al punto 7 del proprio atto di appello, relativo alla messa in vendita delle opere illecitamente riprodotte, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b et e , cod. proc. pen., in quanto la norma incriminatrice contestata non sanziona la sola detenzione dei supporti contenenti opere protette dal diritto d'autore abusivamente riprodotte, ma richiede, ai fini della punibilità della condotta, la messa in vendita, nella specie non ravvisabile, in quanto l'imputato era stato sorpreso alla guida di una automobile nella detenzione di detti supporti, cosicché risultava erronea l'affermazione del compimento di atti di vendita o di messa in vendita di detti supporti contenenti opere protette dal diritto d'autore illecitamente riprodotte. Considerato in diritto 1. Il ricorso, peraltro pressoché riproduttivo dei motivi d'appello non accolti, è inammissibile. 2. Il primo e il secondo motivo, esaminabili congiuntamente in considerazione della sovrapponibilità delle censure con essi formulate, giacché con entrambi sono state lamentate l'errata applicazione dell'art. 171 ter L. 633/41 e l'insufficienza della motivazione, nella parte relativa all'accertamento del contenuto dei supporti audiovisivi detenuti dall'imputato 383 dvd e 232 ed musicali abusivamente riprodotti e privi del contrassegno SIAE , che non sarebbe stato sufficientemente illustrato dalla Corte territoriale, nonostante la formulazione di specifiche censure sul punto con l'atto d'appello, con la conseguente mancanza della prova del contenuto di tali supporti, sono inammissibili, essendo volti a censurare un accertamento di fatto che risulta, contrariamente a quanto genericamente affermato dal ricorrente, sufficientemente giustificato dalla lettura congiunta delle sentenze di primo e secondo grado che, essendo di segno conforme nella lettura degli elementi a carico, si integrano reciprocamente formando un unico corpo motivazionale. Nella sentenza di primo grado si legge, infatti, che all'interno dell'automobile condotta dal ricorrente vennero rinvenuti 615 supporti audiovisivi, sui quali erano stati riprodotti film e musica, privi del contrassegno SIAE, tra cui più copie della stessa opera del medesimo autore, traendone la prova sia della abusiva duplicazione sia della destinazione alla vendita, non essendo spiegabile diversamente la detenzione di più copie della stessa opera. La Corte d'appello, nel disattendere le censure sollevate dall'imputato su tale punto, ha evidenziato che il carattere abusivo della riproduzione delle opere presenti sui supporti audiovisivi detenuti dall'imputato, quale accertato all'atto del loro sequestro secondo quanto indicato nella sentenza di primo grado, è desumibile dalle modalità artigianali delle riproduzioni, dalla mancanza del contrassegno SIAE costituente, in relazione alla ipotesi di cui all'art. 171 ter, comma 1, lett. C, L. 633/41, elemento indiziario della abusività della duplicazione , dal prezzo al quale tali supporti dovevano essere venduti assai inferiore rispetto a quello delle corrispondenti riproduzioni lecite , dalla presenza di più copie della medesima opera. Si tratta di motivazione non manifestamente illogica e idonea a giustificare l'accertamento della abusiva duplicazione delle opere registrate sui supporti audiovisivi detenuti dal ricorrente, che quest'ultimo ha censurato sul piano delle valutazioni di merito, criticando la lettura degli elementi a disposizione compiuta concordemente dai giudici di merito, proponendone una rivisitazione onde giungere a conclusioni differenti, sia quanto al contenuto di detti supporti, sia in ordine alla abusività della loro duplicazione, formulando in tal modo censure non consentite nel giudizio di legittimità, nel quale è esclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch'essa logica, dei dati processuali, o una diversa ricostruzione storica dei fatti, o un diverso giudizio di rilevanza, o comunque di attendibilità delle fonti di prova Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, Cammarota, Rv. 262575 Sez. 3, n. 12226 del 22/01/2015, G.F.S., non massimata Sez. 3, n. 40350, del 05/06/2014, C.C. in proc. M.M., non massimata Sez. 3, n. 13976 del 12/02/2014, P.G., non massimata Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099 Sez. 2, n. 7380 del 11/01/2007, Messina ed altro, Rv. 235716 . Ne consegue, in definitiva, l'inammissibilità delle doglianze formulate con il primo e il secondo motivo di ricorso. 3. Analoghe considerazioni possono essere svolte per quanto riguarda il terzo motivo, mediante il quale sono state lamentate una ulteriore violazione dell'art. 171 ter L. 633/41 e carenza della motivazione, nella parte relativa all'accertamento alla messa in vendita dei supporti detenuti dal ricorrente sulla automobile che egli conduceva, in quanto anche mediante tale doglianza si censura sul piano del merito un accertamento di fatto che, dal complesso della struttura giustificativa ricavabile dalle sentenze di primo e secondo grado, risulta adeguatamente illustrato. La finalità di vendita, sufficiente per la configurabilità della ipotesi di cui all'art. 171 ter, comma 1, lett. c , L. 633/41, che, tra le altre, sanziona la condotta di detenzione per la vendita di opere o parti di opere letterarie, drammatiche, scientifiche o didattiche, musicali o drammatico-musicali, ovvero multimediali, abusivamente riprodotte, è stata tratta, in modo logico, dalla detenzione in automobile di un numero rilevantissimo di supporti audiovisivi 615 , su alcuni dei quali risultano duplicate le medesime opere, e dal loro prezzo, inferiore a quello stabilito per le riproduzioni lecite. Si tratta, anche a questo proposito, di considerazioni logiche, fondate su regole razionali e massime di esperienza, che il ricorrente ha censurato, nuovamente, sul piano della valutazione di merito degli elementi a disposizione e delle conseguenze che, in modo logico, ne sono state tratte, così formulando, anche con tale doglianza, una censura non consentita in questa sede, che risulta dunque anch'essa inammissibile. 4. Il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile, essendo stato affidato a censure non consentite nel giudizio di legittimità. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente, l'onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 2.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.