Attraversa col rosso e si scontra con un motociclo: condannata

Accertata in via definitiva la responsabilità di una ragazza, colpevole di un attraversamento pedonale imprudente che ha provocato l’impatto con un motociclo e la caduta del conducente. Le lesioni riportate dall’uomo in sella al mezzo sono addebitabili all’azzardo compiuto dalla ragazza.

Il semaforo rosso per i pedoni non le ha impedito di provare comunque l’attraversamento della strada. E quell’azzardo le è costato carissimo non solo l’impatto con un motociclo – che ha provato inutilmente la frenata – ma anche una condanna penale per le “lesioni personali colpose” arrecate al conducente del mezzo che è finito rovinosamente a terra dopo lo scontro Cassazione, sentenza numero 140/20, sez. IV Penale, depositata oggi . Attraversamento. Il singolare incidente risale all’estate del 2012 e si verifica nel territorio di Firenze. Lì una ragazza ignora la luce semaforica rossa per i pedoni e prova comunque l’attraversamento della strada, attraversamento che però non viene portato a conclusione poiché interrotto bruscamente dall’impatto con un motociclo. A finire a terra è non solo l’imprudente ragazza ma anche il conducente del mezzo. Una volta ricostruito l’episodio, però, vengono identificate le responsabilità di entrambe le persone coinvolte, e la ragazza finisce sotto processo e condannata per le «lesioni personali colpose» arrecate al motociclista con «violazione delle norme sulla circolazione stradale». Per il Giudice di Pace, in sostanza, è evidente «la rimproverabilità della condotta» tenuta dalla ragazza nell’«attraversamento pedonale in presenza di lanterna semaforica a luce rossa». Dinamica. Sulla stessa linea di pensiero si attesta anche la Cassazione, confermando la condanna della ragazza. Corretta, quindi, la valutazione compiuta dal Giudice di pace, valutazione poggiata sulla ricostruzione della «dinamica dell’incidente». A questo proposito sono ritenute decisive non solo le parole delle due persone coinvolte nel sinistro ma anche quelle di un testimone oculare, che in particolare ha raccontato che «era in attesa della luce semaforica verde per attraversare la carreggiata» quando «aveva notato il motociclo che, trovatosi una ragazza in prossimità del passaggio pedonale, l’aveva urtata con la parte anteriore del mezzo» e ha poi aggiunto che «il pedone, prima dell’urto, si era bloccato sulla carreggiata indugiando» mentre «il motoveicolo aveva frenato bruscamente senza evitare l’urto» che aveva provocato la caduta di entrambi i soggetti coinvolti. Nessun dubbio, quindi, sul fatto che «la ragazza aveva attraversato con la luce semaforica rossa», e certe anche «le condizioni della strada erano normali, con illuminazione sufficiente nonostante l’orario notturno». Tutti questi elementi rendono evidente la responsabilità della ragazza, anche perché, concludono i giudici, «l’attraversamento con la luce semaforica verde avrebbe certamente scongiurato l’evento».

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 18 dicembre 2019 – 7 gennaio 2020, numero 140 Presidente Bricchetti – Relatore Cappello Ritenuto in fatto 1. Il Giudice di pace di Firenze ha condannato l'imputata FA. Da. per il reato di cui all'articolo 590 comma 3, cod. penumero perché, per colpa generica e specifica, consistita quest'ultima nella violazione delle norme sulla circolazione stradale e, in particolare, dell'articolo 146 codice strada, aveva effettuato un attraversamento pedonale in presenza di lanterna semaforica a luce rossa, andando a urtare con il motoveicolo condotto da PA. Lo. che, avvedutosi del pedone, nel tentativo di evitarne l'investimento, urtava lo stesso con la parte anteriore del mezzo e, a seguito dell'urto, cadeva a terra riportando lesioni personali fatto accertato in Firenze il 09/06/2012 . 2. Il sinistro è stato ricostruito dal giudice del merito sulla scorta delle testimonianze acquisite, valorizzato l'apporto dichiarativo della persona offesa e del testimone oculare, Lu. GI., ritenuta la rimproverabilità della condotta ascritta a titolo di colpa specifica e riconosciuto il concorso della persona offesa in misura paritaria. 3. Avverso la sentenza d'appello, ha proposto ricorso l'imputata con difensore, il quale ha formulato un motivo unico con il quale ha dedotto vizio motivazionale in relazione alla ricostruzione degli elementi oggettivi del reato. In particolare, parte ricorrente ha rilevato che il giudice di merito non avrebbe argomentato in maniera congrua e approfondita tale aspetto della valutazione, addivenendo addirittura alla conclusione che la condotta dell'imputata sarebbe stata una concausa dello scontro tra il pedone e il motoveicolo e della conseguente caduta a terra del conducente di esso, pur avendo riconosciuto un concorso di colpa della persona offesa nella misura del 50%. Inoltre, la difesa ha osservato che il giudice si sarebbe soffermato brevemente sui profili di responsabilità dell'imputata, i fatti di causa mettendo in evidenza la totale disattenzione del PA Quanto, poi, alla violazione della regola cautelare, il deducente ha contestato l'attendibilità del testimone oculare GI., il quale si sarebbe trovato, nell'occorso, a distanza dal luogo in cui è avvenuto l'attraversamento, altresì rilevando che lo stesso giudice, nel sottolineare la colpa della persona offesa, avrebbe introdotto un argomento che ne mina la stessa attendibilità, avendo costui parlato di una seconda persona, al fine di giustificare la posizione della moto che si era trovata in fase frenante a cavallo della riga di mezzeria, contravvenendo così all'obbligo di circolare a destra della carreggiata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2. Il giudice di merito ha ricostruito la dinamica del sinistro attingendo alle acquisite evidenze probatorie. Sulla scorta di esse, ha ritenuto accertato che, al momento dell'arrivo della polizia municipale, sul luogo erano presenti l'imputata, la persona offesa e il teste oculare, sebbene uno dei due verbalizzanti avesse confermato l'assunto riferito dal PA., secondo cui la FA. sarebbe stata in compagnia di un'altra ragazza, poi allontanatasi. Le condizioni della strada erano normali illuminazione sufficiente, nonostante l'orario notturno e il motociclo aveva lasciato sull'asfalto tracce di frenata per dodici metri. Il teste oculare GI. aveva descritto la dinamica, riferendo che, mentre era in attesa della luce semaforica verde, per attraversare la carreggiata, aveva notato il motociclo che, trovatosi una ragazza in prossimità del passaggio pedonale, la urtava con la parte anteriore del mezzo il pedone, prima dell'urto, si era bloccato sulla carreggiata indugiando, il motoveicolo aveva frenato bruscamente senza evitare l'urto, a seguito del quale entrambi i soggetti coinvolti erano caduti a terra. La ragazza aveva attraversato con la luce semaforica rossa. Dalla planimetria era poi emerso che il pedone, prima dell'urto, aveva già impegnato due corsie della carreggiata pari a metri 7,30 e si accingeva a superare l'ultima, laddove il motoveicolo aveva iniziato la frenata sulla linea di sorpasso della prima corsia, alcuni metri prima del passaggio pedonale, terminandolo poco dopo. Da tale ricostruzione, il giudice del merito ha tratto la conclusione che l'imputata avesse concorso, in misura paritetica rispetto alla vittima, a determinare l'urto dal quale erano derivate le lesioni riportate dal PA., procedendo alla verifica controfattuale in virtù della quale ha ritenuto che l'attraversamento con la luce semaforica verde avrebbe certamente scongiurato l'evento. 3. Il motivo è manifestamente infondato. 3.1. Premesso che la ricorrente ha censurato la motivazione del provvedimento impugnato, denunciandone la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità, quanto alla ricostruzione degli elementi oggettivi del reato, va rilevato come, attraverso la enunciazione di tali vizi, essa si sia comunque limitata a contestare la valutazione del materiale probatorio di natura dichiarativa, condotta dal giudice di merito in maniera osservante del disposto di cui all'articolo 192 co. 2, cod. proc. penumero La parte deducente ha proposto una lettura diversa delle evidenze, introducendo una ricostruzione alternativa dei fatti, che fa leva su una presunta inattendibilità del testimone oculare e della persona offesa. Quanto al primo, in particolare, la parte ricorrente si è limitata ad affermare che il punto in cui si trovava il GI. era distante da quello in cui era avvenuto l'attraversamento della FA., senza tener conto della descrizione dell'accaduto rinvenibile anche nel racconto della persona offesa, pienamente coerente con i dati riferiti dal GI La parte civile, infatti, come afferma il giudice di merito, aveva riferito di essersi trovato a transitare in piazza Beccaria di Firenze, allorché due ragazze avevano impegnato la carreggiata da sinistra verso destra sulle strisce pedonali, ma con la luce semaforica rossa il GI. era prontamente intervenuto. Costui, dal canto suo, aveva riferito di avere visto, mentre si trovava sotto la Porta di Piazza Beccaria, in attesa del verde pedonale, il motociclo del PA. giungere proprio a Piazza Beccaria e, in quel momento, aveva constatato che il mezzo si era trovato davanti il pedone. La versione alternativa proposta a difesa non costituisce perciò critica argomentata al ragionamento svolto dal giudice, ma si pone con esso in rapporto dialettico, mediante la prospettazione di una diversa ricostruzione, estranea al sindacato proprio di legittimità. Sono, infatti, precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito cfr. sez. 6 numero 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482 sez. 1 numero 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507 . 4. Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro. 2.000,00 alla Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità cfr. C. Cost. numero 186/2000 . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila alla Cassa delle ammende.